Il testo del rogito di Papa Francesco: «Ha lasciato a tutti una testimonianza di umanità, vita santa e paternità universale»
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Il testo integrale del documento che è stato letto durante il rito della chiusura della bara di papa Francesco
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Durante il rito per la chiusura della bara di papa Francesco, è stato letto un documento - in latino - che ne riassume la vita. Il documento - intitolato «Rogito per il pio transito» - è stato poi deposto all'interno della bara del pontefice, morto lunedì 21 aprile. Ecco il testo del documento, diffuso - anche in lingua italiana - dalla Sala stampa vaticana.
Rogito per il pio trantiso di sua santità Francesco. Morte, reposizione e tumulazione di Francesco di santa memoria
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Con noi pellegrino di speranza, guida e compagno di cammino verso la grande meta alla quale siamo chiamati, il Cielo, il 21 aprile dell’Anno Santo 2025, alle ore 7,35 del mattino, mentre la luce della Pasqua illuminava ilsecondo giorno dell’Ottava, Lunedì dell’Angelo, l’amato Pastore della Chiesa Francesco è passato da questo mondo al Padre.
Tutta la Comunità cristiana, specialmente i poveri, rendeva lode a Dio per il dono del suo servizio reso con coraggio e fedeltà al Vangelo e alla mistica Sposa di Cristo.
Francesco è stato il 266° Papa. La sua memoria rimane nel cuore della Chiesa e dell’intera umanità.
Jorge Mario Bergoglio, eletto Papa il 13 marzo 2013, nacque a Buenos Aires il 17 dicembre 1936, da emigranti piemontesi: suo padre Mario era ragioniere, impiegato nelle ferrovie, mentre sua madre, Regina Sivori, si occupava della casa e dell’educazione dei cinque figli. Diplomatosi come tecnico chimico, scelse poi la strada del sacerdozio entrando inizialmente nel seminario diocesano e, l’11 marzo 1958, passando al noviziato della Compagnia di Gesù. Fece gli studi umanistici in Cile e, tornato nel 1963 in Argentina, si laureò in filosofia al collegio San Giuseppe a San Miguel. Fu professore di letteratura e psicologia nei collegi dell’Immacolata di Santa Fé e in quello del Salvatore a Buenos Aires. Ricevette l’ordinazione sacerdotale il 13 dicembre 1969 dall’Arcivescovo Ramón José Castellano, mentre il 22 aprile 1973 emise la professione perpetua nei gesuiti. Dopo essere stato maestro di novizi a Villa Barilari a San Miguel, professore presso la facoltà di teologia, consultore della provincia della Compagnia di Gesù e rettore del Collegio, il 31 luglio 1973 fu nominato provinciale dei gesuiti dell’Argentina.
Dopo il 1986 trascorse alcuni anni in Germania per ultimare la tesi dottorale e, una volta tornato in Argentina, il cardinale Antonio Quarracino lo volle suo stretto collaboratore.
Il 20 maggio 1992 Giovanni Paolo II lo nominò Vescovo titolare di Auca e ausiliare di Buenos Aires.
Scelse come motto episcopale Miserando atque eligendo e nello stemma inserì il cristogramma IHS, simbolo della Compagnia di Gesù. Il 3 giugno 1997, fu promosso Arcivescovo coadiutore di Buenos Aires e alla morte del cardinale Quarracino gli succedette, il 28 febbraio 1998, come Arcivescovo, primate di Argentina, ordinario per i fedeli di rito orientale residenti nel Paese, gran cancelliere dell’Università Cattolica.
Giovanni Paolo II lo creò cardinale nel Concistoro del 21 febbraio 2001, del titolo di san Roberto Bellarmino. Nel successivo ottobre fu relatore generale aggiunto alla decima Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi.
Fu un pastore semplice e molto amato nella sua Arcidiocesi, che girava in lungo e in largo, anche in metropolitana e con gli autobus. Abitava in un appartamento e si preparava la cena da solo, perché si sentiva uno della gente.
Dai Cardinali riuniti in Conclave dopo la rinuncia di Benedetto XVI fu eletto Papa il 13 marzo 2013 e prese il nome di Francesco, perché sull’esempio del santo di Assisi volle avere a cuore innanzitutto i più poveri del mondo. Dalla loggia delle benedizioni si presentò con le parole «Fratelli e sorelle, buonasera! E adesso, incominciamo questo cammino: Vescovo e popolo. Questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità tutte le Chiese. Un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi». E, dopo aver chinato il capo, disse: «Vi chiedo che voi preghiate il Signore perché mi benedica: la preghiera del popolo, chiedendo la Benedizione per il suo Vescovo».
Il 19 marzo, Solennità di San Giuseppe, iniziò ufficialmente il suo ministero Petrino.
Sempre attento agli ultimi e agli scartati dalla società, Francesco appena eletto scelse di abitare nella Domus Sanctae Marthae, perché non poteva fare a meno del contatto con le persone, e sin dal primo Giovedì Santo volle celebrare la Messa in Cena Domini fuori dal Vaticano, recandosi ogni volta nelle carceri, in centri di accoglienza per i disabili o tossicodipendenti.
Ai sacerdoti raccomandava di essere sempre pronti ad amministrare il sacramento della misericordia, ad avere il coraggio di uscire dalle sacrestie per andare in cerca della pecorella smarrita e di tenere aperte le porte della chiesa per accogliere quanti desiderosi dell’incontro con il Volto di Dio Padre.
Ha esercitato il ministero Petrino con instancabile dedizione a favore del dialogo con i musulmani e con i rappresentanti delle altre religioni, convocandoli talvolta in incontri di preghiera e firmando Dichiarazioni congiunte a favore della concordia tra gli appartenenti alle diverse fedi, come il Documento sulla fratellanza umana siglato il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi con il leader sunnita al-Tayyeb.
Il suo amore per gli ultimi, gli anziani e i piccoli lo spinse ad iniziare le Giornate Mondiali dei Poveri, dei Nonni e dei Bambini. Istituì anche la Domenica della Parola di Dio.
Più di ogni Predecessore ha allargato il Collegio dei Cardinali, convocando dieci Concistori nei quali ha creato 163 porporati, dei quali 133 elettori e 30 non elettori, provenienti da 73 nazioni, di cui 23 non avevano mai avuto prima un cardinale.
Ha convocato 5 Assemblee del Sinodo dei Vescovi, 3 generali ordinarie, dedicate alla famiglia, ai giovani e alla sinodalità, una straordinaria ancora sulla famiglia, e una speciale per la Regione Panamazzonica.
Più volte la sua voce si è levata in difesa degli innocenti. Alla diffusione della pandemia da Covid-19, la sera del 27 marzo 2020 volle pregare da solo in piazza San Pietro, il cui colonnato simbolicamente abbracciava Roma e il mondo, per l’umanità impaurita e piagata dal morbo sconosciuto. Gli ultimi anni di pontificato sono stati costellati da numerosi appelli per la pace, contro la Terza guerra mondiale a pezzi in atto in vari Paesi, soprattutto in Ucraina, come pure in Palestina, Israele, Libano e Myanmar.
Dopo il ricovero del 4 luglio 2021, durato dieci giorni, per un intervento chirurgico presso il Policlinico Agostino Gemelli, Francesco il 14 febbraio 2025 si è recato nuovamente nello stesso ospedale per una degenza di 38 giorni, a causa di una polmonite bilaterale.
Rientrato in Vaticano ha trascorso le ultime settimane di vita a Casa Santa Marta, dedicandosi fino alla fine e con la stessa passione al suo ministero petrino, seppure ancora non ristabilito del tutto.
Nel giorno di Pasqua, il 20 aprile del 2025, per un’ultima volta si è affacciato dalla loggia della Basilica di San Pietro per impartire la solenne benedizione Urbi et Orbi.
Il magistero dottrinale di Papa Francesco è stato molto ricco. Testimone di uno stile sobrio e umile, fondato sull’apertura alla missionarietà, sul coraggio apostolico e sulla misericordia, attento nell’evitare il pericolo dell’autoreferenzialità e della mondanità spirituale nella Chiesa, il Pontefice propose il suo programma apostolico nell’esortazione Evangelii gaudium (24 novembre 2013).
Tra i documenti principali si annoverano 4 Encicliche: Lumen fidei (29 giugno 2013) che affronta il tema della fede in Dio, Laudato si’ (24 maggio 2015) che tocca il problema dell’ecologia e la responsabilità del genere umano nella crisi climatica, Fratelli tutti (3 ottobre 2020) sulla fraternità umana e l’amicizia sociale, Dilexit nos (24 ottobre 2024) sulla devozione al Sacratissimo Cuore di Gesù. Ha promulgato 7 Esortazioni apostoliche, 39 Costituzioni apostoliche, numerosissime Lettere apostoliche delle quali la maggioranza in forma di Motu Proprio, 2 Bolle di indizione degli Anni Santi, oltre alle Catechesi proposte nelle Udienze generali ed alle allocuzioni pronunciate in diverse parti del mondo.
Dopo aver istituito le Segreterie per la Comunicazione e per l’Economia, e i Dicasteri per i Laici, la Famiglia e la Vita e per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, Egli ha riformato la Curia romana emanando la Costituzione apostolica Praedicate Evangelium (19 marzo 2022).
Ha modificato il processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità matrimoniale nel CCEO e nel CIC (M.P. Mitis et misericors Iesus e Mitis Iudex Dominus Iesus) e ha reso più severa la legislazione riguardo i crimini commessi da rappresentanti del clero contro minori o persone vulnerabili (M.P. Vos estis lux mundi).
Francesco ha lasciato a tutti una testimonianza mirabile di umanità, di vita santa e di paternità universale.
Il corpo di Francesco Ha vissuto 88 anni, 4 mesi e 4 giorni
È stato a capo della Chiesa universale 12 anni, 1 mese e 8 giorni
Che tu viva sempre in Cristo, Padre Santo!
IL "COCCODRILLO" SPECIALE SULLA MORTE DEL PAPA DEL 22 APRILE 2025
a cura di Ferdinando Terlizzi
IL PAPA È MORTO E ANCHE IL GIORNALISMO ITALIANO NON STA TANTO BENE - PER LA SCOMPARSA DI BERGOGLIO TRE QUOTIDIANI ("CORRIERE DELLA SERA", "LA STAMPA", "IL SOLE 24 ORE") ESCONO CON TITOLO IDENTICO: "IL PAPA DEGLI ULTIMI" - "AVVENIRE", QUOTIDIANO DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA ("CEI"), SCRIVE "GRAZIE FRANCESCO" - PER "IL DOMANI", BERGOGLIO ERA "L'ULTIMO RIVOLUZIONARIO" - I GIORNALI CON LA PENNA A DESTRA: "IL GIORNALE": "ADDIO AL PAPA SCOMODO". "LIBERO": "UN PAPA TRA LUCI E OMBRE ROSSE" - LA VERITÀ: "IL PAPA CHE HA TERREMOTATO LA CHIESA" - LO STREPITOSO "FRATELLO SOLO" DEL "MANIFESTO" - TUTTE LE PRIME PAGINE
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Papa Francesco morto per un ictus | Mosca annuncia la ripresa delle operazioni militari in Ucraina | Si dimette il fondatore del World Economic Forum
Papa Francesco, morto ieri mattina a 88 anni, è stato colpito da un ictus cerebrale seguito da un collasso cardiocircolatorio. Lo ha reso noto la Santa Sede comunicando le cause del decesso di Bergoglio (Vatican News), eletto nel 2013 e che passerà alla storia come il primo Papa argentino e il primo gesuita. Il suo pontificato è stato segnato dall’impegno per i poveri e i migranti e dall’attenzione per i rischi legati al cambiamento climatico, oltre che dal lavoro per il dialogo ecumenico e la pace nel mondo (Nyt).
Francesco ha fatto parlare anche per le aperture verso la comunità Lgbtq e sul sacerdozio femminile, pur senza avallare cambiamenti dottrinari (Reuters).
Nei suoi dodici anni di pontificato ha compiuto 47 viaggi e decine di visite apostoliche, privilegiando i piccoli Paesi e le “periferie del mondo” (Rai News).
Amato dai fedeli, lascia una Chiesa divisa: il suo papato ha frustrato conservatori e progressisti (Politico).
Francesco ha rivoluzionato lo stile della chiesa, ma non ha fatto le riforme che avrebbe voluto, scrive Aldo Cazzullo sul Corriere. Per Ezio Mauro invece, è stato un riformatore "che diede un cuore alla crisi della modernità" (Repubblica+).
Lacrime comuni Cordoglio per la morte del Papa è stato espresso dai leader di tutto il mondo. Francesco è stato ricordato dal presidente Usa Donald Trump, che prenderà parte ai funerali a Roma (Axios), e dal vicepresidente JD Vance, ultimo leader ad averlo incontrato di persona. Il presidente russo Vladimir Putin lo ha definito “un difensore dell’umanità e della giustizia”, lodandone i tentativi di dialogo con la Chiesa ortodossa russa (Npr), mentre per il segretario generale dell’Onu António Guterres è stato “un sostenitore dell’azione per il clima” (UN News).
Vescovo di Roma Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha parlato di “un senso di vuoto” e ha invitato a “fare proprie le indicazioni di Francesco nei comportamenti quotidiani” (Ansa). La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha detto che sarà ricordato come “il Papa della gente”, rivendicando di aver goduto della sua amicizia; la segretaria del Pd Elly Schlein ha affermato che è stato “il Papa degli ultimi e degli emarginati” (Corriere).
Secondo il Corriere, oggi il Consiglio dei ministri potrebbe approvare un lutto nazionale di cinque giorni.
Verso il conclave Da mercoledì a venerdì la salma del pontefice sarà esposta nella basilica di San Pietro, mentre sabato dovrebbero tenersi le esequie (Repubblica), la cui liturgia è stata semplificata da Bergoglio, che, nel suo testamento, ha espresso il desiderio di essere sepolto nella basilica romana di Santa Maria Maggiore (Agi). Oggi i cardinali si incontreranno per pianificare i funerali (Reuters). Entro il 10 maggio sarà poi convocato il conclave, che porterà all’elezione di un nuovo Papa.
Negli ultimi anni Francesco ha dato forma al nuovo conclave, nominando 110 cardinali su 135 (Wp+).
Parolin, Zuppi, Pizzaballa, Tagle, Aveline: i favoriti e gli outsider per la successione (La Stampa).
Attacchi frontali
Trump è tornato ad attaccare il presidente della Federal Reserve Jerome Powell, invocando un taglio immediato dei tassi “per evitare che l’economia rallenti” (Nyt). Le parole del presidente Usa hanno spinto verso il basso i mercati americani, con l’S&P 500 che ha perso il 2,5% (Cnn). Se la credibilità della Fed fosse messa in discussione, la fiducia nel dollaro potrebbe essere ulteriormente erosa, accelerando i flussi verso i beni rifugio.
Vance ha incontrato a Nuova Delhi il primo ministro indiano Narendra Modi, impegnato a evitare i dazi americani e a siglare un accordo commerciale con Washington (Ap).
Dalle parole ai fatti L’Università di Harvard ha fatto causa all’amministrazione Trump accusandola di aver violato i suoi diritti costituzionali (Nbc News), dopo che il governo ha annunciato il blocco di fondi destinati all’ateneo per due miliardi di dollari. La scelta di Trump è una ritorsione alla decisione di Harvard di opporsi alle modifiche volute dall’amministrazione Usa su criteri e programmi didattici (Wsj+).
Secondo i risultati di un sondaggio realizzato da Reuters e Ipsos, il tasso di approvazione dei cittadini statunitensi, nei confronti di Donald Trump, è sceso al livello più basso dal suo ritorno alla casa bianca.
Real politik cinese
Trade war Secondo diverse fonti interne, i fondi statali cinesi hanno iniziato a ritirarsi dagli investimenti nel capitale privato statunitense. Il nuovo atteggiamento sarebbe il risultato delle pressioni del governo di Pechino (Ft+).
Sicurezza a due I ministri degli Esteri e della Difesa di Indonesia e Cina hanno dichiarato di volersi impegnare nella cooperazione marittima per la sicurezza nel Mar Cinese Meridionale. La collaborazione tra i due Paesi rappresenta un passo in avanti rispetto allo scontro diplomatico per le attività e gli interessi cinesi nelle acque controllate da Giacarta (Ap).
Guerra a pezzi
La Russia ha annunciato la ripresa delle operazioni militari in Ucraina dopo la fine della tregua di Pasqua ordinata da Putin, che secondo il comandante delle forze armate di Kiev è stata violata dalla Russia “quasi 3mila volte” (Cnn). Putin ha invece detto che durante il cessate il fuoco ci sono state “5mila violazioni da parte di Kiev”. Il presidente russo ha anche commentato l’attacco su Sumy del 13 aprile, che ha causato 35 morti, definendolo “una meritata punizione” (Meduza).
Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov si è detto soddisfatto della posizione statunitense, dopo che gli Stati Uniti hanno escluso definitivamente l’adesione dell’Ucraina alla Nato (Wsj+).
Attacchi continui Un comandante dell’apparato missilistico della jihad islamica, Ahmad Mansour, è stato ucciso in un attacco israeliano nella Striscia di Gaza (Times of Israel). Nelle ultime 72 ore, l’aeronautica ha colpito oltre 200 obiettivi nella Striscia. Secondo la Protezione civile di Gaza, gestita da Hamas, sono state uccise 25 persone, mentre altre 12 sarebbero morte negli attacchi americani contro il quartiere di Farwah, nella capitale yemenita Sanaa (Euronews).
Ronen Bar, capo dello Shin Bet, ha presentato all’Alta corte di giustizia un documento in cui accusa il premier israeliano Benjamin Netanyahu di aver preteso “fedeltà personale” e di avergli ordinato di “spiare i manifestanti antigovernativi” (Reuters).
Orizzonti
Accordi bilaterali Si sono aperte a Washington le riunioni di primavera del Fmi e della Banca mondiale, con sessioni di lavoro che fino a sabato riuniranno ministri delle Finanze, governatori delle banche centrali e dirigenti del settore privato alla ricerca di contatti diretti con l’amministrazione Trump (Reuters). Gli occhi sono puntati sul segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent, negoziatore capo di Trump per gli accordi sui dazi.
Fine di un’era Il World Economic Forum ha annunciato che il suo fondatore, Klaus Schwab, si è dimesso dalla carica di presidente e membro del consiglio di amministrazione (Bloomberg). Lo scorso anno un’inchiesta del Wall Street Journal aveva svelato casi di molestie e abusi sotto la sua gestione, che si è protratta per 55 anni.
Sport
A tutto Kenya Il 28enne keniano John Korir ha vinto la 129esima edizione della Maratona di Boston, la più antica corsa su strada del mondo, con il tempo di 2h04’45’’ davanti al tanzaniano Alphonce Simbu e all’altro keniano Cybrian Kotut (Cnn). La prova femminile è andata alla keniana Sharon Lokedi con il tempo di 2h17’22’’. Seconda la connazionale Hellen Obiri, già vincitrice della competizione.
Oggi
New York (Stati Uniti), udienza per valutare l’estensione del blocco alla deportazione dei migranti venezuelani da parte dell’amministrazione Trump ai sensi dell’Alien Enemies Act;
Washington (Stati Uniti), conferenza stampa del G24 a margine delle riunioni di primavera del Fmi e della Banca mondiale;
Il testamento di Papa Francesco: «Sepolto nella nuda terra con il solo nome di Franciscus. Le spese coperte da un benefattore»
di Gian Guido Vecchi
La richiesta della sola iscrizione del nome sulla tomba. Le spese coperte da un benefattore anonimo
Papa Francesco
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«Sentendo che si avvicina il tramonto della mia vita terrena e con viva speranza nella Vita Eterna, desidero esprimere la mia volontà testamentaria solamente per quanto riguarda il luogo della mia sepoltura». Si preparava da tempo, papa Francesco. Il testamento porta la data del 29 giugno 2022 e conferma quanto già aveva fatto sapere: «La mia vita e il ministero sacerdotale ed episcopale ho sempre affidato alla Madre del Nostro Signore, Maria Santissima. Perciò, chiedo che le mie spoglie mortali riposino aspettando il giorno della risurrezione nella Basilica papale di Santa Maria Maggiore».
Per Francesco, quella basilica era forse il luogo più caro. Vi si è fatto portare subito dopo aver lasciato il Gemelli. Ci è andato innumerevoli volte, durante il suo pontificato, soprattutto prima e dopo le sue visite all’estero, come ricorda lui stesso nel testamento: «Desidero che il mio ultimo viaggio terreno si concluda proprio in questo antichissimo santuario mariano dove mi recavo per la preghiera all’inizio e al termine di ogni viaggio apostolico ad affidare fiduciosamente le mie intenzioni alla Madre Immacolata e ringraziarLa per la docile e materna cura».
Francesco è stato il primo papa gesuita della storia e nella cripta della «cappella Sistina» di Santa Maria Maggiore, all’altare col presepe di Arnolfo di Cambio, Ignazio di Loyola celebrò la sua prima messa nella notte di Natale del 1538. Il fondatore della Compagnia di Gesù venerava l’icona della Salus populi romani, la Theotókos (Madre di Dio) che la devozione popolare attribuiva a San Luca. Ne portavano con sé delle copie missionari come Francesco Saverio e Matteo Ricci ed è la prima immagine della Vergine arrivata in Cina.
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È da lei che Francesco tornava ogni volta prima di rientrare in Vaticano. Poco distante, lungo la navata sinistra, dopo la statua della Regina della Pace, c’è «una stanza in cui conservavano i candelabri» e dove, raccontò il Papa, «tutto è pronto» per la sua sepoltura. «Chiedo che la mia tomba sia preparata nel loculo della navata laterale tra la Cappella Paolina (Cappella della Salus Populi Romani) e la Cappella Sforza della suddetta Basilica Papale come indicato nell’accluso allegato», ha scritto Francesco. «Il sepolcro deve essere nella terra; semplice, senza particolare decoro e con l’unica iscrizione: Franciscus». Bergoglio aggiunge: «Le spese per la preparazione della mia sepoltura saranno coperte con la somma del benefattore che ho disposto, da trasferire alla Basilica papale di Santa Maria Maggiore e di cui ho provveduto dare opportune istruzioni a Monsignor Rolandas Makrickas».
La conclusione è tutta nello spirito di Francesco: «Il Signore dia la meritata ricompensa a coloro che mi hanno voluto bene e continueranno a pregare per me. La sofferenza che si è fatta presente nell’ultima parte della mia vita l’ho offerta al Signore per la pace nel mondo e la fratellanza tra i popoli». La stessa preoccupazione che scandiva il messaggio Urbi et Orbi letto per lui a Pasqua dal cerimoniere, le ultime parole di Francesco ai fedeli in piazza: «Vorrei che tornassimo a sperare che la pace è possibile! Dal Santo Sepolcro, Chiesa della Risurrezione, dove quest’anno la Pasqua è celebrata nello stesso giorno da cattolici e ortodossi, s’irradi la luce della pace su tutta la Terra Santa e sul mondo intero... Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo!
Il testo integrale condiviso dalla sala stampa del Vaticano
«Miserando atque Eligendo Nel Nome della Santissima Trinità. Amen. Sentendo che si avvicina il tramonto della mia vita terrena e con viva speranza nella Vita Eterna, desidero esprimere la mia volontà testamentaria solamente per quanto riguarda il luogo della mia sepoltura. La mia vita e il ministero sacerdotale ed episcopale ho sempre affidato alla Madre del Nostro Signore, Maria Santissima. Perciò, chiedo che le mie spoglie mortali riposino aspettando il giorno della risurrezione nella Basilica Papale di Santa Maria Maggiore. Desidero che il mio ultimo viaggio terreno si concluda proprio in questo antichissimo santuario Mariano dove mi recavo per la preghiera all'inizio e al termine di ogni Viaggio Apostolico ad affidare fiduciosamente le mie intenzioni alla Madre Immacolata e ringraziarLa per la docile e materna cura».
«Chiedo che la mia tomba sia preparata nel loculo della navata laterale tra la Cappella Paolina (Cappella della Salus Populi Romani) e la Cappella Sforza della suddetta Basilica Papale come indicato nell'accluso allegato. Il sepolcro deve essere nella terra; semplice, senza particolare decoro e con l'unica iscrizione: Franciscus».
«Le spese per la preparazione della mia sepoltura saranno coperte con la somma del benefattore che ho disposto, da trasferire alla Basilica Papale di Santa Maria Maggiore e di cui ho provveduto dare opportune istruzioni a Mons. Rolandas Makrickas, Commissario Straordinario del Capitolo Liberiano».
«Il Signore dia la meritata ricompensa a coloro che mi hanno voluto bene e continueranno a pregare per me. La sofferenza che si è fatta presente nell'ultima parte della mia vita l'ho offerta al Signore per la pace nel mondo e la fratellanza tra i popoli».
Papa Francesco è morto, aveva 88 anni. L'annuncio del cardinale Farrell: «Alle 7.35 è tornato alla casa del Padre»
di Gian Guido Vecchi
Il Pontefice si trovava a Roma, a Casa Santa Marta, dove era stato trasferito dopo il ricovero al Gemelli. Aveva 88 anni
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Papa Francesco è mortooggi, lunedì 21 aprile. Il Pontefice si trovava a Roma, a Casa Santa Marta, dove era stato trasferito dopo il ricovero al Gemelli. A dare la notizia il cardinale Farrell: «Alle 7.35 il Vescovo di Roma è tornato alla casa del Padre»
CITTÀ DEL VATICANO - Isola di Sanciano, 3 dicembre 1552, poco dopo mezzanotte: in una capanna, vegliato da un amico cinese, Francesco Saverio, primo missionario gesuita, muore guardando la Cina, il sogno di una vita distante un paio di miglia marine. Roma, 31 luglio 2013, Chiesa del Gesù: sono passati poco più di quattro mesi da quando il conclave, il 13 marzo, ha eletto l’argentino Jorge Mario Bergoglio e Francesco, primo Papa gesuita della storia, celebra messa nella «chiesa madre» della Compagnia il giorno della festa del fondatore, sant’Ignazio di Loyola. «A me è sempre piaciuto pensare al tramonto del gesuita, quando un gesuita finisce la sua vita, quando tramonta», dice nell'omelia. E cita l’immagine di padre Francesco Saverio che muore guardando la Cina: «L’arte lo ha dipinto tante volte questo tramonto, questo finale di Saverio. Anche la letteratura, in quel bel pezzo di Pemán. Alla fine, senza niente, ma davanti al Signore. A me fa bene, pensare questo».
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Il tramonto di Francesco, dopo 88 anni di vita e oltre dodici di pontificato, porta con sé la sensazione di qualcosa di irreversibile, la «rivoluzione della tenerezza» innescata dalla rinuncia di Benedetto XVI e compiuta da quel prete «callejero», di strada, figlio di emigrati piemontesi - il papà Mario ragioniere, impiegato nelle ferrovie, la madre Regina Sivori casalinga impegnata a tirar su cinque figli - cresciuto al 531 di calle Membrillar, nel barrio Flores di Buenos Aires, quartiere di italiani dove Alfredo Di Stefano, un signore del quale Pelè diceva «per me il più forte è stato lui», ricordava di averlo visto giocare a pallone con gli altri ragazzini. Il diploma da perito chimico, la vocazione, il seminario, e a ventun anni il noviziato della Compagnia a Cordoba, a settecento chilometri da Buenos Aires, accompagnato in bus dai genitori: anni difficili, perché dai gesuiti studiano molti figli di famiglie bene, ricche, e lui ne ricaverà un senso di solitudine e il risentimento per quella mentalità elitaria che definirà la «psicologia da principi».
Così all’inizio c’è già tutto. I confratelli cardinali, nella Sistina, sanno bene chi stanno votando. Bergoglio era già stato il nome dei «progressisti» nel conclave del 2005 che aveva eletto Ratzinger. Ma l’atmosfera cupa e asfittica che ha accompagnato lo scandalo Vatileaks, la necessità di una scossa che Benedetto XVI avverte per primo, decidendo di dimettersi, portano uno dei conclavi sulla carta più conservatori - gli elettori sono stati nominati quasi tutti da Wojtyla e Ratzinger - a scegliere quel cardinale che a Buenos Aires raggiungeva in bus i sobborghi della villas miserias, le famiglie di baraccati talvolta non sapevano che quel prete fosse l’arcivescovo.
Nelle riunioni dei cardinali prima del conclave, il 9 marzo, l’intervento del gesuita argentino già contiene il programma del pontificato: «La Chiesa è chiamata a uscire da se stessa e ad andare verso le periferie, non solo geografiche ma anche esistenziali», dice. La Chiesa aperta: «A volte penso che Gesù bussi da dentro, perché lo lasciamo uscire». Accetta l’elezione come un «peccatore » che confida «nella misericordia» di Dio, e lascia tutti senza fiato quando dice: «Vocabor Franciscus», mi chiamerò Francesco. Mai nessun pontefice aveva scelto il nome del santo di Assisi. «Non dimenticarti dei poveri», gli aveva detto il francescano Hummes, che gli sedeva accanto. Quattro giorni più tardi sarà lo stesso Papa, l’indice al petto, a raccontare: «Quella parola è entrata qui: i poveri, i poveri... Ho pensato subito a Francesco d’Assisi. Poi ho pensato alle guerre, e Francesco è l’uomo della pace. E così, è venuto il nome, nel mio cuore… Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!».
La veste bianca, l’uscita dalla Sistina. Prova subito a chiamare Benedetto XVI ma a Castel Gandolfo non sentono la telefonata, si parleranno alle 20,45, ma intanto anche Ratzinger scopre come tutto il mondo il nuovo Papa che s’affaccia che dalla Loggia delle Benedizioni, «Voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un Vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli Cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo, ma siamo qui».
Non era una battuta. È l’idea che fonda il suo magistero, quello che lui stesso ha definito «lo sguardo di Magellano», il grande navigatore portoghese che all’inizio del Cinquecento si propone di circumnavigare il globo e «quando arriva arriva alla fine del continente americano, guarda all’Europa dal nuovo punto raggiunto e capisce un’altra cosa», perché «la realtà si vede meglio dalla periferia che dal centro».
Così il Papa arrivato «quasi dalla fine del mondo» rovescia le prospettive, a cominciare dalla stessa figura papale. Resta a vivere nella camera 201 a Santa Marta, l’albergo vaticano che ospitava gli elettori, perché «non posso vivere da solo», e così cancella l’immagine da corte imperiale con pochi eletti ammessi all’Appartamento apostolico che gli pare «un imbuto rovesciato». Dopo una delle prime notti, all’alba vede una giovane guardia svizzera fuori dalla porta, «sei stato in piedi tutta la notte, figlio?», lo fa sedere e gli offre la colazione. Allergico al «si è sempre fatto così», spiega che «all’inizio sono caduti alcuni muri: “Il Papa non può!”» e va di persona nei negozi a cambiare occhiali o scarpe, si porta da sé il bagaglio a mano, si stupisce dello stupore, «dobbiamo cercare di essere normali, la normalità della vita».
E poi, i viaggi, cuore del suo magistero. Da una parte ci sono le grandi sfide: il dialogo con la Cina e l’ «accordo provvisorio» sottoscritto dal 2018 per la nomina dei vescovi; l’amicizia con l’Islam e il «Documento sulla fratellanza umana» firmato nel 2019 a Dubai con il Grande imam di Al Azhar Ahmad Al-Tayyeb, massima autorità sunnita; il viaggio in Iraq del 2021, primo Papa nella terra di Abramo, e l’incontro con il grande ayatollah Ali Al-Sistani, leader sciita; l’avvicinamento col mondo ortodosso e il primo, storico incontro tra un Papa e il patriarca di Mosca, Kirill, il 12 febbraio 2016.
Dall’altra, le periferie. Francesco dà voce e visibilità agli ultimi della Terra, gli «scartati», come un faro proiettato, almeno per qualche giorno, sulle vicende di popoli che non interessano a nessuno, oscurati dalla comunicazione globale. Bisognava vederlo, in Bangladesh, mentre chiedeva «scusa» a nome di tutto il mondo ai Rohingya, alla donna musulmana che gli diceva piangendo: «Vorrei mostrare il mio dolore al capo dei cristiani» . O tra i Mapuche e gli indios dell’Amazzonia: «Dobbiamo lasciare da parte la logica di credere che ci siano culture superiori o inferiori». Il primo viaggio lo compie a sorpresa tra i migranti a Lampedusa, al centro del Mediterraneo divenuto «un grande cimitero», per denunciare la «globalizzazione dell’indifferenza» e i troppi «muri» destinati a crollare, come ripeterà a Lesbo, Cipro, Malta, «i ponti sono sempre soluzioni, i muri mai».
Nella sua terza enciclica, Fratelli tutti , aveva scelto un verso di Virgilio, «Sunt lacrimae rerum et mentem mortalia tangunt», per dire con Enea il dolore delle cose e delle vicende umane che toccano la mente e il cuore. Perché è «la realtà stessa che geme e si ribella», in un mondo nel quale in un mondo nel quale «tutto è connesso»: la devastazione dell’ambiente, l’iniquità dell’economia e la «cultura dello scarto» a danno degli ultimi, la tragedia delle migrazioni e la «terza guerra mondiale combattuta a pezzi».
Certo, ci sono le riforme «strutturali» avviate o compiute, dalle finanze vaticane alla Curia romana, un impulso al decentramento della Chiesa che si riflette nella centralità del Sinodo dei vescovi mondiali sulle questioni più delicate e nella nomina di un «Consiglio» del Papa composto da un gruppo di cardinali da tutti continenti, le nomine cardinalizie che premiano piccole realtà periferiche a scapito delle sedi storiche, un conclave sempre meno eurocentrico e occidentale e sempre più rappresentativo del Sud del mondo.
Ma l’aspetto centrale resta il ritorno all’essenziale del cristianesimo, «le Beatitudini e il capitolo 25 del Vangelo di Matteo, li c’è tutto», l’atteggiamento che nel giorno del Giudizio distinguerà i giusti dai dannati: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi». Il kerygma, il Vangelo sine glossa, in purezza. Di ritorno dal primo viaggio internazionale, la Giornata mondiale della gioventù di Rio de Janeiro, i giornalisti in volo gli chiedono se in Vaticano esista la «lobby gay» di cui si era parlato, e lui spiega tranquillo: «Si deve distinguere il fatto che una persona sia gay dal fatto di fare una lobby. Se è lobby, tutte le lobby non sono buone. Ma se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicare?».
Tutto questo senza peraltro cedere nulla sulle prerogative del Papa, com’è peraltro ovvio per un gesuita, un pontefice talvolta brusco con i collaboratori e, nel caso, duro: prosegue la «tolleranza zero» di Ratzinger sulla pedofilia e arriva a togliere la porpora all’ex cardinale di Washington, Theodore McCarrick (l’unico precedente risaliva al 1927), così come toglie «le prerogative del cardinalato» al cardinale Angelo Becciu perché sia processato per lo scandalo degli investimenti finanziari della Segreteria di Stato.
Di nemici ne ha tanti, soprattutto nella destra cattolica degli Stati Uniti e nelle frange più reazionarie che cercano di contrapporlo a Benedetto XVI, ma Francesco liquida i timori di uno scisma («ce ne sono stati tanti, nella storia della Chiesa») e non replica: «Con le persone che cercano solo divisione scandalo, l’unica risposta è il silenzio di Gesù. Con Satana non si dialoga».
Dietro la semplicità apparente, i riferimenti di Francesco sono sottili, nascosti. Nel greco dei Vangeli, il verbo che indica la compassione di Gesù è splanchnízomai e viene da splánchna , l’«utero» o le «viscere» della madre. Toccare le ferite, il dolore. Le viscere materne della misericordia. Il 18 gennaio 2015 celebra a Manila una messa davanti a sei milioni persone, «il più grande avvenimento nella storia dei papi», fa notare padre Lombardi. Ma nella memoria resta il volo nelle tempesta verso Tacoblan, un’isola devastata dal tifone Yolanda, la messa sotto la pioggia davanti ai sopravvissuti, e Francesco che guarda i volti in lacrime di chi ha perso tutto, figli, amori, case, soppesa l’omelia già scritta, lascia perdere i fogli: «Io non so che cosa dirvi. Il Signore sì, sa che cosa dirvi», e dice, a braccio, una delle omelie più belle del pontificato.
Raccontava che il primo annuncio cristiano lo aveva ricevuto da una donna, Rosa, la nonna paterna, e per questo amava la poesia che Friedrich Hölderlin aveva dedicato alla sua, ne sillabava i versi, «che l’uomo mantenga quel che il fanciullo ha promesso». Francesco lo ha mantenuto. E pazienza se anche lui, tramontando, non è riuscito ad andare in Cina. Dopo la morte di Francesco Saverio, fu il missionario gesuita Matteo Ricci a compiere il sogno del confratello, il 7 agosto 1582, sbarcando trentenne da un galeone portoghese nella colonia di Macao. Perché «il tempo è superiore allo spazio» e l’essenziale è «aprir
Il dolore di Meloni per la morte di Papa Francesco: «Un dono la sua amicizia». Il lutto nazionale potrebbe durare 5 giorni
di Monica Guerzoni
Oggi la decisione sul lutto nazionale. L’emozione della politica. Draghi: «Ha illuminato il mondo»
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L’addio della politica a papa Francesco è un coro bipartisan. Quasi un miracolo, che per un giorno unisce in un solo grande abbraccio maggioranza e opposizioni. In segno di lutto le bandiere sono a mezz’asta e gli inquilini dei palazzi, dal Quirinale a Palazzo Chigi, da Montecitorio a Palazzo Madama, scandiscono parole come pace, dialogo, solidarietà, fratellanza. «Papa Francesco è tornato alla casa del Padre», affida il suo «dolore profondo» a una nota Giorgia Meloni, che rimpiange il «grande uomo e grande pastore». Ed Elly Schlein ricorda Bergoglio come «il Papa degli ultimi, degli emarginati, della giustizia sociale e dell’impegno per il pianeta».
Sia nella nota scritta per i social, sia nelle interviste al Tg1 e al Tg2, la leader di FdI si sofferma (commossa) sul suo rapporto personale con il Papa, «un grande uomo», con il quale «si poteva parlare con grande semplicità come si farebbe con il proprio parroco». Il 19 febbraio la premier era andata in visita al Gemellie lo aveva trovato «vigile e reattivo». E ora che il Papa non c’è più, la premier cattolica ricorda di aver avuto «il privilegio di godere della sua amicizia, dei suoi consigli e dei suoi insegnamenti, che non sono mai venuti meno neanche nei momenti di prova e sofferenza».
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Nelle interviste concesse alla Rai, la premier «con il cuore colmo di tristezza» sottolinea la «portata storica» della partecipazione di papa Francesco al G7 del 2024 in Puglia: «Non ho avuto alcuna difficoltà a convincerlo». C’era simpatia reciproca. La «quotidianità dei rapporti, più assidui di quanto si vedesse», era tale che il Pontefice «nel cassetto del suo ufficio teneva dei disegni che mia figlia gli aveva regalato». Piccoli dettagli personali che non sono sfuggiti ad avversari politici come Enrico Borghi di Iv, che critica «l’incredibile intervista in cui la premier parla di sé».
Ignazio La Russa rimpiange del Pontefice l’essere stato «una guida spirituale di immenso carisma» e Lorenzo Fontana, presidente della Camera, ne ricorda «le parole di pace, i gesti di misericordia e il richiamo alla fratellanza».
Oggi il Consiglio dei ministri proclamerà il lutto nazionale, si va verso cinque giorni, ma nel governo c’è chi suggerisce tre in modo da non interferire con le celebrazioni del 25 aprile.
Anche l’agenda di Palazzo Chigi cambierà. La missione di Meloni in Uzbekistan e Kazakistan, prevista nel week end, pare destinata a slittare. E domani al Senato è fissato il «premier time», voluto dalle opposizioni per chiedere conto alla leader della destra dei suoi colloqui con Trump e Vance. Decideranno alle 18 i capigruppo, ma quasi di sicuro verrà rinviato.
E c’è un’altra delicata questione che, sottovoce, interroga tanti nel governo. Se l’inquilino della Casa Bianca dovesse venire a Roma per le esequie del Papa, potrebbe aprirsi una finestra per l’incontro bilaterale a Palazzo Chigi? O persino per quel «summit» tra Usa ed Europa proposto da Meloni e che Trump sta considerando? Sono solo ipotesi, voci che non trovano conferme. «È tutto prematuro», consiglia prudenza un ministro.
Per Antonio Tajani sono in lutto «la cristianità, l’Italia e tutte le persone che si battono per la pace». Anche Matteo Salvini, che mai ha avuto «la gioia» di incontrarlo, evidenzia l’impegno di Francesco contro tutte le guerre, perché «non c’è possibilità di pace senza un disarmo». Per Mario Draghi «con la sua bontà ha illuminato il mondo». E l’altro ex premier della pandemia, Giuseppe Conte, ricorda il 27 marzo del 2020, quando Francesco pregò per il mondo in tempesta da una piazza San Pietro deserta: «Il grande messaggio è che nessuno si salva da solo». Riccardo Magi richiama l’attenzione per i detenuti, Nicola Fratoianni sottolinea l’impegno contro «la devastazione ambientale», Angelo Bonelli si sofferma sull’«opposizione al riarmo», Carlo Calenda omaggia la «guida spirituale che parlava a credenti e non credenti». E Matteo Renzi sceglie l’ultimo viaggio in Papamobile come «simbolo del suo vivere in mezzo alla gente».
Le frasi e i neologismi di papa Francesco: «Mafiare», «Coca-cola spirituale», i pastori con «l'odore delle pecore»
di Claudio Del Frate
«Spuzzare» e «frociaggine» sono alcune delle espressioni usate da Bergoglio. Come il famoso «abbaiare della Nato» che avrebbe provocato Putin
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«Spuzzare», «mafiare», ma anche frasi ad effetto ed espressioni colorite. Il papato di Francesco - morto il 21 aprile 2025 - verrà ricordato anche per il linguaggio con cui ha saputo entrare in contatto con il popolo della Chiesa. A volte per pronunciare verità spiazzanti. Un vocabolario sorprendente fin dal primo giorno di pontificato, quando si affacciò dal balcone di San Pietro.
Dalla fine del mondo
«Fratelli e sorelle buonasera, voi sapete che il dovere del conclave era di dare un vescovo a Roma e sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo… Ma siamo qui»: queste le prime parole pronunciate da Bergoglio il 13 marzo del 2013.
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Cristiani rivoluzionari
«Un cristiano se non è rivoluzionario, non è un cristiano. Non capisco le comunità cristiane che sono chiuse in parrocchia».
Sugli omosessuali
«Se una persona gay e cerca il Signore e ha buona volontà chi sono io per giudicarla? Il catechismo della chiesa cattolica dice che non si devono discriminare queste persone per questo». Parole che sembravano preludere a un mutato atteggiamento della Santa Sede sul tema dell'omosessualità; parole che verranno attenuate dal fatto che la Chiesa continua a ritenere l'unica unione possibile quella tra uomo e donna.
Sull'aborto
«Abortire è come affittare un sicario».
Sulla Chiesa povera
«Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri! Per questo mi chiamo Francesco: come Francesco da Assisi, uomo di povertà, uomo di pace. L’uomo che ama e custodisce il Creato; e noi oggi abbiamo una relazione non tanto buona col Creato».
Gli insulti alla mamma e il pugno
«Se uno dice una parolaccia alla mia mamma io gli do un pugno»: parole che fecero discutere perché pronunciate nel gennaio 2015 pochi giorni dopo la strage dei terroristi islamici nella redazione del settimanale Charlie Hebdo. «È aberrante uccidere in nome di Dio ma è sbagliato anche insultare le religioni».
L'odore delle pecore
«Questo vi chiedo: di essere pastori con “l'odore delle pecore”, pastori in mezzo al proprio gregge, e pescatori di uomini»: con queste parole Francesco esortò il clero di Roma il 28 marzo 2013 per dare il senso della missione del sacerdote: «La nostra gente gradisce quando il Vangelo che predichiamo giunge alla sua vita quotidiana, quando illumina le situazioni limite, “le periferie” dove il popolo fedele è più esposto all'invasione di quanti vogliono saccheggiare la sua fede».
L'abbaiare della Nato
La guerra in Ucraina? «Forse l' abbaiare della Nato alla porta della Russia» ha indotto Putin a reagire. Altro concetto «forte» espresso da Francesco in una intervista rilasciata al Corriere della Sera il 3 maggio del 2022.
La «frociaggine» nei seminari»
«Nei seminari c'è già troppa frociaggine»: il Pontefice usò veramente questa espressione durante un incontro a porte chiuse nel maggio del 2024? La notizia comparve come indiscrezione sui giornali: parole che avrebbero dovuto mettere in guardia la Chiesa dall'ammettere omosessuale nei seminari. La circostanza non venne mai confermata ma pochi giorni dopo il Vaticano diffuse una nota ufficiale con queste parole: «Il Papa non ha mai inteso offendere o esprimersi in termini omofobi, e rivolge le sue scuse a coloro che si sono sentiti offesi per l’uso di un termine, riferito da altri».
No all'«indietrismo»
«La tradizione è la fede viva dei morti, invece questi ‘indietristi,’ che si dicono tradizionalisti, è la fede morta dei viventi. La tradizione è proprio la radice, l’ispirazione per andare avanti nella Chiesa, e sempre questa è verticale. E l’’indietrismo’ è andare indietro, è sempre chiuso».
«Spuzzare»
«La corruzione spuzza» dice il papa in un'omelia pronunciata nel 2014 a Napoli. Una distorsione dell'italiano che ebbe però l'effetto di rafforzare il concetto. Curiosamente secondo la Treccani il vocabolo è un retaggio del dialetto piemontese, terra di cui è originaria la famiglia Bergoglio.
«Mafiarsi»
«Quando una società ignora i poveri, li perseguita, li criminalizza, li costringe a mafiarsi, quella società si impoverisce fino alla miseria».
«Zizzanieri»
«Nella Chiesa ci sono gli zizzanieri, quelli che dividono e distruggono le comunità con la lingua»: neologismo pronunciato durante una messa a Santa Marta nel maggio 2016 che non ha bisogno di troppe spiegazioni.
«Dormo come un legno»
«La notte del terremoto non ho sentito niente, ho dormito come un legno» confida il Papa in una intervista alla radio. Qui l'espressione è tradotta letteralmente dallo spagnolo, equivalente alla nostra «dormire come un sasso».
«Cocacolizzare»
«Purtroppo sono tanti i discepoli della coca-cola spirituale» dice il 5 novembre 2024 il Papa durante una lectio magistralis alla Pontificia università Gregoriana. A cui aggiunge il concetto di «cocacolizzazione spirituale». La bevanda universale viene presa ad immagine di un atteggiamento vuoto, ripetitivo e standardizzato nella testimonianza della fede.
«Misericordiare»
«il gerundio latino miserando mi sembra intraducibile sia in italiano sia in spagnolo. A me piace tradurlo con un altro gerundio che non esiste: misericordiando».
«Nostalgiare»
«Dobbiamo difenderci dalla nostalgia della schiavitù, difenderci dal ‘nostalgiare’ la schiavitù» sono parole pronunciate da Francesco durante un'omelia il 31 dicembre 2014. Qui lo «scivolone» sembra derivare da un uso improprio di un verbo che esiste effettivamente nella lingua spagnola.
1936 – Nasce a Buenos Aires il 17 dicembre. Primogenito di cinque figli. Padre Mario, funzionario delle ferrovie. Madre Regina Maria Sivori, casalinga. I genitori erano arrivati in Argentina, dal Piemonte, nel 1928.
Anni Cinquanta – Si diploma perito chimico nel ’54. Campa la vita facendo pulizie in una fabbrica. Poi buttafuori in un locale notturno di Córdoba. Ha una fidanzata. Nel ’58, il guaio della polmonite: devono togliergli la parte superiore del polmone destro. In Ritorniamo a sognare, il suo libro del 2020, definirà l’esperienza dell’operazione «uno dei miei tre Covid». Nel ’58 entra in seminario. Novizio gesuita, fa su e giù tra Argentina e Cile.
Anni Sessanta – Laurea in Filosofia. Ordinazione presbiterale il 13 dicembre del ’69. Può distribuire i sacramenti.
Anni Settanta – Dal 31 luglio del ’73 è superiore provinciale dell’Argentina. Il 24 marzo del 1976 si inizia la dittatura dei generali, quelli che buttano in mare dall’aereo i dissidenti. Bergoglio non fa sentire la propria protesta, e questo gli costerà parecchie accuse in seguito. Però mette in piedi una centrale di soccorso in favore di chi vuole sfuggire alle persecuzioni e scappare all’estero.
Anni Ottanta-Novanta – Nominato vescovo (27 giugno 1992), sceglie il motto «Miserando atque eligendo» che manterrà da papa. Il 28 febbraio 1998 diventa primate d’Argentina.
Anni Zero – Cardinale nel 2001 (21 febbraio). Quando i Kirchner arrivano al potere (prima lui, poi lei) Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, li accusa per il varo di una legge che impedisce di indagare sui crimini dei generali, li accusa anche di non combattere la povertà, di aumentare le tasse, poi di aver consentito le unioni omosessuali, è contrario alla distribuzione gratuita e di massa dei preservativi, ecc. I Kirchner, fatto inaudito in Argentina, non mettono mai più piede nella cattedrale di Buenos Aires e sono costretti a fare i cattolici nella periferia più lontana. Nel conclave che elegge Benedetto XVI (19 aprile 2005), il suo è il secondo nome più votato.
2011-2012 – Lava i piedi ai malati di Aids. Critica duramente i sacerdoti che si sono rifiutati di battezzare bambini nati da coppie non sposate o da madri single.
2013, 13 marzo, ore 19.06 – Al quinto scrutinio, durante il secondo giorno di conclave, il cardinale argentino Jorge Mario Bergoglio, di anni 77, è eletto papa. Si rivolge allora ai porporati che lo hanno votato: «Che Dio vi perdoni». Primo argentino, primo sudamericano, primo americano, primo gesuita, 266° della serie. È anche il primo papa a prendere il nome di Francesco, nome giudicato impossibile alla vigilia. Affacciandosi alla finestra della Loggia delle Benedizioni, esordisce: «Fratelli e sorelle buona sera, sapete che il dovere del Conclave era dare un vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali sono andati a prenderlo quasi alla fine del mondo...». Impone alla piazza di tacere e pregare. Il silenzio della piazza, col papa in ginocchio, dura 32 secondi.
2013 – È un papa anticonformista. Scarpacce, vesti di poco conto. Dopo essere stato eletto va a pagare l’albergo di tasca sua, non vuole abitare nell’appartamento pontificio e se ne sta a Santa Marta, non vuole lussi, niente anelli d’oro e simili, niente papamobile: sceglie una «penitenziale e sgangherata Ford Focus blu» [Masneri]. Altra macchina: la Renault 4 Gtl immatricolata nel 1984, con 300.000 chilometri all’attivo regalatagli da don Renato Zecca che la usava nelle periferie veronesi. Prima di consegnarla al Padiglione delle Carrozze dei Musei vaticani, Bergoglio l’ha guidata contromano per raggiungere il sagrato di San Pietro in occasione della veglia per la pace in Siria. Del resto si sa che in Argentina Francesco girava in autobus, abitava in un piccolo appartamento qualunque e si cucinava da sé. Adesso, da papa, telefona a Scalfari e rilascia la prima delle tre interviste concesse negli anni al fondatore di Repubblica, tutte subito smentite dalla Sala Stampa vaticana. In questa prima, Francesco dice a Scalfari che «la corte è la lebbra del papato. La visione Vaticano-centrica trascura il mondo che ci circonda. Non condivido questa visione e farò di tutto per cambiarla». Il cambiamento avverrà con la Praedicate Evangelium del 2022 e anche con qualche decisione finanziaria: per esempio quella, presa dieci anni dopo, di far pagare l’affitto ai cardinali ospiti in appartamenti della Chiesa. Scalfari gli fa addirittura dire che l’inferno non esiste. La simpatia pontificia per il vecchio miscredente significa questo: meglio un ateo inquieto che un cattolico da salotto. E i cattolici da salotto – che parlano e non fanno, che non escono nel mondo a sporcarsi le mani per la fede – sono da subito uno dei suoi bersagli preferiti (nel Capodanno del 2019 dirà: «Meglio vivere da atei che andare in chiesa e odiare gli altri»). Inanella poi una serie di frasi che diventeranno celebri. Per esempio «Non siamo una ong. Chi non prega Dio, prega il diavolo» oppure «Non dobbiamo avere paura della bontà e neanche della tenerezza». Il «siate madri, non zitelle. La vostra castità sia feconda», detto a un gruppo di suore, è un primo avviso sulle idee del nuovo papa relativamente alla questione femminile (Bergoglio, il 12 maggio 2016, aprirà al diaconato femminile). La frase «San Pietro non aveva una banca» si riferisce allo scandalo Scarano, un monsignore che riciclava. Chiarisce le idee di Francesco sulla banca Ior (che terrà in piedi) e soprattutto sul sistema finanziario mondiale da lui subito esecrato nel discorso di Lampedusa dell’8 luglio: «globalizzazione dell’indifferenza», «società che ha dimenticato l’esperienza di piangere». La messa e il discorso di Lampedusa, tenuti da un altare fatto con una lancia da pescatori (in mezzo alla folla è nascosto anche Claudio Baglioni), chiarisce che questo papa è decisamente contrario alla politica dei respingimenti, vuole che i disperati in arrivo dal mare siano accolti e amati. Più in generale, il papa si batte contro la miseria provocata dall’egoismo dei potenti: «la Chiesa è un ospedale da campo» dice in un’intervista alla Civiltà cattolica che lo fa passare anche per «papa abortista»: la madre che abbia abortito e che si penta col confessore va assolta. A questa accusa di essere abortista, si accompagna quella di essere amico dei gay. Sull’aereo che lo riporta a Roma dal Brasile, dice ai giornalisti: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla?» (29 luglio). Nell’esortazione postsinodale Evangelii gaudium, pubblicata a novembre, scrive che «1) Il tempo è superiore allo spazio. 2) L’unità prevale sul conflitto. 3) La realtà è più importante dell’idea. 4) Il tutto è superiore alla parte. (…) La visione di Francesco, lo dice chiaramente (…), è generare processi più che dominare spazi. Andare al largo senza sapere quale sarà l’esito della navigazione» [Matzuzzi].
2014 – Fa arrestare in pieno Vaticano, e poi rinchiudere in una stanzetta del Collegio dei Conferenzieri, l’arcivescovo polacco Józef Wesolowski, imputato di pedofilia. Rimuove dalla sua diocesi in Paraguay monsignor Rogelio Ricardo Livieres Plano, accusato di aver protetto preti pedofili. Quando la riceve in Vaticano, chiede a Rita Pavone di autografargli l’album che lei gli ha regalato.
2015, gennaio-ottobre – Entrano in funzione le docce per i senzatetto che il papa ha fatto installare sotto il colonnato di San Pietro. Al momento della doccia, i poveri riceveranno un cambio completo per l’intimo e un kit che comprende asciugamano, sapone, dentifricio, rasoio, schiuma da barba e deodorante. Poi arriva Raúl Castro, e Francesco lo accoglie con un «Bienvenido». È lui a favorire il riavvicinamento di Cuba con gli Stati Uniti di Obama. Restituirà poi la visita all’Avana dicendo messa sotto un ritratto del Che. Il 18 giugno esce l’enciclica Laudato si’, che mostra un papa ecologista convinto del nesso tra crisi ambientale e crisi sociale, e responsabilità, per entrambe le crisi, dell’indifferente finanza (dopo questa enciclica si costituiscono nel mondo settantatré “Comunità Laudato si’). Il papa grida poco dopo al Congresso degli Stati Uniti, che accoglie per la prima volta un pontefice: «Se la politica dev’essere veramente al servizio della persona umana, ne consegue che non può essere sottomessa al servizio dell’economia e della finanza». Cita Luther King e Lincoln, che non erano cattolici: Francesco vuole annunciare con questo l’apertura verso le altre religioni (andrà in Africa in novembre a parlare ai musulmani, nel febbraio 2016 abbraccerà a Cuba il patriarca ortodosso Kirill). Comincia il conflitto con l’episcopato americano che pure è quello che lo ha eletto e che per tutto il suo pontificato minaccerà lo scisma. Polemiche per le nomine a Bologna e a Palermo di Matteo Zuppi e Corrado Lojodice, due preti di strada. Le due diocesi sono sempre state in mano a Comunione e liberazione.
2015, novembre-dicembre – Destituisce monsignor Pell, sospettato di pedofilia (sarà assolto e ricevuto da Francesco tre anni dopo). Fa arrestare e chiudere nel Palazzo della Gendarmeria monsignor Balda dell’Opus Dei, segretario della Commissione, istituita il 28 giugno 2013, che doveva indagare sulle finanze vaticane. Balda è accusato, insieme con Francesca Chaouqui, di aver passato ai giornalisti Gianluigi Nuzzi e Emiliano Fittipaldi i documenti con cui i due hanno confezionato i loro libri-bomba.
2016 – Giubileo straordinario, detto “Giubileo della Misericordia” e convocato per ricordare i cinquant’anni dalla conclusione del Concilio Vaticano II, in realtà per rimpinguare, con i turisti, le esauste casse vaticane. È la prima volta nella storia che per ottenere le indulgenze non sarà necessario venire a Roma. Nel febbraio, all’aeroporto José Martí dell’Avana, incontro col Patriarca di Mosca Kirill. «Evento storico, svoltosi sotto lo sguardo di Raúl Castro nelle vesti di notaio. Roma e Mosca finalmente insieme, sedute accanto e intente a siglare una “Dichiarazione comune” inimmaginabile solo fino a pochi anni prima. Quel che non era riuscito né al Papa slavo, Giovanni Paolo II, né a Benedetto XVI che l’ortodossia moscovita apprezzava parecchio, era riuscito al Pontefice preso alla fine del mondo. La comunità greco-cattolica ucraina, che già lamentava l’aggressione russa con annessione della Crimea, restò sbigottita. Non pochi, però, parlarono sottovoce di una Roma che aveva sacrificato i fedeli ucraini sull’altare dell’alleanza con Mosca. Il fatto, elementare, è che alla Santa Sede importava poco dei contenuti protocollati: più che le idee contava la realtà, e la realtà era che dopo un millennio il Papa e il Patriarca di Mosca potevano stare seduti l’uno al fianco dell’altro» [Matzuzzi]. L’apertura verso le altre fedi, cristiane e no, è confermata dalla seguente frase, pronunciata dopo che terroristi islamici avevano sgozzato un vecchio prete a Rouen: «È in corso una guerra, ma non è una guerra di religione. Le religioni vogliono la pace, sono gli altri a volere la guerra». L’anno successivo andrà ad abbracciare al Cairo l’imam al-Tayyib a cui dirà: «Siamo fratelli e sorelle sotto il sole di un unico Dio» e poi, il 3-5 febbraio 2019, dirà messa ad Abu Dhabi, negli Emirati, sotto una grande croce di legno • Il giudizio del papa su Trump, appena eletto presidente, è durissimo: «Chi costruisce muri e non ponti non è cristiano». Trump gli risponde: «Se l’Isis attaccherà il Vaticano, il papa pregherà perché alla Casa bianca ci sia io». Quando Trump verrà a Roma, Francesco si rifiuterà di riceverlo • L’anno 2016 si conclude con un viaggio a Cracovia dove Francesco, per la cronaca va a dir messa in tram, e per la storia dice la sua sul problema dell’identità sessuale: «Oggi ai bambini – ai bambini! – a scuola si insegna questo: che il sesso ognuno lo può scegliere. E perché insegnano questo? Perché i libri sono quelli delle persone e delle istituzioni che ti danno i soldi. Sono le colonizzazioni ideologiche, sostenute anche da Paesi molto influenti. (…) Dio ha creato l’uomo e la donna; Dio ha creato il mondo così, così, così…, e noi stiamo facendo il contrario».
2017 – A Roma appaiono manifesti contro di lui, e in genere cresce il dissenso della parte più conservatrice del clero. Francesco risponde con un’intervista alla Civiltà cattolica: «In Vaticano c’è corruzione» e «Il Vangelo va preso senza calmanti». Il papa, finalmente, riceve Trump. Incontro a porte chiuse di 27 minuti. Nella foto, Trump col sorriso smagliante, Francesco cupo, senza sorriso.
2018 – Francesco e i bambini: il caso del piccolo Alfie, in stato vegetativo e che il giudice inglese vuol far morire. I conservatori si scatenano, il papa è prudente, non si pronuncia sul problema di staccare la spina, mostra pietà per i genitori (riceve il padre), e dice: «Non tutto ciò che è tecnicamente possibile, o fattibile, è per ciò stesso eticamente accettabile». L’altra storia riguarda il bambino che gli chiede «quando eri piccolo che cosa sognavi di fare da grande». Francesco risponde: «Il macellaio. Andavo al mercato con la nonna, e il macellaio prendeva il coltello e faceva i pezzi. Tagliare la carne è un’arte, e mi piaceva guardare. Sì, da piccolo desideravo fare il macellaio. Poi ho cambiato idea». Si mette d’accordo con i cinesi perché i vescovi siano nominati insieme. Si iniziano gli attacchi di monsignor Viganò, che ne chiede le dimissioni accusandolo di aver coperto gli abusi sessuali del cardinale McCormick. Del resto, è ormai fitta la schiera di cardinali che, pubblicamente, considera il papa, per via delle aperture ai divorziati o «ai sodomiti», un anticristo. Tra questi il cardinale americano Raymond Leo Burke (su cui vedi 2023) e, da ultimo, l’arcivescovo di Utrecht Willem Eijk, che accusa Francesco di voler permettere ai protestanti di prendere la comunione.
2019 – In aprile un documento attribuito a Ratzinger, attaccando il Sessantotto, mostra una linea alternativa a quella di papa Francesco sui cosiddetti “valori non negoziabili”. Il papa emerito, che ha 92 anni, non avrebbe più la testa per scrivere un intervento simile, che viene attribuito ai nemici di Bergoglio, i quali insistono sul concetto che il vero papa non è l’argentino, ma il tedesco. In maggio una schiera di teologi, docenti universitari e uomini di Chiesa accusa papa Francesco di eresia: per l’accoglienza dei migranti ha appoggiato l’abortista Emma Bonino, vuole dare la comunione ai divorziati, ecc. Il documento è tradotto in sette lingue. Francesco non risponde, ma il 10 settembre, sull’aereo che lo riporta in Italia dall’Africa, dice ai giornalisti: «Non ho paura dello scisma». Sono sempre più chiare due cose: il papa è nemico di Trump (infatti nel 2020 si rifiuta di ricevere Mike Pompeo) ed è amico – molto amico – del premier Conte, che accoglie due volte in Vaticano (15 dicembre 2018 e 30 marzo 2020) • Suo viaggio negli Emirati, dove arriva esibendo un logo da cui, per non offendere la sensibilità locale, ha tolto la croce. Firma la Dichiarazione sulla Fratellanza con il Grande Imam del Cairo, al-Tayyib, massima autorità teologica sunnita (4 febbraio).
2020 – C’è la pandemia e la famosa foto del papa solo in piazza San Pietro che benedice Urbi et Orbi. Ai vescovi che protestano perché non vogliono chiudere le chiese, Francesco dice: «Bisogna obbedire ai governi» e anticipa alle sette di sera la messa di Natale, di regola celebrata a mezzanotte. Soprattutto dice a un gruppo di genitori omosessuali: «Dio ama i vostri figli così come sono, perché sono figli di Dio» e in un film proiettato durante la Festa romana del cinema ribadisce: «Le persone omosessuali hanno il diritto di essere in una famiglia. Sono figli di Dio e hanno diritto a una famiglia. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo. Ciò che dobbiamo creare è una legge sulle unioni civili. In questo modo sono coperti legalmente. Mi sono battuto per questo». La destra dei cardinali, capeggiata da monsignor Viganò, non ha più dubbi: è un Anticristo • Francesco dà inizio alla guerra contro il cardinale Becciu: lo accusa di aver adoperato i soldi della Segreteria di Stato per aiutare i suoi fratelli, ne impone le dimissioni da prefetto della Congregazione dei santi (24 settembre). Becciu nega tutto e rinunzia alle prerogative cardinalizie: non entrerà in conclave • Enciclica Fratelli tutti: «Un testo che riposiziona quello che è forse il tema cristiano per eccellenza al centro del mondo contemporaneo: la fratellanza/sorellanza. È la terza enciclica di Papa Bergoglio – quella maggiormente densa e personale – simbolicamente firmata ad Assisi, la città del Santo cristiano che più parla ai non credenti e ai credenti di altre religioni. Il filosofo Natoli: «E se questo – mi permetto di osare – fosse l’ultimo papa della tradizione cattolico-romana, e stesse nascendo un cristianesimo diverso?» [dalla scheda editoriale del libro Fratelli tutti, Morcelliana].
2021 – Il Covid imperversa, ma il papa, che pure si è vaccinato ed esorta a vaccinarsi («il vaccino è un’opzione etica»), riceve quelli che lo vanno a trovare senza indossare la mascherina • L’incontro assai cordiale in Vaticano col presidente Usa John Biden segna un altro elemento di discordia con i vescovi americani. I vescovi americani si rifiutano infatti di dare la comunione a Biden e a Nancy Pelosi perché, benché cattolici, non sono contrari all’aborto • A luglio il papa è ricoverato al Gemelli per un’operazione al colon: «Zoppico un po’, ma nulla è cambiato nella mia vita. Mi alzo sempre alle 4 di notte e inizio subito a pregare. E poi avanti con gli impegni e appuntamenti vari. Mi concedo solo una breve siesta dopo pranzo». Nonostante queste parole, si vocifera dell’eventualità che anche Francesco si dimetta (con Ratzinger ultranovantenne i papi emeriti sarebbero a questo punto due) • Viaggi in Iraq (incontro con il grande ayatollah Alī al-Sīstānī, massima autorità sciita), a Budapest (dal Vaticano precisano che la stretta di mano con Orbán non significa niente, il viaggio è solo spirituale, Orbán, «costruttore di muri», non ha niente che fare con Francesco) e in Slovacchia. A dicembre a Cipro e in Grecia, dove grida al mondo la tragedia dei migranti (ne farà trasferire una cinquantina dal lager di Lesbo a Roma e poi in Europa; a Nicosia recita la preghiera dei migranti). A febbraio padre Georg Gänswein è sollevato dalla carica di prefetto della Casa pontificia e restituito al suo ruolo antico di segretario particolare di Benedetto XVI. Francesco ha anche istituzionalizzato la presenza delle donne sull’altare durante la messa nella lettura dei testi sacri (lettorato) e come dispensatrici dell’eucarestia (accolitato).
2022 – Il 24 febbraio i russi hanno invaso l’Ucraina. Il giudizio di Bergoglio: Mosca è intervenuta con innegabile brutalità e ferocia, ma discernere implica che lo sguardo non si appunti solo sul pericolo russo: «Il pericolo è che vediamo solo questo, che è mostruoso, e non vediamo l’intero dramma che si sta svolgendo dietro questa guerra, che è stata forse in qualche modo o provocata o non impedita. E registro l’interesse di testare e vendere armi. Stanno abbaiando alle porte della Russia. E non capiscono che i russi sono imperiali e non permettono a nessuna potenza straniera di avvicinarsi a loro». A marzo, il papa fece improvvisamente visita all’ambasciatore Aleksandr Avdeev. A ottobre, Bergoglio dedicò l’Angelus alla guerra in Ucraina. «L’umanità si trova nuovamente davanti alla minaccia atomica? È assurdo». Supplicò il presidente Putin «di fermare questa spirale di violenza e di morte». E il presidente Zelens’kyj di «essere aperto a serie proposte di pace». A settembre, in occasione della giornata mondiale della pace, Francesco aveva parlato di «guerra a pezzi». Il 29 novembre disse: «Certamente chi invade è lo stato russo. Questo è molto chiaro». La portavoce Maria Zakharova replicò duramente: «Non si tratta neppure di russofobia, ma di perversione della verità» • Protesta per la nomina unilaterale, da parte di Pechino, di monsignor Giovanni Peng Weizhao, vescovo di Yujiang (provincia di Jiangxi), come “vescovo ausiliare di Jiangxi”, diocesi non riconosciuta dalla Santa Sede (24 novembre). L’accordo del 2018 (vedi) era appena stato rinnovato • Problemi al ginocchio (artrosi e una lesione al menisco: gira col bastone e, se il tragitto è lungo, in carrozzella). Non vuole operarsi, perché l’anestesia che gli hanno fatto per l’intervento al colon (vedi 2021) gli ha dato problemi alla testa, e lui vuole tenere la testa lucida («si governa con la testa, non con il ginocchio»). Si fida più degli infermieri che dei medici. «Un’infermiera gli salvò la vita da bambino e ora Massimiliano Strappetti è la persona che lo segue. È stato lui a convincerlo a farsi operare al colon» [Nelson Castro]. Ha chiesto una consulenza anche a José María Villalón, medico dell’Atlético Madrid • Visita di quattro giorni in Bahrein (2-6 novembre). Lo stadio di Manama si riempie di trentamila cristiani. Duemila di questi sono arrivati dall’Arabia saudita. Alla messa si vedono soprattutto filippini, indiani, malgasci, srilanchesi, pachistani, tutti immigrati. Incontra il Grande Imam della moschea al-Azhar, Ahmad al-Tayyib. Altri viaggi in Kazakistan, in Canada («quello degli indigeni è stato un genocidio. Nell’Alberta non ho usato la parola “genocidio” perché non mi è venuta in mente»). Per i problemi al ginocchio è annullato il viaggio in Congo e in Sud Sudan • Parlando ai seminaristi li mette in guardia dalla pornografia. Li esorta a usare i mezzi della comunicazione moderna (computer, telefonini: «questo va bene»), ma a guardarsi dalla pornografia: «Scusatemi se scendo a questi dettagli sulla pornografia, ma c’è una realtà: una realtà che tocca i sacerdoti, i seminaristi, le suore, le anime consacrate» • Bergoglio fa gli auguri di Natale dalle reti Mediaset, ed evita in particolare il Tg1 di Monica Maggioni. Il Tg1 di Monica Maggioni, a differenza dei tg di Berlusconi, non fece sapere che il papa aveva violentemente protestato contro il via libera di Mario Draghi all’aumento delle spese militari • Bergoglio rivela al quotidiano spagnolo Abc di aver firmato una lettera di dimissioni in bianco all’atto dell’insediamento. Consegnata a Bertone, adesso «dovrebbe essere» nelle mani del segretario di stato Parolin • Al concistoro con cui Francesco, il 29 e 30 agosto, ha creato 21 nuovi cardinali, è stato invitato anche Angelo Becciu (su cui vedi 2020). Sono due anni che Becciu non entra in San Pietro (nel 2021 Bergoglio ha detto: «Desidero con tutto il cuore che sia innocente. È una persona di cui ho una certa stima») • Varata la riforma della Curia (costituzione apostolica Praedicate Evangelium), in cui tra l’altro si stabilisce che «i dicasteri a livello apicale dovranno aprirsi maggiormente ai laici e alle donne». Il primo dicastero diventa quello della Evangelizzazione dei popoli. Finora era stato quello della Dottrina della Fede • Il 24 maggio ha scelto il cardinale Zuppi come presidente della Conferenza episcopale italiana • Il 31 dicembre è morto di 95 anni Joseph Ratzinger, papa emerito Benedetto XVI.
2023 – Il papa non prende posizione tra Hamas, responsabile del massacro del 7 ottobre, e Israele, la cui reazione al massacro è stata violentissima. Il papa invoca semplicemente: «Cessate il fuoco, in nome di Dio». Il ministro degli Esteri israeliano ha criticato questa equidistanza («Israele si aspetta che il Vaticano emetta una condanna chiara delle azioni terroristiche di Hamas»). Dal Vaticano hanno anche fatto sapere di una telefonata al papa del presidente iraniano Ebrahim Raisi, il quale ha detto a Francesco: «Le brutali atrocità del regime sionista a Gaza rappresentano il più grande genocidio dell’intero secolo e un crimine contro l’umanità». Si sa che Francesco, per avere notizie, telefona ogni giorno alla parrocchia cattolica di Gaza • Esortazione apostolica Laudate Deum, sviluppo sui temi ambientali (specialmente il riscaldamento climatico, a cui il papa crede) già affrontati nell’enciclica Laudato si’ del 2015) • Si apre il XVI Sinodo dei vescovi. Titolo: “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”. Per la prima volta sono state ammesse anche le donne (85, di cui 54 con diritto di voto, su 464 partecipanti complessivi, di cui votano 365). Bergoglio, per smorzare le divisioni tra progressisti e conservatori, invita a «imparare nuovamente a fare silenzio». Temi in discussione, riassunti nell’Instrumentum laboris: diaconato delle donne, sacerdozio degli uomini sposati, maggiore coinvolgimento dei fedeli nelle decisioni prese da preti e vescovi, migliore inclusione degli omosessuali. Tra i Dubia: sarà lecito benedire le coppie omosessuali? Si potranno ordinare sacerdoti (“sacerdotesse”?) le donne? Si potrà impartire un’assoluzione generale, valida per tutti e per sempre? Sulle questioni di genere Francesco ha idee chiare: «Il matrimonio è un’unione esclusiva, stabile e indissolubile tra un uomo e una donna, naturalmente aperta a generare figli». Questa posizione non esclude che si debba dare la comunione a «divorziati e risposati» e che anche gli omosessuali debbano essere benedetti. Il Sinodo si concluderà nel 2024 • Rivolta nel cattolicesimo tradizionalista mondiale contro la Fiducia supplicans una dichiarazione del Dicastero per la dottrina della fede firmata da papa Francesco, del segretario don Armando Matteo e del prefetto Victor Manuel Fernández, in cui si ammette la possibilità di benedire coppie omosessuali o non regolari • Manda il cardinale Zuppi, presidente della Cei, in Cina col compito di spingere Pechino a farsi mediatore tra Russia e Ucraina. Zuppi è già stato a Mosca, Washington e Kiev. Mychajlo Podolyak, consigliere e spesso portavoce di Zelens’kyj, dice che Bergoglio è «pro Russia in una maniera assolutamente evidente ormai a tutti. Con il conseguente, azzeramento totale di qualunque missione di mediazione che potrebbe venire svolta dal Vaticano e della reputazione della Santa Sede». I cattolici ucraini sono 5 milioni, dieci volte i cattolici russi • Il cardinale Becciu (vedi 2020) è condannato a cinque anni e sei mesi di reclusione per due peculati e una truffa aggravata, più l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e ottomila euro di multa (16 dicembre) • A giugno Francesco ha rispedito a Friburgo padre Gänswein, che fu segretario di Benedetto XVI ed è suo nemico (autore del libro Nient’altro che la verità, in cui lo attacca duramente). Nel 2024 lo ha nominato nunzio apostolico in Lituania, Estonia e Lettonia. A novembre il cardinale americano Raymond Burke, tradizionalista e critico verso i metodi di papa Francesco, viene privato del reddito spettante ai cardinali e dell’appartamento romano. Il cardinale Viganò, che considera Francesco l’Anticristo, sarà scomunicato nel 2024 • Viaggi in Congo e in Sud Sudan (gran caldo, fila di sei chilometri per vederlo), Mongolia («vorrei mandare un saluto al popolo cinese»), a Marsiglia («il mare nostrum non deve diventare mare mortum»), a Lisbona per l’incontro con la gioventù (800.000 ragazzi provenienti da tutto il mondo), in Ungheria (l’incontro con Orbán, ribadiscono in Vaticano, non significa niente, Orbán è un «costruttore di muri») • Operato (è la seconda volta) per un laparocele incarcerato (aderenze all’intestino)
2024 – La notte di Natale, Francesco ha inaugurato il Giubileo aprendo la Porta Santa di San Pietro. Ma era in carrozzella, con il volto gonfio, tirato, incapace di alzarsi. Il giorno dopo è andato a lavare i piedi alle detenute di Rebibbia. Sembrava in ottima forma. Ha detto, riferendosi ai carcerati: «È molto importante essere qui. Perché dobbiamo pensare che tanti di questi non sono pesci grossi, i pesci grossi hanno l’astuzia di rimanere fuori». Poi ha parlato a Tv2000: «Ogni volta che vengo in carcere la prima domanda che mi faccio è perché loro e non io…» • Il 7 dicembre, ultimo dei dieci concistori con cui Francesco ha creato, complessivamente, 163 cardinali, di cui 133 elettori e 30 non elettori. In questo concistoro è stato creato il cardinale più anziano di sempre, Angelo Acerbi di 99 anni e 75 giorni. Nei dieci concistori, 23 nazioni hanno avuto il loro primo cardinale • Richiesto di scegliere fra Trump e Kamala Harris, Bergoglio ha risposto: «Ambedue sono contro la vita, sia quello che butta via i migranti sia quella che uccide i bambini» • Il papa non è andato alla cerimonia per la riapertura di Notre-Dame, a cui erano presenti quaranta capi di stato. Il papa preferisce le periferie e non ha mai visitato né Parigi né Madrid né Londra né Vienna né Berlino. Anche l’anno scorso, quando è andato a Marsiglia, ha tenuto a specificare: «Vado a Marsiglia, non in Francia» (del resto, Macron non gli piace). Una settimana dopo, è andato in Corsica • Altri viaggi: in Madagascar, in Lussemburgo, poi in Belgio, dove ha suscitato un clamore enorme la definizione di “omicida” data alla legge belga sull’aborto. Concetto che il papa ha ribadito nella conferenza stampa sull’aereo che lo riportava a Roma: «I medici che praticano l’aborto sono dei sicari». A Jörg Michael Peters, che gli portava i saluti dell’episcopato tedesco, Bergoglio ha polemicamente chiesto: «Sono cattolici?» (l’episcopato tedesco è antibergogliano e minaccia da sempre uno scisma, per dir così, da sinistra). Lunghissima – la più lunga del pontificato – la trasferta in Oriente: Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor Est, Singapore • Deludente conclusione del Sinodo. «Tanti capitoli che aperti erano prima e aperti sono rimasti anche dopo le riflessioni e le discussioni dei padri riuniti in Vaticano. Appariva chiaro come fosse impossibile mettere d’accordo, su una linea profondamente riformatrice, Chiese che sui temi più controversi la pensano ciascuna in modo diverso, se non opposto. Si prenda il riconoscimento dei diritti delle persone lgbtq+, ad esempio: come portare i vescovi europei a firmare lo stesso documento di quelli dell’Africa subsahariana?» [Matzuzzi]. «Il sinodo sulla sinodalità ha lavorato su indecifrabili tavoli di auto-aiuto, segretati senza ragione, commissioni, fino al documento finale che in queste ore scontenta tutti, anche se tutti lo voteranno per riguardo a Francesco (…) Aver intuito che la partita della chiesa post-conciliare era la sinodalità è il merito che la storia darà a papa Francesco. Averla perduta nella melina non è colpa solo di Bergoglio, ma è un fatto. Un fatto che costerà caro ben oltre il tramonto di questo pontificato nel mondo in fiamme» [Melloni] • Altro scandalo: Dagospia rivela che davanti a un gruppo di vescovi Bergoglio ha detto: «Nei seminari c’è troppa frociaggine» • Infine, intervistato dalla televisione svizzera sulla guerra in Ucraina, Francesco dice: «Credo che è più forte quello che vede la situazione, pensa al popolo e ha il coraggio della bandiera bianca». Reazioni molto forti, specialmente da parte ucraina. «La nostra bandiera è gialla e blu. Questa è la bandiera con la quale viviamo, moriamo e vinciamo. Non alzeremo mai altre bandiere» ha detto il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. In piazza San Pietro, gli ucraini hanno anche manifestato contro il papa • Il presidente argentino Javier Milei, che in campagna elettorale aveva definito papa Bergoglio, un imbecille, è venuto a Roma, ha abbracciato Francesco, gli ha chiesto il permesso di baciarlo. Il papa ha risposto: «Sì, figlio».
Gda
QUINTA PAGINA
«La fede va trasmessa
nel dialetto delle nonne»
Francesco
Lacrime di coccodrillo dei farisei per il “putiniano” e l’“antisemita”
Critiche. Dal riarmo fino a Gaza: piange chi lo ha accusato
La morte cancella tutto, anche i giudizi dati in vita. Oggi papa Francesco è salutato come un faro spirituale, il presidente Sergio Mattarella dice di aver perso un punto di riferimento, Ursula von der Leyen che “ha ispirato milioni di persone”. Non sembra che lo abbia fatto con lei e nemmeno che il nostro presidente della Repubblica abbia preso a riferimento l’invito di Francesco a trovare una strada per il negoziato.
Il cambio di registro più vistoso è forse quello di Israele, che ieri con il presidente Isaac Herzog ha parlato di un “uomo di profonda fede e sconfinata compassione, ha dedicato la sua vita a sollevare i poveri e a invocare la pace in un mondo travagliato”. Solo qualche mese fa, in occasione del libro La speranza non delude mai, Francesco si era permesso di dire che “a detta di alcuni esperti, ciò che sta accadendo a Gaza ha le caratteristiche di un genocidio. Bisognerebbe indagare con attenzione per determinare se s’inquadra nella definizione tecnica formulata da giuristi e organismi internazionali”. Dichiarazione molto cauta che spinse Israele a rispondere su X al Pontefice: “Quella di Tel Aviv è autodifesa di fronte al ‘massacro genocida’ del 7 ottobre. Chiamarla con altro nome significa isolare lo Stato ebraico”. A commento dello scambio il Segretario di Stato Pietro Parolin dovette anche respingere l’accusa di antisemitismo.
Quando il rettore dell’Università delle Religioni e delle Denominazioni dell’Iran, Abolhassan Navab, riferì queste parole di Francesco – “Noi non abbiamo problemi con gli ebrei, il nostro unico problema è con Netanyahu” – Giuliano Ferrara sul Foglio scrisse: “Le linee rosse le ha passate tutte, e malamente”.
Eppure è sulla guerra in Ucraina che il Papa è stato preso di mira a tutto tondo e l’accusa, implicita, di putiniano, se la porta nella tomba. A cominciare dalle reazioni proprio dell’Ucraina che, oggi con il presidente Volodymyr Zelensky ne piange la scomparsa, ma che quando organizzò la Via Crucis con la presenza di una donna ucraina e una russa, schierò l’ambasciatore presso la Santa Sede Andrii Yurash: “L’ambasciata capisce e condivide la preoccupazione generale in Ucraina e in molte altre comunità sull’idea di mettere insieme le donne ucraine e russe nel portare la Croce”. Il consigliere di Zelensky, Podoljak, fu molto netto: “Il Papa non può mediare, non è credibile, non capisce la politica, è filo-russo”, addirittura ipotizzando “investimenti russi nella banca vaticana Ior”.
Su Repubblica del 15 aprile 2022, Francesco Merlo faceva paragoni impegnativi: “Premettendo che la storia non si ripete e che gli orrori di Hitler restano incomparabili, provi a immaginare se, durante l’occupazione nazista della Polonia, il Papa di allora (Pio XIII), con uno spirito francescano che non possedeva, avesse messo insieme in processione una donna polacca e una tedesca (e perché non due uomini o due famiglie? Davvero le donne sono più innocenti?). Chi non avrebbe pensato, al di là delle spiegazioni, e anche dei sentimenti delle persone scelte, che quella non fosse la dolente sceneggiatura liturgica di un miracolo ma di un imbroglio?”. Bruno Vespa, per riparare, organizza uno “Speciale Rai1 Via Crucis” dalla cattedrale di Leopoli.
Sempre a proposito di Zelensky, il 9 marzo 2022, intervistato dalla tv svizzera Rsi, il papa dichiara: “Il negoziato non è mai una resa. È più forte chi vede la situazione, pensa al popolo e ha il coraggio della bandiera bianca per negoziare. E oggi si può farlo con l’aiuto delle potenze internazionali… oggi ci sono tanti mediatori…”. Zelensky il giorno dopo lo attacca: “La vera Chiesa è qui in prima linea al fronte, non ci servono mediazioni virtuali da 2.500 chilometri di distanza”.
Ieri Mario Draghi ha ovviamente inviato il proprio cordoglio sottolineando che “mi è stato vicino in momenti difficili e mi ha aiutato con la Sua preghiera”. Quando il suo governo decise che occorreva arrivare al più presto alla soglia del 2% del Pil in spese militari, Francesco fu esplicito: “Io mi sono vergognato quando ho letto che un gruppo di Stati si sono impegnati a spendere il 2% del Pil nell’acquisto di armi. Sono dei pazzi!”. La notizia fu censurata dal Tg1 mentre il giorno dopo fu piazzata dal Corriere della Sera a pagina 15, e su Repubblica in un boxino a pagina 14. Il Foglio, invece, sempre molto sprezzante: “Caro Papa, la pazzia è solo quella di Putin… È non armarsi… E gli ucraini come si difendono, con i fiori?”.
Sempre nel solco del Papa in odor di putinismo, si è contraddistinto Ernesto Galli della Loggia sul Corriere. Il 10 maggio del 2020 scrive che Francesco “non è un papa politico, non è un papa religioso, è un papa ideologico”. Nel 2022 in un’intervista a Carioti su Libero è più confuso, ma negativo: “Mi pare che le dichiarazioni del papa siano state molto contraddittorie. Dapprima ha preso posizioni filorusse; poi, forse anche a causa delle critiche che gli sono state mosse da dentro la Chiesa, ha cambiato posizione, iniziando a parlare di ‘aggressione’, pur senza mai nominare la Russia. Credo che le posizioni del papa mettano soprattutto in grave difficoltà la diplomazia vaticana (…) mi sembra che soffra molto di una guida così incerta e ambigua”. Luigi Manconi, su Repubblica del 3 ottobre 2022, allude al putinismo del Papa: “Perfino la predicazione di papa Francesco viene piegata a quella finalità e il suo ripudio della guerra diventa uno strumento di propaganda”. Sul Corriere, Massimo Franco sostiene che “le scelte della diplomazia sotto il papato di Francesco si stanno confermando divisive”. Giorgia Meloni, la prima volta che incontrò il Pontefice ebbe in dono i suoi interventi sulla guerra. Non sembra averli letti.
“L’UNICA COSA POSITIVA DELLA MORTE DI PAPA FRANCESCO È CHE NESSUNO VORRÀ MAI PIÙ INCONTRARE JD VANCE” – I MIGLIORI TWEET E MEME SULLA COINCIDENZA TRA LA SCOMPARSA DI BERGOGLIO E L'INCONTRO CON IL VICEPRESIDENTE AMERICANO: “PAPA FRANCESCO SE N'È ANDATO DOPO AVER SNOBBATO JD VANCE. RIPOSA IN PACE DIVO, SARÀ DIFFICILE AVERE UN PAPA PIÙ ANTI AMERICANO” – “FABRIZIO CORONA: ‘IL PAPA È ANCORA VIVO’” – “FRANCESCO SANTO SUBITO, VATICANO: ‘PASQUETTA SENZA PIOGGIA PRIMO DEI SUOI MIRACOLI’” – OSHO: “SCOMMETTIAMO CHE IL PROSSIMO PAPA SARÀ UN CARDINALE DI MARTA DONÀ?” - VIDEO
IL GIORNO DOPO
mercoledì 23 aprile 2025
L'ordine dell'amore secondo Francesco
Graffiti per il papa a Buenos Aires (Afp)
di Gianluca Mercuri
Buongiorno.
«Non dobbiamo aver paura della vecchiaia, non dobbiamo temere di abbracciare il diventare vecchi, perché la vita è la vita ed edulcorare la realtà significa tradire la verità delle cose».
«Il problema è come si diventa vecchi. Se si vive questo tempo della vita come una grazia, e non con risentimento; se si accoglie il tempo (anche lungo) in cui sperimentiamo forze ridotte, la fatica del corpo che aumenta, i riflessi non più uguali a quelli della nostra giovinezza, con un senso di gratitudine e di riconoscenza, ebbene, anche la vecchiaia diventa un’età della vita davvero feconda e che può irradiare del bene».
«La morte non è la fine di tutto, ma l’inizio di qualcosa. È un nuovo inizio, perché la vita eterna, che chi ama già sperimenta sulla terra dentro le occupazioni di ogni giorno, è iniziare qualcosa che non finirà. Ed è proprio per questo motivo che è un inizio “nuovo”, perché vivremo qualcosa che mai abbiamo vissuto pienamente: l’eternità».
Sono le ultime parole di Francesco: non quelle dette prima di morire, ma quelle ufficiali, inedite, dalla prefazione al libroRiflessioni sulla vecchiaia di Angelo Scola, il grande cardinale, arcivescovo emerito di Milano, che 12 anni fa entrò da strafavorito nel Conclave ma poi cedette il passo al gesuita arrivato «dalla fine del mondo».
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Abbiamo poi le ultime parole dette all’infermiere che lo accudiva il giorno di Pasqua, quando la fine non sembrava imminente e la tentazione del bagno di folla dopo la benedizione Urbi et Orbi era irresistibile. «Credi che possa farlo?». L’infermiere Massimiliano Strappetti, nomen omen, non poteva che assecondarlo. Ha fatto benissimo perché sono immagini che passeranno alla storia, e merita il «grazie per avermi portato in piazza» ricevuto dal Papa.
Abbiamo anche le parole davvero consolanti di Sergio Alfieri, coordinatore dell’équipe medica - «Posso dire con certezza che il Santo Padre non ha sofferto» - e quelle che sabato sera il papa ha detto al parroco di Gaza, un posto il cui martirio quotidiano lo faceva infuriare al punto da inimicargli perfino in queste ore il governo di Israele: «Come sempre abbiamo avuto vicinanza, consolazione, benedizione, e la preghiera per la pace», racconta padre Gabriel Romanelli. «In questa guerra sono morti 50 parrocchiani: l’ultimo è lui».
Fino all’ultimo, insomma, Bergoglio è stato Bergoglio, Francesco è stato Francesco: sfiorato appena negli anni scorsi dall’idea di emulare il predecessore dimissionario, il Papa ha poi portato a termine la sua missione con addosso davvero «l’odore delle pecore», cioè da pastore in mezzo ai fedeli. La Chiesa che gli consegnò Benedetto XVI era in uno stato di agonia morale, quella che troverà il successore di Francesco è divisa ma viva, capace davvero di farsi nelle sue espressioni migliori «ospedale da campo».
Un gesto del papa non ricordato in questi giorni: quando, durante il Covid, aiutò le prostitute transessuali del litorale romano, ridotte alla fame dalla mancanza di clienti. Poi le incontrò pure, erano tutte sudamericane, e furono lacrime, risate ed empanadas fatte da loro per lui.
Questa è la Chiesa di Bergoglio.
Chiunque sia il successore, saprà essere così misericordioso, davvero fedele a Gesù come lui? La risposta, nei prossimi anni, sarà importante per tutti.
E poi, in questa newsletter papale-papale, inevitabilmente c’è anche quello che per molti aspetti è l’Antipapa, ma sarà al funerale del Papa. E dunque, la rivolta delle università americane contro Trump, le manovre di Putin per tenersi Trump dalla sua parte contro l’Ucraina, i timori del Fondo monetario internazionali per le conseguenze dei dazi di Trump. E altre cose che vale forse la pena leggere e sapere oggi.
Benvenuti alla Prima Ora di mercoledì 23 aprile.
L’abbraccio a Francesco
La salma del papa omaggiata dal presidente della Repubblica (Ansa)
Il lutto, l’omaggio, il funerale, le reazioni: punto per punto.
L’ultimo saluto La salma di Francesco sarà traslata questa mattina nella basilica di San Pietro, dove - a partire dalle 11 - i fedeli potranno rendergli omaggio. Ieri, alla residenza santa Marta, l’hanno fatto la Curia e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha pregato in silenzio. Secondo le sue volontà, quella del papa è una semplice bara di legno, foderata di zinco e di velluto rosso.
L’espressione serena Il corpo non è stato imbalsamato, ma iniettato di liquidi che ne ritardano la decomposizione. Colpisce l’espressione del viso, quasi sorridente. Il lato sinistro è segnato da un ematoma.
Il funerale Sarà sabato alle 10. Attese oltre 200 mila persone, con 170 delegazioni da tutto il mondo. Il governo ha proclamato 5 giorni di lutto nazionale (per gli ultimi papi erano stati 3). Qualche polemica per le celebrazioni del 25 aprile (ne parla sotto Gramellini), ma il ricordo degli 80 anni della Liberazione dal fascismo non è in discussione. Oggi, alla Camera, la commemorazione di Francesco da parte della presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
Il conclave La data di inizio più probabile è martedì 6 maggio, dopo 9 giorni di preghiera. E di riunioni quotidiane della Congregazione dei Cardinali. Sarà però negli incontri informali tra i porporati, molti dei quali non si conoscono nemmeno, che si deciderà con ogni probabilità il successore.
L’intreccio diplomatico
La folla ieri a piazza San Pietro (Ansa)
Chi c’è, chi non c’è e cosa c’è dietro.
Re, principi e presidenti Al funerale di sabato ci saranno tra gli altri i sovrani di Belgio e Spagna, il principe William per la casa reale britannica, il premier britannico Starmer, il presidente francese Macron, il cancelliere tedesco uscente Scholz con il presidente Steinmeier. Ci sarà il presidente argentino Milei, che pure è stato a lungo un hater del Papa, definito imbecille e posseduto dal maligno durante la sua campagna elettorale.
Non ci sarà Putin Non è nella sua agenda, ha fatto sapere il suo portavoce. Anche perché per lui dovrebbe scattare l’arresto su mandato della Corte penale internazionale, che vuole processarlo per crimini di guerra.
Non ci sarà Netanyahu Anche il premier israeliano è ricercato dalla Cpi per crimini di guerra. Il governo italiano, con uno schiaffo alla Corte, ha fatto sapere da tempo che non lo farebbe arrestare. Ma Netanyahu non verrebbe comunque: non solo (a differenza del presidente Herzog) non ha espresso il proprio cordoglio, ma ha fatto cancellare i post pubblicati dalle ambasciate israeliane nel mondo. Il governo di Israele – che dopo l’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023, in cui morirono 1.200 persone, ha raso al suolo Gaza e ucciso oltre 50 mila persone, la stragrande maggioranza civili – non perdona a Bergoglio frasi come questa frasi come «quello che sta succedendo a Gaza non è una guerra, è crudeltà» o l’accusa allo Stato ebraico di «bombardare i bambini e falciarli con le mitragliatrici».
Invece ci sarà Trump
Trump tra la moglie Melania e un maxi coniglio pasquale mentre commemora il papa (Ap)
Un sì controverso Il presidente americano, a quanto pare, non aveva molta voglia di volare a Roma: che cosa c'era di così urgente nell'agenda di Trump per il weekend? «La consueta fuga in uno dei suoi resort per giocare a golf», scrive Giuseppe Sarcina. A evitare la sedia vuota dell’America in piazza San Pietro l’hanno convinto i due cattolici dell’amministrazione, il vicepresidente J.D. Vance e il segretario di Stato Marco Rubio. Trump ha annunciato il suo sì con un post un po’ sguaiato – «Io e Melania non vediamo l’ora» – e poi ha omaggiato il Papa durante un party pasquale con accanto un uomo vestito da coniglio. Tutto iper-trumpiano, la realtà come caricatura di sé stessa.
Perché è importante Perché il rapporto tra Francesco e Trump è sempre stato complicato, e perché la Chiesa cattolica americana ha posizioni sempre più conservatrici ma resta fondamentale per il Vaticano a causa del suo insostituibile apporto finanziario. Ma i nodi politici restano e peseranno eccome sul successore di Francesco.
Lo scontro sui migranti Questo tema è chiaramente centrale nel lascito di Bergoglio. Che sul punto ha attaccato Trump fin da prima che diventasse presidente, nel 2016, quando disse che «una persona che pensa solo a costruire muri, ovunque essi siano, e non a costruire ponti, non è cristiana». Trump gli fece rispondere che, senza lui alla presidenza, prima o poi l’Isis avrebbe attaccato il Vaticano e Bergoglio l’avrebbe rimpianto. Un altro momento duro fu quando il papa si accordò con la Cina per la nomina congiunta dei vescovi cattolici: il segretario di Stato Mike Pompeo protestò e il papa si rifiutò di riceverlo. Ma lo scontro è durato fino a poche settimane fa.
La parole di Vance Il vice di Trump è un cattolico recente, convertito nel 2019, e ha abbracciato le correnti più conservatrici della Chiesa americana. A fine gennaio, Vance ha citato la teoria dell’ordo amoris, elaborata da sant’Agostino e ripresa poi da san Tommaso d’Aquino, come giustificazione della sua xenofobia. Nella sua interpretazione, il vero cristiano ha una gerarchia di interessi e valori che lo porta a pensare ai propri congiunti, poi ai concittadini e solo dopo agli stranieri. Erano i giorni delle prime espulsioni di migranti decise dall’amministrazione Trump.
La risposta del papa È stato l’ultimo, vibrante atto politico bergogliano. Il pontefice ha risposto alle mosse di Trump e alle parole di Vance con una lettera ai vescovi americani in cui afferma che «l’atto di deportare persone che in molti casi hanno abbandonato la propria terra per ragioni di povertà estrema, insicurezza, sfruttamento, persecuzione o grave deterioramento dell’ambiente, lede la dignità di molti uomini e donne, e di intere famiglie». Bergoglio arriva a teorizzare la disobbedienza civile:
«Tutti i fedeli cristiani e le persone di buona volontà sono chiamati a riflettere sulla legittimità di norme e politiche pubbliche alla luce della dignità della persona e dei suoi diritti fondamentali, e non il contrario».
E poi risponde a Vance: «Il vero ordo amoris che occorre promuovere è quello che scopriamo meditando costantemente la parabola del “Buon Samaritano”, ovvero meditando sull’amore che costruisce una fratellanza aperta a tutti, senza eccezioni». La mattina di Pasqua, meno di 24 ore prima di morire, il papa ha accettato di incontrare il vicepresidente, in visita a Roma. «Sono contento di vedere che sta meglio», gli ha detto Vance.
Ma cosa pensano i cattolici americani? Intanto, quanti sono: circa 53 milioni, il 20% della popolazione adulta. Alle ultime elezioni, il 56% ha votato Trump. Quelli che si dicono sostenitori di Francesco sono il 75%, dieci anni fa erano il 90%. Cosa era successo? L’ala più conservatrice, spiega Sarcina, non vede bene le aperture agli omosessuali, ai divorziati e ai migranti. Sono per lo più conservatori anche i nuovi sacerdoti, mentre sono tendenzialmente più bergogliani – e anti trumpiani - i vescovi, in particolare i più anziani. Francesco ha nominato 5 dei 10 cardinali Usa che voteranno il suo successore. Tra loro ci sono due dei favoriti: Blase Joseph Cupich,76 anni, arcivescovo di Chigaco e Joseph William Tobin, 73 anni, arcivescovo di Newark.
Verso il Conclave: gli equilibri
I papabili Oltre ai due americani, il nostro vaticanista Gian Guido Vecchi ha indicato gli italiani Matteo Zuppi, presidente della Cei e inviato di Bergoglio in Ucraina, Pietro Parolin, segretario di Stato e artefice degli accordi con la Cina, e Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme, strenuo difensore dei diritti dei palestinesi ma molto rispettato dagli israeliani (parla correntemente l’ebraico). E poi, tra gli altri, il congolose Fridolin Ambongo Besungu, il filippino Luis Antonio Gokim Tagle e, tra i conservatori, l’ungherese Péter Erdö.
Ma qual è la geografia del Conclave? Votano i cardinali che avevano meno di 80 anni il giorno prima della morte del papa. Sono 135, di cui 103 creati da Francesco. Vengono da 71 Paesi e gli europei sono ancora maggioranza relativa (53), mentre i nordamericani sono 16. Gli elettori dell’Asia (23), dell’America Latina (21), dell’Africa (18) e dell’Oceania (4) sono insomma così tanti da riequilibrare il peso eruo-americano.
Come si è arrivati a questi equilibri? È l’effetto Bergoglio più visibile: ha scientemente voluto più rappresentanti non occidentali, più cardinali degli altri mondi, anche laddove il cattolicesimo è ancora pura testimonianza. Per cui c’è il cardinale di Ulan Bator (l’italiano Giorgio Marengo), capitale della Mongolia, Paese di 1.500 cattolici, e mancano cardinali di bastioni del cattolicesimo come Irlanda, Austria e Slovenia. L’arcivescovo di Milano Antonio Delpini guida la più grande diocesi del mondo ma non è cardinale. E, nota Massimo Franco, «non parteciperanno al Conclave nemmeno sedi storicamente cardinalizie come Venezia, Genova, Parigi, Madrid, Los Angeles, per citarne solo alcune. Si tratta di città che rappresentano milioni di cattolici, sacrificate in nome di una geopolitica religiosa della quale a molti è sfuggita la logica. Gli esegeti di Bergoglio hanno sempre sottolineato che era un modo per abbattere il carrierismo e le cordate; e per sottolineare il carattere internazionale e globale della Chiesa cattolica». Che non a caso, ricorda Antonio Polito, vuol dire universale.
Ma come andrà a finire? Nessuno lo sa davvero, avverte Massimo Franco. «E nessuno sa quale tasso di bergoglismo sopravviverà. I tradizionalisti che hanno atteso invano una rinuncia, ora che Francesco non c’è più si ritrovano a dover gestire non più una fase di paradossale resistenza, ma a costruire un’alternativa. E si scoprono orfani di Francesco quasi quanto i suoi sostenitori. Senza un candidato forte da presentare al Conclave. E divisi al proprio interno».
Da leggere sul Papa
L’intervista al cardinale Ravasi (di Gian Guido Vecchi, tra poco sul sito): «Francesco si era accorto che la Chiesa si stava sfrangiando. Per questo ha dato grande peso alla sinodalità, nel senso letterale di camminare insieme: per tentare l’armonia».
L’intervento di Andrea Riccardi: «La morte di papa Francesco ha lasciato un vuoto più grande di quanto si credeva. Con lui scompare l’ultimo leader globale: siamo in un mondo che si frammenta, senza leader qualificati dalla ricerca del bene comune mondiale. Bergoglio lo è stato».
QUARTA PAGINA
«Il Conclave non durerà più di tre giorni,
dopo il terzo [...] magari si prende una sedia
e la si fa Papa, pur di uscire»
Il cardinale Giuseppe Siri
Conclave
Tutti i giornali (più o meno)
Extra «Extra omnes». Fuori tutti. Ovvero la frase con cui si sigilla l’inizio del conclave.
Conclave Il conclave, dal latino «cum clave» cioè chiuso a chiave. È la riunione a porte chiuse nella Cappella Sistina dei cardinali a cui spetta il compito di eleggere il nuovo papa. Non potranno uscire fino a che il papa non sarà stato eletto.
Tempi Il conclave deve tenersi non prima di 15 e non oltre 20 giorni dalla morte del papa.
Cardinali Papa Bergoglio ha creato 163 cardinali. Di questi, sono elettori, cioè non avevano ancora ottant’anni al momento della morte, in 108. Ce ne sono altri 27 che non ha nominato Bergoglio: ventidue sono stati creati da Benedetto XVI, cinque da papa Woytila. I cardinali chiamati a scegliere il successore di Bergoglio sono dunque 135, su 253 cardinali esistenti.
Müller Tra i cardinali nominati da Francesco c’è anche un suo fiero oppositore, il tedesco Gerhard Ludwig Müller. Prefetto della Dottrina della fede con papa Ratzinger – che però non lo fece mai cardinale – a Bergoglio non ha fatto mai mancare aspre critiche su vari temi [Fatto].
Geografia I 135 cardinali elettori provengono da diverse aree geografiche: 59 dall’Europa (19 dall’Italia), 37 dalle Americhe (16 dall’America del Nord, 4 da quella centrale, 17 dall’America del Sud), 20 dall’Asia, 16 dall’Africa, 3 dall’Oceania. Parliamo quindi di una chiesa sempre più globale e meno eurocentrica [Cds].
Elettori La quota supera ampiamente la soglia massima di 120 elettori fissata dalla costituzione apostolica Romano Pontifici Eligendo di Paolo VI (1° ottobre 1975), e confermata dalla Universi Dominici Gregis di Giovanni Paolo II (22 febbraio 1996); tuttavia, sia lo stesso Wojtyla sia i suoi successori hanno spesso derogato alla norma [Fatto].
Ordini Dal punto di vista degli ordini religiosi, ci saranno cinque Salesiani, quattro Gesuiti, un frate Cappuccino, quattro Francescani, tre Francescani conventuali, due Domenicani, due Vincenziani, due Redentoristi, due Verbiti, e poi gli altri, fino al Missionario della Consolata Giorgio Marengo. Il più giovane del Conclave sarà l’ucraino Mykola Byčok, 45 anni compiuti il 13 febbraio. Il più anziano lo spagnolo Carlos Osoro Sierra, seguito di solo un mese dal guineano Robert Sarah [Fatto].
201 Una volta si accampavano tra brande e tramezzi nel Palazzo Apostolico e la celerità, considerate le condizioni e l’età media, era garantita. Oggi, durante il Conclave i cardinali alloggeranno nelle più comode stanze della Domus Santa Marta, in Vaticano. Saranno tutte sorteggiate, tranne una: la numero 201. Quella dove Francesco aveva deciso di alloggiare e dove soggiornerà il nuovo pontefice in attesa che sia pronto l’appartamento papale. A meno che anche il prescelto non decida di rimanere a Santa Marta.
Telecomando Il conclave sarà preceduto dalla messa «pro eligendo» presieduta probabilmente dal decano Giovanni Battista Re, 91 anni. Poi i i cardinali elettori si recheranno in processione alla Sistina, invocando l’assistenza dello Spirito Santo e cantando il Veni Creator. Durante le congregazioni precedenti al conclave, i porporati voteranno con un telecomando in latino: «placet», «abstineo», «non placet», «confirmo», «deleo». Non sarà così per le votazioni finali, dove tutto sarà fatto rispettando la tradizione e le norme previste dalla costituzione apostolica, con le consuete schede di carta che verranno siglate a penna con il nome del futuro papa, contate e ricontate e poi infine bruciate nella stufa per la fumata bianca [Ansa].
Sistina La Sistina verrà chiusa. Come prima cosa verrà smontata la rete dei sensori che monitora le temperature. Per quanto riguarda i bagni, all’ultimo conclave i cardinali non hanno usato quelli dei visitatori al piano inferiore ma le toilette chimiche istallate proprio sotto il Giudizio Universale. Le sedie erano di ciliegio, contrassegnate dal nome e cognome di ciascun cardinale elettore, e dodici tavoli di legno grezzo coperti da un panno beige e satin bordeaux poggiavano su una struttura piana in legno allineata al secondo gradino dell’altare [Paolo Rodari, Rep 2013].
Rocchetto Ogni cardinale indosserà la veste rossa, il rocchetto, cioè la sopravveste bianca, la mozzetta, cioè la mantellina corta che copre le spalle, e la berretta, cappello di forma cubica con tre alette rigide e fiocco sulla parte superiore.
Sorvegliati I cardinali che entreranno in conclave saranno «sorvegliati e tutelati nell’itinerario da Santa Marta alla Sistina per evitare incontri o avvicinamenti», ma non saranno perquisiti corporalmente. Passeranno dal metal detector e ci saranno schermature elettroniche tra un ambiente e l’altro per impedire le comunicazioni. Una volta entrati saranno completamente isolati dal mondo. Non riceveranno né notizie stampa, né potranno vedere la tv e non potranno ricevere nessuna comunicazione dall’esterno. Avranno a disposizione solamente dei confessori [Cds 2013].
Cimici «La residenza dove alloggiano i cardinali, come anche la cappella dove verranno chiusi “cum clave”, saranno entrambe protette da un contenitore fatto di materiale ad alta capacità conduttiva di corrente, che isolerà gli ambienti da qualsiasi campo elettrostatico che può esserci non solo all’esterno, ma anche all’interno. In sostanza, se dentro la Sistina o la Santa Marta ci sono delle cimici, il sistema adottato dalla gendarmeria ne dovrebbe garantire la non funzionalità [Paolo Rodari, Rep 2013].
Votazioni I cardinali voteranno due volte il mattino (subito dopo le Lodi), due il pomeriggio (alle 16). Come detto entrano in conclave per il voto solo i cardinali che hanno meno di 80 anni, mentre qualsiasi maschio battezzato celibe, secondo il diritto canonico, cioè che non sia sposato, può essere eletto Papa. Ogni giorno, dopo la seconda votazione del pomeriggio, gli elettori reciteranno i Vespri.
Procedimento L’ultimo cardinale diacono sorteggerà tre Scrutatori, tre Revisori e tre Infirmatari (per raccogliere le schede nell’eventualità di elettori malati e costretti a restare nella propria stanza). I Cerimonieri consegneranno almeno due o tre schede bianche a ogni elettore, poi abbandoneranno la Sistina. Ogni cardinale compilerà in segreto la scheda, scrivendo «chiaramente, con grafia quanto più possibile non riconoscibile, il nome di chi elegge». Piegherà a metà la scheda, si recherà all’altare, e giurerà: «Chiamo a testimone Cristo Signore, il quale mi giudicherà, che il mio voto è dato a colui che, secondo Dio, ritengo debba essere eletto». Deporrà la scheda su un piatto e la farà scivolare dentro un calice, usato come urna. Si inchinerà davanti all’altare e tornerà al suo posto.
Eligo A fine votazione il primo scrutatore agita più volte l’urna per mescolare le schede e il terzo scrutatore trasferisce le schede, a una a una, dentro un altro calice. Se il numero di schede corrisponde al totale degli elettori si procede allo scrutinio. Gli scrutatori si siedono a un tavolo posto davanti all’altare. Il primo scrutatore apre una scheda alla volta e legge il nome; il secondo ripete la procedura. Il terzo scrutatore annota il nome e lo legge a voce alta, poi fora le schede con un ago in corrispondenza della parola «Eligo» e le lega tutte insieme con un filo. I tre Revisori ricontrollano schede, annotazioni e somme. Il Camerlengo raccoglie gli appunti e redige un verbale con il risultato [Cds].
Due Terzi Per essere eletto il papa dovrà essere votato dalla maggioranza di due terzi. Se dopo tre giorni di votazioni consecutive nessun candidato ha ottenuto i due terzi dei voti, il regolamento prevede una pausa di un giorno, in cui i cardinali elettori possono pregare e confrontarsi liberamente. Se dopo la ripresa non si raggiunge comunque l’elezione, ogni serie di sette scrutini può essere seguita da una nuova pausa, sempre con preghiera e dialogo. L’alternanza di sette votazioni e pausa può essere fatta al massimo per quattro volte. Se anche dopo tutte queste fasi l’elezione non avviene, si tiene un ulteriore giorno di preghiera e riflessione. A quel punto, nelle votazioni successive possono essere votati solo i due cardinali che nello scrutinio precedente hanno ottenuto più voti (questi due, però, non possono votare). Anche in questa fase resta comunque necessario raggiungere i due terzi dei voti per un’elezione valida.
Stufa Ogni due scrutini le schede e gli eventuali appunti degli elettori verranno bruciati in una stufa all’interno della Sistina con un additivo chimico per cambiare il colore della fumata: nera se l’esito è negativo, bianca se positivo. Il fumo esce da un comignolo collocato sul tetto: una fumata potrebbe avvenire intorno alle 12, un’altra alle 19. Se la prima votazione dovesse avere esito positivo, rendendo inutile il secondo scrutinio, l’orario sarebbe anticipato.
Comignolo Di questo comignolo il giornale della Santa Sede – e anche questa è una notizia – fornisce informazioni tecniche precise. Alto circa 30 metri, si compone di 32 tra tubi e curve, seguiti da una ventina di metri circa di canna pre-montata fissa, che arriva fino al sottotetto. La parte superiore, quella che esce all’aperto, è lunga un metro e mezzo ed è naturalmente anti-pioggia. È una struttura complessa, che deve garantire che i colori bianco e nero delle fumate possano essere visti nel modo più chiaro possibile. Che non si verifichino più, insomma, fumate dal colore indistinto, come in alcune elezioni del secolo scorso. Per questo si è costruita una canna fumaria di rame (all’esterno) e acciaio (all’interno). E la si è dotata di un dispositivo elettronico di riscaldamento per facilitare il tiraggio immediato del fumo che uscirà da due stufe. La prima del 1938, dove vengono bruciate le schede, la seconda, del 2005, dove viene creato il fumo nero o bianco [Agostino Paravicini Bagliani, Rep 2013].
Campane A elezione avvenuta, dal comignolo uscirà la fumata bianca e nello stesso momento le sei campane di San Pietro suoneranno a festa. I rintocchi a festa hanno sempre scandito l’arrivo del nuovo papa
Fumata «Ma da quando esiste la fumata, che ancora nell’Ottocento veniva chiamata “sfumata”? Almeno da quando i papi vengono eletti nella Sistina, ossia dagli ultimi decenni del Quattrocento. Sappiamo però che la tradizione fu rispettata anche nelle elezioni papali avvenute al Quirinale (l’ultima volta nel 1846, per l’elezione di Pio IX). Anche lì veniva allestito, dietro l’altare, un caminetto di ferro con un tubo che faceva uscire il fumo attraverso un foro nella facciata esterna del palazzo. Le schede venivano poste nel caminetto su una graticola e bruciate con della paglia umida. La sfumata bianca, dal Quirinale, poteva essere vista dal cannoniere che si trovava a Castel Sant’Angelo, il quale, con le salve dava l’avviso a tutta la città che un nuovo papa era stato eletto. Ora invece, i fedeli in Piazza San Pietro – e il mondo intero attraverso i media – potranno assistere comodamente a tutte le fumate, prima nere, poi bianca. Perché la paglia è stata sostituita da ineccepibili accorgimenti tecnici moderni. Speriamo» [Agostino Paravicini Bagliani, Rep 2013].
Lachrimatoria Dopo aver pronunciato la formula canonica che si conclude con lo scarno «accepto», il 267esimo successore di San Pietro, vicario di Dio in Terra, guida spirituale di un miliardo di anime, si incamminerà verso una porticina nascosta. Vercesi: «Guardando l’affresco di Michelangelo, il pertugio è sulla sinistra, dalla parte in cui l’uomo, nudo di tutto, si protende per toccare Dio. Dietro a quell’universo di Bene e di Male, scaturito dal tormento e dall’estasi di chi l’ha dipinto a perfetta rappresentazione della chiesa, c’è una modesta sagrestia. Attraverso un breve cunicolo, si raggiunge una stanza con le pareti tappezzate di stoffa rosso-cupo. Siamo nella Camera lachrimatoria, dove il nuovo pontefice si ritira per rimanere solo con Dio e la propria coscienza, prima di abbandonare la porpora e vestire l’abito bianco».
Habemus Papam Vercesi: «Verrà poi presentato al mondo con il rituale che ben conosciamo, l’Habemus papam, svelando solo l’apparenza di ciò che è accaduto nel chiuso della Sistina. E nessuno conoscerà il mistero di questa piccola stanza – per chi ci crede, toccata dal sovrannaturale – dove al papa è concesso di piangere mentre si carica sulle spalle il fardello della chiesa e invoca quella forza che solitamente credono di avere i cardinali pronti per il soglio pontificio ma non quelli che lo Spirito Santo, alla fine, sceglie».
Straniero Per una legge non scritta, se il Papa è “straniero” il Segretario di Stato è italiano.
Giorni «“Il Conclave non durerà più di tre giorni, dopo il terzo non se ne può più di vivere in queste condizioni: magari si prende una sedia e la si fa Papa, pur di uscire”, considerava il cardinale Giuseppe Siri, veterano di quattro votazioni che un paio di volte entrò Pontefice nella Sistina per uscirne cardinale e a ragion veduta spiegava: “I Papi si fanno in conclave”». Ora la faccenda del tempo non è poi così scontata: anzi, diventa sempre più un elemento essenziale nell’elezione del Pontefice». [Gian Guido Vecchi, Cds 2013].
Crono/1
di Marco Merola
Sette, venerdì 8 marzo 2013
Cronologia dei conclavi moderni più tormentati (1059-1903)
1059 Papa Niccolò II stabilisce che il corpo elettorale chiamato a scegliere il Pontefice sia composto solo da cardinali in quanto rappresentanti della “Chiesa di Roma”.
1179 Con la Costituzione apostolica Licet de evitandadiscordia Alessandro III fissa a 2/3 la maggioranza dei voti necessari a eleggere il Papa.
1198 L’assemblea che elegge Innocenzo III si svolge al Septizonium, un antichissimo edificio di Roma (fatto costruire, pare, da Settimio Severo nel 203 d.C.) che si ergeva «nel luogo in cui la via Appia conduce al Palatino», dice la tradizione. Dopo essere stato inglobato in un fabbricato medioevale, il Septizonium scompare del tutto nel 1588, quando ne viene demolita la facciata.
1268-1271 Trentatré mesi, la più lunga sede vacante della storia. Si celebra la riunione elettorale di Viterbo ma i cardinali non riescono ad accordarsi su alcun nome. Il popolo, inferocito per l’attesa, arriva a scoperchiare il tetto del Palazzo nel quale sono rinchiusi i porporati, ma senza risultato: dopo la riparazione del tetto trascorre ancora un anno prima dell’elezione, che vede la scelta di un arcidiacono che non era cardinale e neanche sacerdote: Tedaldo Visconti, poi Gregorio X.
1276 Si svolge ad Arezzo il primo vero conclave ed entrano in vigore le nuove disposizioni per velocizzarne i lavori. Nel caso le cose fossero andate troppo per le lunghe ai cardinali sarebbe stata ridotta progressivamente la razione di cibo col passare dei giorni e i loro guadagni sarebbero stati confiscati dal capo del Collegio che li avrebbe poi consegnati al neo-eletto Papa. Ma non ce n’è bisogno perché il conclave aretino si conclude in tempi record: un solo giorno.
1378 Dopo la morte di Gregorio XI, il Papa che aveva riportato la Curia pontificia a Roma dall’esilio avignonese, l’atmosfera è a dir poco tesa. Il popolo non vuole più pontefici francesi e urla «Romano lo volemo, o almanco italiano!». I cardinali entrano in conclave con la corazza sotto i paramenti. Bande armate riescono a entrare nel palazzo ma vengono respinte dalle milizie.
1513 Il Conclave si svolge per la prima volta nella Cappella Sistina, dal 4 al 9 marzo. Saranno 24 i Papi scelti sotto la volta michelangiolesca. È stato Giovanni Paolo II, nel 1996, a fissare in quel luogo la sede permanente dell’assemblea cardinalizia, perché, disse, «alimenta la coscienza della presenza di Dio».
1621 Gregorio XV era stato eletto “per ispirazione”, una modalità in vigore già da parecchi secoli. Avviene così: prima i porporati si esprimono con voto quasi unanime poi parte un applauso coinvolgente che certifica il consenso di tutti. Si sente, tuttavia, la necessità di modificare le regole. Il Papa introduce il voto segreto e scritto. In futuro a tutti i cardinali sarà data una scheda e, in caso di elezione per acclamazione, questa dovrà poi essere confermata per iscritto, all’unanimità.
1799-1814 Ben due papi, Pio VI e poi Pio VII, vengono imprigionati e trasferiti in Francia dalle truppe napoleoniche. Il primo muore all’estero mentre il secondo riesce a tornare a Roma dopo la destituzione del Bonaparte. Emerge la necessità di fare una legislazione di emergenza per evitare che, in futuro, altri pontefici cadano in mani nemiche. Viene così stabilito che se un Papa è fatto prigioniero scatti automaticamente la “sede vacante” e luogo e tempo del conclave siano decisi indipendentemente dalla sua morte.
1878 Uno dei conclavi più difficili della storia, convocato per la morte di Pio IX. Sette anni prima lo Stato pontificio è stato invaso e annesso al Regno d’Italia e gli animi sono ancora molto inquieti. Visto il forte sentimento antirisorgimentale che si respira nei sacri palazzi, qualcuno teme addirittura che in conclave possano infiltrarsi italiani travestiti da cardinali. Stando a fantasiose ricostruzioni dell’epoca, viene ipotizzato che i porporati possano raggiungere il Vaticano in mongolfiera, in maniera da aggirare il blocco imposto delle truppe occupanti.
1903 Si consuma l’ultimo caso di veto da parte di una potenza straniera. Il diritto, appannaggio di tutti i sovrani cattolici d’Europa, prevedeva la possibilità di esprimere dissenso (vincolante) sulla scelta del cardinale papabile. Nell’occasione si cerca di far fuori il povero cardinale Rampolla del Tindaro, accusato dall’Imperatore Francesco Giuseppe di essere filo-francese. Il papa eletto, Pio X, dispone la nullità di qualsiasi futuro veto.
Marco Merola
Crono/2
di Luigi Accattoli
Corriere della sera, martedì 12 marzo 2013 (aggiornato)
Nove conclavi in cent’anni, per nove Papi che hanno regnato mediamente per quasi 13 anni. Rispetto a quelli dei secoli precedenti si è trattato di Conclavi veloci e senza le interferenze politiche che si erano avute fino a quello del 1903 che vide il veto dell’Austria sul cardinale Rampolla. Il più rapido è quello che elegge Pio XII nel 1939 con tre scrutini, il più lungo è quello che nel 1922 aveva eletto Pio XI con 14 scrutini. Nell’insieme induce a prevedere breve anche il Conclave che si apre domani.
Benedetto XV 1914. Tre giorni (10 scrutini)
È un Conclave di guerra: il 1° conflitto mondiale è iniziato il 28 luglio, ma l’Italia è ancora neutrale e l’elezione di un italiano non presenta ostacoli diplomatici. Il cardinale Giacomo Della Chiesa, che viene eletto con i voti strettamente necessari (38 su 57), era cardinale da soli tre mesi: sono due caratteri rari per un Conclave, che dicono come si sia trattato di un’elezione combattuta per tutti i 10 scrutini che portano i voti all’arcivescovo di Bologna con continua progressione, dai 12 iniziali al quorum. Elezione difficile perché contrastata dallo staff curiale del pontificato di Pio X, che vedeva nel cardinale Della Chiesa un discepolo dell’ala riformatrice che aveva dominato sotto Leone XIII. Una classica vicenda di alternanza nella successione.
Pio XI 1922. Cinque giorni (14 scrutini)
È l’anno della «marcia su Roma» ma le vicende italiane non hanno alcuna incidenza sul Conclave più lungo e tribolato dell’ultimo secolo, che porta all’elezione, al 14° scrutinio, dell’arcivescovo di Milano. In questa elezione si riaccende lo scontro che aveva caratterizzato quella del 1914, essendo presenti molti dei protagonisti di allora. Su suggerimento del cardinale Pietro Gasparri, suo grande elettore, il nuovo Papa dà la prima benedizione dalla loggia esterna della Basilica e non da quella interna come avevano fatto Leone XIII, Pio X e Benedetto XV i quali — dopo Porta Pia — si consideravano «prigionieri in Vaticano» e non si affacciavano verso la piazza: un segno premonitore della Conciliazione che Pio XI realizzerà nel 1929 con i Patti Lateranensi.
Pio XII (1939). Due giorni (3 scrutini)
Al Conclave più lungo e combattuto del secolo segue il più rapido che, in una sola giornata e con tre scrutini, elegge Eugenio Pacelli, segretario di Stato di Pio XI. È un’elezione dominata dai timori di un nuovo conflitto mondiale a motivo dell’espansionismo tedesco, che favoriscono la scelta del diplomatico, a suo tempo nunzio a Weimar, fluente in tedesco e alla guida per quasi un decennio delle relazioni internazionali vaticane. Pare che l’unico reale candidato antagonista sia stato l’arcivescovo di Firenze Elia Dalla Costa, proposto dai cardinali italiani che erano a capo delle diocesi. Ma prevalsero i curiali e furono decisive la personalità di Pacelli e l’efficacia delle relazioni costruite in tanti anni di governo della Segreteria di Stato.
Giovanni XXIII 1958. Quattro giorni (11 scrutini)
Il Conclave che elegge il cardinale Roncalli è il secondo per difficoltà — nell’insieme dell’ultimo secolo — dopo quello del 1922: gli 11 scrutini vedono — come dirà lo stesso eletto agli alunni del Collegio armeno — un’alternanza di favori per il Patriarca di Venezia e per il Patriarca armeno e cardinale di Curia Agagianian: «Sapete che il vostro cardinale ed io eravamo come appaiati nel Conclave? I nostri nomi si avvicendavano or su or giù, come i ceci nell’acqua bollente». Il nome di Roncalli è nei pronostici della vigilia, anche se non si impone con la forza con cui nel 1939 era stato previsto Pacelli: gli osservatori lo considerano un candidato possibile per un pontificato breve (sta per compiere 77 anni) e di pausa dopo il lungo regno di Pio XII.
Paolo VI (1963). Tre giorni (6 scrutini)
Il Conclave che elegge Paolo VI in sei scrutini è governato dal clima conciliare: il Vaticano II, convocato da Giovanni XXIII, ha tenuto la sua prima sessione e i cardinali che in esso aderivano all’orientamento riformatore della maggioranza vedono in Montini un affidabile continuatore dell’impresa conciliare, che impegnerà la Chiesa cattolica per altri tre anni. Sull’andamento degli scrutini non ci sono indiscrezioni attendibili: pare che l’arcivescovo di Milano sia stato eletto con 60 voti (il quorum era di 54). Si afferma che tra i cardinali votati vi siano stati Siri (esponente dell’ala destra del Concilio) e il belga Suenens. Come candidato della vigilia confermato dal risultato, Montini è il secondo caso in cent’anni, dopo Pacelli e prima di Ratzinger.
Giovanni Paolo I (1978). Due giorni (4 scrutini)
Il Patriarca di Venezia Albino Luciani viene eletto al quarto scrutinio — e dunque con una facilità paragonabile solo a quella con cui era stato eletto Pio XII e con quella che vedrà eletto Benedetto XVI — essendo proposto dal curiale Villot e dall’ex curiale Benelli, che tessono con efficacia i fili del consenso e rapidamente neutralizzano i sostenitori del cardinale Giuseppe Siri, vogliosi di un passo indietro rispetto alle riforme post-conciliari attuate da Paolo VI. Secondo la ricostruzione più attendibile, al primo scrutinio Siri ha 25 voti, Luciani 23, Pignedoli 18, Baggio 9, Koenig 8, Bertoli 5, Pironio 4, Felici e Lorscheider 2. Al secondo Luciani sale a 53 e Siri scende a 24. Al terzo Luciani ne ottiene 70 e al quarto è eletto con 100 voti su 111 votanti.
Giovanni Paolo II (1978). Tre giorni (8 scrutini)
Il cardinale Karol Wojtyla viene eletto all’ottavo scrutinio, con 99 voti su 111, il lunedì 16 ottobre 1978. Secondo una confidenza del cardinale guatemalteco Mario Casariego riferita da Giulio Andreotti, il cardinale Wojtyla avrebbe avuto 11 voti al sesto scrutinio, 47 al settimo e 99 all’ottavo. I primi cinque scrutini erano stati dominati dai cardinali Siri e Benelli, arrivati — pare — a 48 e 30 voti. Il passaggio a un non italiano era stato preparato, nella notte, dal cardinale austriaco Koenig, con l’aiuto dello statunitense Krol, del tedesco Ratzinger e dell’italiano Pellegrino. Decisivo — per l’accettazione dell’elezione da parte di Wojtyla — sarebbe stato un colloquio con il cardinale Wyszynski, che gli aveva detto: «Se ti eleggeranno ti prego di non rifiutare».
Benedetto XVI (2005). Due giorni (4 scrutini)
Il conclave di Benedetto XVI dura 24 ore e impegna i 115 elettori per quattro scrutini nei quali i cardinali Ratzinger e Bergoglio — arcivescovo di Buenos Aires — sono costantemente i più votati. Nel primo scrutinio Ratzinger ottiene 47 voti, Bergoglio 10, Martini 9, Ruini 6, Sodano 4. Al secondo, Ratzinger sale a 65 voti e Bergoglio a 35. Il terzo scrutinio assegna a Ratzinger 72 preferenze: gli mancano cinque voti per essere eletto. Ma sale anche Bergoglio, che arriva a 40. Fumata nera e pausa pranzo. È il momento decisivo del Conclave. Ratzinger ha quasi il doppio dei voti di Bergoglio, ma se i sostenitori dell’argentino tengono duro possono impedirne l’elezione. Invece Bergoglio invita i sostenitori a votare Ratzinger, che al quarto scrutinio ottiene 84 voti.
Jorge Bergoglio (2013). Due giorni (5 scrutini) Il conclave del primo papa proveniente dall’America latina dura dal 12 al 13 marzo, con cinque scrutini. Prende il nome di Francesco, nome mai scelto prima. Alla sua ombra rimarrà per anni Ratzinger, Papa emerito, espressione coniata ad hoc per il pontefice dimissionario.
Luigi Accattoli
Il giallo del Conclave: Parolin non vuole Becciu (condannato)
di Francesco A. Grana
Scontro. L’ex Sostituto chiede di sedere tra gli elettori del futuro papa, nonostante l’estromissione voluta da Francesco. Il Segretario di Stato è l’unico in Curia a opporsi
Scontro al vertice tra Angelo Becciu e Pietro Parolin. Il primo reclama il diritto di entrare in conclave e quindi votare il successore di papa Francesco. Il secondo, che in quanto cardinale vescovo elettore più anziano di nomina presiederà il Conclave, esclude categoricamente questa possibilità. Le scintille iniziali, che rischiano di trasformarsi in una vera e propria guerra aperta, sono arrivate già nella prima congregazione generale del Collegio cardinalizio riunitasi ieri mattina nell’Aula Nuova del Sinodo.
Becciu, il 24 settembre 2020, era stato violentemente defenestrato da Bergoglio: “Il Santo Padre ha accettato la rinuncia dalla carica di prefetto della Congregazione delle cause dei santi e dai diritti connessi al cardinalato, presentata da Sua Eminenza il Cardinale Giovanni Angelo Becciu”. Così si leggeva in un comunicato choc della Sala Stampa della Santa Sede poche ore dopo un’udienza abbastanza turbolenta, a Casa Santa Marta, tra Francesco e il porporato sardo. Poi, il rinvio a giudizio di Becciu, deciso da Bergoglio, e la successiva condanna, il 16 dicembre 2023, in primo grado dal Tribunale Vaticano, all’epoca presieduto da Giuseppe Pignatone, a cinque anni e sei mesi di reclusione, 8 mila euro di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici per truffa e peculato. L’inizio del processo di appello è fissato per settembre.
Ieri mattina, il porporato, che ha regolarmente ricevuto la convocazione per la prima congregazione generale dal cardinale decano Giovanni Battista Re, si è presentato nell’Aula Nuova del Sinodo. All’Unione Sarda, Becciu ha spiegato chiaramente la sua posizione: “Richiamandomi all’ultimo concistoro – quello nel quale è divenuto cardinale Arrigo Miglio, già arcivescovo di Cagliari e che accolse Bergoglio nella sua storica visita del settembre 2013 (in realtà è il terzultimo concistoro di Francesco, quello del 2022, ndr) – il papa ha riconosciuto intatte le mie prerogative cardinalizie in quanto non vi è stata una volontà esplicita di estromettermi dal conclave né la richiesta di una mia esplicita rinuncia per iscritto”. Parole che il porporato intende far risuonare forte in una delle prossime Congregazioni generali.
Becciu, infatti, è determinato a ribadire al Collegio cardinalizio la sua totale innocenza, ma soprattutto il suo diritto a eleggere il Papa, avendo 76 anni, ovvero non avendo ancora compiuto 80 anni, l’età in cui i porporati perdono il diritto di voto in Conclave. Parolin ha già fatto filtrare che su questo punto non intende arretrare di un millimetro, nonostante molti cardinali, soprattutto della Curia romana, abbiano già espresso privatamente la loro solidarietà a Becciu, insieme alla convinzione che la sua richiesta sia canonicamente valida.
Si ripropone così lo scontro che è andato avanti, più o meno in modo felpato, negli anni della coabitazione in Segreteria di Stato tra Parolin e l’allora sostituto Becciu. Una convivenza difficilissima, alimentata anche dal fatto che Bergoglio, fino all’improvvisa defenestrazione del porporato sardo, si è sempre totalmente fidato di Becciu, recandosi per molti anni il Giovedì Santo a casa sua per pranzare con alcuni sacerdoti romani. Il Giovedì Santo 2021 fu significativo il gesto compiuto da Bergoglio di recarsi a sorpresa a casa di Becciu per celebrare la messa in coena Domini nella cappella privata del suo appartamento. Un gesto che fu letto come un’eloquente riconciliazione.
Ieri, alla prima Congregazione generale, erano presenti circa 60 cardinali su 252. Un’ora e mezza per prendere le prime decisioni: la traslazione della bara con il corpo di Francesco dalla cappella di Casa Santa Marta, residenza di Bergoglio e luogo della sua morte, alla Basilica Vaticana fissata per stamane, alle 9, e presieduta dal cardinale camerlengo Kevin Joseph Farrell e il funerale del Papa stabilito per sabato prossimo, alle 10, in piazza San Pietro, presieduto dal cardinale decano Giovanni Battista Re. Al momento, sembra che due porporati elettori rinunceranno a entrare in conclave per motivi di salute: Josip Bozanić, arcivescovo emerito di Zagabria, e Vinko Puljić, arcivescovo emerito di Sarajevo. I cardinali elettori scenderebbero così a 133 e il quorum per essere eletto Papa diventerebbe di 89 voti.
…Se ne fa ‘n artro: è ggiusto, è naturale. Ma quest’artro ce va, a pregà in galera? se va a ccapà quer nome che nun c’era? je riséga le spese ar cardinale?
Ve disce all’omelia quanto sta mmale, ah farzi sosteníbbili, la tèra? (a vvoi, che mo’ ppenzate che la guèra serve alla pasce, sbajo madornale)?
Ar Concrave se sa da stammatina: nun è vvero oramai, fijo mio bbello, ch’er papa, in quant’a papa, è ssempre quello.
Dopo sto papa matto d’Argentina, lo pònno pure elègge a pporte chiuse, ma er Viscecristo nun c’avrà ppiù scuse.
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