Il mea culpa di Palamara su Salvini:
"Sbagliate le parole contro di lui"
«Su Salvini ho usato un’espressione
impropria, non volevo offenderlo. Ma quella frase non rispecchia fedelmente il
pensiero: è decontestualizzata, volevamo tutelare il pm che indagava». A un
anno esatto dal suo interrogatorio davanti ai pm di Perugia, l'ex presidente
dell'Anm Luca Palamara parla per la prima volta in tv. Lo fa intervistato da
Massimo Giletti a Non è l’Arena su La7. E si difende: «Non sono io il male
assoluto. Potrebbe far comodo a qualcuno pensarlo. Sono un uomo delle
istituzioni e ho la toga nel cuore». Ma quel trojan, dice, lo ha reso come il
Covid: «Chi ha attuato il distanziamento da me si è salvato».
Non ha più la barba, nè peli sulla
lingua l'ex consigliere Csm, e sottolinea: «Facevo parte di un organo
collegiale composto da 27 persone. Ipotizzare che sia solo io, a far convergere
tutte le situazioni verso una unica, dà una falsa rappresentazione della
realtà». Nega di aver fermato Nino Di Matteo nella corsa a superprocuratore
antimafia: «Il sistema di correnti si accordò su nomi diversi e il plenum
ratificò, una sorta di manuale Cencelli». E spiega: «Il sistema premia chi
appartiene alle correnti e negare che le correnti rappresentino una scorciatoia
significa negare la realtà». Non si sottrae alla domanda sulle cene con Lotti:
«Ho sottovalutato che fosse indagato». E sulla nomina di Ermini dice: «Il
sistema di elezione del vicepresidente prevede un accordo fra correnti».
Oltre a Palamara, ieri Non è
l’Arena è tornata a occuparsi di Francesco Basentini, ex capo del Dipartimento
dell’amministrazione penitenziaria costretto alle dimissioni dopo la bufera per
le scarcerazioni dei boss durante l'emergenza Covid. Basentini, stando alla
ricostruzione di Giletti, nel febbraio 2019 riceve nel suo ufficio al Dap due
persone: l'avvocato Raffaele De Bonis Cristalli e Vito Matteo Barozzi, cui fa
capo la Cobar, impresa che ha già fatto parlare di sé per appalti finiti sulle
cronache giudiziarie: la ricostruzione-scandalo del teatro Petruzzelli e il
«pizzo» pagato alla 'ndrangheta per l'allestimento del Museo dei Bronzi di
Riace a Reggio Calabria. Cosa ci facessero quei due nell'ufficio del capo del
Dap se lo sono chiesti i pm di Potenza. E visto che Basentini aveva fatto
partecipare all'incontro anche l'architetto Barletta che cura gli appalti del
Dap, glielo avrebbero chiesto in quel lungo colloquio. Lui avrebbe minimizzato,
sostenendo che i lavori nelle carceri vengono affidati dal ministero delle
Infrastrutture. «Però - sottolinea Giletti - dopo il decreto Semplificazione
anche il Dap può bandire gare».
A Palamara Basentini inviò un
messaggio: «Luca, ho saputo che oggi la Commissione proporrà Curcio ahimè. Non
si riesce a fare proprio nulla per D'Alessio?». «Purtroppo è così», fu la
risposta di Palamara. E infatti Curcio ora indaga su quel giallo.
Fonte: di Virginia Piccolillo/
Corriere della Sera
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