Oggi
– nel teatro Garibaldi – con inizio alle ore 15,00 –
Organizzato
dall’Osservatorio Giuridico Italiano ( sezione di S. Maria C.V. ) con il
patrocinio del Comune, dell’Ordine degli
Avvocati e dall’Accademia Italiana di Scienze Forensi convegno sul tema: “La
violenza alla donna e la loro tutela”.
Sarà
presentato il libro del Gen. Luciano
Garofano: “I labirinti del male” - Parteciperanno il giornalista Remo Croci,
di “Quarto Grado” e il magistrato Luigi Levita.
Il Gen. Luciano Garofano e l'Avv. Tiziana Barrella |
Santa Maria Capua Vetere ( di Ferdinando Terlizzi ) – Organizzato dall’Osservatorio
Giuridico Italiano ( sezione di S. Maria C.V. ) con il patrocinio del Comune,
dell’Ordine degli Avvocati e dall’Accademia Italiana di Scienze Forensi, si terrà oggi – nel teatro Garibaldi – con
inizio alle ore 15,00 – un interessante convegno dul tema: “ La violenza alla
donna e la loro tutela” nel corso del quale vi saranno interventi giuridici,
investigativi e psicologici.
Interverranno per un saluto:; il sindaco, Biagio
Di Muro; Il Presidente del Tribunale,
Giancarlo De Donato; il
Procuratore della Repubblica, Corrado Lembo; il Questore, Giuseppe
Gualtieri; il comandante della Guardia di Finanza, Vincenzo
Amendola; il Comandate dei
Carabinieri, Giancarlo Scafuri; Il
Presidente dell’Ordine degli Avvocati, Alessandro
Diana e il Presidente dell’Osservatorio Giuridico, Giulio Amandola. L’inconrro sarà moderato da Tiziana Barrella, responsabile scientifico dell’Osservatorio
Giuridico. Il giornalista Remo Croci,
inviato di “Quarto Grado”, tratterà
il tema: “La strage delle donne, i mass media e il femminicidio”. Seguirà la
presentazione del libro:”I labirinti del male” di Luciano Garofano, ex comandante del Ris; mentre la giornalista Rossella Diaz, tratterà il tema: “Femminicidio, stalking e
violenza sulle donne in italia”- che cosa sono e come difendersi. Dopo una pausa con coffee break, il
magistrato Luigi Levita ( autore del
libro sui delitti informatici, che
sarà presentato nel corso di un convegno
organizzato dall’Aiga, di cui è
Presidente Alfonso Quarto, il 21 prossimo presso l’Università )
illustrerà “i profili giuridici della violenza
sulle donne”. Sarà poi la volta di Cinzia Cimelli, psicologa che parlerà
dello stalki9ng e i suoi profili psicologici, investigativi e vittimologici. Ai
presenti saranno assegnati attestati di partecipazione e 5 crediti formativi.
Il libro del Gen. Garofano
porta una prefazione della giornalista Barbara Palombelli ed una Postfazione di Alessandro Meluzzi. “È una luce che si accende, o si
spegne, nella mente di qualcuno che ci sta osservando – dice la Palombelli - Un corto circuito, un guasto: a volte rompe un
equilibrio per un attimo, a volte diventa un’ossessione, può armare anche la
mano di un marito, di un compagno che decide di toglierci dal mondo. Dalle
molestie allo stalking, dallo stupro al femminicidio, il
catalogo delle devianze si arricchisce ogni giorno di nuove tecniche, di nuovi
percorsi. Si può prevedere? Si può immaginare e disarmare prima che accada
l’irreparabile? La psichiatria e la scienza investigativa ai massimi livelli si
sono alleate con noi cronisti per sciogliere un enigma, un mistero, una
dannazione che ci affligge tutti. Nessuna donna è immune da quello sguardo,
tutte sappiamo di cosa stiamo parlando. E ne dobbiamo discutere senza paura, a
voce alta, per salvarci e per salvare anche i nostri potenziali carnefici.
Questo
libro contiene storie, indagini, riflessioni, riferimenti utili per chiedere
aiuto in tempo, al primo dubbio. Voglio unire una mia esperienza – tuttora
oggetto di una denuncia e di un procedimento penale – proprio per entrare nel
vivo del testo che state per leggere. Per quasi trent’anni sono stata pedinata
da uno stalker, una persona che sa tutto di me, mi
ha fotografato di nascosto, ha raccolto tutti i miei articoli, conosce via web in anticipo la mia agenda, segue le
mie apparizioni tv, mi ha agganciato nei luoghi di lavoro, ha tentato di
lasciare pacchi e buste per me, ha spesso intercettato la mia auto
parcheggiata, ha perfino affisso dei manifesti e delle mie gigantografie sui
muri della Rai. Quando ho preso informazioni,
scoprendo che aveva avuto disturbi psichiatrici e che lavorava saltuariamente
come pony express (attenzione, non sempre ci possiamo
fidare ciecamente di loro), capii che aveva accesso a tutti gli indirizzi miei
e dei miei familiari, che conosceva le mie amiche, mi sentii davvero braccata.
Come fermarlo, senza danneggiare una persona già fragile? Mi faceva più pena
che paura”.
“Non
volevo infierire su una personalità debole, cercavo di farmi coraggio e di
cambiare strada e orari per sviarlo, finché non mi seguì in alto mare, il giorno
di ferragosto di tre anni fa. Eravamo soli, nel mare mosso, lui e io. Ho avuto
paura e l’ho denunciato. I Carabinieri, molto cortesi, gli sequestrarono decine
di fotografie, album interi dedicati a me, racconti dettagliati della mia vita
istante per istante e gli diedero un foglio di via. L’indomani era di nuovo al
mare. Gli ossessionati cercano di accendere una luce su loro stessi e sulle
loro vite spente, capii subito che la denuncia per lui era un riconoscimento,
un certificato di esistenza in vita. Chi non ha niente da perdere e niente da
difendere si aggrappa, con o senza violenza, alle vite degli altri. Per rubarne
un pezzo, senza pensare alle conseguenze. Lui era un ragazzino, quando mi spiò
per la prima volta. Io non lo sapevo, lo scoprii molti anni più tardi da un suo
diario. Correva l’anno 1985, mio figlio aveva due anni ed era affetto da una
pertosse estiva. In fuga da uno stabilimento balneare di Ansedonia, per evitare
di contagiare altri piccoli mi ero rifugiata sulla spiaggia libera e deserta di
Capalbio. Mi scelse a caso, mi aveva visto in una tribuna politica in tv.
Decise allora che avremmo fatto un tratto di strada insieme. Ora si celebra un
processo, sfilano testimoni, ma so che non basta e che forse è perfino peggio
(per me) avere offerto questo status
a qualcuno che non sa o non può fare
nulla di buono per se stesso”.
“La
mia storia, un piccolo caso di fronte ai tanti che state per scoprire in queste
pagine, serve soltanto a capire che senza una grande alleanza sociale e
collettiva le donne, tutte le donne, non ce la faranno. Le leggi, da sole, non
bastano. La psichiatria, sganciata da un’analisi del contesto sociale, può
soltanto dare un contributo. E i giornalisti, se non hanno il tatto e la
pazienza indispensabili per entrare nel cuore delle persone nel corso delle
indagini o dei processi, possono alterare la realtà in modo irreversibile. È
un’emergenza che dobbiamo fronteggiare tutti insieme. Un saggio come questo
propone una via di uscita dai labirinti del male: ha un valore immenso, è una
guida per sconfiggere un nemico spesso invisibile, a volte imprevisto, sempre
ingiusto”.
Nella sua
postazione Meluzzi tra l’altro dice: “Le statistiche parlano di una donna
uccisa ogni due giorni. Su questi dati, che fanno accapponare la pelle, può
essere fatta una riflessione. Tracciare una linea causale tra stalking e
femminicidio non è deontologicamente corretto ma la statistica ci rivela un
clima in cui l’antropologia tra uomo e donna è severamente disturbata dal punto
di vista dell’epidemiologia sociale, da quello della psicodinamica della
relazione, dei comportamenti leciti e della tutela del bene primario e sacrale
della vita, rappresentato e garantito dalla Costituzione repubblicana e
fondante ogni altro valore”.
“Quando in una
società viene meno la cultura della sacralità della vita, vengono meno anche
tutta una serie di nessi logici che consentono di fare ragionamenti organici
sul funzionamento di un evento e quindi di vedere anche l’evento giuridico e
anti-giuridico all’interno di una visione feconda e produttiva della filosofia
del diritto, non puramente statica o descrittiva. Il rischio è di mettere lo stalking o il
femminicidio in una visione puramente intellettualistica oppure naturalistica.
Non parliamo di una casistica statica ma parliamo di un evento dinamico che
coinvolge le radici stesse del rapporto antropologico uomo-donna. Direi che è
da questo che bisogna partire”.
“C’è una
misteriosa commistione di linguaggio in quello che si vede. Questa commistione
mette insieme maschi fragili e fortemente introspettivi con la cultura
occidentale della pornografia e della donna non rappresentabile nella visione
di altre culture, che spaventa gli uomini e li rende indefinibili: può renderli
educati o potenziali stupratori se il tono dell’umore fosse euforico-maniacale.
Credo che l’irrompere di queste dinamiche nello scenario complessivo della
società sia il portato di una rottura simbolica non organica. Quello che una
certa visione intellettualistica o puramente naturalistica del mondo mette in
discussione è una lettura simbolica delle cose del mondo. Senza una complessa e
ricca cultura simbolica delle cose non capiamo che cosa accade. Quindi per non
gridare solo all’orrore dello stalking
dobbiamo capire che la prima rottura
simbolica che è avvenuta è la trasformazione del baricentro dei rapporti
uomo-donna, che fino a mezzo secolo fa si situava in una certa parola
simbolica. Fino a cinquant’anni fa il baricentro dei rapporti uomo-donna
risiedeva nella parola “famiglia”. Oggi il baricentro del rapporto uomo-donna
sta nella parola “coppia”. Mi pare essenziale altrimenti non capiamo la
dinamica dei sentimenti di un giovane fragile, di un padre violento, di un abusatore,
di un marito tradito. La famiglia era un’entità per molti versi prevalentemente
di sopravvivenza piuttosto che sentimentale, era una realtà basata più sul
dovere che sul piacere, sulla continuità piuttosto che sulla discontinuità,
sulla riproduzione e la generazione della vita piuttosto che sull’autorealizzazione
dei singoli, sulla coralità e la collettività piuttosto che su una visione
centrata sulla persona. Era una realtà molto diversa”.
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