2008: Settembre nero con sei morti e numerosi
feriti – Raid camorristico per punire chi non
pagava la tangente per lo spaccio della droga.
Giovedì in Cassazione –
Potrebbe cadere
l’aggravante dell’odio razziale.
Tra i
responsabili Giuseppe Setola e la sua banda
tutti condannati all’ergastolo.
Santa Maria Capua Vetere - E’ f issata per il 30 Gennaio prossimo,
l’udienza in Cassazione, per la “Strage
di Castelvolturno”. La Prima Sezione
Penale della Suprema Corte presieduta da
Severo Chieffi (lo stesso giudice che condannò Annamaria Franzoni), deciderà, in via definitiva, le sorti dì Giuseppe Setola, Alessandro Cirillo,
Giovanni Letizia, Davide Granato,
ed Antonio
Alluce; tutti imputati delle stragi
del 18 Agosto e 8 Settembre 2008, avvenute in Castelvolturno in danno di
cittadini extracomunitari di colore.
Come si ricorderà, in quel funesto 18 Agosto, rimasero feriti numerosi destinatari delle raffiche
di kalashnikov esplose dal gruppo di fuoco. Nella circostanza ci furono sei morti e numerosi feriti, anche
gravi. La comunità “nera” di Castelvolturno insorse creando seri problemi di
ordine pubblico ed il Ministero degli Interni fu costretto ad inviare mille uomini per presidiare
il territorio, tra Esercito, Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza.
Partirono subito le indagini e
furono determinanti le riprese effettuate dalle
telecamere di sicurezza
installate presso la sartoria ove avvenne la strage dell’8 Settembre. Dai
filmati fu possibile vedere giungere delle moto ed una auto Fiat Punto, con un lampeggiante in uso alle forze
dell’ordine da cui scesero uomini armati che indossavano la pettorina in uso ai
Carabinieri.
Con armi da guerra fu
consumata la strage ma un contributo
risolutivo alle indagini fu dato dai pentiti. In particolare da Oreste Spagnuolo
che confessò la sua partecipazione alla
strage ed indicò negli altri imputati i suoi correi. Quel che è di particolare
interesse è che per la prima volta in un reato di criminalità organizzata viene
contestata l'aggravante dell’”odio razziale”. Gli imputati furono condannati
all'ergastolo in primo e in secondo grado. Nel processo sono costituite parti
civili il Comune di Castelvolturno, il Comune di Casal di Principe, l’Associazione
“Mo basta”; Il comitato per il centro
sociale, oltre naturalmente ai familiari
delle vittime.
Le prime batture delle
indagini – come si ricorderà – furono contrassegnate da un clamoroso errore. L'unico
superstite della strage del 18 Settembre, un ghanese, riconobbe tra gli autori della
strage tale Alfonso Cesarano, che fu anche
arrestato. Fortuna volle che il Cesarano fosse agli arresti domiciliari ed
era stato controllato da una pattuglia della Squadra Mobile in ora
incompatibile con la sua partecipazione alla carneficina di Castelvolturno.
Strage di Castelvolturno e
Strage di San Gennaro sono le definizioni attribuite dai mass media italiani ad
una strage di Camorra causata da un gruppo scissionista del Clan dei Casalesi
facente riferimento a Giuseppe Setola, avvenuta la sera di giovedì 18 settembre
2008, che ha portato alla morte di Antonio Celiento (gestore di una sala
giochi, sospettato di essere un informatore delle forze dell'ordine) e di sei
immigrati africani, vittime innocenti della strage: Kwame Antwi Julius Francis,
Affun Yeboa Eric, Christopher Adams del Ghana, El Hadji Ababa e Samuel Kwako
del Togo; Jeemes Alex della Liberia; che si trovavano presso la sartoria Ob Ob
Exotic Fashions a Varcaturo, in due operazioni distinte da parte dello stesso
gruppo di fuoco.
Dagli accertamenti effettuati
dagli inquirenti, successivamente alla strage, è emerso che nessuno degli
immigrati (tutti giovanissimi, il più “anziano” aveva poco più di trent'anni
era coinvolto in attività di tipo criminale e che nessuno di loro era legato
alla camorra locale né alla cosiddetta “mafia nigeriana”, la quale, poco
lontano da lì, all'ex hotel Zagarella, gestisce la piazza dello spaccio e il
giro di prostituzione di ragazze africane per conto della potente camorra
locale.
Il massacro degli immigrati,
attuato con modalità inedite, causò il giorno successivo una sommossa della
comunità immigrata contro la criminalità organizzata e contro le autorità,
chiedendo che gli assassini venissero assicurati alla giustizia, un episodio
unico nell’intera storia d'Italia. Per fronteggiare la delicata situazione che
si era determinata furono immediatamente predisposti dei provvedimenti urgenti
varati dal Ministero dell’Interno e dal Ministero della Difesa sulla lotta alla
criminalità organizzata casertana e all’immigrazione clandestina.
Uno degli immigrati che si
trovavano all'interno della sartoria, Joseph Ayimbora, un cittadino ghanese che
abitava a Castelvolturno da otto anni, sopravvissuto, fingendosi morto,
nonostante la mitragliata di colpi che lo aveva centrato alle gambe ed all’addome,
riuscì ad avere il tempo di guardare in faccia chi gli aveva sparato ed altre
due persone. In seguito la sua testimonianza è stata decisiva per riconoscere
gli autori della strage. Joseph Ayimbora è poi anch'egli deceduto a causa di un
aneurisma cerebrale nel febbraio 2012.
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