UNA DELLE VITTIME DELLA STRAGE DI VIA CARAVAGGIO A NAPOLI ERA LA OSTETRICA GEMMNA CENNAME DI CAMIGLIANO.
LA SUA FAMIGLIA SU ASSISTATA DALL’AVV. ALFONSO MARTUCCI CHE
FECE CONDANNARE ALL’ERGASTOLO IL NIPOTE ASSASSINO – UNA VICENDA INCREDIBILE AL
LIMITE DELL’IMPOSSIBILE – UNA ALTALENA DI DECESIONI GIUDIZIARIE – CENTINAIA DI
ARTICOLI E UN LIBRO SUL TRIPLICE OMICIDIO: “IL GIORNO DEGLI ASSASSINI”.
Camigliano - La
conoscevano tutti la “levatrice”, Gemma Cenname aveva preso i figli di molti cittadini. Era
brava. Del resto il ceppo della famiglia Cenname ha una tradizione nel
piccolo comune casertano, appena duemila anime. Esiste una strada intitolata
ad un antennato Giuseppe Cenname; il sindaco attuale Vincenzo Cenname, è andato agli onori della cronaca per il suo
atteggiamento di sfida agli inquinatori. Ingegnere, ha avuto il suo momento di
notorietà tanto da essere stato intervisto a Report. Ieri – da noi raggiunto per
telefono ci ha dichiarato: “Ricordo molto
bene la vicenda anche se all’epoca avevo setto otto anni. Se ne parlava spesso
in famiglia, del resto Gemma era zia di mio padre Luigi, il ricordo in paese è
molto scialbo per4chè la vicenda risale da quasi quaranta anni fa. Certo è un
caso emblematico, ma l’avvocato Martucci che tutelò gli interessi della
famiglia Cenname colse nel segno facendogli infliggere un ergastolo”.
Nella attuale civica amministrazione vi, tra l’altro,
è
un consigliere comunale Antonietta
Cenname. La povera signora Gemma fu chiesta in sposa ( di secondo
letto) da un capitano della marina mercantile di
Napoli ed è stata massacrata poi da un nipote assieme al marito, alla figliastra e al
cane. Stiamo parlando della strage di
Via Caravaggio a Napoli avvenuta nel 1975.
La vicenda è nota ma vale la
pena riassumerla, perché ha dei risvolti “satanici”, ritornata oggi alla
ribalta in seguito ai responsi del Dna,
prelevati dagli archivi della scena del crimine di allora ed
esaminati con le tecniche di oggi, hanno dato risultati sconvolgenti.
L'esame del Dna sui reperti
della strage di via Caravaggio avvenuta nel 1975 a Napoli (una famiglia di tre
persone massacrata in un appartamento) ha portato all'individuazione sul luogo
del delitto di tracce dell'imputato che fu assolto con sentenza definitiva, Domenico Zarrelli, nipote di una delle
vittime. E' quanto emerso dagli accertamenti della polizia scientifica eseguiti
su delega della procura partenopea. Il caso sara' archiviato in quanto non si
puo' procedere nei confronti di un indiziato gia' assolto.
Le tracce, secondo quanto si e' appreso,
sarebbero state individuate su diversi reperti, tra cui uno strofinaccio
insanguinato e mozziconi di sigaretta. Gli accertamenti, eseguiti dalla polizia
scientifica di Roma e di Napoli, sarebbero stati ultimati da circa un anno, ma
solo ora sono emerse conferme dalle maglie dello stretto riserbo imposto dagli
inquirenti. Un riserbo che si spiega anche - si evidenzia in ambienti
giudiziari - con il fatto che l'indiziato non può esercitare il diritto di
difendersi in un processo. Vale infatti il principio del “ne bis in idem”, ovvero il divieto di processare due volte una
persona (in caso di assoluzione) per lo stesso fatto.
Il delitto avvenne nella
notte tra il 30 e il 31 ottobre 1975 in un appartamento di via Caravaggio,
nella zona alta del quartiere Fuorigrotta. Furono uccisi, probabilmente con un
corpo contundente mai rinvenuto, Domenico Santangelo, 54 anni, capitano di
marina mercantile in pensione, la sua seconda moglie, l'ostetrica Gemma Cenname, 50 anni, e Angela
Santangelo, 19 anni, figlia dell'ex capitano.
Il massacro fu scoperto l'8
novembre dalla polizia, alla quale si erano rivolti i familiari delle vittime
preoccupati per l'assenza di notizie, dopo che i vigili del fuoco erano
riusciti a entrare nell'abitazione. I cadaveri di marito e moglie erano nella
vasca da bagno, dove fu rinvenuto anche il cane Dick, ammazzato anch'esso
dall'assassino.
Per il triplice omicidio fu
accusato Domenico Zarrelli,
appartenente a una nota famiglia di professionisti fratelli valenti avvocati
penalisti (da detenuto prenderà la
laurea in legge ed eserciterà l'attivita' di penalista). Il processo di primo
grado, fondato su indizi, si concluse con la condanna all'ergastolo. La parte
civile fu sostenuta dall’avv. Alfonso
Martucci, per la signora Gemma
Cenname.
L'imputato fu assolto in
appello a Napoli e, dopo l'annullamento della sentenza da parte della
Cassazione, nuovamente assolto con formula piena dalla Corte di Assise di
Appello di Potenza. Sentenza confermata nel 1985 dalla Cassazione. In seguito
Zarrelli ottenne della Stato il risarcimento per danni morali e materiali. Il
caso e' stato riaperto in seguito a un esposto anonimo inviato in procura
nell'ottobre 2011. L'allora procuratore aggiunto Giovanni Melillo delegò nuove indagini alla scientifica che
recuperò negli archivi del Tribunale gli scatoloni con i reperti, trovati in
buono stato di conservazione, degli oggetti sequestrati sul luogo del delitto.
Il fascicolo è da tempo al vaglio del pm Luigi
Santulli, coordinato dal procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli. E' probabile che tra breve sarà inoltrata una
richiesta di archiviazione, molto articolata anche sotto il profilo giuridico,
al giudice per le indagini preliminari.
Perché inserite delle foto che nulla c'entrano con via Caravaggio??
RispondiEliminaUna delle foto, ad esempio, rappresenta Il cadavere di Riccardo Dura ucciso nel corridoio dell'appartamento di Via Fracchia a Genova. La stessa scena viene riprodotta due foto dopo.
Non capisco la necessità di inserire foto diverse dagli eventi di cui narrate?? Boh??