La Cassazione (V sezione penale) recupera i giudicati di Strasburgo e dice
no al carcere per i giornalisti. "E' una categoria oggetto di attacchi
gravi e ingiustificati". Dichiarazioni di Iacopino e Siddi: “Ora il
Parlamento non ha alibi, la riforma è urgente”.
Roma, 13 marzo 2014. No al carcere per i giornalisti ritenuti
responsabili di diffamazione, se non in "circostanze eccezionali".
Questa la posizione espressa, in una sentenza depositata oggi, dalla quinta
sezione penale della Suprema Corte, la quale rileva che "la libertà di
espressione costituisce un valore garantito attraverso la tutela costituzionale
del diritto/dovere di informazione", che impone "anche laddove siano
valicati i limiti del diritto di cronaca e/o di critica, di tener conto, nella
valutazione della condotta del giornalista, dell'insostituibile funzione
informativa esercitata dalla categoria di appartenenza, tra l'altro attualmente
oggetto di gravi e ingiustificati attacchi da parte anche di movimenti politici
proprio al fine di limitare tale funzione". La Suprema Corte, inoltre, ricorda
che "anche il legislatore ordinario italiano è orientato al
ridimensionamento del profilo punitivo del reato di diffamazione a mezzo
stampa" e non "va trascurato - si legge nella sentenza -
l'orientamento della Corte Edu che esige la ricorrenza di circostanze
eccezionali per l'irrogazione, in caso di diffamazione a mezzo stampa, della
più severa sanzione, sia pure condizionalmente sospesa, sul rilievo che
altrimenti non sarebbe assicurato il ruolo di 'cane da guardia' dei
giornalisti, il cui compito è di comunicare informazioni su questioni di
interesse generale e conseguentemente di assicurare il diritto del pubblico di
riceverle".
La Cassazione ha affrontato, dunque, di nuovo il tema del carcere per i
cronisti, nell'ambito di un processo a carico di due giornalisti - uno
direttore, l'altro autore di un articolo pubblicato sul quotidiano 'La voce di
Romagna' nel marzo 2006 - per diffamazione ai danni di due militari. L'articolo
'incriminato' attribuiva alle parti offese il furto ai danni di un collega,
contrariamente al vero. Il Tribunale di Cremona prima e la Corte d'Appello di
Brescia poi avevano condannato i due giornalisti: i giudici di secondo grado,
avevano però ridimensionato sia il trattamento sanzionatorio, pari a 6 mesi di
reclusione, che l'entità del risarcimento del danno. I giudici della Suprema
Corte hanno annullato con rinvio la sentenza d'appello, limitatamente al
trattamento sanzionatorio. (AGI)
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