Avvocati all’attacco con
ripercussioni sul mondo
di tutte le professioni.
Riforma delle professioni
e parametri: formalizzate
le impugnative da parte del
Consiglio nazionale forense
di Anna Costagliola
www.diritto.it
Il Consiglio Nazionale Forense ha formalizzato le impugnative avverso la
riforma degli ordinamenti professionali (D.P.R. 137/2012) e i nuovi parametri
per i compensi professionali (D.M. 140/2012). Numerosi i vizi dedotti a
proposito del D.P.R. 137/2012, adottato dal Governo sulla base delle
disposizioni di cui all’art. 3, co. 5, D.L. 138/2011. Si denuncia, in
particolare, come norme nate come previsioni di principio non immediatamente
cogenti siano state poi disinvoltamente riqualificate dal legislatore come
«norme generali regolatrici della materia» ai sensi e per gli effetti dell’art.
17, co. 2, L. 400/1988. Si tratta, infatti, di disposizioni di rango primario
del tutto inidonee, per la loro genericità, a consentire un esercizio del
potere regolamentare autorizzato conforme alle regole sul riparto delle fonti,
tanto da generare vizi di legittimità costituzionale che il Collegio difensivo
non ha mancato di eccepire.
In ogni caso, il D.P.R. 137/2012 presenta innumerevoli vizi autonomi e non
ripetuti dalla fonte primaria, che integrano altrettanti motivi di ricorso: tra
essi la manifesta violazione di legge occorsa in relazione al regolamento sulla
formazione permanente, che il D.L. 138/2011 affida all’autonomia delle
categorie (regolamenti dei CN) mentre il D.P.R. 137/2012 sposta di fatto in
capo al Ministro della giustizia con la previsione di un parere vincolante.
Più in generale, l’intero impianto del regolamento si considera viziato per
avere mancato di esercitare correttamente il potere normativo autorizzato:
invece che fornire la disciplina delle materie delegificate, l’atto demanda
tale disciplina a successivi regolamenti sostanzialmente ministeriali (è sempre
previsto un parere vincolante del Ministro) spostando di fatto dal Consiglio
dei ministri al Ministro la responsabilità di dettare le regole professionali,
in violazione del principio delegatus delegari non potest.
In CNF ha poi precisato in un comunicato stampa come sia stato altresì
necessario impugnare il D.M. 140/2012 recante i nuovi parametri per la
determinazione dei compensi professionali, non avendo avuto alcun seguito le
interlocuzioni avviate dal Ministero della giustizia: a settembre, il Ministro
aveva convocato i rappresentanti dei CN di tutte le professioni per ascoltare
rilievi e criticità, dicendosi disponibile a valutare eventuali correttivi. Il
CNF aveva presentato un corposo documento recante le richieste di modifica di
un atto complessivamente punitivo nei confronti della categoria, ma nessuna
ulteriore notizia è pervenuta da Via Arenula.
Tra i vizi dedotti a proposito del D.M. 140/2012, uno dei principali
riguarda la totale soppressione della voce «spese generali» che le vecchie
tariffe determinavano nel 12,5% e che componeva in realtà una terza voce della
parcella, oltre a diritti ed onorari, da corrispondere comunque. Più in
generale, poi, si profila un eccesso di potere per sviamento nella parte in cui
l’atto comporta una sensibile riduzione dei compensi professionali senza che al
riguardo alcuna autorizzazione fosse stata data al Ministro dalla fonte
primaria (art. 9, D.L. 1/2012). Ritiene l’Avvocatura che, se non è dato
rintracciare alcuna motivazione circa il modo in cui si è arrivati alla
fissazione degli importi, è tuttavia evidente ictu oculi che l’operazione
complessiva compiuta dall’ufficio legislativo del Ministero si sia incentrata
sull’abbattimento sistematico dei valori di cui alle precedenti tariffe forensi
del 2004. Un abbattimento immotivato, ingiustificato e del tutto incoerente con
gli obbiettivi del provvedimento, che consistono in una semplificazione del
sistema in funzione di una maggiore trasparenza, non certo in una
mortificazione del reddito degli avvocati.
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