Gli
sviluppi delle ipotesi investigative
sull’assassinio di Antonietta Afieri
UN PUGNALE D’ASSALTO SEQUESTRATO IN CASA
DI UNO DEGLI INDIZIATI PORTEREBBE AD UN
ALTRO DELITTO CON SUICIDIO
Il
ritorno dell’arma bianca – L’omicidio di Luigi Roberti, che
uccise la nipote in
piazza a Santa Maria Capua Vetere,
Alessandra Gravino ( figlia di Mario Gravino)
e poi si suicidò
con un coltellaccio del tipo di quello rinvenuto in casa di
uno
degli indiziati del delitto Afieri.
A metà giugno i risultati del RIS.
Santa Maria Capua Vetere – Ritorna il bagliore dell’arma bianca (coltelli,
forbici, scure e pugnali ) ma ciò che
colpisce nella cronaca nera di questi anni è il ritorno alla grande del
coltello. Non passa giorno senza che i giornali riferiscano casi di persone
uccise con quest’arma presente in tutte le nostre cucine. Oggi il coltello
serve ad uccidere con poca spesa e serve ad uccidere i deboli: perché?
C’è un “pugnale d’assalto”, infatti, ( sequestrato dagli inquirenti ed
appartenente al figlio - anche lui fortemente sospettato - del tecnico indagato ) che turba i sogni e riverbera i ricordi nella
mente di Mario Gravino, uno dei tre
indiziati per il delitto di Antonietta
Afieri. E’ un’arma bianca ( ma non è la stessa?) che nel 1977 usò un parente del Gravino per
suicidarsi? L’interrogativo squarcia le tenebre della oscura vicenda e getta
ombre funeste sui personaggi.
Molti ricordano di quell’orrendo delitto. Il 22 settembre del 1977, erano le 13,30, la centralissima Piazza Mazzini, era gremita di folla – la polizia aveva transennato la zona – il passaparola della
gente era: “Un cinquantenne ha ucciso la nipote di 15 anni. Subito dopo l'uomo, che
nutriva per la vittima una morbosa passione, si è suicidato con un coltello da
cucina nella sua abitazione. L’assassino si chiamava Luigi Roberto, scapolo, e ha ucciso la figlia di un suo nipote, una
ragazza di quindici anni, e si è poi tolto la vita piantandosi un coltello da
cucina nel cuore. La giovanissima vittima era Alessandra Gravino, ( figlia
di Mario, appunto indiziato assieme al figlio per il delitto Afieri) affrontata in strada dall’anziano parente e
uccisa con sei colpi di pistola.
Da qualche tempo l’assassino corteggiava
la giovinetta. Il suo interessamento aveva provocato anche una denuncia alla
polizia da parte dei genitori di Alessandra. Con il pretesto di volerla
proteggere l’uomo perseguitava la ragazza; l’aveva anche minacciata con una
pistola e, se la incontrava in compagnia di qualche coetaneo, erano scenate e
odiosi gesti d’intimidazione. Una situazione insostenibile, che neppure
l'intervento del funzionario di P.S. del
locale commissariato e l’azione mediatrice di altri parenti era valsa ad
attenuare.
Nessun dubbio che il delitto sia stato
premeditato.
Verso le 13,30, Luigi Roberti era affacciato alla finestra della sua abitazione
quando vide la ragazza attraversare piazza Mazzini, si precipitò in strada, e appena dopo averla
raggiunta estrasse di tasca la pistola,
e fece fuoco fino ad esaurire l'intero
caricatore. La poveretta centrata in pieno dai proiettili rimase uccisa sul colpo. Subito dopo l’assassino si
rifugiò in casa, a qualche centinaio di
metri dal luogo del delitto, e si uccise piantandosi un coltello da cucina nel
petto.
La
prima ipotesi per Afieri è stato il delitto passionale dovuto alla gelosia o ad
un raptus scatenato da un istinto sessuale, o maturato in un contesto familiare
segnato da un disagio economico profondo al limite dell’indigenza. E’ tra
queste due ipotesi che potrebbe celarsi, per gli investigatori della polizia,
il movente della morte di Antonietta
Afieri. Come si ricorderà la donna
era scomparsa il 18 giugno scorso e del suo caso si era occupato anche la
trasmissione “Chi l’ha visto”.
Come
è noto la procura di Santa Maria Capua Vetere, nella persona dei piemme Carlo
Fucci e Gerardina Cozzolino ) nell’ambito dell’inchiesta sulla morte, ha iscritto nel registro degli indagati tre
uomini. Domenico Funiciello, macellaio di S. Prisco; Mario
Gravina (detto Salvatore) tecnico
radio tv, con laboratorio alla via Cappabianca, e il figlio di questi, Emanuele Fava ( che, però, porta un cognome diverso essendo
adottato o di secondo letto).
Tra i moventi più accreditati negli ultimi
giorni, si delinea anche una ipotesi,
ancora da confermare: la donna potrebbe essere stata uccisa perché avrebbe
minacciato di rivelare una relazione sessuale alla famiglia di uno dei
sospettati. Ipotesi che potrebbe essere suffragata o smentita nel corso della
fase processuale.
Ora sono al lavoro i carabinieri del RIS, (
dove c’è contatto c’è traccia!) che dopo
i prelievi effettuati sui tre indiziati per il
DNA, sull’auto e le biciclette di
Gravino e su alcune taniche, i cui risultati
saranno depositati entro la metà
di giugno. Gravino padre e figlio sono difesi dall’avv. Nicola Garofalo. I familiari della donna, sono invece assistiti dagli avvocati Natalina Mastellone e Giuseppe Cipullo.
Quindici “cold
case” commessi dal 1957 al 2013 – Fidanzati trucidati, giovani sgozzati,
rapine, fratricidi, parricidi e
uxoricidi: tutti delitti con coltelli, scure e pugnali.
Caserta - Una lunga scia di
sangue, che corre nell’arco degli anni e
che si snoda attraverso una intera provincia, dove l’’”arma bianca” rappresenta il fatto cruento che travolge
passioni, odii, follie e che sfocia nel delitto. Oltre a quello già da noi
evidenziato nel caso Afieri, molti altri
fatti di sangue hanno visto protagonista il coltello. Quindici “cold case”
commessi dal 1957 al 2013 – Fidanzati trucidati, giovani sgozzati, rapine,
fratricidi, parricidi e
uxoricidi: tutti delitti con coltelli, scure e pugnali.
Nel 1957, Maddaloni, Maria Grazia Cerreti, di anni 80 viene rapinata uccisa con 9 pugnalate. Il caso è aperto.
Nessuna traccia degli assassini. Nel 1958 a Valle di Maddaloni, nel settembre, con un coltello, un pazzo, dichiarato guarito
e tornato libero, uccise un farmacista di Caserta con 30 colpi di pugnale. Fu
condannato a vari anni di manicomio
criminale, Pasquale Rega, che uccise, con trenta pugnalate, il
farmacista di Valle di Maddaloni, il
dott. Francesco Pagliaro, che aveva
31 anni e lasciava la moglie Filomena con tre bambini, che era stato, tra
l’altro il suo benefattore, perché,
sollecitato dai genitori e da altri parenti del Rega, aveva provveduto, tramite
la mutua dell’associazione dei coltivatori diretti, a far internare il giovane
infermo di mente, non in uno dei tanti manicomi, ma in una clinica della migliore reputazione.
Verso l’una di notte il Rega si recò
alla farmacia, bussò e quando il dottore
venne ad aprirlo gli porse una carta col
nome, d’un medicinale: era un pretesto. Mentre l’altro si voltava, egli con un
pugnale a lama fissa gli vibrò una tempesta di colpi. Il farmacista cercò di
fuggire e uscì sulla via. Per quasi mezzo chilometro durò il tragico
inseguimento e durante la corsa con il pazzo alle spalle il farmacista continuò
a ricevere pugnalate su pugnalate finché cadde sotto una siepe, ove fu poi
ritrovato cadavere.
Delitti che coinvolgono casertani fuori
dalla provincia, nel 1962 a Torino, Guido Coppola di 26 anni, da
Casal di Principe, uccide con 11 pugnalate
( coltello di 26 cm) Luigi Cardamon, marito della sua
amante. Arrestato fu condannato a 25 anni di reclusione. L’uomo aveva accettato
la tresca e incassava anche soldi dal Coppola quale “cornuto contento”, poi si
ribellò e il Coppola lo assassinò brutalmente, ferendo anche la moglie Liliana che faceva il doppio gioco “non solo sessuale”.
Nell’anno successivo 1963, ennesimo “divorzio all’italiana” a
Piedimonte Matese, per questione di interesse, Carmine
Coppola, di anni 54, uccise con un
colpo di scure al capo, la moglie Rosa De Lellis di 49 anni. Mentre nel 1964,
a Teverola travolto da folle gelosia, Ugo Genovese, agente di
custodia uccise, con 14 coltellate, la fidanzata Rosa Verona. E il 1964 – un
anno drammatico - a Santa Maria Capua
Vetere il delitto di un giovane
innamorato, Francesco Cecere, di anni 21,
uccise con 10 coltellate al volto, la cugina Assunta Russo, una bellezza
eccezionale ( era stata miss Caserta ),
sotto gli occhi del marito, “O’
pulliere”, Giuseppe
Cecere alla via Albana. E ancora, nello stesso anno, un orrendo parricidio a Cisterna di Latina, Vincenzo Ciccarelli, 18 anni, uccise il
padre Biagio Ciccarelli, ( entrambi
nativi di Casal di Principe) con 5 colpi
di scure alla testa, mentre dormiva accanto allo moglie. Il delitto originato
dall’odio del figlio verso un “padre-padrone”.
Non meno cruento il 1967. Con un tragico epilogo con fratricida a
Napoli, dove Gaetano Treppiccione, un
mobiliare di Casapulla, uccise il fratello
Antonio, suo socio in affari, con un acuminato coltello. Il delitto
germinato dal fatto che l’uomo, pur
avendo a Casapulla una moglie e 5 figli,
non voleva lasciare la giovane amante a Napoli. E nel 1971 a Baia Domizia, per rivalità amorose, il giovane
18enne, Agostino Pilla da
Caserta, uccise con 2 coltellate al
petto il coetaneo Giuseppe Fallarino.
Maturato, invece, ( nell’anno successivo 1972) nel turpe mondo degli
omosessuali il delitto di Giorgio
Gaglierdotti, di anni 28, che uccise con 13 coltellate, Salvatore
Petraruolo, da Marcianise, in arte “Sofia”,
un travestito di cui era innamorato. Ennesimo epilogo tragico per il classico
“triangolo” lui, lei e l’altro. Ad Aversa nel 1974, Antonio
Caio, di 51 anni, amante della giovane 27enne Anna Chiummenta, uccise a coltellate Paolo Tesone, marito della sua amante.
Arriviamo così al 1989, dove un amore impossibile finì nel sangue. A Scauri l’11 febbraio, il giovane Alfonso Coppola, di 21 anni
da Cellole, uccise con sette coltellate al petto, la sua fidanzata Gisella Treglia. Nel 1990 ancora
ad Aversa, un delitto misterioso
e per ora impunito. Un secondo caso come quello di via Poma a Roma. Cinzia Santulli, 30 anni, professoressa, di buona famiglia,
sorella di un deputato, venne assassinata con 40 coltellate. Indiziato il suo
fidanzato, processato e prosciolto da ogni addebito fino alla Cassazione. Il
caso è ancora aperto.
Sempre ad Aversa dal 23 dicembre 1992, all’ 8 gennaio 1993 - Il delirio di Raffaele De Stefano esplode e si consuma nell’arco di sei mesi. Tra
il giugno del 1992 e il gennaio dell’anno successivo, il ragazzo cerca di
ammazzare la madre e la sorella provocando una fuga di gas. Il duplice tentato
omicidio viene archiviato come il gesto di una persona che sin dall’infanzia
soffre di disturbi psichici, in realtà è solo il preludio a due delitti che si
consumeranno di lì a poco. Il primo è quello di Giovanni Brignola, un sessantenne, omosessuale, trovato seminudo in casa, il corpo trafitto da
coltellate. Il secondo, due settimane dopo, è l’omicidio straziante di una
sedicenne, Maria Russo, detta “Mara”, che s’illude che quel ragazzo
sia il suo premuroso fidanzato e non sa di avere a che fare con un serial
killer disorganizzato e carico di rabbia. Raffaele De Stefano lo fermano a
Napoli, agli inquirenti confessa entrambi gli omicidi e per lui si aprono le
porte di un ospedale psichiatrico.
Giungiamo così al
1997
allorquando si è chiuso con una condanna a trent’anni di carcere, invece,
il delitto dei fidanzati: Patrizio Bovi, 23 anni da Caserta e Elisa Marafini di anni 17 da Cori (
LT) uccisi dal giovane Marco
Canale. Sui suoi jeans vennero
trovate tracce di sangue compatibili con quello dei due ragazzi morti, sotto la furia di oltre 200 coltellate. 42 per lei e 20 per il fidanzato. Il 2013 ci
riserva l’ultimo utilizzo dell’arma “bianca”. a Marcianise, di scena “l’arma bianca”, infine,
nel gennaio scorso, Antonio Parolise, un pensionato 67enne,
è accusato di aver ucciso Carmine De
Simone, per motivi di parcheggio ed
è stato condannato a 16 anni di carcere.
De Simone, 53 anni, collaboratore scolastico presso un istituto
superiore, venne ucciso con tre coltellate inferte da Parolise con una lama di
trenta centimetri, dopo una lite, a causa del parcheggio dello scooter del
figlio di De Simone sotto la finestra del pensionato.
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