E' QUELLO CHE IO HO SOSTENUTO NEI MIEI ARTICOLI E NELLE MIE INTERVISTE: SAVIANO HA DETTO ERESIE ED HA SCOPIAZZATO DAI NOSTRI RESOCONTI. MI HA FATTO LA SECONDA QUERELA... MA COME LA PRIMA LASCIA IL TEMPO CHE TROVA PERCHE' E' INFONDATA
Plagio
in Gomorra: Roberto Saviano condannato a pagare 60mila euro
Riproduzione
abusiva e mancata citazione della fonte per tre articoli di "Cronache di
Napoli" e "Corriere di Caserta": lo scrittore condannato insieme
alla Mondadori. La replica: "Sono due pagine su 331, ma ricorrerò in
Cassazione, difenderò il mio lavoro".
La Corte d'Appello di Napoli, sezione specializzata in
materia di proprietà industriale e intellettuale, ha condannato lo scrittore
Roberto Saviano e la casa editrice Mondadori per plagio. Ovvero «illecita
riproduzione» di tre articoli, pubblicati dai quotidiani locali “Cronache di
Napoli” e “Corriere di Caserta”, all'interno del libro “Gomorra”, il best
seller sulla camorra che ha consacrato lo scrittore campano. Saviano e
Mondadori sono stati condannati in solido al risarcimento dei danni,
patrimoniali e non, per 60mila euro più parte delle spese legali. In più, nelle
edizioni di “Gomorra” dovrà essere indicato il nome dell'autore degli articoli,
dell'editore – la Libra Editrice scarl, difesa dall'avvocato Barbara
Taglialatela – e della testata da cui sono stati tratti. Lo scrittore ha già
annunciato pubblicamente che ricorrerà in Cassazione contro la sentenza d'Appello.
Il primo grado era stato favorevole per lui e per Mondadori.
Dalla sentenza d'Appello, che Fanpage.it ha avuto modo di
visionare, si può ricostruire questa vicenda giudiziaria durata cinque anni.
Era il 2008, quando la “Libra”, editore di “Cronache” e “Corriere”, avviava
l'azione giudiziaria contro Saviano chiedendo 300mila euro di danni. Saviano –
questo è contenuto nelle ragioni di fatto esposte dall'editore – negli anni
2004 e 2005 «si era recato presso le redazioni di “Cronache di Napoli” e “Corriere
di Caserta” chiedendo copia delle fonti giornalistiche scritte (ordinanze di
custodia cautelare della Direzione Distrettuale Antimafia, verbali d'udienza
ecc) nonché copia dei numeri in cui i relativi documenti erano stati oggetto di
specifici articoli». Un lavoro di documentazione propedeutico alla scrittura
del suo primo romanzo, pubblicato nel 2006. Quando “Gomorra” esce e diventa un
caso internazionale arriva il ricorso per plagio; lo scrittore si oppone
sostenendo che il libro è «frutto di autonoma attività creativa dell'autore» e
che le fonti di cronaca erano di pubblico dominio. Quindi nessun copia/incolla.
Nel 2010 la sentenza di primo grado è favorevole a Saviano e Mondadori e, anzi,
condanna la “Libra Editrice”: viene dimostrata l'illegittima riproduzione di
due articoli scritti da Saviano per “Il Manifesto” e “La Repubblica”. L'autore
viene risarcito con 5mila euro, sentenza confermata anche in Appello.
Tuttavia il secondo grado accoglie in parte il ricorso
presentato dall'avvocato Taglialatela. Il ribaltamento del giudizio riguarda
nello specifico tre articoli: i primi due sono “Il multilevel applicato al
narcotraffico” e “Ore 9: il padrino lascia la ‘sua' Secondigliano” pubblicati
da “Cronache di Napoli” per i quali è stata riconosciuta la riproduzione
abusiva; il terzo è “Boss playboy, De Falco è il numero uno” pubblicato dal
“Corriere di Caserta”, illegittimamente riprodotto senza la citazione della
fonte. I primi due sono stati inseriti in “Gomorra” a descrizione di fasi
riguardanti la faida camorristica di Scampia e Secondigliano e l'epopea
criminale della famiglia Di Lauro. Il terzo ha, invece, un'altra storia: fu
citato in “Gomorra” come j'accuse dello scrittore contro il giornale che,
sosteneva Saviano «aveva millantato rapporti tra don Peppino (don Giuseppe
Diana, il prete anticamorra di Casal di Principe ucciso dal clan dei Casalesi
ndr.) e il clan» e che «dedicò prime pagine» alla «qualità di amatore» del boss
Nunzio De Falco. In “Gomorra” viene citata la circostanza, viene riprodotto l'articolo
ma la fonte dalla quale è tratto non viene indicata.
Nel momento in cui è stata depositata la sentenza, Roberto
Saviano ha affidato al social network Facebook il suo pensiero sull'argomento.
Annunciando di voler ricorrere in Cassazione visto il secondo pronunciamento
giudiziario parzialmente sfavorevole, l'autore campano scrive: «In questi
lunghi anni sotto scorta, nel corso dei quali ho affrontato molti attacchi,
quel che in assoluto più mi ha ferito sono state le accuse di plagio, perché ho
sempre scritto e lavorato ai miei articoli e ai miei libri personalmente e con
dedizione. Ho sempre cercato fonti e notizie ovunque le trovassi. Ho sempre
voluto come prima cosa accertarmi che quanto stessi raccontando fosse vero,
provato, verificato. Il Tribunale, nella sentenza di primo grado, ha rigettato
le loro accuse, condannandoli anzi al risarcimento di danni: hanno loro
‘abusivamente riprodotto' due miei articoli. Naturalmente hanno fatto ricorso
in Appello e la loro condanna è stata confermata. I giudici hanno poi ritenuto
che due passaggi del mio libro avrebbero come fonte due articoli dei quotidiani
di Libra. Neanche due pagine su un totale di 331. Ricorrerò in Cassazione.
Anche se si tratta dello 0,6% del mio libro, non voglio che nulla mi leghi a
questi giornali: difenderò il mio lavoro e i sacrifici che ha comportato per me
e per le persone a me vicine».
Saviano ricorda su Facebook anche di quando, nel 2008, al
Festivaletteratura di Mantova raccontò “la grammatica” di alcuni quotidiani in
terra di camorra in riferimento soprattutto al titolo del “Corriere di Caserta”
sulla presunta vicinanza di Don Diana ai Casalesi. «Arriva la citazione in
giudizio da parte dell'editore dei quotidiani di cui avevo parlato. Non mi
accusavano di averli diffamati, ma di aver totalmente copiato “Gomorra”. Quando
si racconta ciò che accade nel medesimo territorio, è sempre possibile dire:
‘L'avevo scritto prima io'» dice Saviano, prima di ricordare che l'ex editore
di “Libra”, Maurizio Clemente, «è stato già condannato a otto anni e mezzo di
reclusione per estorsione a mezzo stampa». Netta la replica dell'avvocato
Taglialatela, difensore di “Libra”, contattata da Fanapge.it: «La sentenza
dimostra che Saviano copiava i pezzi di questi giornali che denigrava.
Ricorrerà in Cassazione? Lo faremo anche noi perché gli articoli copiati dalle
testate sono molti di più».
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