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mercoledì 16 agosto 2023

 

Parla Carbone: “Riformiamo insieme la giustizia”

di Giovanni M. Jacobazzi

Il Riformista, 15 agosto 2023





Ernesto Carbone, laico del Csm: “La separazione delle carriere fra pm e giudici è un finto problema. La separazione ci deve essere fra magistrati bravi e magistrati meno bravi”, afferma l’avvocato Ernesto Carbone, dallo scorso febbraio componente laico del Consiglio superiore della magistratura.

Consigliere Carbone, la sua è una provocazione? “Per nulla. Prendiamo ad esempio un paio di sentenze che hanno fanno discutere l’opinione pubblica nelle ultime settimane. Come dovrebbe essere giudicato il magistrato del Tribunale di Roma secondo il quale se un uomo ‘palpeggia’ una donna per meno di dieci secondi va tutto bene e non c’è violenza? O quello di Firenze che ha spento il wi-fi nelle scuole sostenendo che fa male alla salute ed ha affermato che i vaccini, dopo aver salvato milioni di vite umane, sono pericolosi? La prego, siamo seri”. È favorevole alla responsabilità civile dei magistrati?

“Io penso che chi sbaglia debba pagare ma che non dobbiamo farci trascinare in una sorta di terrore bianco in risposta al giacobinismo di alcuni pm. Sono favorevole ad una responsabilità ‘attenuata’ rispetto agli altri funzionari pubblici. Il magistrato è detentore di uno dei tre poteri dello Stato e deve essere sereno nello svolgimento del proprio lavoro, quanto mai difficile e complesso. Certamente, se l’errore è grossolano e reiterato deve essere sanzionato. Ma soprattutto sanzionato in fretta. Il tema, però, è un altro”.

Quale?

“Un pm che vede cento inchieste finire nel novantanove percento dei casi con una assoluzione o, addirittura, con una archiviazione già nella fase delle indagini preliminari è un problema per il sistema giustizia. Significa che quel magistrato non lavora bene e va dietro a teoremi che non hanno alcun fondamento. Bisogna pur avere il coraggio di dirlo. Non si può continuare a far finta di nulla. Ci si dimentica che una indagine costa centinaia di migliaia di euro di soldi dei contribuenti. Pensiamo soltanto all’attività che viene delegata dai pm alle forze di polizia. Ci sono intercettazioni che durano mesi e mesi e poi non portano a nulla. E se vengono fatte intercettazioni in maniera abusiva nei confronti di un parlamentare che poi non potranno essere utilizzate chi pagherà il conto? È indispensabile procedere con dei correttivi”.

A cosa ha pensato?

“Prima di fare il pm bisogna aver fatto per almeno cinque anni il giudice, magari anche in collegio. Oppure, meglio ancora, il gip che è un pilastro del nostro processo penale. Bisogna pensare a come normare questi scambi fra giudicante e requirente. Nessuna separazione delle carriere ma ‘commistione’ delle carriere, se mi passa il termine”.

Un bilancio di questi primi mesi al Csm?

“Credo che il Consiglio stia lavorando molto bene. Un po’ per colpa del covid, un po’ per mesi e mesi di prorogatio di chi ci ha preceduto, abbiamo trovato un enorme arretrato. Faccio parte della Commissione per gli incarichi direttivi e stiamo imprimendo una grande accelerazione ai lavori. C’erano pratiche incagliate da tantissimo tempo e uffici senza un capo da anni. Noi siamo anche quelli che hanno rinunciato alla ‘settimana bianca’ (ultima settimana del mese in cui i lavori al Csm sono sospesi, ndr) su richiesta del vice presidente Fabio Pinelli per smaltire l’arretrato”.

Argomento incandescente: le correnti in magistratura. Male assoluto?

“Le correnti esistono perché esiste l’Associazione nazionale magistrati, il sindacato unico delle toghe a cui è iscritto il novanta percento di esse. E mi creda, non voglio fare polemiche. Anzi. Io non mi scandalizzo se il presidente dell’Anm o di una delle correnti che la compongono interviene su un provvedimento del governo: è normale dialettica fra poteri dello Stato. In tale ottica, però, un politico deve essere legittimato a criticare una sentenza o l’operato di un magistrato. L’importante è che non ci sia confusione fra poteri. Il magistrato è chiamato ad applicare le leggi ed il Parlamento ha il compito di scriverle. Punto”.

E la lottizzazione all’interno del Csm?

“Il sistema elettorale dei togati del Csm obbliga i magistrati ad organizzarsi per essere eletti. L’alternativa sarebbe il sorteggio, soluzione apparentemente risolutoria alla quale sono contrario. Discutiamo pure eventualmente di sistemi elettorali, maggioritario o proporzionale, ma certamente non il sorteggio. Il Csm, oltre ad essere un organo di rilevanza costituzionale, è pur sempre l’organo di auto governo della magistratura e trovo giusto che siano i magistrati a sceglierne i membri e quindi i loro rappresentanti. Per fare un paragone sarebbe come se uno dicesse che il Parlamento non lavora bene, presenta criticità, e quindi come miglior rimedio proponesse di estrarre a sorte tra gli italiani chi debba sedersi in Senato o alla Camera”.

Torniamo alle correnti…

“Sì. Se le correnti sono forti e rappresentano - veramente - tutta la magistratura sono un bene. L’eccessivo potere di alcuni magistrati in questi anni è stato dovuto non alle correnti ma alla loro debolezza. A me cittadino piace sapere chi ho di fronte. Sensibilità culturali diverse fra i magistrati sono un fatto positivo ma sempre nel rispetto della legge che non deve essere piegata per interessi di parte”.

Non cambierebbe nulla?

“Se gli accordi vengono fatti con una logica meritocratica, personalmente non ci trovo nulla di sbagliato. In Plenum siamo trentadue e se io ritengo che il dottor Rossi sia più adatto a ricoprire un determinato rispetto al dottor Bianchi proverò a convincere i miei colleghi della bontà di questa scelta. E la volta successiva sarà il mio collega, laico o togato che sia, a persuadermi della sua. Cosa ben diversa sono gli accordi fatti solo per appartenenza correntizia. Quelli sono la mortificazione della magistratura”.

Ha visto le polemiche sul voto del vicepresidente Pinelli per il procuratore di Firenze?

“Come ha detto l’amico consigliere Roberto Romboli, docente di diritto costituzionale, il vicepresidente è espressione del Parlamento: votare non è un suo diritto, ma un suo dovere. A volte la stampa, per fare dietrologia, fa finta di non capire o non riporta le notizie in modo completo. Sulla scelta del procuratore di Firenze c’erano più proposte e alla fine ha vinto il dottor Filippo Spezia per un voto di scarto. Nessuno ha scritto che il giorno dopo, il dottor Ettore Squillace Greco, l’altro candidato, era stato votato all’unanimità procuratore generale di Firenze. Un incarico ancora più importante, dovendo sovraintendere a tutte le attività inquirenti del distretto e con la possibilità di avocare le indagini nei casi previsti dalla legge. Sono entrambe scelte legittime del Plenum e non ci vedo nulla di scandaloso”.

Anche questo Consiglio è alle prese con le mitiche chat di Luca Palamara...

“Ma lasciamocele alle spalle una volta per tutte queste chat! Non mi fanno appassionare, lo dico senza problemi. Premesso che risalgono al biennio 2017-18, sono state lette e rilette mille volte con discussioni interminabili durate settimane intere. Alcune di queste chat sono finite in Procura e ci sono inchieste in corso, altre sono finite invece alla sezione disciplinare e sono state valutate dai miei colleghi. Continuare quindi dopo tutti questi anni a discutere delle chat fa male solo alla magistratura, non a Palamara. E posso dirlo io che questo signore non l’ho mai visto e né incontrato in vita mia”.

Le chat, però, sono state micidiali per il dottor Emilio Sirianni, non confermato nell’incarico di presidente di sezione a Catanzaro...

“È un caso molto diverso. Sirianni parlava con un indagato poi condannato a 13 anni e 2 mesi di prigione, l’allora sindaco di Riace Mimmo Lucano, e soprattutto attaccava i carabinieri ed il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri. Tralasciando il linguaggio colorito, per usure un eufemismo, non si può definire “fascista” e “sbirro” chi quotidianamente in quella regione martoriata sacrifica e rischia la propria vita per la giustizia”.

È favorevole all’eliminazione del reato di abuso d’ufficio?

“Abolirlo? Non lo so, spetta al Parlamento. Rimane comunque il fatto che le assoluzioni superano il novantanove percento dei casi (su 5.000 procedimenti, 9 condanne). Andrebbe sicuramente riscritto e meglio tipizzato per evitare dubbi interpretativi che possano lasciare ampio margine di discrezionalità. Evitiamo `abusi’ dell’abuso d’ufficio”.

Si parla sempre di reati…

“Ecco, appunto. Siamo troppo concentrati sul processo penale. A me farebbe piacerebbe che si potesse discutere anche di giustizia civile. Ma sa quanti investimenti perdiamo per i processi civili troppo lunghi? Il cittadino non può aspettare anni e anni per un suo diritto. Penso al settore fallimentare dove sono in ballo posti di lavoro. E poi riflettiamo anche sul carico enorme che hanno i magistrati in Cassazione. Sarebbe interessante affrontare ogni tanto questi temi e non solo quelli che riguardano le Procure della Repubblica”.

Cosa fare nell’immediato?

“Ad esempio, con la riforma Cartabia alcune competenze riservate ai giudici sono state deferite ai notai. Mi riferisco alle autorizzazioni al compimento degli atti negoziali di minori e incapaci rilasciate in sede di volontaria giurisdizione, prima riservate in via esclusiva al giudice tutelare. Ciò è sensato se pensiamo che poi sarà il notaio a stipulare l’atto. La riforma sta funzionando egregiamente, alleggerendo il pesante carico di lavoro della magistratura. Lo stesso si potrebbe fare allora con tutti i provvedimenti di volontaria giurisdizione, così come con le omologhe per gli accordi in sede di separazione e divorzio. Oggi l’accordo tra i coniugi, per divenire efficace e vincolante, necessita dell’omologa del giudice. Il notaio, in quanto pubblico ufficiale, si trova in una posizione di terzietà ed esercita un potere dello Stato e già svolge analoghe funzioni in altri ambiti. Può dunque assolvere a tali compiti adesso riservati in via esclusiva alla magistratura. Si ridurrebbero i tempi di procedimento in quanto si salterebbe il passaggio davanti giudice che potrebbe in questo modo dedicarsi ad altre attività”.

 

 


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Nordio studia di riaprire i piccoli tribunali

di Massimo Carugno*

Il Riformista, 15 agosto 2023

È notizia di questi giorni che dalle parti di Via Arenula sarebbe allo studio un concreto provvedimento per rivedere il già tristemente noto decreto Severino che, sotto il governo Monti, revisionò la geografia giudiziaria sopprimendo, con quella che l’allora Ministro Paola Severino e il Presidente del Consiglio Mario Monti definirono una svolta epocale, 37 tribunali e 220 sezioni distaccate, uffici giudiziari impropriamente definiti minori.

Sulla genesi e la natura di quella triste operazione di “polizia giurisdizionale” mi sono già espresso proprio da queste colonne il 31 marzo scorso, e quindi non mi dilungo oltre.

Quello che qui preme sottolineare invece è il diverso spirito, che sembra animare Nordio e il sottosegretario, pare proprio con delega alla materia, Andrea Del Mastro Delle Vedove, volto a interpretare la giustizia come servizio e non più come azienda e quindi, depurata da tutte le menate riguardo a produttività per numero di cause, economicità degli uffici, e compagnia cantante, riordinarla nel senso di maggiore vicinanza al cittadino.

Sembra di fare un bellissimo balzo indietro e di essere tornati ai tempi della Costituente quando fu scritto l’art.5 della Costituzione che recita che la Repubblica “attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo”. Altri tempi. Una norma tra l’altro voluta proprio dalla componente socialista della Assemblea.

Ovviamente a queste indiscrezioni che hanno fatto il giro dell’Italia, specie nei territori che subirono il provvedimento di soppressione, si sono scatenate le reazioni, molte positive, ma anche diverse negative.

Quest’ultime, tutte di matrice giustizialista, si sono equamente divise tra alcuni giornali, che sono di fatto organi ufficiali del partito delle toghe, e personaggi provenienti proprio dal mondo dei giudici.

Del resto è stato appena in primavera che giudici come Edmondo Bruti Liberati o Nicola Gratteri tuonarono contro gli spifferi di riapertura dei tribunali sostenendo non solo che non dovevano essere riaperti ma addirittura che ne dovevano venire soppressi altri.

Vien da ridere a sentire queste parole proprio da chi pensa che tutto, in una nazione, debba fondarsi sulla giustizia e poi propugna la soppressione dei tribunali riducendo i presidi di legalità sul territorio.

Ma dietro queste parole c’è il disegno della magistratura che, coprendosi dietro l’accattivante concetto della “specializzazione”, vuole solo garantirsi di lavorare meno e più comodamente.

Il problema per loro è evitare di passare da un settore all’altro della nobile materia del diritto.

Insomma il problema è evitare che un solo giudice oggi faccia il Gip, domani i divorzi e dopodomani i pignoramenti immobiliari.

Questo cambio continuo di materie è, secondo loro, robaccia da avvocati e non una palestra ove cimentarsi in esperienze nuove ed allargare il proprio scibile giuridico. Non è una opportunità formativa ma piuttosto un faticoso fastidio a cui dare rimedio.

Ed è venuto fuori il concetto tutto particolare di efficienza legata ovviamente a quello di specializzazione. Si è pensato quindi che i tribunali ideali fossero quelli composti da un numero tale di giudici (oltre una trentina) da permettere a ognuno di essi di dedicarsi ad un pezzettino della scienza giuridica e pronunciare ed emettere sentenze con i container (tanto sarebbero state tutte le stesse: solo da cambiare, con il copia/incolla, i nomi delle parti) e fare quello per tutta la vita.

Insomma la famosa riforma Severino, figlia della legge Nitto Palma, ministro del Governo Berlusconi non fu altro che un atto di ossequio alle esigenze, forse è meglio dire i capricci, dei magistrati e affatto un intervento per migliorare l’efficienza della giustizia.

E fa niente se una tale riforma ha creato solo delle megalopoli giudiziarie che hanno investito il cittadino con una agilità elefantiaca, fa niente se sono state create delle cattedrali nel deserto distanti mille miglia dal paese reale, fa niente se un povero sventurato, per muoversi all’interno di tali alveari di giudici e cancellieri, ha avuto bisogno del navigatore e del GPS, fa niente se interi territori della penisola sono rimasti sguarniti di presidi giudiziari ancorché fossero all’interno, o adiacenti, a zone ad alta densità criminale, fa niente se aree che ospitano carceri importanti e ad alta sicurezza, si sono trovate all’improvviso sguarnite di uffici giudiziari esponendosi ai rischi di lunghi e pericolosi trasferimenti per permettere a temutissimi detenuti di partecipare alle udienze, fa niente se i cittadini sono stati costretti a percorrere centinaia di chilometri, magari in inverno pure sotto la neve, per andare a ritirare un certificato penale o a rinunciare a una eredità.

Fa niente infine che tutto ciò è un crogiuolo di tali e tante illogicità da far restare basiti.

E in questa fiera dell’assurdo, attraverso la tecnocrazia operativa, rappresentata tutta da magistrati, distaccati ai posti chiavi e dirigenziali del Ministero di Giustizia dalle loro sedi e funzioni, i giudici si sono inseriti come un braccio armato di una setta segreta (sì proprio come il Priorato di Sion di Dan Brown) a fare gli interessi e i desiderata della loro corporazione.

E se tanto mi dà tanto dalle parti dell’ufficio di Nordio sarà guerra se davvero procederanno in quelle che sembrano essere le loro intenzioni.

E poi c’è un’ultima considerazione da fare che resta d’attualità ancora oggi: alcuni studi, come quello condotto da un noto giornale finanziario, destinati a monitorare la efficacia del provvedimento, bocciarono la riforma stimando tra quelli più efficienti d’Italia proprio quei tribunali la cui soppressione era in corso, mentre tra i più inefficienti vi erano quelli che avevano accorpato i territori dei soppressi. Quindi anche sotto il profilo dell’efficienza quel decreto adottato dalla Severino e voluto dai giudici si è rivelato fallimentare.

La chiamano “giustizia di prossimità”, i giudici, con toni sprezzanti, per cercare di sminuirne la portata e demolirne il senso e il richiamo all’azzeccagarbugli di manzoniana memoria è evidente. Ma non è vero, è giustizia vicina ai cittadini e ai territori, è giustizia funzionale e decongestionata, è giustizia accessibile e poco costosa. È giustizia di civiltà.

*Avvocato e scrittore

 

 


 

Carceri: 11 proposte di legge, ma solo una affronta il sovraffollamento

di Andrea Marini

Il Sole 24 Ore, 15 agosto 2023

Altre proposte puntano sulle tutele agli agenti penitenziari e quelle mediche per i detenuti. La questione carceraria è tornata al centro della cronaca. “Il mio primo pensiero va alla memoria di chi ha compiuto la drammatica scelta di togliersi la vita. È una consuetudine non solo nazionale ma mondiale. È una tragedia che dobbiamo fare di tutto per ridurre se non eliminarla. Ogni suicido è una sconfitta per lo Stato, per la giustizia e mia personale” ha detto il 14 agosto il ministro della Giustizia Carlo Nordio parla in un videomessaggio sui suicidi in carcere. E ha aggiunto che intende proporre “l’ampliamento dei colloqui telefonici per i detenuti nei contatti con i familiari”.

Tuttavia la questione carceraria non sembra essere al centro dell’iniziativa legislativa di deputati e senatori. Dall’inizio della legislatura, sono stati presentati circa 11 progetti di legge di iniziativa parlamentare di cui, uno solo, quello che ha come prima firmataria Cecilia D’Elia (PD), si pone l’obiettivo di affrontare la questione degli spazi e della convivenza all’interno degli istituti carcerari. Si tratta di un disegno di legge che era già stato presentato nel 2013 dai senatori Manconi, Tronti e Torrisi e che ora Cecilia D’Elia ripropone praticamente nella sua interezza.

Le condanne dell’Italia - Nella proposta che ha come prima firmataria Cecilia D’Elia si ricorda come l’Italia sia stata più volte condannata dalla Corte Europea per i diritti dell’uomo (nel 2009 e nel 2013) per violazione, nelle carceri, dell’articolo 3 della Convenzione di Strasburgo che proibisce la tortura e ogni forma di trattamento inumano e degradante e si indica una possibile soluzione.

Numero massimo di posti - Premettendo che nessuno possa “essere incarcerato se non sono garantiti dalle istituzioni dello Stato gli spazi fisici minimi e la piena tutela della dignità”, la proposta D’Elia prevede che il ministero della Giustizia debba indicare il numero massimo di posti letto per istituto, superato il quale, l’ordine di esecuzione della pena si converte in obbligo di permanenza in casa o in altro luogo indicato dalla persona. E si stabilisce una lista che segue un ordine cronologico. In caso di reati contro la persona salta il criterio cronologico e si potrà procedere direttamente all’ esecuzione della condanna. Ma, durante la sospensione del provvedimento di carcerazione, la pena scorre regolarmente come se fosse espiata.

Gli agenti penitenziari - Gli altri testi presentati affrontano altre questioni. Ce ne sono due, a prima firma Michela Brambilla di Forza Italia (video), che si occupano di mense vegane e vegetariane anche all’interno delle carceri e della possibilità di far visitare il detenuto dal proprio animale domestico. Due disegni di legge della Lega si concentrano sulla tutela degli agenti penitenziari. Il primo, firmato da Jacopo Morrone, prevede pene più severe per i detenuti che uccidono o aggrediscono gli agenti e la possibilità per questi ultimi di avere in dotazione armi a impulso elettrico. Il secondo, sottoscritto dalla senatrice Erika Stefani, estende l’ergastolo (articolo 576 cp) anche nei casi di omicidio colposo nei confronti di una agente penitenziario. Un altro di Morrone punta a riorganizzare i dipartimenti del Ministero competenti in materia di esecuzione penale e a istituire il Dipartimento per la sicurezza della giustizia.

Le intenzioni del governo - A marzo il sottosegretario Andrea Delmastro era intervenuto sul sovraffollamento delle carceri proponendo di far uscire i tossicodipendenti per affidarli alle comunità di recupero, ma, allo stato, non risulta che sia seguito alcun testo di legge in questo senso. A gennaio il ministro della Giustizia Carlo Nordio (video), in un question time alla Camera, durante il quale aveva già definito i suicidi tra le sbarre “un intollerabile fardello di dolore”, aveva detto che era intenzione del governo migliorare i luoghi di esecuzione della pena incrementando “la dotazione organica del personale” e migliorando le condizioni di vita di detenuti e agenti investendo “nel prossimo triennio 1 milione di euro per il supporto psicologico”.

Estendere le tutele - Ed è proprio di supporto psicologico che parla la proposta di legge di Carmen Di Lauro (M5S) puntando a istituire la figura dello psicologo delle cure primarie anche nelle carceri. L’esame della proposta è cominciato il 5 luglio in Commissione Affari Sociali della Camera. Altri due testi, uno del M5S e uno della Lega, introducono misure di tutela e prevenzione per i malati di Aids e per gli affetti da celiachia. Altri due, targati 5 stelle, mirano a verificare la situazione patrimoniale dei detenuti per vedere che non ci siano stati arricchimenti durante il periodo di reclusione (firmataria Stefania Ascari) e a sostenere l’attività teatrale all’interno degli istituti penitenziari (Michele Bruno).

 

 

 


 

 

Nordio proporrà più colloqui telefonici tra i detenuti e i familiari

agi.it, 15 agosto 2023

Videomessaggio del Guardasigilli ai 189 istituti penitenziari: “Carceri troppo spesso dimenticate, ogni suicidio una mia sconfitta personale”. “Ho voluto fortemente farvi giungere il mio messaggio, perché all’interno delle carceri vive e lavora anche a Ferragosto, un pezzo della nostra Repubblica, ci sono servitori dello Stato, a cui dobbiamo essere grati, e ci sono persone private della libertà, che stanno in quelle carceri espiando la propria pena e riavviando quel percorso di reinserimento nella società, come vuole la Costituzione”. Così il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, saluta con un videomessaggio i 189 istituti penitenziari.

“Troppo spesso il carcere viene dimenticato soprattutto in questo periodo quando le persone sono in ferie”, riflette il ministro che aggiunge ancora: “Approfitto di questo saluto per anticipare una mia intenzione di proporre l’ampliamento dei colloqui telefonici per i detenuti nei contatti con i familiari”.

Il dramma dei suicidi - “Desidero rivolgere il mio primo pensiero alla memoria di tutti coloro i quali hanno compiuto questa drammatica scelta di togliersi la vita. Purtroppo è una consuetudine non solo nazionale ma direi mondiale, ed è una tragedia: dobbiamo fare di tutto per ridurla se non proprio eliminarla, vista la complessità e la imperscrutabilità della natura umana”, ha proseguito Nordio. “Comunque - aggiunge - ogni suicidio è una sconfitta per lo Stato, una sconfitta per la giustizia, una sconfitta mia personale e un dolore personale”.

“La circolare che abbiamo emanato di recente per aumentare l’aiuto psicologico a quelli che versano in condizioni di particolare disagio - ricorda il guardasigilli - si inserisce in una volontà piu’ ampia di vicinanza ai detenuti. Siamo consapevoli che lo Stato deve garantite la certezza della pena per essere coerente con le proprie promesse di sicurezza nei confronti dei cittadini e anche di applicazione della sanzione per chi viola la legge. Ciò nonostante non possiamo dimenticare che la pena deve avere un significato e un senso rieducativo, non solo perché lo impone la Costituzione ma perché ce lo impone l’etica, laica o cristiana che sia”.

“Per questo scopo - continua Nordio - non esistono soluzioni immediate facili, non esistono bacchette magiche però vi assicuro che stiamo lavorando con la massima energia e con la massima priorità per ridurre questi estremi disagi. Lo facciamo assumendo nuovo personale, abbiamo assunto 57 nuovi consiglieri penitenziari che prenderanno servizio alla fine dell’anno e abbiamo assunto 2.800 appartenenti alla polizia penitenziaria che colmeranno le deficienze di organico e contiamo nei limiti del possibile di assumerne anche di più”.

“La nostra attenzione va soprattutto agli assistenti psicologici perché la situazione di disagio di chi si trova in carcere non necessita solo di controllo ma anche di aiuto, di ausilio per un recupero non solo spirituale ma anche fisico che possa essere prodromico al reinserimento nella società”, conclude.

 

 


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