Parla Carbone: “Riformiamo insieme la giustizia”
di Giovanni M.
Jacobazzi
Il Riformista, 15
agosto 2023
Ernesto Carbone, laico
del Csm: “La separazione delle carriere fra pm e giudici è un finto problema.
La separazione ci deve essere fra magistrati bravi e magistrati meno bravi”,
afferma l’avvocato Ernesto Carbone, dallo scorso febbraio componente laico del
Consiglio superiore della magistratura.
Consigliere Carbone,
la sua è una provocazione? “Per nulla. Prendiamo ad esempio un paio di sentenze
che hanno fanno discutere l’opinione pubblica nelle ultime settimane. Come
dovrebbe essere giudicato il magistrato del Tribunale di Roma secondo il quale
se un uomo ‘palpeggia’ una donna per meno di dieci secondi va tutto bene e non
c’è violenza? O quello di Firenze che ha spento il wi-fi nelle scuole
sostenendo che fa male alla salute ed ha affermato che i vaccini, dopo aver
salvato milioni di vite umane, sono pericolosi? La prego, siamo seri”. È
favorevole alla responsabilità civile dei magistrati?
“Io penso che chi
sbaglia debba pagare ma che non dobbiamo farci trascinare in una sorta di
terrore bianco in risposta al giacobinismo di alcuni pm. Sono favorevole ad una
responsabilità ‘attenuata’ rispetto agli altri funzionari pubblici. Il
magistrato è detentore di uno dei tre poteri dello Stato e deve essere sereno
nello svolgimento del proprio lavoro, quanto mai difficile e complesso.
Certamente, se l’errore è grossolano e reiterato deve essere sanzionato. Ma
soprattutto sanzionato in fretta. Il tema, però, è un altro”.
Quale?
“Un pm che vede cento
inchieste finire nel novantanove percento dei casi con una assoluzione o,
addirittura, con una archiviazione già nella fase delle indagini preliminari è
un problema per il sistema giustizia. Significa che quel magistrato non lavora
bene e va dietro a teoremi che non hanno alcun fondamento. Bisogna pur avere il
coraggio di dirlo. Non si può continuare a far finta di nulla. Ci si dimentica
che una indagine costa centinaia di migliaia di euro di soldi dei contribuenti.
Pensiamo soltanto all’attività che viene delegata dai pm alle forze di polizia.
Ci sono intercettazioni che durano mesi e mesi e poi non portano a nulla. E se
vengono fatte intercettazioni in maniera abusiva nei confronti di un
parlamentare che poi non potranno essere utilizzate chi pagherà il conto? È
indispensabile procedere con dei correttivi”.
A cosa ha pensato?
“Prima di fare il pm
bisogna aver fatto per almeno cinque anni il giudice, magari anche in collegio.
Oppure, meglio ancora, il gip che è un pilastro del nostro processo penale.
Bisogna pensare a come normare questi scambi fra giudicante e requirente.
Nessuna separazione delle carriere ma ‘commistione’ delle carriere, se mi passa
il termine”.
Un bilancio di questi
primi mesi al Csm?
“Credo che il
Consiglio stia lavorando molto bene. Un po’ per colpa del covid, un po’ per
mesi e mesi di prorogatio di chi ci ha preceduto, abbiamo trovato un enorme
arretrato. Faccio parte della Commissione per gli incarichi direttivi e stiamo
imprimendo una grande accelerazione ai lavori. C’erano pratiche incagliate da
tantissimo tempo e uffici senza un capo da anni. Noi siamo anche quelli che
hanno rinunciato alla ‘settimana bianca’ (ultima settimana del mese in cui i
lavori al Csm sono sospesi, ndr) su richiesta del vice presidente Fabio Pinelli
per smaltire l’arretrato”.
Argomento
incandescente: le correnti in magistratura. Male assoluto?
“Le correnti esistono
perché esiste l’Associazione nazionale magistrati, il sindacato unico delle
toghe a cui è iscritto il novanta percento di esse. E mi creda, non voglio fare
polemiche. Anzi. Io non mi scandalizzo se il presidente dell’Anm o di una delle
correnti che la compongono interviene su un provvedimento del governo: è
normale dialettica fra poteri dello Stato. In tale ottica, però, un politico
deve essere legittimato a criticare una sentenza o l’operato di un magistrato.
L’importante è che non ci sia confusione fra poteri. Il magistrato è chiamato ad
applicare le leggi ed il Parlamento ha il compito di scriverle. Punto”.
E la lottizzazione
all’interno del Csm?
“Il sistema elettorale
dei togati del Csm obbliga i magistrati ad organizzarsi per essere eletti.
L’alternativa sarebbe il sorteggio, soluzione apparentemente risolutoria alla
quale sono contrario. Discutiamo pure eventualmente di sistemi elettorali,
maggioritario o proporzionale, ma certamente non il sorteggio. Il Csm, oltre ad
essere un organo di rilevanza costituzionale, è pur sempre l’organo di auto
governo della magistratura e trovo giusto che siano i magistrati a sceglierne i
membri e quindi i loro rappresentanti. Per fare un paragone sarebbe come se uno
dicesse che il Parlamento non lavora bene, presenta criticità, e quindi come
miglior rimedio proponesse di estrarre a sorte tra gli italiani chi debba
sedersi in Senato o alla Camera”.
Torniamo alle
correnti…
“Sì. Se le correnti
sono forti e rappresentano - veramente - tutta la magistratura sono un bene.
L’eccessivo potere di alcuni magistrati in questi anni è stato dovuto non alle
correnti ma alla loro debolezza. A me cittadino piace sapere chi ho di fronte.
Sensibilità culturali diverse fra i magistrati sono un fatto positivo ma sempre
nel rispetto della legge che non deve essere piegata per interessi di parte”.
Non cambierebbe nulla?
“Se gli accordi
vengono fatti con una logica meritocratica, personalmente non ci trovo nulla di
sbagliato. In Plenum siamo trentadue e se io ritengo che il dottor Rossi sia
più adatto a ricoprire un determinato rispetto al dottor Bianchi proverò a
convincere i miei colleghi della bontà di questa scelta. E la volta successiva
sarà il mio collega, laico o togato che sia, a persuadermi della sua. Cosa ben
diversa sono gli accordi fatti solo per appartenenza correntizia. Quelli sono
la mortificazione della magistratura”.
Ha visto le polemiche
sul voto del vicepresidente Pinelli per il procuratore di Firenze?
“Come ha detto l’amico
consigliere Roberto Romboli, docente di diritto costituzionale, il
vicepresidente è espressione del Parlamento: votare non è un suo diritto, ma un
suo dovere. A volte la stampa, per fare dietrologia, fa finta di non capire o
non riporta le notizie in modo completo. Sulla scelta del procuratore di
Firenze c’erano più proposte e alla fine ha vinto il dottor Filippo Spezia per
un voto di scarto. Nessuno ha scritto che il giorno dopo, il dottor Ettore
Squillace Greco, l’altro candidato, era stato votato all’unanimità procuratore
generale di Firenze. Un incarico ancora più importante, dovendo sovraintendere
a tutte le attività inquirenti del distretto e con la possibilità di avocare le
indagini nei casi previsti dalla legge. Sono entrambe scelte legittime del
Plenum e non ci vedo nulla di scandaloso”.
Anche questo Consiglio
è alle prese con le mitiche chat di Luca Palamara...
“Ma lasciamocele alle
spalle una volta per tutte queste chat! Non mi fanno appassionare, lo dico
senza problemi. Premesso che risalgono al biennio 2017-18, sono state lette e
rilette mille volte con discussioni interminabili durate settimane intere.
Alcune di queste chat sono finite in Procura e ci sono inchieste in corso,
altre sono finite invece alla sezione disciplinare e sono state valutate dai
miei colleghi. Continuare quindi dopo tutti questi anni a discutere delle chat
fa male solo alla magistratura, non a Palamara. E posso dirlo io che questo
signore non l’ho mai visto e né incontrato in vita mia”.
Le chat, però, sono
state micidiali per il dottor Emilio Sirianni, non confermato nell’incarico di
presidente di sezione a Catanzaro...
“È un caso molto
diverso. Sirianni parlava con un indagato poi condannato a 13 anni e 2 mesi di
prigione, l’allora sindaco di Riace Mimmo Lucano, e soprattutto attaccava i
carabinieri ed il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri. Tralasciando il
linguaggio colorito, per usure un eufemismo, non si può definire “fascista” e
“sbirro” chi quotidianamente in quella regione martoriata sacrifica e rischia
la propria vita per la giustizia”.
È favorevole
all’eliminazione del reato di abuso d’ufficio?
“Abolirlo? Non lo so,
spetta al Parlamento. Rimane comunque il fatto che le assoluzioni superano il
novantanove percento dei casi (su 5.000 procedimenti, 9 condanne). Andrebbe
sicuramente riscritto e meglio tipizzato per evitare dubbi interpretativi che possano
lasciare ampio margine di discrezionalità. Evitiamo `abusi’ dell’abuso
d’ufficio”.
Si parla sempre di
reati…
“Ecco, appunto. Siamo
troppo concentrati sul processo penale. A me farebbe piacerebbe che si potesse
discutere anche di giustizia civile. Ma sa quanti investimenti perdiamo per i
processi civili troppo lunghi? Il cittadino non può aspettare anni e anni per
un suo diritto. Penso al settore fallimentare dove sono in ballo posti di
lavoro. E poi riflettiamo anche sul carico enorme che hanno i magistrati in
Cassazione. Sarebbe interessante affrontare ogni tanto questi temi e non solo
quelli che riguardano le Procure della Repubblica”.
Cosa fare
nell’immediato?
“Ad esempio, con la
riforma Cartabia alcune competenze riservate ai giudici sono state deferite ai
notai. Mi riferisco alle autorizzazioni al compimento degli atti negoziali di
minori e incapaci rilasciate in sede di volontaria giurisdizione, prima
riservate in via esclusiva al giudice tutelare. Ciò è sensato se pensiamo che
poi sarà il notaio a stipulare l’atto. La riforma sta funzionando egregiamente,
alleggerendo il pesante carico di lavoro della magistratura. Lo stesso si
potrebbe fare allora con tutti i provvedimenti di volontaria giurisdizione,
così come con le omologhe per gli accordi in sede di separazione e divorzio.
Oggi l’accordo tra i coniugi, per divenire efficace e vincolante, necessita
dell’omologa del giudice. Il notaio, in quanto pubblico ufficiale, si trova in
una posizione di terzietà ed esercita un potere dello Stato e già svolge
analoghe funzioni in altri ambiti. Può dunque assolvere a tali compiti adesso
riservati in via esclusiva alla magistratura. Si ridurrebbero i tempi di
procedimento in quanto si salterebbe il passaggio davanti giudice che potrebbe
in questo modo dedicarsi ad altre attività”.
Nordio studia di riaprire i piccoli tribunali
di Massimo Carugno*
Il Riformista, 15
agosto 2023
È notizia di questi
giorni che dalle parti di Via Arenula sarebbe allo studio un concreto
provvedimento per rivedere il già tristemente noto decreto Severino che, sotto
il governo Monti, revisionò la geografia giudiziaria sopprimendo, con quella
che l’allora Ministro Paola Severino e il Presidente del Consiglio Mario Monti
definirono una svolta epocale, 37 tribunali e 220 sezioni distaccate, uffici
giudiziari impropriamente definiti minori.
Sulla genesi e la
natura di quella triste operazione di “polizia giurisdizionale” mi sono già
espresso proprio da queste colonne il 31 marzo scorso, e quindi non mi dilungo
oltre.
Quello che qui preme
sottolineare invece è il diverso spirito, che sembra animare Nordio e il
sottosegretario, pare proprio con delega alla materia, Andrea Del Mastro Delle
Vedove, volto a interpretare la giustizia come servizio e non più come azienda
e quindi, depurata da tutte le menate riguardo a produttività per numero di
cause, economicità degli uffici, e compagnia cantante, riordinarla nel senso di
maggiore vicinanza al cittadino.
Sembra di fare un
bellissimo balzo indietro e di essere tornati ai tempi della Costituente quando
fu scritto l’art.5 della Costituzione che recita che la Repubblica “attua nei
servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo”.
Altri tempi. Una norma tra l’altro voluta proprio dalla componente socialista
della Assemblea.
Ovviamente a queste
indiscrezioni che hanno fatto il giro dell’Italia, specie nei territori che
subirono il provvedimento di soppressione, si sono scatenate le reazioni, molte
positive, ma anche diverse negative.
Quest’ultime, tutte di
matrice giustizialista, si sono equamente divise tra alcuni giornali, che sono
di fatto organi ufficiali del partito delle toghe, e personaggi provenienti
proprio dal mondo dei giudici.
Del resto è stato
appena in primavera che giudici come Edmondo Bruti Liberati o Nicola Gratteri
tuonarono contro gli spifferi di riapertura dei tribunali sostenendo non solo
che non dovevano essere riaperti ma addirittura che ne dovevano venire
soppressi altri.
Vien da ridere a
sentire queste parole proprio da chi pensa che tutto, in una nazione, debba
fondarsi sulla giustizia e poi propugna la soppressione dei tribunali riducendo
i presidi di legalità sul territorio.
Ma dietro queste
parole c’è il disegno della magistratura che, coprendosi dietro l’accattivante
concetto della “specializzazione”, vuole solo garantirsi di lavorare meno e più
comodamente.
Il problema per loro è
evitare di passare da un settore all’altro della nobile materia del diritto.
Insomma il problema è
evitare che un solo giudice oggi faccia il Gip, domani i divorzi e dopodomani i
pignoramenti immobiliari.
Questo cambio continuo
di materie è, secondo loro, robaccia da avvocati e non una palestra ove
cimentarsi in esperienze nuove ed allargare il proprio scibile giuridico. Non è
una opportunità formativa ma piuttosto un faticoso fastidio a cui dare rimedio.
Ed è venuto fuori il
concetto tutto particolare di efficienza legata ovviamente a quello di
specializzazione. Si è pensato quindi che i tribunali ideali fossero quelli
composti da un numero tale di giudici (oltre una trentina) da permettere a
ognuno di essi di dedicarsi ad un pezzettino della scienza giuridica e
pronunciare ed emettere sentenze con i container (tanto sarebbero state tutte
le stesse: solo da cambiare, con il copia/incolla, i nomi delle parti) e fare
quello per tutta la vita.
Insomma la famosa
riforma Severino, figlia della legge Nitto Palma, ministro del Governo
Berlusconi non fu altro che un atto di ossequio alle esigenze, forse è meglio
dire i capricci, dei magistrati e affatto un intervento per migliorare
l’efficienza della giustizia.
E fa niente se una
tale riforma ha creato solo delle megalopoli giudiziarie che hanno investito il
cittadino con una agilità elefantiaca, fa niente se sono state create delle
cattedrali nel deserto distanti mille miglia dal paese reale, fa niente se un
povero sventurato, per muoversi all’interno di tali alveari di giudici e
cancellieri, ha avuto bisogno del navigatore e del GPS, fa niente se interi
territori della penisola sono rimasti sguarniti di presidi giudiziari ancorché
fossero all’interno, o adiacenti, a zone ad alta densità criminale, fa niente
se aree che ospitano carceri importanti e ad alta sicurezza, si sono trovate
all’improvviso sguarnite di uffici giudiziari esponendosi ai rischi di lunghi e
pericolosi trasferimenti per permettere a temutissimi detenuti di partecipare
alle udienze, fa niente se i cittadini sono stati costretti a percorrere
centinaia di chilometri, magari in inverno pure sotto la neve, per andare a
ritirare un certificato penale o a rinunciare a una eredità.
Fa niente infine che
tutto ciò è un crogiuolo di tali e tante illogicità da far restare basiti.
E in questa fiera
dell’assurdo, attraverso la tecnocrazia operativa, rappresentata tutta da
magistrati, distaccati ai posti chiavi e dirigenziali del Ministero di
Giustizia dalle loro sedi e funzioni, i giudici si sono inseriti come un
braccio armato di una setta segreta (sì proprio come il Priorato di Sion di Dan
Brown) a fare gli interessi e i desiderata della loro corporazione.
E se tanto mi dà tanto
dalle parti dell’ufficio di Nordio sarà guerra se davvero procederanno in
quelle che sembrano essere le loro intenzioni.
E poi c’è un’ultima
considerazione da fare che resta d’attualità ancora oggi: alcuni studi, come
quello condotto da un noto giornale finanziario, destinati a monitorare la
efficacia del provvedimento, bocciarono la riforma stimando tra quelli più efficienti
d’Italia proprio quei tribunali la cui soppressione era in corso, mentre tra i
più inefficienti vi erano quelli che avevano accorpato i territori dei
soppressi. Quindi anche sotto il profilo dell’efficienza quel decreto adottato
dalla Severino e voluto dai giudici si è rivelato fallimentare.
La chiamano “giustizia
di prossimità”, i giudici, con toni sprezzanti, per cercare di sminuirne la
portata e demolirne il senso e il richiamo all’azzeccagarbugli di manzoniana
memoria è evidente. Ma non è vero, è giustizia vicina ai cittadini e ai
territori, è giustizia funzionale e decongestionata, è giustizia accessibile e
poco costosa. È giustizia di civiltà.
*Avvocato e scrittore
Carceri: 11
proposte di legge, ma solo una affronta il sovraffollamento
di Andrea Marini
Il Sole 24 Ore, 15 agosto 2023
Altre proposte puntano sulle tutele agli agenti penitenziari e quelle
mediche per i detenuti. La questione carceraria è tornata al centro della
cronaca. “Il mio primo pensiero va alla memoria di chi ha compiuto la
drammatica scelta di togliersi la vita. È una consuetudine non solo nazionale
ma mondiale. È una tragedia che dobbiamo fare di tutto per ridurre se non
eliminarla. Ogni suicido è una sconfitta per lo Stato, per la giustizia e mia
personale” ha detto il 14 agosto il ministro della Giustizia Carlo Nordio parla
in un videomessaggio sui suicidi in carcere. E ha aggiunto che intende proporre
“l’ampliamento dei colloqui telefonici per i detenuti nei contatti con i
familiari”.
Tuttavia la questione carceraria non sembra essere al centro
dell’iniziativa legislativa di deputati e senatori. Dall’inizio della
legislatura, sono stati presentati circa 11 progetti di legge di iniziativa
parlamentare di cui, uno solo, quello che ha come prima firmataria Cecilia
D’Elia (PD), si pone l’obiettivo di affrontare la questione degli spazi e della
convivenza all’interno degli istituti carcerari. Si tratta di un disegno di
legge che era già stato presentato nel 2013 dai senatori Manconi, Tronti e
Torrisi e che ora Cecilia D’Elia ripropone praticamente nella sua interezza.
Le condanne dell’Italia - Nella proposta che ha come prima firmataria
Cecilia D’Elia si ricorda come l’Italia sia stata più volte condannata dalla
Corte Europea per i diritti dell’uomo (nel 2009 e nel 2013) per violazione,
nelle carceri, dell’articolo 3 della Convenzione di Strasburgo che proibisce la
tortura e ogni forma di trattamento inumano e degradante e si indica una
possibile soluzione.
Numero massimo di posti - Premettendo che nessuno possa “essere incarcerato
se non sono garantiti dalle istituzioni dello Stato gli spazi fisici minimi e
la piena tutela della dignità”, la proposta D’Elia prevede che il ministero
della Giustizia debba indicare il numero massimo di posti letto per istituto,
superato il quale, l’ordine di esecuzione della pena si converte in obbligo di
permanenza in casa o in altro luogo indicato dalla persona. E si stabilisce una
lista che segue un ordine cronologico. In caso di reati contro la persona salta
il criterio cronologico e si potrà procedere direttamente all’ esecuzione della
condanna. Ma, durante la sospensione del provvedimento di carcerazione, la pena
scorre regolarmente come se fosse espiata.
Gli agenti penitenziari - Gli altri testi presentati affrontano altre
questioni. Ce ne sono due, a prima firma Michela Brambilla di Forza Italia
(video), che si occupano di mense vegane e vegetariane anche all’interno delle
carceri e della possibilità di far visitare il detenuto dal proprio animale
domestico. Due disegni di legge della Lega si concentrano sulla tutela degli
agenti penitenziari. Il primo, firmato da Jacopo Morrone, prevede pene più
severe per i detenuti che uccidono o aggrediscono gli agenti e la possibilità
per questi ultimi di avere in dotazione armi a impulso elettrico. Il secondo,
sottoscritto dalla senatrice Erika Stefani, estende l’ergastolo (articolo 576
cp) anche nei casi di omicidio colposo nei confronti di una agente
penitenziario. Un altro di Morrone punta a riorganizzare i dipartimenti del
Ministero competenti in materia di esecuzione penale e a istituire il
Dipartimento per la sicurezza della giustizia.
Le intenzioni del governo - A marzo il sottosegretario Andrea Delmastro era
intervenuto sul sovraffollamento delle carceri proponendo di far uscire i
tossicodipendenti per affidarli alle comunità di recupero, ma, allo stato, non
risulta che sia seguito alcun testo di legge in questo senso. A gennaio il
ministro della Giustizia Carlo Nordio (video), in un question time alla Camera,
durante il quale aveva già definito i suicidi tra le sbarre “un intollerabile
fardello di dolore”, aveva detto che era intenzione del governo migliorare i
luoghi di esecuzione della pena incrementando “la dotazione organica del
personale” e migliorando le condizioni di vita di detenuti e agenti investendo
“nel prossimo triennio 1 milione di euro per il supporto psicologico”.
Estendere le tutele - Ed è proprio di supporto psicologico che parla la
proposta di legge di Carmen Di Lauro (M5S) puntando a istituire la figura dello
psicologo delle cure primarie anche nelle carceri. L’esame della proposta è
cominciato il 5 luglio in Commissione Affari Sociali della Camera. Altri due
testi, uno del M5S e uno della Lega, introducono misure di tutela e prevenzione
per i malati di Aids e per gli affetti da celiachia. Altri due, targati 5
stelle, mirano a verificare la situazione patrimoniale dei detenuti per vedere
che non ci siano stati arricchimenti durante il periodo di reclusione
(firmataria Stefania Ascari) e a sostenere l’attività teatrale all’interno
degli istituti penitenziari (Michele Bruno).
Nordio proporrà
più colloqui telefonici tra i detenuti e i familiari
agi.it, 15 agosto 2023
Videomessaggio del Guardasigilli ai 189 istituti penitenziari: “Carceri
troppo spesso dimenticate, ogni suicidio una mia sconfitta personale”. “Ho
voluto fortemente farvi giungere il mio messaggio, perché all’interno delle
carceri vive e lavora anche a Ferragosto, un pezzo della nostra Repubblica, ci
sono servitori dello Stato, a cui dobbiamo essere grati, e ci sono persone
private della libertà, che stanno in quelle carceri espiando la propria pena e
riavviando quel percorso di reinserimento nella società, come vuole la
Costituzione”. Così il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, saluta con un
videomessaggio i 189 istituti penitenziari.
“Troppo spesso il carcere viene dimenticato soprattutto in questo periodo
quando le persone sono in ferie”, riflette il ministro che aggiunge ancora:
“Approfitto di questo saluto per anticipare una mia intenzione di proporre
l’ampliamento dei colloqui telefonici per i detenuti nei contatti con i
familiari”.
Il dramma dei suicidi - “Desidero rivolgere il mio primo pensiero alla
memoria di tutti coloro i quali hanno compiuto questa drammatica scelta di
togliersi la vita. Purtroppo è una consuetudine non solo nazionale ma direi
mondiale, ed è una tragedia: dobbiamo fare di tutto per ridurla se non proprio
eliminarla, vista la complessità e la imperscrutabilità della natura umana”, ha
proseguito Nordio. “Comunque - aggiunge - ogni suicidio è una sconfitta per lo
Stato, una sconfitta per la giustizia, una sconfitta mia personale e un dolore
personale”.
“La circolare che abbiamo emanato di recente per aumentare l’aiuto
psicologico a quelli che versano in condizioni di particolare disagio - ricorda
il guardasigilli - si inserisce in una volontà piu’ ampia di vicinanza ai
detenuti. Siamo consapevoli che lo Stato deve garantite la certezza della pena
per essere coerente con le proprie promesse di sicurezza nei confronti dei
cittadini e anche di applicazione della sanzione per chi viola la legge. Ciò
nonostante non possiamo dimenticare che la pena deve avere un significato e un
senso rieducativo, non solo perché lo impone la Costituzione ma perché ce lo
impone l’etica, laica o cristiana che sia”.
“Per questo scopo - continua Nordio - non esistono soluzioni immediate
facili, non esistono bacchette magiche però vi assicuro che stiamo lavorando
con la massima energia e con la massima priorità per ridurre questi estremi
disagi. Lo facciamo assumendo nuovo personale, abbiamo assunto 57 nuovi
consiglieri penitenziari che prenderanno servizio alla fine dell’anno e abbiamo
assunto 2.800 appartenenti alla polizia penitenziaria che colmeranno le
deficienze di organico e contiamo nei limiti del possibile di assumerne anche
di più”.
“La nostra attenzione va soprattutto agli assistenti psicologici perché la
situazione di disagio di chi si trova in carcere non necessita solo di
controllo ma anche di aiuto, di ausilio per un recupero non solo spirituale ma
anche fisico che possa essere prodromico al reinserimento nella società”,
conclude.
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