Translate

sabato 11 agosto 2018




TROPPI SUICIDI LA COLPA E’ DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO


IL PARERE DELL’ESPERTO DELLE CAMERE PENALI D’ITALIA


Carcere, la ricetta del governo e le controindicazioni della Cedu





di Riccardo Polidoro* /Il Dubbio, 11 agosto 2018



L'ultimo a togliersi la vita è stato un uomo di trent'anni, nel carcere di Napoli-Poggioreale. Trovato impiccato nella cella dagli altri detenuti dopo l'ora d'aria. Nell'istituto napoletano tre suicidi in pochi giorni, ma il fenomeno attraversa tutto il Paese. Dal mese di luglio ad oggi 11 suicidi: La Spezia (2), Genova, Paola, Udine, Viterbo, Pesaro, Verona. Dall'inizio dell'anno 35 suicidi e 80 morti per malattie.
Una tragica e mortificante statistica che trova il picco più alto durante l'estate, quando il caldo si aggiunge alle altre condizioni che rendono la permanenza in carcere insopportabile ed i corpi e le menti decidono di spegnersi. È stato sempre così, da anni. Ma il colpo di spugna che il governo ha voluto dare alla Riforma dell'Ordinamento penitenziario rende gli ultimi drammatici avvenimenti ancora più dolorosi per coloro che rispettano la vita altrui, di tutti, anche degli ultimi.
Più carcere, meno misure alternative! Questo lo slogan del ministro della Giustizia, in nome di una "certezza della pena" interpretata senza alcun riferimento reale e sbandierata come vessillo di sicurezza per il Paese. Non importa se la ricetta governativa ha molteplici controindicazioni, più volte evidenziate dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, da esperti del settore, da studi statistici e certamente non ultima dalla nostra Corte Costituzionale.
La "rieducazione" si fa in carcere! Altro slogan della nuova classe politica, per ammaliare i cittadini e far credere loro che così saranno più sicuri, senza delinquenti che scontano pene in libertà. Ma la seduzione finirebbe presto se all'opinione pubblica si facesse comprendere che il detenuto che deve scontare anni di carcere, un giorno sarà rimesso in libertà e, non a caso, il percorso di reinserimento sociale prevede la possibilità (la decisione della concessione spetta sempre al magistrato) che la parte finale della pena sia scontata in misura alternativa, oggi detta di comunità. L'intera condanna in carcere, non solo è di per sé contro il concetto di "certezza della pena" (principio che deve comprendere un dato quantitativo e uno qualitativo), ma costituisce la base per una recidiva pressoché certa. La misura (sarebbe meglio definirla "pena") alternativa, altro non è che una modalità di esecuzione della condanna che consente il graduale inserimento del detenuto nella società.
Al Governo non si possono addebitare le responsabilità delle morti in carcere, vi è un concorso trasversale che investe tutti i politici, ma certamente vi è la grave colpa di aver voluto eliminare dalla Riforma dell'Ordinamento Penitenziario la possibilità per il Magistrato di Sorveglianza di consentire, ove possibile, l'esecuzione della pena all'esterno del carcere, senza automatiche preclusioni, che comunque resterebbero per i condannati per delitti di mafia e terrorismo. Errore politico grave che mira al consenso a breve termine, senza alcuna effettiva strategia. Le carceri continuano a sovraffollarsi, le condizioni di vita a peggiorare, i decessi naturali (o meglio innaturali) e i suicidi ad aumentare, mentre il Paese è lasciato nell'illusione che la strada intrapresa è quella giusta, quella del "cambiamento".



*Responsabile Osservatorio Carcere Unione Camere Penali Italiane

Nessun commento:

Posta un commento