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martedì 4 giugno 2013


Il tutto in seguito alla recensione del libro di Gigi Di Fiore: “L’Impero dei Casalesi”


L’INGARBUGLIATA VICENDA GIUDIZIARIA CHE VEDE    ROBERTO  SAVIANO CONTRO 2  GIORNALISTI CASERTANI – JATTURA O MALAGIUSTIZIA?



Querela contro un omonimo –Tribunale di Milano si dichiara incompetente – Il Gip di Santa Maria rinvia a giudizio in un giorno che non c’è udienza – La Procura notifica un   nuovo avviso di chiusa indagine per lo stesso reato per il quale i due giornalisti casertani sono già a giudizio – “Ne bis in idem”,  non vale per Saviano? – Citati come testimoni lo stesso Saviano, lo scrittore Alessandro Dal Lago, e i giornalisti Roberto D’Agostino ( Dagospya), Antonio Arricale ( Confindustria )  e Simone di Meo ( Il Giornale)



     Caserta – La vicenda risale al 2008, allorquando il cronista giudiziario Ferdinando Terlizzi, recensì un’opera di Gigi Di Fiore,  (inviato de “Il Mattino”)  
“L’Impero dei Casalesi: traffici, storie e segreti dell’occulta e potente mafia dei casalesi”; (…”L’ultimo rifugio di Sandokan era un bunker sotterraneo, protetto da tre mastini napoletani, in cui il boss ingannava il tempo dipingendo e leggendo libri su Napoleone e il regno delle Due Sicilie. Alla sentenza d’appello del processo Spartacus i protagonisti di questo libro hanno totalizzato 16 ergastoli e 336 anni e tre mesi di reclusione…”).

     Un libro “verità”, dunque,  per il quale Terlizzi scrisse che Gigi Di Fiore, a differenza di Roberto Saviano in “Gomorra”,  non aveva scritto cazzate. Apriti cielo. E nell’occasione – appena diffusasi la notizia che Saviano aveva querelato i cronisti casertani  - Simone Di Meo ( scrittore e giornalista  ) scrisse su “Il Giornale”: Roberto Saviano,  infatti, fedele alla predica, l'eroe dell'antimafia di carta se l'è presa con chi, in terra di camorra, svolge il non facile compito di informare. E così ha querelato il sito d'informazione Casertasette.it  mandando sotto processo il direttore della testata, Biagio Salvati (un eccellente cronista che ai tempi riempiva di carte giudiziarie l'ancor acerbo scrittore) e il decano dei cronisti di giudiziaria  casertani Ferdinando Terlizzi.


     “Si è sentita diffamata – scrisse ancora Di Meo - la star di Gomorra, da una serie di articoli che il quotidiano online ha pubblicato da maggio a ottobre 2008, quando ormai il bestseller sui Casalesi aveva superato i confini nazionali per conquistare i mercati europei. Cose forti, attacchi violentissimi. Roba da condanna sicura. Eh, sì: il paladino della libertà di stampa, ad esempio, non ha digerito il fatto che Terlizzi abbia recensito un libro sulla camorra del bravissimo giornalista napoletano Gigi Di Fiore scrivendo che si trattava di un lavoro più fedele alle fonti e ai fatti rispetto a Gomorra, che contiene invece parecchie vicende inventate di sana pianta. ( che Terlizzi ha definito “cazzate”). Anatema. E ancora: Salvati e Terlizzi dovranno spiegare com'è che gli è saltato in mente di scrivere che Sua Eccellenza Saviano aveva difficoltà a trovare casa per motivi di sicurezza, dopo che la stessa notizia l'avevano pubblicata - evidentemente, senza ricevere carte bollate - praticamente tutti i quotidiani napoletani”.


     “Affetto da “querelite acuta” – ha concluso Di Meo -  Saviano ha denunciato il direttore e il cronista/commentatore del sito anche per articoli ripresi pari pari da altri quotidiani e soprattutto dall'informatissimo e cliccatissimo sito “Dagospia”. La sola decisione di riproporli ai lettori di “Casertasette.it”, secondo lo scrittore, li rende meritevoli di una legnata in un'aula di giustizia”.

     “E poco importa che, prima o in contemporanea al sito casertano, gli stessi articoli avessero fatto il giro del web e della carta stampata. Così la prossima volta imparano a rimetterli nella home page. E il primo che deve pagare per omesso controllo è proprio il direttore Salvati, quello che generosamente forniva al carneade Saviano atti giudiziari e chicche sui Casalesi. La guerra è guerra”.

     La cosa più incredibile di tutta questa vicenda, però, è un'altra: a causa della querela di Saviano è finita sott'inchiesta la persona sbagliata. Non già il cronista di giudiziaria Ferdinando Terlizzi, 76enne di Santa Maria Capua Vetere, di professione giornalista, ma l'omonimo  Ferdinando Terlizzi, 35enne di Lodi, postino, che con “Casertasette.it” e il mondo di Gomorra non c'entra assolutamente nulla.

     Eppure, il poverino è rimasto per tre anni incagliato nel processo e, solo dopo un tempo lunghissimo, nonostante l'opposizione del pm e dei legali di Saviano, il giudice di Milano si è dichiarato incompetente accorgendosi dell'errore. Così, la singolar tenzone tra Davide e Golia si è spostata dal capoluogo lombardo a Santa Maria Capua Vetere dove l'autentico Terlizzi abita e scrive sul blog e sui giornali indigesti  al Grande Scrittore.

     Infatti, il Tribunale di Milano, accogliendo le tesi della difesa di Terlizzi e Salvati inviò  gli atti presso la Procura della Repubblica del Tribunale di S. Maria C.V. La motivazione? L’udienza durò  pochissimo in quanto la difesa del Terlizzi sollevò  una serie di eccezioni: incompetenza  territoriale, mancata richiesta di rinvio a giudizio, etc. etc

     In effetti la difesa del Terlizzi ( Avvocati Gennaro Iannotti e Stafano Sorrentino del Foro di Milano  ) sostenne  che:” Il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Milano ha esercitato l’azione penale nei confronti dell’imputato Terlizzi, in relazione ai reati previsti e punti dagli artt. 110 c.p., 595 1,2,3 C.P., 81 cpv, “perché, in concorso con Salvati Biagio (direttore responsabile del quotidiano on line “casertasette.it” nei cui confronti si procede separatamente), con più azione esecutive di un medesimo disegno criminoso, quale redattore del quotidiano on. line  “Casertasette.it”, offendeva l’onore e la reputazione di  Roberto Saviano, pubblicando diversi articoli…..Con l’aggravante di aver recato l’offesa con l’attribuzione di un fatto determinato ed a mezzo della stampa”.

     Risulta evidente, dunque, che il  procedimento doveva transitare per l’udienza preliminare trattandosi di reato punito con pena della reclusione superiore nel massimo a quattro anni (ex art. 550, co.1, c.p.p.) nonché di delitto non incluso tra quelli di cui al comma 2 dell’art. 550 c.p.p. (disposizione, quest’ultima, che deroga al suddetto limite di pena massima edittale). Fatte queste doverose considerazioni appare necessario evidenziare ulteriori ragioni che consentono di ritenere gli articoli immessi in rete come soggetti alla disciplina della diffamazione a mezzo stampa. 

     Appare utile ricordare, infine, la recentissima pronuncia della Suprema Corte di Cassazione che, nella nota sentenza 2739 del 26/01/2011, ha affrontato un caso del tutto analogo a quello di specie. Invero la Suprema Corte, nel risolvere un conflitto negativo di competenza (territoriale) in un procedimento penale in cui “un giornalista risultava imputato di diffamazione a mezzo stampa per avere, nella sua qualità di responsabile della testata giornalistica….che edita il magazine del sito…., offeso la reputazione del …., redigendo l’articolo apparso sulla relativa pagina web” ha individuato la competenza del G.U.P. del Tribunale di Roma e ritenuto applicabile la normativa sulla stampa anche ai giornali telematici riferibili a testate giornalistiche.

In conclusione, ed alla luce delle suesposte considerazioni, il decreto di citazione diretta a giudizio va dichiarato nullo, con la conseguente restituzione degli atti al Pubblico Ministero affinché eserciti l’azione penale con le forme di cui agli artt. 416 e ss. codice procedura penale.

Arriviamo così a Santa Maria Capua Vetere,  dove la Procura,  dopo qualche tempo,  chiede il rinvio a giudizio per diffamazione sia del Terlizzi che del Salvati. Instauratasi la causa innanzi al Gip  Francesco Caramico d’Auria, lo stesso, dopo la costituzione di parte civile di Roberto Saviano con la difesa dell’avv. Antonio Nobile e le arringhe dei difensori ( Mauro Iodice per Salvati ) e Nicola Garofalo e Dario Pepe per Terlizzi, decide di stralciare la posizione di Salvati e di rinviare a giudizio il Terlizzi per l’udienza del  21 maggio 2013,   innanzi al Giudice Monocratico dottoressa  Roberta Attena, in un giorno, però che il giudice non aveva udienza, per cui il processo veniva rinviato al 28 ottobre.  Prima dell’udienza gli avvocati difensore avevano presentato una nutrita lista di testimoni a discarico per l’imputato Terlizzi.

Saviano Roberto, persona offesa; Prof. Alessandro Dal Lago, autore del libro “Eroi di carta, il caso Gomorra e altre epopee”, sulle “discrepanze tra parole e realtà” (intervista dell’autore del 12.07.2010) rilevate dal Dal Lago nel testo del Saviano; Biagio Salvati, giornalista, sulle fonti da cui gli articoli per cui è processo traevano origine e sulla circostanza che taluni di essi (o tutti) erano ripresi dal sito “Dagospia” con copia e incolla; Roberto D’Agostino, giornalista e direttore del sito “Dagospia”, sulle circostanze di cui al punto che precede, sulle fonti in suo possesso e su ogni altra circostanza utile in relazione ai fatti di cui all’imputazione; Simone Di Meo, giornalista e scrittore, sui fatti relativi alla vertenza con il Saviano avente ad oggetto un presunto plagio di articoli del Di Meo, usati (e, secondo il Di Meo, anche travisati) dalla persona offesa dal reato nel presente procedimento; Dott. Antonio Arricale, giornalista, anche in qualità di consulente tecnico, potrà riferire circa le modalità di attribuzione di articoli non firmati.

Dunque, dopo l’errore di citare a Milano,   un postino omonimo del Terlizzi, il secondo incidente di percorso,  ha bloccato nuovamente il processo essendo fissata una udienza sbagliata. Malagiustizia  o jella del Saviano?  Ma non basta… perché poi si è arrivati al ridicolo.

     Nello stesso giorno che si doveva celebrare il processo innanzi al giudice Attena agli avvocati difensori ( Avv. Angelo Santoro e Gennaro Iannotti ) veniva notificato un decreto di chiusa istruttoria e la richiesta da parte della Procura ( P.M. Giuliana Giuliano) di rinviare a giudizio  per diffamazione ( “nuovamente”: “bis in idem”? La locuzione latina ne bis in idem, tradotta letteralmente, significa "non  due volte per la medesima cosa". ) sia il Terlizzi che il Salvati… con lo stesso capo di imputazione che però portava l’annotazione:”così modificato”… ma nulla veniva rettificato o modificato.   Nuova jattura di Saviano o malagiustizia?

Un’ amara considerazione: Se il reato avesse previsto l’emissione di una ordinanza di custodia cautelare  ci avrebbero arrestati entrambi.   Gennaro Iannotti e Dario Pepe  avvocati difensori  si sono subito adoperati con una istanza:” Alla Procura, deposito del decreto che dispone il giudizio emesso dal Gup Francesco Caramico D’Auria proc. N° 13284/12/21,  a carico di Ferdinando Terlizzi al fine di evidenziare alla SS.VV. l’evidente “ne bis in idem” in relazione ai fatti oggi contestati all’imputato. Invero, il procedimento a carico di Biagio Salvati e Ferdinando Terlizzi originariamente incardinato presso la Procura di Milano veniva trasmesso per competenza territoriale alla Procura di S. Maria C.V. ed affidata al P.M. Dott.ssa Ambrosino ed iscritto al n° 13284/12/21. Sempre in relazione al medesimo fatto, ed attribuito ala medesima persona, veniva notificato all’indagato Terlzzi,  ex art. 415 bis cpp,  contenente  una pedissequa ripetizione del capo di imputazione per il quale risulta pendente anche il procedimento penale n° 13284/12 innanzi alla dott.ssa Attena,  giudice monocratico del Tribunale di S. Maria C.V. la cui prossima udienza è fissata per il 28 ottobre. Alla luce di quanto esposto,  pertanto,  appare evidente l’identità del fatto contro la stessa persna evenienza questa che implica “pur in mancanza di una sentenza irrevocabile  l’improponibilità dell’azione penale in appplicazione della preclusione fondata sul principio generale del “ne bis in idem” ed il divieto di un sencondo giudizio  ( Cassazione S.U. 28/6/2005 n° 34655 ) . Si insiste pertanto nella richiesta di archiviazione del presente procedimento ex art. 408 e 649 cpp.”
Bene. Nessuna archiviazione. Ieri abbiamo saputo che il P.M. ha rimandato di nuovi gli atti alla Procura di Milano.  Non è forse una malagiustizia? O è jattura  savianese?









  






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