Giuseppe
Zagari è arrivato a Sulmona, il “carcere
dei suicidi”
Ho letto che un altro detenuto s’è tolto la vita. Ed ho pensato che in
carcere a volte è più importante morire che vivere per mettere fine allo schifo
che hai intorno. Purtroppo spesso in prigione la vita è un lusso che non ti
puoi permettere e per smettere di soffrire non puoi fare altro che arrenderti.
(Diario di un
ergastolano www.carmelomusumeci.com)
Per un prigioniero è difficile, e molto
complicato, avere fiducia in uno Stato e in una Giustizia che non rispettano le
loro stesse regole, perché spesso l’universo carcerario è come un
gelido mostro nietzschiano da cui non è possibile difendersi. Spesso più che rapporti di giustizia si
tratta di rapporti di forza, che assicurano il dominio, non certo la giustizia.
I diritti dei reclusi
sono eventuali e inesigibili, mentre i doveri e i trasferimenti non voluti sono
certi e inevitabili. Corre voce che a giorni riprenderanno le deportazioni dei
detenuti di “Alta Sicurezza” da Padova e molti miei compagni stanno vivendo
male questi provvedimenti amministrativi, che li costringeranno ad interrompere
la loro crescita interiore, culturale e lavorativa. E io mi sento impotente per
non poterli aiutare, perché ho solo questa stupida penna che non serve a niente
contro lo strapotere di certi funzionari che gestiscono la vita dei detenuti, e
purtroppo anche quella dei loro familiari.
Giuseppe Zagari è stato
il primo detenuto dell’Alta Sicurezza di Padova ad essere “deportato” nel carcere dei suicidi di Sulmona. E mi ha
scritto questa lettera che rendo pubblica con la speranza che Dio, o qualcuno
al posto suo, lo faccia rientrare nel carcere di Padova, per dargli la
possibilità di poter continuare a lavorare nella redazione di “Ristretti
Orizzonti”.
Noi lo aspettiamo e
abbiamo deciso di tenere libera la sedia e il posto del tavolo dove di solito
lui si sedeva durante le riunioni della redazione.
Caro Carmelo, sono approdato in questo istituto dove, come ti avevo preannunciato,
sono finito alle celle (di punizione ndr) perché ho reclamato di poter stare da solo. Sono stato accontentato,
ma puoi immaginare: il degrado è più unico che raro. Sono in una celletta di
colore indefinito, sembra verde e non lo è, sembra blu sporco e nemmeno così è,
insomma fa schifo. Qui non posso fare nulla, né passeggiare con questi poveri
cristi che sono qui, né cucinarmi, nè fare altro, tranne che passeggiare avanti
ed indietro in questi due metri quadri. Qui sarebbe il reparto infermeria, ma
ti giuro che di infermeria non ha proprio niente, c’è solo la desolazione e
lo sconforto di tante persone che
lamentano la mancanza di cure e l’abbandono a se stessi. Io, per farti un
esempio, sono due giorni che non mangio, non per mia volontà ma perché il vitto
fa schifo ed io, soffrendo di colesterolo, non posso toccarlo. Carmelo, sono
davvero dispiaciuto per questo trasferimento e ti giuro che è la prima volta da
quando sono detenuto che mi sento davvero cupo, forse perché, dopo aver
incontrato persone straordinarie come voi in redazione, in me era cominciata
una crescita davvero importante. E sono certo che, pian piano che avrei preso
confidenza con quell’ ambiente giornalistico, sarei riuscito a dare un mio
contributo alle tematiche che ogni giorno affrontavamo. Devo ammettere che ti
invidiavo molto quando con la tua intelligenza e preparazione spiegavi tutti
quei cazzi di articoli di legge in maniera brillante. Se ti avessi incontrato
prima, al posto di studiarmi la Divina Commedia, mi sarei studiato il codice
penale e ti avrei fatto le scarpe. Ormai non ho più la capacità nè la voglia di
cimentarmi nella lettura, forse perché so di non avere più quella lucidità di
un tempo, perciò cercherò di sopravvivere come posso.
Carmelo, con tutta sincerità, sono pure un po’ stanco di questa vita da
schifo e delle ingiustizie che viviamo quotidianamente.
(…) Ora dimmi un po’ tu come posso farmi la galera in queste
condizioni. Se tu puoi aiutarmi nel suggerirmi cosa possa fare per uscire da questa
situazione, ti prego di scrivermi, ti giuro che così è troppo, non è
accettabile dover vegetare per il resto dei miei giorni.
Comunque, Carmelo, lotta sempre, anche per me, perché io non ho più
forza. Buona fortuna.
Salutami tutti quanti in redazione. Ti voglio bene. Giuseppe.
Carmelo Musumeci
Carcere di Padova,
maggio 2015
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