VALTER VECELLIO
Ennesima conferma: giustizia italiana allo sfascio. Ministro Severino, ci faccia il piacere!
09-08-2012
È l'ennesima conferma: il radicato sistema tangentocratico, il “rapporto falsato” (bell'eufemismo per descrivere lo stato dello sfascio e dell'inaffidabilità) tra giustizia e impresa, il caotico e labirintico inferno della burocrazia della italiana; e, per finire, la sempre più insoddisfacente qualità dei “servizi”. Si sommino tutti questi elementi, ed ecco che l'Italia guida la classifica dei paesi più inaffidabili. È ultima per efficienza del sistema giudiziario tra i paesi dell'Unione Europea; e sfigura ampiamente anche a confronto con le altre nazioni che dell'Unione non fanno parte.
Il rapporto realizzato dall'Ufficio studi di Confcommercio, in base alle elaborazioni di dati del World Economic Forum e della Banca Mondiale, è un vero e proprio monumento della vergogna.
I fattori presi in esame sono la presenza di un quadro normativo di riferimento efficiente, la diffusione di pagamenti irregolari e tangenti, i tempi di attesa della giustizia nella soluzione dei problemi legati all'attività economica, la complessità delle pratiche burocratiche legate alla giustizia. Se ne ricava che per quel che riguarda corruzione e tangenti siamo battuti solo da Grecia e Slovacchia. L'Italia inoltre registra il livello più basso di efficienza del sistema giudiziario. Siamo perfino sotto Grecia, Slovacchia, Slovenia e Messico, e progressivamente, anno dopo anno, da dieci anni, la situazione peggiora. Decisamente pessimiste le previsioni del World Economic Forum su una capacità di ripresa in breve tempo: negli ultimi dieci anni, il tempo di attesa per una sentenza di fallimento o di insolvenza è praticamente raddoppiato, passando da uno a quasi due anni, comunque quasi cinque volte i tempi dell'Irlanda e il doppio del Regno Unito.
Non parliamo poi delle infrastrutture: "Nel confronto con altri Paesi europei ed extra europei la qualità-quantità dell'output pubblico in Italia è tra i peggiori, ricoprendo il terzultimo posto nella graduatoria dei 26 Paesi presi in considerazione". In particolare, l'Italia è in ultima posizione per qualità complessiva delle infrastrutture e in quartultima per qualità ed efficienza delle istituzioni. Inoltre, per l'adempimento degli obblighi fiscali in Italia occorre un numero di ore quasi cinque volte superiore a quello del Lussemburgo.
Questa la fotografia, questa la situazione. Urgono, si impongono scelte coraggiose e radicali. Quelle scelte coraggiose e radicali che, per scellerato calcolo, per miopia politica, per incapacità, la classe politica, nel suo complesso, non sa e non vuole adottare.
Giornalista professionista, attualmente lavora in RAI. Dirige il giornale telematico «Notizie Radicali», è iscritto al Partito Radicale dal 1972, è stato componente del Comitato Nazionale, della Direzione, della Segreteria Nazionale.
È in questo quadro che si inserisce l'azione politica dei radicali. “Il Presidente della Repubblica è garante della Costituzione. E quando la Costituzione viene sistematicamente violata, noi dobbiamo chiederci chi è il responsabile di questa mancata garanzia. Il Presidente non è arbitro. E noi studieremo anche questo aspetto. Noi vogliamo fare tutto quello che la legge ci mette a disposizione per fare in modo che la legge sia rispettata”, ci ricorda Rita Bernardini, intervistata da “Radio Radicale” sulle iniziative in via di definizione. "I detenuti sono troppi rispetto ai magistrati di sorveglianza, per le condizioni oggettive di lavoro, per mille motivi. Ma è un dato di fatto che i magistrati responsabili del tribunali di sorveglianza non vanno a visitare le celle, non hanno colloqui frequenti con i detenuti, che hanno il diritto di presentare istanze. E dunque noi li chiameremo in causa. I magistrati di sorveglianza possono ordinare all'Amministrazione penitenziaria di rimuovere i trattamenti inumani e degradanti in corso. Eppure non lo fanno, perché le carceri non le conoscono. Noi li inviteremo a farlo".
Il mese di luglio è stato quello più luttuoso, dal 2000 ad oggi, per quanto riguarda le carceri. Anziché disporre la detenzione domiciliare, per imputati che nella metà dei casi poi si rivelano innocenti, i Gip dispongono la custodia cautelare in carcere. “Oggi”, dice Rita Bernardini, “la custodia in carcere è illegale. Noi li diffdiamo. Quanto al Parlamento, la politica non è stata capace di dare una risposta, in tutti questi mesi. Nemmeno un preannuncio di risposta. Noi diciamo che c'è un reato in corso, reiterato, ed è lo Stato a commettere questo reato. Si violano non solo le leggi ma la Costituzione, la Carta europea dei diritti dell'uomo. È una questione che riguarda certo le carceri, ma che riguarda la giustizia, che sono l'appendice, che sono lì a dirci in quali condizioni è la giustizia".
Al prossimo comitato dei ministri del Consiglio d'Europa sarà presentato un dettagliato documento al riguardo; si stanno inoltre studiando una serie di iniziative per l’attivazione di meccanismi giuridici interni, a partire dalla richiesta di messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano perché, come spiega Alessandro Gerardi, “il capo dello Stato non richiama il legislatore ai propri obblighi di fronte alla totale illegalità in cui versa il sistema giudiziario e penitenziario”.
Nelle carceri intanto, continua la mattanza. Può capitare che a Sollicciano un detenuto coreano di 48 anni, Rhee He Cheung cada dal letto e batta la testa sul tavolo e muoia così. Poi ti dicono che aveva voluto farla finita; che la sera del 4 agosto, poco prima di mezzanotte, solo in cella, in cima al letto a castello, assicura il lenzuolo alla testiera e si è avvolge al collo l'altra estremità di quel brandello di stoffa. Ti dicono che arriva una guardia penitenziaria, che prima prova a farlo desistere, poi si allontana per dare l'allarme e prendere la chiave della cella; e ti dicono che è allora che Rhee He Cheung cade dal letto, batte la testa sul tavolo e finisce per terra, ogni soccorso si è inutile: entra in coma e muore il giorno successivo. Ti dicono che Rhee He Cheung doveva scontare una condanna definitiva a sei anni e quattro mesi per due rapine, sarebbe uscito nel giugno del 2014. Non aveva nessuno in Italia, tutti i parenti erano in Corea. Ti dicono che da tempo chiedeva di essere trasferito a Roma, per poter avere dei colloqui con i parenti attraverso l'Ambasciata Coreana. Aveva inviato lettere al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e, nelle scorse settimane, aveva intrapresp uno lo sciopero della fame; ti dicono che se ne stava sempre in disparte, anche durante l'ora d'aria, e qualche volta, litigava con i suoi compagni, che era sotto osservazione psichiatrica e aveva una cella tutta per sè. A fine luglio, l'ultima visita dello specialista avrebbe confermato che le sue condizioni non destavano preoccupazione. "Senza coperta, né cucchiaio, mi trattano come un animale" pare si sia lamentato con i volontari dell'associazione Pantagruel. Ti dicono che una decina di giorni fa, in preda a rabbia e sconforto, aveva devastato la cella, distrutto l'armadio, divelto il lavandino, una furia. Da allora gli era stato impedito di ricevere visite. Un'altra tragica morte a Sollicciano, la quinta dall'inizio dell'anno.
C'è poi la storia che racconta Rita Bernardini, appresa da “fonte attendibile”... È la storia di L.D. 49 anni, incarcerato per reati legati al suo stato di tossicodipendenza, una vita passata tra istituti penitenziari e comunità. L.D. da un mese e mezzo si trova nel carcere di Civitavecchia, prima era “ospite” a Santa Maria Capua Vetere. Da quando è stato trasferito si sono interrotti i colloqui con la sorella che, morti i genitori, si è fatta carico di seguire il ragazzo; la donna, non hai mezzi sufficienti ad affrontare il viaggio per raggiungere Civitavecchia da un paesino della provincia di Caserta.
Giovedì 2 agosto L.D. Sta mangiando, quando un pezzo di carne gli va di traverso e rischia di strozzarlo; accade spesso a chi è sottoposto a terapie a base di psicofarmaci. Il medico del carcere interviene subito, ma non basta. L.D. Viene ricoverato all’ospedale San Paolo di Civitavecchia. Durante il tragitto ha diversi arresti cardiaci, appena arriva al pronto soccorso, viene immediatamente intubato. Trascorrono ventiquattr'ore. Il fisico di L.D. non regge all’ennesimo arresto cardiaco, muore.
La storia però non finisce qui. L.D. sembra sia stato “scarcerato” per l’incompatibilità del suo stato di salute con la detenzione il venerdì stesso della sua morte, ma la notifica non è mai arrivata. Lunedì scorso viene negata ai familiari la possibilità di vedere per l’ultima volta il loro congiunto; il giorno successivo viene eseguita l’autopsia; e il giudice dfispone un percorso per il rientro della salma nel paesino d’origine che nega la sosta nella parrocchia per la celebrazione della messa funebre: L.D. deve andare direttamente al cimitero. Ma, chiede Rita Bernardini, perchè L.D. era stato trasferito, senza che neppure i familiari fossero avvertiti? Perché l’Amministrazione penitenziaria non ha rispettato quanto previsto dall’art. 28 dell’Ordinamento penitenziario laddove stabilisce che “particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie?”. Come mai l’incompatibilità della salute di L.D. con lo stato di detenzione in carcere è stata decisa così tardi? Perché negare alla famiglia la possibilità di vedere il loro congiunto e di fargli celebrare la messa in suo ricordo?
Di fronte a questi quotidiani massacri di diritto e di vite umane, suonano beffarde e vuote le promesse del ministro della Giustizi, Paola Severino, che annuncia la calendarizzazione in Aula, dei provvedimenti sulle misure alternative come la messa alla prova e i domiciliari.
Il Guardasigilli ricordato il suo “forte impegno” per assicurare alle norme una corsia preferenziale e si dichiara molto compiaciuta del fatto che questo “sia stato condiviso dal Parlamento... Tremila ingressi in meno, grazie alle norme che hanno evitato il fenomeno delle porte girevoli e duemila uscite per i domiciliari in sostituzione degli ultimi 18 mesi di detenzione. A questo, si sono aggiunti gli interventi di edilizia carceraria che hanno consegnato 1.500 posti già disponibili più 3.500 entro l’anno. Auspico che ulteriori risultati che saranno ottenuti con l’approvazione del ddl, attualmente all’esame della Commissione Giustizia della Camera: i domiciliari e la messa alla prova sono misure deflattive forti che garantiscono contemporaneamente la sicurezza dei cittadini”. Ci faccia il piacere, ci faccia!
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