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martedì 9 febbraio 2010

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LE CARCERI OGGI - a gennaio 2010 - SONO PIENE COME UN UOVO E PRONTE PER SCOPPIARE…


Nei 16 penitenziari campani la capienza regolamentare è di 4.826, mentre oggi in campania i detenuti sono 7.4123. Nei 295 penitenziari del nostro Paese sono presenti circa 64.406 detenuti. Tra questi il 37% sono detenuti stranieri. Una densità globale pari a 155 persone ogni cento posti disponibili, superata soltanto da quella registrata dalla Grecia (150) e dalla Romania (143). Ma il male delle carceri italiane non è soltanto il sovraffollamento. E’ provocato anche dalle strutture fatiscenti, dai problemi di organizzazione e dalla carenza di personale di sorveglianza e di assistenza. A Poggioreale sembra scomparsa ogni prospettiva di recupero sociale, ossia di quella che dovrebbe essere la funzione principale della pena. Il carcere più squallido d’Italia è stato ultimato nel 1912 e il piano originario aveva previsto al massimo sette persone per cella ( oggi ne ospita fino a 17 per cella ). Il penitenziario è suddiviso in 13 Padiglioni per un totale di 400 celle. Le docce sono 25: ogni detenuto può lavarsi solo due volte la settimana. A terra non c’è spazio per tutti. Anche per svegliarsi, bisogna fare i turni. Cinque scendono dalla branda, gli altri dodici aspettano, sdraiati e sudati. E intanto nella cella l’odore del caffè si mescola a quello delle feci, perché a Poggioreale cucina e latrina sono la stessa cosa, lo stesso ambiente: in un metro, la turca, separata da un ripiano per dentifricio e moka dal fornello a gas, in una stanza di dieci metri quadrati. Dietro a muri bassi di pietra e a tre portoni verdi nel cuore di Napoli c’è il carcere più sovraffollato e cadente d’Italia, una media di 2.350 detenuti, per un penitenziario che ha una capienza tollerabile di 1.276 («tollerabile» significa che in realtà i posti sarebbero 980, a stringersi se ne guadagnano 300). Lo specchio di un Paese che - dati del Consiglio d’Europa - ha una densità globale degli istituti di pena pari a 155 persone ogni cento posti disponibili, superato, come detto, soltanto da Grecia e Romania.

In carcere le giornate si sentono dall’odore. E quello di Poggioreale è sempre lo stesso, la zaffata arriva anche all’ingresso dei raggi. Un odore di muffa, misto a sudore e miasmi da latrina. I detenuti ci vivono dentro, non se ne allontanano mai. Sono solo cento quelli che lavorano. Scopini, muratori, «spesini». La loro ricompensa è il domicilio al padiglione «Roma», il più vivibile, in celle da due, massimo cinque, e qui, è un lusso che da fuori non è possibile capire. Gli altri non fanno niente… Si svegliano, escono dalla cella e si mettono in coda per lavarsi. Le docce sono venticinque in tutto, per 13 padiglioni ( ognuno ha il nome di una città ) e 400 celle. Significa che ogni detenuto si lava due volte alla settimana, non di più. Poi tornano dentro. E fanno i turni per stare in piedi sotto alla finestra, per prendere un po’ d’aria. Qualcuno si spoglia nudo e sta lì sotto a cercare una bava di vento, perché si boccheggia. Poi per il resto della giornata “girano i pollici”. Fuori, i loro familiari fanno anche loro la fila, sul marciapiede, sotto al sole, e poi in un corridoio stretto dove non si respira per il caldo. Arrivano all’alba, poi entrano alle 8, aspettano 4/5 ore per il colloquio. La riservatezza è garantita. Dal chiasso. La stanza per gli incontri con i familiari è una bolgia rovente, dove venti detenuti alla volta parlano ( urlano, per farsi sentire ) ai loro cari dall’altra parte del tavolo. Mancano gli spazi, e così c’è una sola ora d’aria al mattino e un’altra al pomeriggio ( la media nelle altre carceri italiane è di quattro ore al giorno ).
Quasi ogni padiglione ha il suo cortile, ma sono tutti piccoli e stretti. Si può solo passeggiare fino al muro in fila indiana, voltarsi, e poi ricominciare. In certe aree un assembramento di quattro persone diventa intralcio per gli altri che deambulano. Non c’è nient’altro. Non ci sono sale per la «socialità», non ci sono laboratori, se - raramente - qualcuno viene a fare uno spettacolo teatrale, la recita si fa in una delle due chiese. I pasti vengono preparati in cella, la mensa è quasi deserta. Significa che il cibo viene conservato e cucinato in stanze bollenti dove convivono anche diciassette persone. L’unico svago è la televisione. Da tre anni, hanno messo quelle a colori, e i detenuti ne sono quasi orgogliosi, perché a Secondigliano - l’altro grande penitenziario campano - il mondo fuori lo vedono ancora in bianco e nero. Gli educatori sono dieci, ogni giorno in servizio ce ne sono cinque: uno per 400 detenuti. Gli psicologi sono ancora meno, e hanno turni giornalieri di 4 ore. La visita medica è prevista solo all’ingresso del carcere. Dopo non c’è più nessun controllo sanitario, si interviene soltanto a richiesta. Un detenuto può stare anni senza essere valutato fisicamente.



( In galera, in galera – 6 continua

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