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domenica 13 ottobre 2013

LE INFAMIE DELLA PROCURA SAMMARITANA ALL'EPOCA DELLA GESTIONE MAFFEI





NEL TEATRO GARIBALDI IL 25 OTTOBRE

  CORRADO LEMBO PRESENTERA’  IL LIBRO DI PAOLO ALBANO SULLA STRAGE DI CAIAZZO Patrocinio del Comune di S. Maria C.V. Prefazione di Ferdinando Imposimato  -Prologo del giudice   Renato Perconte  - Esaltato il lavoro degli storici Agnone e Capobianco – L’ultima “infamia” 

del Procuratore Mariano Meffei




      Santa Maria Capua Vetere – ( di Ferdinando Terlizzi )  “La strage di Caiazzo merita una menzione particolare nella camera degli orrori della Germania  nazista. Il tragico periodo vissuto dall’Italia subito dopo l’armistizio vide scorrere tanto sangue innocente, che fu troppo presto e ingiustamente dimenticato”. Nel leggere il libro di Paolo Albano molte    cose mi sono rimaste impresse nella  mente come per esempio  il coinvolgimento personale (con un pathos che non si registra  per  ogni processo ) da parte  del pubblico ministero (“come ci confida egli stesso-  scrive  Ferdinando Imposimato nella prefazione -  l’inchiesta lasciò un segno indelebile nell’autore, Paolo Albano, coinvolto in una vicenda umana e investigativa assai intensa, delle quale egli ricorda le figure eccezionali che ne sono state protagoniste: da Stoneman a Habe, da Wiesenthal ad Agnone e Capobianco
     Assai interessante mi è parso anche  l’intervento del giudice sammaritano Renato Perconte Licatese,  nel prologo “LA GIUSTIZIA E LA STORIA” il quale con la pseudonimo di Opico Erimantèo, ha  tra l’altro  scritto sulla  vicenda di Caiazzo nel suo “Capricci di Tema” che: ”La giustizia italiana ha colto un primato difficilmente eguagliabile: ha emesso un verdetto di condanna all’ergastolo per un fatto risalente a cinquantun anni fa. Ha disseppellito le memorie sommerse dal tempo, s’è messa a frugare negli archivi, dove era rimasto custodito per decenni un atroce episodio bellico, l’eccidio, perpetrato da mano tedesca, di ventidue civili, sulla linea del fronte, a settentrione del Volturno, il 13 ottobre 1943. L’altra novità  - scrive ancora il giudice Perconte Licatese - è che abbiamo assistito, per la prima volta nell’aula di una Corte di Assise, a una perfetta integrazione della storiografia col processo ( historia ancilla iudicii ): infatti il lavoro degli storici ha spianato la strada a quello dei giudici, i quali se ne sono valsi per verificare la loro ipotesi delittuosa. Non è mai accaduto che i giudici, pur avvezzi a scavare nel passato, siano andati così a ritroso nel tempo, alla ricerca d’una verità cui ambivano non per un semplice appagamento teorico ma per la più pressante esigenza di accertare se e da chi un delitto fosse stato commesso”.
     Un’altra cosa che mi profondamente colpito  è l’epigrafe incisa sulla lapide,  in memoria delle vittime della strage di Caiazzo,  dettata  da Benedetto Croce: “Presso Caiazzo Nel Luogo detto San Giovanni e Paolo Alcune famiglie campagnole Rifugiate in una stessa casa Furono il 13 ottobre MCMXLIII Fucilate e mitragliate Per ordine di un giovane ufficiale prussiano Uomini donne infanti Ventidue umili creature Non d’altro colpevoli Che di aver incoscienti Alla domanda dove si trovasse il nemico Additato a lui senz’altro la via Verso la quale si erano volti i tedeschi Improvvisa uscì dalle loro labbra La parola di verità Designando non l’umano avversario Nelle umane guerre Ma l’atroce presente nemico Dell’umanità Un americano Che vide con  orrore e pietà le salme degli uccisi Pose questa memoria”. 
    Mi hanno inoltre  anche colpito sia la  dedica iniziale: “Questo libro è  dedicato a un bambino mai nato, trucidato dai nazisti nel grembo della madre, la ventitreesima vittima della strage di Caiazzo”; che il  conferimento da parte dell’Amministrazione di Caiazzo ( compreso poi il gemellaggio con la città tedesca )  della cittadinanza onoraria al procuratore Paolo Albano.
    “Il libro di Paolo Albano, scritto in collaborazione con Antimo Della Valle,  è detto nella prefazione del Sen. Prof. Avv. Ferdinando Imposimato ( Presidente Onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione ) descrive magistralmente, facendone rivivere l’intensa drammaticità, il tragico periodo vissuto dalla popolazione italiana nella fase successiva all’armistizio, nel quale si colloca la strage di Caiazzo.  Resta da chiedersi a ragion veduta quale fu il vero movente, salvo ritenere che a Monte Carmignano si uccise per il solo gusto di uccidere. Il racconto, avvincente e appassionato, delle lunghe indagini e del dibattimento davanti alla Corte d'Assise getterà finalmente luce sui motivi che spinsero a tanta ferocia. Paolo Albano, coinvolto in una vicenda umana e investigativa assai intensa, della quale egli ricorda le figure eccezionali che ne sono state protagoniste: in particolare quelle degli storici  Joseph Agnone e  Giuseppe Capobianco. Essi si rivelano tutti memori dell’insegnamento di Aristotele, secondo cui “la giustizia è il pilastro dello Stato, e se cade quel pilastro, lo Stato si disgrega”.
      La pubblica accusa nel  processo,  celebratosi  innanzi la Corte di Assise di S. Maria C.V., nel 1994 -  presieduta da Gianfranco Izzo, con Rosa  Maria Caturano,  giudice a latere – la cui condanna per gli imputati Wolfgang Lehnigk  Emden e Kurt Artur Schuster, fu della pena dell’ergastolo, fu sostenuta da Paolo Albano.  Al banco della difesa per le parti civili costituite: Pompeo Rendina, Angelo Insero, Alfonso Martucci, Ciro Ferrucci e Giuseppe Stellato. Mentre per gli imputati i difensori furono gli avvocati: Raffaele Petrillo, Nicola Garofalo e Camillo Irace. 
     Nel capitolo finale Epilogo: “l’Ultima Ingiustizia” Albano narra dello sconcertante atteggiamento di un pubblico ministero che si rifiutò di mettere in esecuzione la sentenza. Lui non ne fa il nome. Ma la vicenda è nota. Si tratta dell’ex Procuratore della Repubblica Mariano Maffei passato alla storia per la sua intervista “farsa” denominata la tv “sputazzella”  in occasione dell’arresto della moglie di Clemente Mastella. Dopo  la mancata pubblicazione,  quando il caso divenne di dominio pubblico, a seguito delle lamentele delle parti civili, la stampa condannò severamente la condotta di quel magistrato ( che ha gestito la procura “Ad usum Delphini“ )  in una interpellanza parlamentare del 7 febbraio 2006 l’ex ministro della Giustizia. Oliviero Diliberto,  nel richiedere una sanzione disciplinare, ebbe a scrivere che “lo stesso magistrato, essendo sua intenzione evitare all’erario  l’onere delle spese per la pubblicazione del dispositivo della sentenza di condanna sui  giornali, ha gravemente vilipeso la memoria dei ventidue martiri italiani, riconoscendo al sacrificio di uomini, donne e bambini innocenti un valore di gran lunga inferiore a una modesta somma di denaro”.
    E Albano chiosa sulla vicenda: “Parafrasando ciò che disse Hans Habe di Emden, potremmo dire che “quel procuratore si è così guadagnato il merito di entrare nella lista di coloro che hanno disonorato la toga che indossavano”.







    

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