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martedì 25 maggio 2010

CHI DI COLPO FERISCE...DI COLPO PERISCE

ALTRI SCONCERTANTI RETROSCENA DELLA SCABROSA VICENDA

DEPOSITATI GLI ATTI PER IL RINVIO A GIUDIZIO DELL’EX PROCURATORE MARIANO MAFFEI – DENUNCIO’ IL SUO VICE E UNA P.M.

Dovrà rispondere di abuso di ufficio e calunnia aggravata. Il ruolo di un maresciallo dei carabinieri denunciato per rifiuto di atti di ufficio e falso – I brogli al Comune di Orta di Atella -Fissata l’udienza per il 23 settembre innanzi alla II° Sez. del Tribunale di Roma - Il Sen. Ferdinando Imposimato per le parti offese Procuratori Albano e Capasso - Il prof. Alfonso M. Stile, con il figlio Avv. Giovanni Francesco Maffei per la difesa dell’ex procuratore capo-

S. Maria C.V ( di Ferdinando Terlizzi ) – Sono stati depositato gli atti per il rinvio a giudizio ( da parte del Gup Maurizio Silvestri su richiesta del Pubblico Ministero di Roma Giancarlo Amato ) per l’ex Procuratore della Repubblica di S. Maria C.V. Dr. Mariano Maffei, che confermano la data del dibattimento fissata per il prossimo 23 settembre, innanzi la 2° Sezione del Tribunale di Roma, (competente a giudicare i reati dei magistrati sammaritani ) accusato del reato di abuso di ufficio ( art. 323 C.P. pena prevista da 6 mesi a 3 anni ) e di calunnia aggravata ( art. 368 C.P. pena prevista da 2 a 6 anni ), nei confronti dei Sostituti Procuratori Dr. Paolo Albano ( ora capo della Procura di Isernia ) e della Dottoressa Filomena Capasso. La difesa di Mariano Maffei è stata assunta dal figlio avv. Giovanni Francesco Maffei ( ma pare che sia un civilista ) e dal Prof. Avv. Alfonso Maria Stile del Foro di Roma. Per le parti offese era presente in qualità di difensore il Sen. Avv. Ferdinando Imposimato, ex magistrato.
L’ACCUSA DI ABUSO DI UFFICIO
“Art. 323 C.P. perché agendo nell’esercizio delle sue funzioni di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di S. Maria C.V. in violazione della disposizione contenuta nell’art. 335 C.P.P. ( che consente l’iscrizione nell’apposito registro soltanto di effettive “notizie di reato” pervenute dalla polizia giudiziaria ovvero acquisite di iniziativa dagli uffici di Procura ) cagionava intenzionalmente ingiusto danno al Procuratore Aggiunto della Repubblica Paolo Albano, in servizio presso il richiamato ufficio giudiziario, con le seguenti condotte: In data coincidente o immediatamente successiva al 7/6/2006 il Dottor Maffei veniva a conoscenza, attraverso il Sostituto Procuratore della Repubblica Maria Di Mauro ( in servizio presso l’ufficio da lui diretto e titolare del procedimento penale 58/06 mod. 21 nell’ambito del quale erano svolte indagini in merito a presunti illeciti ascrivibili al dottor Giuseppe Tatavitto, medico presso l’ospedale di S. Maria C.V. per la predisposizione di falsi titoli professionali in occasione di un concorso da lui vinto, bandito per il conferimento dell’incarico di Direttore Sanitario di quel presidio) di una situazione per la quale relativamente ai medesimi fatti era pervenuto alcuni anni prima presso la Procura della Repubblica di S. Maria C.V. un esposto anonimo; esposto che era stato inizialmente trattato dal Procuratore Paolo Albano con delega alle indagini ai carabinieri di S. Maria C.V., accompagnata peraltro nel corso dell’attività investigativa da alcuni biglietti manoscritti con i quali il medesimo magistrato aveva precisato gli adempimenti da svolgere in maniera più analitica dall’ufficiale di polizia giudiziaria incarico della trattazione ( maresciallo Enrico Giordano, all’epoca comandante della locale stazione dell’Arma ); la delega era stata poi riscontrata da informativa a firma del richiamato sottufficiale, presentata in visione una prima volta al dr.Albano ma non depositata né registrata presso la Procura di S. Maria C.V., a seguito di rilievi meramente formali da parte del Procuratore Aggiunto contenendo un giudizio dell’operante in ordine alla ritenuta assenza di fatti costituenti reato ( di spettanza più propriamente dell’Autorità Giudiziaria ) e successivamente riproposta senza il predetto giudizio. Il Dottor Albano nonostante l’esito oggettivamente negativo delle indagini svolte, ritenendo la vicenda meritevole di approfondimento ulteriore, aveva disposto una nuova iscrizione degli atti dal modello 46 al modello 21 (sia pure contro “persona da identificare” e non nei confronti di una specifica persona indagata) con assegnazione automatica nell’ambito del gruppo specializzato competente al Sostituto Procuratore Patrizia Dongiacomo, continuando a seguire gli sviluppi pi ù significativi dell’indagine ed infine vistando al richiesta dio archiviazione ( dopo che anche una consulenza grafica non aveva consentito di accertare la falsità dell’unico documento segnalato come sospetto dal maresciallo Giordano ). Le successive indagini condotte dalla dottoressa Di Mauro, peraltro, avevano portato a risultati ben diversi sulla base di una verifica assai più completa operata dalla polizia giudiziaria da costei delegata ( Comando Provinciale Carabinieri di Caserta, Nucleo Operativo ) che aveva preso in considerazione anche altri documenti prodotti dall’aspirante Direttore Sanitario Tatavitto ed aveva approfondito il tema relativo alla falsità del numero di protocollo del solo atto sul quale si era concentrato ( peraltro con esito finale negativo ) l’attenzione del Maresciallo Giordano, evidenziandosi in definitiva una inadeguatezza attività investigativa svolta a suo tempo da quest’ultimo ( ritenuta dolosa dai Carabinieri del richiamato comando Provinciale i quali con informativa 5/7/2006 denunciavano il solo Maresciallo Enrico Giordano quale autore dei delitti previsti dagli artt. 323 -328 e 479 C.P. ) – Preso atto di quanto sopra il Dr. Mariano Maffei disponeva per la trasmissione degli atti contenenti le precedenti investigazioni sfociate in una richiesta di archiviazione del Sostituto Dongiacomo vistata dal Procuratore Aggiunto Albano alla Procura della Repubblica di Roma per competenza funzionale ( ai sensi dell’art. 11 del C.P.P. ) segnalando eventuali responsabilità del maresciallo Giordano e “di magistrati di questo ufficio” ed iscrivendo nei confronti del medesimo Giordano le fattispecie previste dagli artt. 323- 328 e 479 C.P. –
IL PROCURATORE AGGIUNTO INDAGATO A ROMA

“In realtà siffatta iniziativa – continua la richiesta della Procura di Roma - “ era stata assunta in totale assenza di qualsiasi elemento accusatorio, oltre che verso il maresciallo Giordano, nei confronti del Dottor Albano, di fatto a quel punto prontamente e doverosamente iscritto quale indagato dalla Procura della Repubblica di Roma all’arrivo degli atti provenienti dal corrispondenti ufficio sammaritano atteso che egli appariva quale unico possibile magistrato della Procura della Repubblica di S. Maria C.V. coinvolto nelle condotte illecite ascritte al maresciallo Giordano in quanto solo quel Procuratore Aggiunto aveva tenuto i rapporti ed impartito direttive operative al sottufficiale dei Carabinieri nella conduzione delle fasi dell’indagine che si assumeva da parte di quest’ultimo intenzionalmente lacunose; iniziativa del Dottor Maffei che trovava semmai giustificazioni in precedenti dissidi personali e o professionali con il precedente collega ( che nessun sospetto di compiacente collusione a vantaggio di un indagato aveva mai potuto indurre attesa l’assenza di qualsiasi elemento che rilevasse una diretta conoscenza della persona che sarebbe stata favorita. La iniziale delega di indagine che era stata disposta, la successiva indicazione di espungere da una informativa il riferimento all’assenza di reati accertati, la nuova iscrizione degli atti a modello 21 con assegnazione ad un Sostituto Procuratore che aveva poi svolto ulteriori indagini anche tecniche )”.
L’ACCUSA DI CALUNNIA A CARICO DI MAFFEI CONTRO ALBANO e CAPASSO

“Art. 368 C.P. perché ricoprendo l’incarico indicato al capo precedente incolpava il Procuratore Aggiunto Paolo Albano pur conoscendone le innocenza, di concorso nella consumazione dei reati previsti dagli artt. 323 - 328 e 479 C.P. denunciandolo ( in forma indiretta ma inequivoca ) con le modalità specificate al capo 1) all’A.G. di Roma ( ai sensi dell’art. 11 C.P.P. pur in assenza di alcuna effettiva notizia di reato a carico di costui”. Ed inoltre il Maffei risponde anche di abuso di ufficio nei confronti oltre che del Procuratore Aggiunto Albano anche nei confronti del Sostituto Filomena Capasso per altri fatti.
Nel novembre del 2006 il Dottor Maffei veniva a conoscenza – anche attraverso audizioni testimoniali condotte in prima persona unitamente ai Sostituti Procuratori Alessandro Cimmino e Luigi Landolfi (contitolari del procedimento penale 9171/06/ mod. 21 nell’ambito del quale erano svolte indagini in merito a presunti illeciti ascrivibili a dipendenti dell’ufficio tecnico Comunale di Orta di Atella ma anche in ordine a possibili condotte compiacenti da parte di appartenenti alle Forze dell’Ordine), di una situazione per la quale relativamente ad analoghi episodi di abusi edilizi resi possibili da connivenze o complicità di tecnici comunali di Orta di Atella era stato presentato alcuni anni prima, presso la Procura della Repubblica da parte dei carabinieri di S. Arpino, un esposto anonimo pervenuto a tale Comando; esposto che i militari avevano in un primo tempo portato presso l’ufficio del sostituto Procuratore della Repubblica Filomena Capasso ravvisando un collegamento con altro procedimento iscritto a mod. 21 assegnato a quel magistrato, ma che subito dopo era stato portato presso l’ufficio dal Procuratore Aggiunto Paolo Albano, atteso che la dottoressa Capasso non aveva ravvisato alcuna ragione di collegamento. Il Dr. Albano aveva dato a sua volta indicazione ai carabinieri di S. Arpino ( in persona dei marescialli Vincenzo Franco e Salvatore Ragozzino) di modificare la missiva di trasmissione dell’esposto anonimo, prima di depositarla ufficialmente in Procura, nel senso di togliere il riferimento quale destinatario del Sostituto Procuratore Capasso ( sostituendolo con il suo nominativo ) ed altresì di eliminare un riferimento al Sostituto Procuratore Donato Ceglie, inizialmente indicato quale soggetto nei cui confronti l’esposto anonimo era stato proposto ( in quanto fratello di un revisore dei conti presso il Comune di Orta di Atella). Preso atto di quanto sopra il Dott. Mariano Maffei disponeva per l’iscrizione dei due più volte citati magistrati nel registro degli indagati della Procura della Repubblica da lui diretta, quali autori dei delitti previsti dagli artt. 110 – 490 – 61 n°2 e 11 ( non disponendo analogamente nei confronti dei marescialli Franco e Ragozzino) nonché art. 323 C.P. inviando subito dopo gli atti per competenza funzionale alla Procura di Roma.
“In realtà – scrive il piemme romano nell’atto di accusa a Maffei – “siffatta iniziativa era stata assunta in totale assenza di qualsiasi elemento accusatorio nei confronti dei dottori Albano e Capasso trovando semmai giustificazione in precedenti dissidi personali e professionali con i predetti ( il primo magistrato, infatti, pur avendo ritenuto necessario di formulare rilievi di natura formale ai carabinieri dio S. Arpino circa la citata missiva di trasmissione iniziale aveva poi regolarmente accettato il deposito dell’esposto anonimo, disponendo con riferimento ai fatti ivi rappresentati una tempestiva delega di indagine ai carabinieri di Aversa, laddove altra identica copia dello stesso atto direttamente pervenuta in Procura nei mesi precedenti, era stata archiviata senza svolgimento di indagine da altro Procuratore Aggiunto dello stesso ufficio; quanto al mancato inoltro della prima nota di accompagnamento ( e conseguente sua cestinazione ) nessuna soppressione di penale rilevanza era ipotizzabile essendosi limitati i carabinieri di S. Arpino ad accettare il suggerimento di apporre modeste correzioni formali ad un atto di mera trasmissione, in epoca precedente rispetto al suo deposito e registrazione presso la Procura della Repubblica di S. Maria C.V. come dimostrato dalla stessa mancata incriminazione dei marescialli Franco e Ragozzino. In merito alla dottoressa Capasso, infine, essa si era limitata conformemente alle regole del codice di procedura penale ed a quelle tabellari esistenti presso la sede di servizio, a dare indicazione affinchè un determinato esposto anonimo venisse depositato presso il suo ufficio, per essere acquisito all’interno di un procedimento iscritto al modello 21 ma presso l’apposita struttura centralizzata preposta alla ricezione degli atti.

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