Carceri: i nostri politici ci sono o ci fanno?
Mi hanno appena chiuso il cancello della cella. Quello che mi
colpisce più di tutto dell’Assassino dei Sogni è il silenzio che cala quando ci
chiudono nei nostri canili. (Da “La Belva della
cella 154”, ultimo libro di Carmelo Musumeci, distribuito da Amazon)
Il Consiglio
dei Ministri dell’altro giorno non ha approvato la tanto attesa riforma
dell’Ordinamento penitenziario. Non è passato neanche l’importante
provvedimento che eliminava le preclusioni all’accesso dei benefici e alle
misure alternative al carcere. Tanti anni di lavoro, di persone preparate e
intelligenti, che hanno scritto i decreti e che hanno fatto parte degli Stati
Generali sull’esecuzione della pena, buttati via. E tutto per paura di perdere
qualche voto alle prossime elezioni.
Mi ha fatto rabbrividire
leggere certe dichiarazioni di alcuni politici, prima che il Governo si
riunisse per decidere:
"Il
Governo vuole meno galera e più misure alternative. Noi saremo dalla parte
delle vittime e non dei delinquenti: più carceri e meno moschee abusive".
"Il
Consiglio dei Ministri, invece di parlare di nuove carceri, mi parla di lasciar
liberi migliaia di spacciatori, è folle".
Possibile che
questi politici non sappiano che il carcere in Italia non è la medicina ma, invece,
la malattia, che fa aumentare la criminalità e la recidiva? E che molto spesso
aiuta a formare cultura criminale e mafiosa?
L’Assassino dei
Sogni (il carcere come lo chiamo io) è molto peggio di quello che comunemente si
crede. E non è vero che l’illegalità istituzionale è colpa di alcune “mele
marce”. No! Piuttosto è vero il contrario: in carcere ci sono solo poche mele buone. La galera in Italia è spesso
una macelleria che non ha nessuna funzione rieducativa o deterrente, come
dimostra il fatto che la maggioranza dei detenuti ritorna a delinquere in
continuazione. Inoltre il carcere è
cancerogeno non solo per chi è detenuto, ma anche, se non di più, per chi ci
lavora.
E poi come si
può pensare di garantire la sicurezza sociale tenendo in carcere
tossicodipendenti, che hanno bisogno solo di cure e che se curati non
diventerebbero mai spacciatori? Come si fa a tenere un uomo dentro per sempre
con l’ergastolo ostativo, molto spesso “colpevole” di avere rispettato le leggi
della terra e della cultura dove è nato e cresciuto, senza dargli la speranza
di poter diventare una persona migliore? Perché queste persone dovrebbero
smettere di essere mafiose se non hanno la speranza di un futuro diverso? Cosa
c’entra la sicurezza sociale con tutte le privazioni previste dal regime di
tortura del 41 bis?
Il carcere in
Italia, oltre a non funzionare, crea delle
persone vendicative perché alla lunga trasforma il colpevole in una vittima:
quando si riceve del male tutti i giorni si dimentica di averne fatto.
E che dire dei numerosi suicidi di questi mesi? Io penso che molti detenuti che si tolgono la
vita forse scelgono di morire perché si sentono ancora vivi. E forse, invece,
alcuni rimangono vivi perché si sentono già morti o hanno già smesso di
vivere. Altri invece lo fanno per ritornare a essere uomini liberi. E
molti si tolgono la vita perché non hanno altri modi per dimostrare la loro
umanità.
Mi permetto di ricordare ad
alcuni politici, che fanno certe dichiarazioni per avere consensi elettorali, che
il carcere, così com’è oggi in
Italia, non rieduca nessuno, anzi ti fa diventare una brutta persona. E se fai
il “bravo” è solo perché sei diventato più cinico di quando sei entrato.
Credo che “maggiore sicurezza” dovrebbe significare
carceri vuote, perché fin quando ci saranno carceri piene vuol dire che i
nostri politici hanno sbagliato mestiere.
La nostra Costituzione stabilisce che la
condanna deve avere esclusivamente una funzione rieducativa e non certo
vendicativa. E la pena non deve essere certa, ma ci dev’essere la certezza del
recupero, per cui in carcere un condannato deve stare né un giorno in più né
uno in meno di quanto serva. Io aggiungo che ci deve stare il meno possibile,
per non rischiare di farlo uscire peggiore di quando è entrato. Forse qualcuno
commetterà ancora dei reati, ma sono sicuro che la maggioranza, con un carcere
più giusto e umano, potrebbe rientrare nella società e diventare cittadino
migliore, sicuramente più di alcuni attuali politici.
Carmelo Musumeci
Febbraio 2018
Carmelo Musumeci
è nato nel 1955 in Sicilia. Condannato all’ergastolo, è ora in regime di
semilibertà nel carcere di Perugia. Ha trascorso buona parte della sua vita in
carcere e da questa esperienza scaturiscono i suoi scritti e i suoi
romanzi. Ha sempre studiato in carcere
da autodidatta fino a conseguire tre lauree: nel 2005 in Scienze
Giuridiche, con una tesi in Sociologia del Diritto dal titolo “Vivere
l’ergastolo”; nel Maggio 2011 in Giurisprudenza, con una tesi dal titolo “La
‘pena di morte viva’: ergastolo ostativo e profili di
costituzionalità”; nel 2016 si è laureato in Filosofia, con votazione 110
e lode, discutendo la tesi “Biografie devianti”.
Nessun commento:
Posta un commento