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giovedì 25 febbraio 2010

41 - Gratta il giudice esce il boia

(41) A pensarci bene aveva ragione Victor Hugo, che andava ripetendo: ”Grattate il giudice, uscirà il boia”. E qualche altro ha aggiunto: ”Che lavoro avrebbero potuto svolgere i secondini, in assenza dei detenuti, se non quello di pascolare le pecore?”.

Vige ancora oggi, purtroppo, nelle menti perverse di molti pubblici ministeri a Caserta, come altrove, la presunzione di colpevolezza dell’accusato, stracciando così ogni giorno la Carta Costituzionale, e mettendosi sotto i piedi il codice penale, definito da Carlo Nordio “un animale bicefalo”.
Lo stesso Antonio Di Pietro, una volta il simbolo di “mani pulite”, che ha usato a suo modo la macchina investigatrice, dopo otto anni, nel 2003, è insorto, come parlamentare Europeo in difesa di Katharina Miroslawa, e pentendosi di tutto il suo passato ha affermato: ”Il sistema giudiziario italiano è troppo contraddittorio, affastellato da provvedimenti di emergenza, che possono portare indifferentemente, con le stesse prove, alla condanna o all’assoluzione”. Ed ha aggiunto – in altra sede - “Occhio ai pentiti. Possono fare un golpe”.


Per rimanere ancora in tema di giustizia, cito l’episodio riportato a gennaio del 2003, da “Libero”, che ha intervistato Marco Pannella, chiedendo il suo parere, sulla minaccia fatta dai magistrati, di sventolare una copia della carta costituzionale, in occasione dell’inaugurazione dell’Anno giudiziario e Marco è andato giù forte: ”La magistratura è un corpo eversivo e golpista che calpesta giorno dopo giorno i diritti dei cittadini”. “Certi magistrati” – ha detto Pannella – “andrebbero messi in galera per attentato perenne ai diritti civili e politici dei cittadini. E’ una casta losca ed eversiva”. Nello stesso periodo, molti avvocati penalisti hanno acquistato uno spazio su alcuni quotidiani ed in risposta alla protesta dei magistrati di sventolare la Carta Costituzionale hanno fatto sapere che “quelle di Mario Merola sono migliori”. Non ho capito il senso della cosa, ma riporto la notizia, per “dovere” di cronaca…!

Sulla stessa lunghezza d’onda Corrado Carnevale, l’ammazzasentenze: ”La scarsa capacità dei magistrati di svolgere indagini in modo efficace, è uno dei mali della giustizia, tanto che ormai gran parte dei processi sono in mano ai collaboratori. E non solo quelli al crimine organizzato: non c’è delitto di cui si trovi il responsabile senza un collaboratore di giustizia”.
Carnevale – da buon magistrato - li chiama ancora con il vecchio nome di “collaboratori di giustizia”. Io invece dico di chiamarli con il loro vero nome: pentiti, delatori, ruffiani della polizia, venduti a pagamento, cornuti con le corna a ceppi, infami, traditori, servi sciocchi del potere giustizialista, utili idioti del partito dei giudici. Collaboratori, e di chi? Per che cosa? Per le loro infamie? Per le parole che gli inquisitori mettono loro in bocca? Ma non mi fate ridere. Chiamiamo le cose con il proprio nome: “Nascita, vita e morte di un pezzo di merda”. Il titolo del libro di Paolo Villaggio calza proprio a pennello, lui sì che se ne intende! Poi il giudice Carnevale ha continuato: ”Dico anche che in magistratura c’è gente che non ha tutte le rotelle a posto, come dappertutto. In teoria ci sarebbe la “dispensa dal servizio”, ma il CsM non ne ha mai fatto uso. C’è ancora chi pensa di snellire la giustizia alleggerendo le garanzie dell’imputato, chi vuole abolire l’appello o la Cassazione. Tanto vale abolire il processo, no? Dia retta: la nostra giustizia è sempre la stessa”.
Sul caso della “presunta” pazzia di alcuni magistrati a settembre 2003 Silvio Berlusconi ha rilasciato un’intervista ad un settimanale tedesco ed ha rilanciato il tema: ”I magistrati del caso Andreotti e non solo, sono matti, mentalmente disturbati, hanno turbe psichiche, sono una razza “diversa”. Un sondaggio effettuato dal giornale “Libero” pochi giorni dopo questa dichiarazione, ha accertato che la maggior parte degli italiani è d’accordo col berlusca! Io, naturalmente – con l’esperienza delle vicende vissute in prima persona - allargherei il numero degli “indiziati”di “pazzia”, non solo ai magistrati del processo Andreotti, ma direi che ce n’è uno o due, in ogni sede giudiziaria, sia tra i pubblici ministeri che tra i giudicanti: è il minimo! Qualche mosca bianca ogni tanto esce allo scoperto dalla corporazione. Nel 1955 c’era un magistrato coraggioso, Dante Troisi, che nel suo “Diario di un Giudice” – affermava tra l’altro che: ”Condannare è come uccidere” e che quasi mezzo secolo fa – chiosa Carlo Bovini, nella biografia della “Toga rossa”, Francesco Misiani, che è stato, tra l’altro, allievo del Troisi – scriveva: “La nostra sembra una giustizia a cui importa sospettare, e non provare, minacciare e non punire, incriminare più che giudicare. Ogni giorno cresce il numero degli indiziati di reato. Presto saremo un popolo di imputati, ma al giudizio, se ci sarà un giudizio, arriveremo convinti di aver già espiato con la lunga attesa ed esigeremo innocenza e risarcimento”.

( 41 – In galera, in galera – continua )

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