Santa Maria Capua Vetere - Inaugurata lo scorso 16 dicembre,
continuerà fino all’8 gennaio, la mini antologica di Gabriele Marino allo
Storico Municipio di via Cappabianca a
Santa Maria Capua Vetere, inserita in una serie di manifestazioni
artistico-culturali in omaggio all’inaugurazione dell’ex storico edificio che
costituisce uno dei gioielli architettonici
della città. Gabriele Marino,
artista di rilevanza internazionale, con la collaborazione di Gennaro Stanislao (responsabile della
Galleria d’Arte “Il Pilastro”) e Enzo Oliviero, (funzionario del comune
direttore della biblioteca municipale) ha voluto presentare all’attenzione del
pubblico che si è mostrato veramente interessato con un’attiva partecipazione,
un campionario di opere che vanno dal 1965, anno delle sue prime esperienze pop
alle ultime creazioni datate 2015 di carattere anaiconico-materiche che in ogni
caso rispettano il lungo “fil rouge” della sua cinquantennale ricerca nel campo
delle arti visive. Coerente e sempre
proiettato in avanti, l’artista per questo ed altro, è stato annoverato
dall’autorevole rivista d’arte Flash Art, tra i cento artisti più importanti
degli ultimi quarant’anni in Italia. L’artista nativo di Atella di Napoli, ha
fatto oggetto della sua ricerca lo spirito ironico contenuto nelle storiche “fabulae atellane“ con quei
moti dissacratori che costituivano la prerogativa di quelle rappresentazioni
teatrali. Questo humus è ancora presente nel popolo attuale che si esprime sempre con una punta di sberleffo
e di sarcasmo nella vita quotidiana. Gabriele Marino ha accolto tutto ciò nella
sua ricerca portata in giro in Italia e nel mondo, attraverso più di settanta
mostre personali e innumerevoli
partecipazioni a rassegne e collettive di
alto livello. Del suo lavoro si sono occupati i più importanti
critici d’arte italiani e già nel 1985 Franco Solmi docente al DAMS di Bologna
dell’arte di Gabriele Marino ebbe a scrivere in una monografia dedicata
all’artista: “…quasi tutti gli studiosi hanno colto l’irreprimibile vocazione
al far fantastico del pittore di Atella e molti hanno sottolineato come a
questo dilatarsi dell’immaginazione (del fare immagini) corrisponde sempre una
sorta di riduzione a uno schema didattico ad una pseudo tabella delle convenzioni espressive entro le quali
l’elemento ironico gioca il ruolo ammiccante della ragione che dalla fantasia
recupera qualche distanza. Mi sembra, insomma che nel contrasto che nel
continuo rivisitare la tradizione, della cultura, dei costumi e dell’arte
stessa, Gabriele Marino abbia mantenuto una tenace riserva mentale, la stessa
che si è espressa, in tante sue opere, nei confronti della storia
e dei suoi personaggi emblematici. Anzi il suo Federico da Montefeltro
ha un senso solo in quanto perde la sua
identità di immagine d’arte “originale “ per
divenire oggetto di una imagerie ripetibile e ripetuta all’infinito, in
un gioco inarrestabile di rispecchiamenti, immaginari, appunto non è un caso
che Gabriele Marino, negli anni sessanta, abbia svolto ricerche “Pop”
assumendole come strumento di contestazione
aperta dei modelli della società affluente….” La mostra si sviluppa in
una dimensione cronologica che ci fornisce anche un piccolo saggio di sculture
in ottone che vanno in una tematica mitologica a rivisitare Il “supplizio di
Tantalo” e una vera chicca qual è la Diana Tifatina che in un’estrema sintesi
classicheggiante rievoca il mondo
perduto di un luogo ameno sostituito con brutalità dalle mani dell’uomo
facendolo diventare la montagna estremamente brulla e costituisce perciò un
omaggio al nostro territorio” perduto” con un punta di rimpianto. Le ultime
opere esposte sono invece uno spaccato del decadimento del mito americano con
la serie delle “stones star’s” espresse attraverso uno sfaldamento pittorico
che fa della materia , la protagonista
assoluta, giocando sul tema delle stelle della bandiera statunitense.
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