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sabato 30 agosto 2014


    


Giustizia: con la riforma del processo civile un nuovo lavoro per gli avvocati... l'arbitro

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di Antonio Ciccia

Italia Oggi, 30 agosto 2014

Da avvocato a negoziatore o arbitro. Il legale viene chiamato al ruolo di subfornitore del servizio giustizia o di fornitore alternativo (esterno ai tribunali) del servizio di risoluzione delle liti.
Il decreto legge di riforma del processo civile (nel testo attualmente noto), ieri all'esame del consiglio dei ministri, ancora una volta cerca fuori dai tribunali una soluzione all'ingolfamento giudiziario nel settore civile. E si affida alla esternalizzazione delle cause pendenti e delle future. Stavolta con un ricorso agli avvocati, cui, da un lato, si chiede di fare gli arbitri nelle cause pendenti (eliminati così d'un tratto dai ruoli degli uffici giudiziari); e, dall'altro lato, si chiede di diventare promotori di accordi tra le parti, che, se sottoscritti, sono equiparati alle sentenze (il procedimento prende il nome di negoziazione assistita). La filosofia del provvedimento è identica a quella della normativa sulla media-conciliazione (d.lgs. 28/2010), anche se di quella normativa dimentica le agevolazioni tributarie. Si può, comunque, dire che la legge continua a individuare strumenti per tenere la maggior parte del contenzioso fuori dagli uffici giudiziari, cui si vogliono lasciare solo cause conseguentemente definibili d'élite (cause di grosso valore o di materia specialistica).
Rimane una valutazione di fondo: nei casi di negoziazione assistita bisognerà trovare un accordo, ciò che comporta la disponibilità a rinunciare a parte del proprio diritto; chi ha ragione dovrà essere disposto a questa rinuncia, ritenendolo il male minore rispetto alle lungaggini giudiziarie, cosicchè l'inefficienza giudiziaria diventa la causa della rinuncia.
Altra cosa sarebbe, invece, garantire agli aventi diritto (anche quando si parla di liti minori) una procedura rapida e veloce per vedersi riconoscere sempre integralmente le proprie ragioni, senza dover considerare il ricorso alla giustizia come un pregiudizio. Evidentemente non ci sono le condizioni e le risorse per q
uesta opzione. L'avvocato potrà assistere le parti in una negoziazione relativa a qualunque controversia su diritti disponibili.
Il decreto si dilunga sul procedimento da seguire per il perfezionamento dell'accordo per iniziare la trattativa e sulla natura ed efficacia dell'accordo eventualmente raggiunto. Nulla si dice sulle modalità di svolgimento delle trattative, che sono lasciate alla professionalità degli avvocati. In sintesi le parti possono mettersi d'accordo a trattare per un tempo definito la loro controversia, stipulando apposita convenzione, nella quale, si ritiene, si possono indicare le modalità di svolgimento delle trattative. Se si raggiunge l'accordo, si stipula una scrittura privata. E qui gli avvocati sono chiamati a compiti molto delicati: asseverare il contratto, dichiarando che non è contrario a norme imperative o all'ordine pubblico; autenticare le firme delle parti. Quell'accordo varrà come una sentenza: si può passare all'esecuzione coattiva e si può iscrivere ipoteca. Bisognerà, però, sempre passare da un notaio quando l'accordo implica trasferimento di diritti per cui è prevista la trascrizione nei registri pubblici. L'articolato non specifica se l'accordo comporta agevolazioni tributarie (che costituirebbero un innegabile incentivo): si nota uno squilibrio con i verbali delle mediazioni definite dagli organismi di mediazione (d.lgs. 28/2010), non soggetti a imposta di registro per accordi di valore fino a 50 mila euro e per i quali si ha diritto a un credito di imposta per le spese sostenute (entro una soglia di 500 euro).

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