Il
tutto in seguito alla recensione del libro di Gigi Di Fiore: “L’Impero dei
Casalesi”
L’INGARBUGLIATA VICENDA GIUDIZIARIA CHE VEDE ROBERTO SAVIANO CONTRO 2 GIORNALISTI CASERTANI – JATTURA O MALAGIUSTIZIA?
Querela contro un omonimo –Tribunale di Milano si dichiara incompetente –
Il Gip di Santa Maria rinvia a giudizio in un giorno che non c’è udienza – La
Procura notifica un nuovo avviso di
chiusa indagine per lo stesso reato per il quale i due giornalisti casertani
sono già a giudizio – “Ne bis in idem”,
non vale per Saviano? – Citati come testimoni lo stesso Saviano, lo
scrittore Alessandro Dal Lago, e i giornalisti Roberto D’Agostino ( Dagospya),
Antonio Arricale ( Confindustria ) e
Simone di Meo ( Il Giornale)
Caserta – La vicenda risale al 2008,
allorquando il cronista giudiziario Ferdinando
Terlizzi, recensì un’opera di Gigi
Di Fiore, (inviato de “Il Mattino”)
“L’Impero dei Casalesi: traffici, storie e segreti dell’occulta e potente mafia dei casalesi”; (…”L’ultimo rifugio di Sandokan era un bunker sotterraneo, protetto da tre mastini napoletani, in cui il boss ingannava il tempo dipingendo e leggendo libri su Napoleone e il regno delle Due Sicilie. Alla sentenza d’appello del processo Spartacus i protagonisti di questo libro hanno totalizzato 16 ergastoli e 336 anni e tre mesi di reclusione…”).
“L’Impero dei Casalesi: traffici, storie e segreti dell’occulta e potente mafia dei casalesi”; (…”L’ultimo rifugio di Sandokan era un bunker sotterraneo, protetto da tre mastini napoletani, in cui il boss ingannava il tempo dipingendo e leggendo libri su Napoleone e il regno delle Due Sicilie. Alla sentenza d’appello del processo Spartacus i protagonisti di questo libro hanno totalizzato 16 ergastoli e 336 anni e tre mesi di reclusione…”).
Un libro “verità”, dunque, per il quale Terlizzi scrisse che Gigi Di Fiore,
a differenza di Roberto Saviano in “Gomorra”, non aveva scritto cazzate. Apriti cielo. E
nell’occasione – appena diffusasi la notizia che Saviano aveva querelato i
cronisti casertani - Simone Di Meo ( scrittore e giornalista
) scrisse su “Il Giornale”: Roberto Saviano, infatti, fedele alla
predica, l'eroe dell'antimafia di carta se l'è presa con chi, in terra di
camorra, svolge il non facile compito di informare. E così ha querelato il sito
d'informazione Casertasette.it mandando
sotto processo il direttore della testata, Biagio
Salvati (un eccellente cronista che ai tempi riempiva di carte giudiziarie
l'ancor acerbo scrittore) e il decano dei cronisti di giudiziaria casertani Ferdinando Terlizzi.
“Si è sentita diffamata – scrisse ancora
Di Meo - la star di Gomorra, da una serie di articoli che il quotidiano online
ha pubblicato da maggio a ottobre 2008, quando ormai il bestseller sui Casalesi
aveva superato i confini nazionali per conquistare i mercati europei. Cose
forti, attacchi violentissimi. Roba da condanna sicura. Eh, sì: il paladino
della libertà di stampa, ad esempio, non ha digerito il fatto che Terlizzi
abbia recensito un libro sulla camorra del bravissimo giornalista napoletano
Gigi Di Fiore scrivendo che si trattava di un lavoro più fedele alle fonti e ai
fatti rispetto a Gomorra, che contiene invece parecchie vicende inventate di
sana pianta. ( che Terlizzi ha definito “cazzate”). Anatema. E ancora: Salvati
e Terlizzi dovranno spiegare com'è che gli è saltato in mente di scrivere che
Sua Eccellenza Saviano aveva difficoltà a trovare casa per motivi di sicurezza,
dopo che la stessa notizia l'avevano pubblicata - evidentemente, senza ricevere
carte bollate - praticamente tutti i quotidiani napoletani”.
“Affetto da “querelite acuta” – ha
concluso Di Meo - Saviano ha denunciato
il direttore e il cronista/commentatore del sito anche per articoli ripresi
pari pari da altri quotidiani e soprattutto dall'informatissimo e cliccatissimo
sito “Dagospia”. La sola decisione di riproporli ai lettori di “Casertasette.it”,
secondo lo scrittore, li rende meritevoli di una legnata in un'aula di
giustizia”.
“E poco importa che, prima o in
contemporanea al sito casertano, gli stessi articoli avessero fatto il giro del
web e della carta stampata. Così la prossima volta imparano a rimetterli nella
home page. E il primo che deve pagare per omesso controllo è proprio il
direttore Salvati, quello che generosamente forniva al carneade Saviano atti
giudiziari e chicche sui Casalesi. La guerra è guerra”.
La cosa più incredibile di tutta questa
vicenda, però, è un'altra: a causa della querela di Saviano è finita
sott'inchiesta la persona sbagliata. Non già il cronista di giudiziaria
Ferdinando Terlizzi, 76enne di Santa Maria Capua Vetere, di professione
giornalista, ma l'omonimo Ferdinando
Terlizzi, 35enne di Lodi, postino, che con “Casertasette.it” e il mondo di
Gomorra non c'entra assolutamente nulla.
Eppure, il poverino è rimasto per tre anni
incagliato nel processo e, solo dopo un tempo lunghissimo, nonostante
l'opposizione del pm e dei legali di Saviano, il giudice di Milano si è
dichiarato incompetente accorgendosi dell'errore. Così, la singolar tenzone tra
Davide e Golia si è spostata dal capoluogo lombardo a Santa Maria Capua Vetere
dove l'autentico Terlizzi abita e scrive sul blog e sui giornali indigesti al Grande Scrittore.
Infatti, il Tribunale di Milano,
accogliendo le tesi della difesa di Terlizzi e Salvati inviò gli atti presso la Procura della Repubblica
del Tribunale di S. Maria C.V. La motivazione? L’udienza durò pochissimo in quanto la difesa del Terlizzi
sollevò una serie di eccezioni:
incompetenza territoriale, mancata
richiesta di rinvio a giudizio, etc. etc
In effetti la difesa del Terlizzi (
Avvocati Gennaro Iannotti e Stafano Sorrentino del Foro di Milano ) sostenne che:” Il Pubblico Ministero presso il
Tribunale di Milano ha esercitato l’azione penale nei confronti dell’imputato
Terlizzi, in relazione ai reati previsti e punti dagli artt. 110 c.p., 595
1,2,3 C.P., 81 cpv, “perché, in concorso con Salvati Biagio (direttore
responsabile del quotidiano on line “casertasette.it” nei cui confronti si
procede separatamente), con più azione esecutive di un medesimo disegno
criminoso, quale redattore del quotidiano on. line “Casertasette.it”, offendeva l’onore e la
reputazione di Roberto Saviano,
pubblicando diversi articoli…..Con l’aggravante di aver recato l’offesa con
l’attribuzione di un fatto determinato ed a mezzo della stampa”.
Risulta
evidente, dunque, che il procedimento
doveva transitare per l’udienza preliminare trattandosi di reato punito con
pena della reclusione superiore nel massimo a quattro anni (ex art. 550, co.1,
c.p.p.) nonché di delitto non incluso tra quelli di cui al comma 2 dell’art.
550 c.p.p. (disposizione, quest’ultima, che deroga al suddetto limite di pena
massima edittale). Fatte queste doverose considerazioni appare necessario
evidenziare ulteriori ragioni che consentono di ritenere gli articoli immessi
in rete come soggetti alla disciplina della diffamazione a mezzo stampa.
Appare utile ricordare, infine, la
recentissima pronuncia della Suprema Corte di Cassazione che, nella nota
sentenza 2739 del 26/01/2011, ha affrontato un caso del tutto analogo a quello
di specie. Invero la Suprema Corte, nel risolvere un conflitto negativo di
competenza (territoriale) in un procedimento penale in cui “un giornalista
risultava imputato di diffamazione a mezzo stampa per avere, nella sua qualità
di responsabile della testata giornalistica….che edita il magazine del sito….,
offeso la reputazione del …., redigendo l’articolo apparso sulla relativa
pagina web” ha individuato la competenza del G.U.P. del Tribunale di Roma e
ritenuto applicabile la normativa sulla stampa anche ai giornali telematici riferibili
a testate giornalistiche.
In conclusione, ed alla luce delle
suesposte considerazioni, il decreto di citazione diretta a giudizio va
dichiarato nullo, con la conseguente restituzione degli atti al Pubblico
Ministero affinché eserciti l’azione penale con le forme di cui agli artt. 416
e ss. codice procedura penale.
Arriviamo così a Santa Maria Capua Vetere, dove la Procura, dopo qualche tempo, chiede il rinvio a giudizio per diffamazione
sia del Terlizzi che del Salvati. Instauratasi la causa innanzi al Gip Francesco
Caramico d’Auria, lo stesso, dopo la costituzione di parte civile di
Roberto Saviano con la difesa dell’avv. Antonio Nobile e le arringhe dei
difensori ( Mauro Iodice per Salvati
) e Nicola Garofalo e Dario Pepe per Terlizzi, decide di
stralciare la posizione di Salvati e di rinviare a giudizio il Terlizzi per
l’udienza del 21 maggio 2013, innanzi al Giudice Monocratico dottoressa Roberta
Attena, in un giorno, però che il giudice non aveva udienza, per cui il
processo veniva rinviato al 28 ottobre. Prima
dell’udienza gli avvocati difensore avevano presentato una nutrita lista di
testimoni a discarico per l’imputato Terlizzi.
Saviano
Roberto, persona offesa; Prof. Alessandro
Dal Lago, autore del libro “Eroi
di carta, il caso Gomorra e altre epopee”, sulle “discrepanze tra parole e realtà”
(intervista dell’autore del 12.07.2010) rilevate dal Dal Lago nel testo del
Saviano; Biagio Salvati, giornalista, sulle fonti da cui gli articoli per cui è
processo traevano origine e sulla circostanza che taluni di essi (o tutti)
erano ripresi dal sito “Dagospia” con copia
e incolla; Roberto D’Agostino, giornalista e
direttore del sito “Dagospia”, sulle circostanze di cui al punto che precede,
sulle fonti in suo possesso e su ogni altra circostanza utile in relazione ai
fatti di cui all’imputazione; Simone Di
Meo, giornalista e scrittore, sui fatti relativi alla vertenza con il
Saviano avente ad oggetto un presunto plagio di articoli del Di Meo, usati (e,
secondo il Di Meo, anche travisati) dalla persona offesa dal reato nel presente
procedimento; Dott. Antonio Arricale,
giornalista, anche in qualità di consulente tecnico, potrà riferire circa le
modalità di attribuzione di articoli non firmati.
Dunque, dopo l’errore di citare a
Milano, un postino omonimo del Terlizzi, il secondo
incidente di percorso, ha bloccato
nuovamente il processo essendo fissata una udienza sbagliata. Malagiustizia o jella del Saviano? Ma non basta… perché poi si è arrivati al
ridicolo.
Nello stesso giorno che si doveva
celebrare il processo innanzi al giudice Attena agli avvocati difensori ( Avv. Angelo Santoro e Gennaro Iannotti )
veniva notificato un decreto di chiusa istruttoria e la richiesta da parte
della Procura ( P.M. Giuliana Giuliano)
di rinviare a giudizio per diffamazione (
“nuovamente”: “bis in idem”? La locuzione latina ne bis in idem,
tradotta letteralmente, significa "non due volte per la medesima cosa". ) sia il Terlizzi che il Salvati… con lo stesso capo di
imputazione che però portava l’annotazione:”così modificato”… ma nulla veniva
rettificato o modificato. Nuova jattura di Saviano o malagiustizia?
Un’ amara considerazione: Se il reato
avesse previsto l’emissione di una ordinanza di custodia cautelare ci avrebbero arrestati entrambi. Gennaro Iannotti e Dario Pepe avvocati difensori si sono subito adoperati con una istanza:” Alla
Procura, deposito del decreto che dispone il giudizio emesso dal Gup Francesco
Caramico D’Auria proc. N° 13284/12/21, a
carico di Ferdinando Terlizzi al fine di evidenziare alla SS.VV. l’evidente “ne
bis in idem” in relazione ai fatti oggi contestati all’imputato. Invero, il
procedimento a carico di Biagio Salvati e Ferdinando Terlizzi originariamente
incardinato presso la Procura di Milano veniva trasmesso per competenza
territoriale alla Procura di S. Maria C.V. ed affidata al P.M. Dott.ssa
Ambrosino ed iscritto al n° 13284/12/21. Sempre in relazione al medesimo fatto,
ed attribuito ala medesima persona, veniva notificato all’indagato Terlzzi, ex art. 415 bis cpp, contenente una pedissequa ripetizione del capo di
imputazione per il quale risulta pendente anche il procedimento penale n°
13284/12 innanzi alla dott.ssa Attena, giudice monocratico del Tribunale di S. Maria
C.V. la cui prossima udienza è fissata per il 28 ottobre. Alla luce di quanto
esposto, pertanto, appare evidente l’identità del fatto contro la
stessa persna evenienza questa che implica “pur in mancanza di una sentenza irrevocabile
l’improponibilità dell’azione penale in
appplicazione della preclusione fondata sul principio generale del “ne bis in
idem” ed il divieto di un sencondo giudizio
( Cassazione S.U. 28/6/2005 n° 34655 ) . Si insiste pertanto nella
richiesta di archiviazione del presente procedimento ex art. 408 e 649 cpp.”
Bene.
Nessuna archiviazione. Ieri abbiamo saputo che il P.M. ha rimandato di nuovi
gli atti alla Procura di Milano. Non è
forse una malagiustizia? O è jattura
savianese?
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