Se questo è un uomo
Qualche bambino potrebbe scrivere a Babbo Natale : “ per
Natale vorrei vedere mio nonno ma sta chiuso in una gabbia . Perché non vai a
prenderlo con la slitta e lo porti da me?” Ma non credo che questa lettera sarà
mai scritta perché è consuetudine nascondere ai bambini le colpe dei grandi,
perché il nonno non uscirà mai dalla gabbia, perché Babbo Natale non si
occupa dei cattivi.
Il nonno è “cattivo
per sempre”, un mafioso, o un
camorrista, o un sequestratore sardo, arrestato 30 anni fa e chiuso in un
carcere senza alcuna speranza di uscirne perché sottoposto al regime del
cosiddetto carcere ostativo, non può
fruire dei benefici di cui qualunque
ergastolano può godere . La colpa
è di non essere un collaboratore di
giustizia e la condanna è quella di “essere murato vivo”.
Può capitare a chiunque, come è successo per caso a me, di
imbattersi in alcune vicende che fanno
pensare, che ti costringono ad immaginare quella storia, quella persona , e ti domandi se tu c'entri
qualcosa, se sei in qualche modo complice di un' ingiustizia. Non mi occupo per
professione o come volontario della condizione carceraria, mi occupo di città,
di spazi pubblici e di beni comuni e solo per caso ho avuto modo di conoscere
la storia personale di Carmelo Musumeci, di Pasquale de Feo, di Mario Trudu.
Come loro ci sono circa mille ergastolani ostativi che hanno perso la normale
nozione del tempo, che nella cella non hanno alcun calendario dove segnare il
giorno in cui potrebbero uscire dal carcere perché non usciranno mai.
Negli ultimi anni mi hanno infastidito i numerosi
appelli alla riforma della
Giustizia proposti da quel ceto politico-imprenditoriale che ritiene per
censo di avere diritto all'impunità , di poter stare al di sopra della legge
uguale per tutti. Poi mi è capitato di
apprendere che c'è qualcuno che non ha alcuna speranza di uscire, che invoca
per sé la pena di morte. Non entro nel merito dell'efficacia giudiziaria dei
collaboratori di giustizia , ritengo che la criminalità organizzata sia un male
pervasivo, difficile da estirpare, colpevole in massima misura delle difficoltà in cui versa il nostro
paese. Mi limito ad una riflessione sugli aspetti umani: se fossi stato io il
colpevole, avrei messo a rischio la vita di figli, nipoti, fratelli
che sarebbero stati vittime della vendetta mafiosa? Avrei preferito pagare di
persona. E ancora: dopo 30 anni di carcere è assai probabile
chel'organizzazione camorrista alla quale avevo aderito sia stata scalzata da
altra organizzazione, che quello che sapevo allora non sia più utile alla
Giustizia. Ho buone ragioni per ritenere
che dei circa 1000 condannati al carcere ostativo solo una esigua minoranza,
quella dei capi bastone, tesse ancora le fila, ha ancora rapporti con gli
affiliati, comanda e minaccia. Ho buone
ragioni per ritenere che la stragrande maggioranza di coloro che non hanno collaborato 30 anni fa possono dar poco alla giustizia o peggio
inquinare le acque dell'accertamento dei fatti come ha fatto in passato qualche
sedicente “pentito”. L'impressione è
che la criminalità organizzata di oggi abbia ancora solide connivenze , che
stia prosperando ed estendendo la sua influenza, e che una parte della criminalità di ieri, sinceramente
pentita, paghi per pareggiare il conto.
La Corte Europea dei diritti dell'uomo ha già condannato
l'Italia per questo trattamento carcerario equiparato alla tortura (ti torturo
finché non parli).
Associazioni di sostegno ai detenuti come “Antigone”ed
esponenti del mondo politico sono impegnati in questi giorni per l
'approvazione dell'amnistia, un atto doveroso nei confronti di chi vive una
condizione carceraria intollerabile. Forse il Papa , forse anche il Presidente
della Repubblica andranno in un carcere nel giorno di Natale, forse verrà
approvata l'amnistia, ma per quelli condannati al carcere ostativo non cambierà
nulla.
Quando Carmelo Musumeci che sta in carcere da 25 anni
racconta che accompagnando un detenuto in infermeria ha potuto vedere un prato
e si è commosso, ho ripensato ad una riflessione estrema, paradossale che mi
venne guardando un tramonto sul mare :
se proprio volete essere sicuri che non scappino mettetegli le catene ai piedi,
come i condannati ai lavori forzati di un tempo, ma fategli vedere il mare.
Come si può costringere un uomo a vedere solo uno spicchio di cielo? E per
tutta la vita? Musumeci ed altri hanno
chiesto al Presidente della Repubblica di applicare a loro la pena di morte,
tanto la loro detenzione somiglia ad una lunga tortura che è come una morte
lenta. Michel Foucalt descrive bene l'evoluzione della pena da una primitiva
applicazione delle punizioni corporali
e torture fisiche alla tortura
psicologica dell'isolamento e annientamento della personalità. La Costituzione e le leggi affermano il
valore rieducativo e non punitivo della pena ma sono solo belle parole. Se si
prova ad immaginare quella condizione carceraria non può non venire in mente la
poesia di Primo Levi che introduce il suo romanzo autobiografico “Se questo è
un uomo”:
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo,
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi:
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.
Certo, Primo Levi si riferisce ad innocenti chiusi nel lager nazisti mentre noi
stiamo parlando di colpevoli di gravi reati. Ma, fatti gli opportuni distinguo,
il monito può essere ripetuto: voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case
avete idea di cos'è un carcere? Provate
ad immaginare che i reclusi siate voi, che la cella è molto piccola e fredda e passate lì la
maggior parte della vostra giornata, che un rumore di ferro vi accompagna di giorno e di notte , che sentite
le urla di chi non ce la fa o è in crisi di astinenza, che accompagnate in infermeria compagni di
sventura morenti e vi domandate perché devono morire lì dentro. E poi, con uno
sforzo di immaginazione maggiore, provate ad immaginare di doverci stare tutta
la vita. Non vi viene naturale pensare al monito di Primo Levi: “se questo è un
uomo”?
La riflessione è strettamente personale, attiene alla
visione del mondo che ognuno di noi.
Quando accenno a questi fatti resto sorpreso dalla reazione di tante persone di
sinistra che affermano risolute : “con questi bisogna gettare la chiave”. Ho
assistito due anni fa nel Cilento a Torre Velia ad una rappresentazione
teatrale di “Antigone”, la tragedia greca di Sofocle riproposta in forma di
processo. La storia, per chi non la ricorda, è quella di Antigone che
trasgredisce l'editto del Re Creonte seppellendo suo fratello Euridice che
aveva tramato contro lo Stato . La
giuria popolare era rappresentata dal pubblico e la giuria istituzionale
era formata da tre giuristi tra i quali il Presidente della Cassazione e il
prof. Tesauro che si sono prestati generosamente a far parte dello spettacolo.
La corte istituzionale assolve Antigone
con varie motivazioni sui diritti umani,
la giuria popolare anche, ma con un esito che mi lasciò sorpreso: ben 100 dei 300 spettatori la condannarono.
Diritto di Stato contrapposto a Diritti umani, Legalità contrapposta a
Giustizia. Credo che la maggior parte di
coloro che hanno condannato Antigone fossero di cultura laica. Il credente ha
pietà, condivide la sofferenza, è compassionevole mentre il laico è combattuto
tra la fede nell'uomo e la fede nello
Stato. Ma le battaglie della laicità non
nascono dalle ingiustizie e dalla privazione
della libertà? “ Giustizia e libertà” fu il nome che si diedero quei
combattenti laici della Resistenza che non avevano in simpatia la passione
hegeliana di tanti dittatori, di destra e di sinistra, per lo Stato come entità
superiore.
Ad affrontare in termini di reale giustizia la condizione
dei detenuti ostativi non sarà la destra, quella che vorrebbe armare i
cittadini contro la microcriminalità nascondendo lo stretto legame tra la
microcriminalità e quella
macrocriminalità di cui spesso è connivente. Tocca alla sinistra in primo luogo
e a tutti i sinceri democratici. Ma cosa pensa la “gente di sinistra”? E' una
domanda sulla quale sarebbe interessante aprire un dibattito.
Intanto chi è convinto di fare qualcosa subito può aderire
alla sottoscrizione di una proposta di legge di iniziativa popolare per
l'abolizione della pena dell'ergastolo andando su questo link: http://www.carmelomusumeci.com/ che
vede tra i primi firmatari la compianta Margherita Hack.
Mario Spada, Dicembre 2013
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