Translate

domenica 2 marzo 2014

IL DIBATTITO A SETTEMBRE AL BORGO SUL LIBRO DI FERDINANDO TERLIZZI

 

Il delitto di un Uomo normale

eticamente deviato

da una passione ignominosa

 

di Ferdinando TERLIZZI

Da sinistra: Terlizzi, Tontoli, De Simone, Ceniccola, Iannotti e Centore 




 

Settembre al Borgo

Casertavecchia

03 Settembre 2010




La documentazione degli atti è stata realizzata da:
SEDIVER srl – Via Ferrarecce, 181 – 81100 Caserta – Tel. 0823 324395  Fax 0823 279369
E-mail: info@sediver.it - www.sediver.it


 







S O M M A R I O

Raffaele CENICCOLA                                                                                     Pag        1

Avvocato Generale Corte di Cassazione
Gennaro IANNOTTI                                                                                           “          3
Avvocato
Franco TONDOLI                                                                                                “          9
Giornalista
Giornalista
Raffaele CENICCOLA                                                                                       “       11
Avvocato Generale Corte di Cassazione
Ciro CENTORE                                                                                                   “       12
Prof. Universitario Diritto Amministrativo
Michele DE SIMONE                                                                                         “       15
Giornalista
Raffaele CENICCOLA                                                                                       “       19
Avvocato Generale Corte di Cassazione
Ferdinando TERLIZZI                                                                                        “       20
Giornalista
 

 


AVV. CENICCOLA:
Innanzitutto un saluto a tutti voi che siete venuti qui per partecipare a questo incontro con l'autore, Ferdinando Terlizzi, autore di questa magnifica opera che peraltro è una riedizione, una seconda edizione, atteso che la prima è stata esaurita in poco tempo e questo già è una prova evidente del successo del libro stesso.
La vicenda è una vicenda che -peraltro- ricordo, come parecchi di voi ricordano, una vicenda che sconvolse l'opinione pubblica: un medico famoso e stimato professionista sfonda il cranio di un giovane, poi dopo lo pugnala al cuore, lo soffoca con un filo di ferro e infine lo getta dal ponte Annibale nel fiume Volturno.
Detta così la storia il lettore è indotto a pensare che si tratti naturalmente del solito romanzo giallo, siamo nel campo del noir pensa -in effetti- chi legge un libro di questo genere. Invece non è così perché Ferdinando Terlizzi non è un romanziere… è un cronista giudiziario e la storia che viene descritta con maestria in tutti i particolari è una storia vera accaduta a Santa Maria Capua Vetere nel 1960.
Ripeto, è una storia che parecchi di voi ricordano e vide una grande partecipazione di tutta l'opinione pubblica anche perché la famiglia Tafuri, cioè l'autore di questo gesto sanguinoso, era Aurelio Tafuri medico -come dicevo- e figlio di un farmacista; quindi una famiglia molto conosciuta a Santa Maria Capua Vetere.
Qual’è il pregio di questo libro? Il pregio di questo libro -a mio avviso- è quello di andare al di là della storia e fornirci anche una introspezione dei personaggi a partire dalla complessa personalità dell'autore dell'omicidio: "Un uomo normale" come dice il titolo, timorato di Dio, professionista affermato dalla complessa personalità; perché dopo aver commesso un gesto di questo genere fu arrestato, andò in carcere e la difesa tentò la carta che si cerca di giocare in questi casi, l'infermità mentale: "sei uno schizofrenico incapsulato", questa fu la tesi della difesa.
Ebbene, il Tafuri e anche la madre si opposero a tale ricostruzione e devo dire di più: per determinati meccanismi processuali -che non sto  qui ad illustrare perché entreremo nel Codice di Procedura Civile- sta di fatto che per alcuni di questi meccanismi processuali egli ebbe la possibilità di uscire e rifiutò di uscire dal carcere.
Questo a dimostrazione -in effetti- della complessità del personaggio e come in ogni uomo, il bene ed il male, qualche volta finiscono per mescolarsi in un miscuglio stranamente... e poco concepibile.
Ma non è solo lui il personaggio di questa storia, poi c'è la bella Annamaria Novi, così si chiama, Annamaria Novi, la causale del delitto, la quale viene descritta come una donna bellissima che approfitta della sua bellezza per -in qualche modo- arricchirsi e pare che abbia spillato anche parecchio danaro al Tafuri.
E poi il De Luca: De Luca è il giovanotto di 18 anni, Tafuri ne aveva 32 all'epoca... il De Luca che è la vittima e nel contempo compagno della Novi. Questi sono i personaggi.
Terlizzi cerca di spiegare tutto quello che c'è da spiegare, peraltro restano delle ombre, ombre che restano nonostante quattro giudizi.
Innanzitutto il movente, a parte questa scena, questo menage “à trois” che in qualche modo fa da sfondo a tutta questa vicenda, l'esatta causale non si è mai compresa, ci sono state più versioni. L'autore di questo gesto fu soltanto il Tafuri o ci furono dei complici? Nemmeno questo è stato accertato.
E peraltro guardando bene tutta la storia è anche un pochino complicato stabilire fin dove il Tafuri è l'assassino e quindi -nel contempo- il carnefice, fin dov'è vittima di un giro che in effetti fa da retroscena -in effetti- a tutta la vicenda, una squallida storia sessuale.
Io consiglierei di leggere questo libro ai giovani che di questa vicenda non sanno assolutamente nulla ma anche a quelli sono meno giovani, (audio e video bloccati)... questo fatto perché possono in qualche modo, attraverso il ricordo della vicenda rivivere quelle emozioni che il tempo ha in parte scolorito.
Per quanto riguarda l'autore io, ripeto, ne ho innanzitutto apprezzato lo stile secco, asciutto che in qualche modo agevola notevolmente la lettura, il libro è compendioso. Perché, in effetti, sono quei libri che quando inizia la lettura si è coinvolti in modo che si fa fatica a staccare lo sguardo dal libro soprattutto per quelli che non conoscono la vicenda e quindi, sapete, la curiosità di come va a finire.
Quindi io volevo innanzitutto in questa mia brevissima introduzione perché poi non voglio rubare spazio agli altri interventori che partecipano a questo cenacolo chiamiamolo così.
Io voglio dire grazie in effetti a Terlizzi per tutte queste emozioni che la lettura di questo magnifico libro suscita in tutti noi queste emozioni.
Sullo sfondo resta quello che forse è un interrogativo che accompagna l'umanità da quando è nata: chi è l'uomo? Questo sconosciuto?
E io mi fermo qui. Io direi, poiché i filoni del discorso sono due in effetti: quello di commentare il contenuto del libro e poi quello anche di dire qualcosa sull'autore che poi è il festeggiato in effetti. Quindi, io, direi prima di parlare del contenuto del libro e poi -dopo- dell'autore. In questo -diciamo- schema passerei la parola a Gennaro Iannotti, Avvocato penalista, che ci dirà le sue impressioni, le sue riflessioni che ha tratto dalla lettura di questo magnifico libro. 

AVV. IANNOTTI: 
io, a differenza del Terlizzi, spero di dimostrare il dono della sintesi e quindi non vi tedierò oltre modo. Il Presidente dice che io devo dire grazie a Terlizzi ma da Avvocato giovane, da Avvocato normale quale mi sento, perché -poi- cercherò anche di spiegare perché Iannotti e non per esempio immaginerei gli eredi di quella che è stata la tradizione forense sammaritana che Terlizzi ha celebrato nel libro.
Dicevo il grazie a Terlizzi, grazie a Terlizzi perché questo libro è stato, al di là della vicenda che egli cerca di non narrare, ma di raccontare perché non troverete un romanzo in questo libro; perché questo libro per chi l'ha letto, ma anche per i tanti che mi auguro lo leggeranno, rappresenta un vero digesto per gli operatori del diritto e un racconto di una dovizia di particolari veramente straordinaria.
Dicevo grazie a Terlizzi perché Terlizzi dev'essere uno stimolo per l'avvocatura sammaritana che ancora non ha prodotto un testo rievocativo delle sue grandi figure giuridiche.
Cioè, nel libro di Terlizzi è compendiato un secolo dell'avvocatura napoletana e sammaritana e non a caso Terlizzi riporta l'arringa sia del grande, del maestro, dell'imbattibile, dell'irripetibile non ho aggettivi per qualificarlo, il grandissimo Alfredo De Marsico ma dell'altrettanto grande... di questi due... No, l'arringa di (incomprensibile) non è riportato perché -poi- lo seguì solo nella vicenda di appello che fu il vero successo di Tafuri perché nella sentenza di appello gli fu riconosciuta la semi infermità.
Quindi, un grazie a Terlizzi. Però Terlizzi, e questa è una critica che gli voglio muovere, rievoca un modello di Avvocato che non esiste più. Cioè, l'arringa che Terlizzi riporta sia di De Marsico che di Altavilla e i due passaggi che Terlizzi fa sia dell'Avvocato Martucci che del geometrico Garofalo rappresenta un modello di Avvocato che non esiste.
Però io ritengo e credo che non si possa parlare di futuro dell'avvocatura se l'avvocatura non riscopre questa grandissima tradizione forense.
Quando Terlizzi fa la critica agli Avvocati perché, poi, io mi sono sentito preso nella dignità di difensore quando dice che oggi in Corte D'Assise ci sono una miriade Avvocati ignoranti. Può darsi che ha ragione, i se con il condizionale volano, la demolizione del congiuntivo imperversa sovrana.
Però, professore, oggi la centralità del processo non è più l'arringa ma è la cross examination, cioè la formazione della prova in dibattimento.
Quindi, oggi, la grandezza dell'Avvocato -dice un grandissimo Avvocato americano-  si misura  nella misura in cui egli sa rappresentare una generazione di testimoni. Cioè oggi mentre prima, e il Terlizzi lo fa in maniera formidabile, riporta il conflitto tra la Parte Civile e l'accusa e i difensori dell'imputato dove aleggia la figura di Putaturo, il Procuratore Generale, il collega del Presidente Ceniccola, dove Terlizzi gli riconosce quasi una funzione paternalistica al Putaturo. Cioè mentre lui fa una <<chiavica>>, uso questa espressione -mi scusi- ma il libro è pieno di parolacce e quindi mi sento legittimato a dire: "fa una chiavica".
La Novi, per esempio, la vis demolitrice di Terlizzi sulla Novi... perché poi mi sono chiesto, Presidente: "ma per chi tifa Terlizzi?", Terlizzi tifa per Tafuri, lui dice di no, alla fine del capitolo dice: "io voglio rimanere asettico, voglio raccontare perché faccio il giornalista"... però secondo me Terlizzi, alla fine, lo irride qualche volta, lo irride talvolta.
Poi mi correggerà lui perché...


Lo considera in parte vittima del giro…

AVV. IANNOTTI
Si mi dice lei quando mi devo fermare… io sto dicendo… ecco parlo per il rpofondo affetto che nutro nei confronti del professore… perché ho l’onore di conoscerlo da otto anni, quindi… e mi onora della sua amicizia e della sua fiducia professionale…
Dicevo, quindi, e anche la Vorino quando dice le indagini difensive, le indagini difensive sono un fatto chimerico; oggi immaginatevi questo processo fatto dopo l'88, quindi dopo l'entrata in vigore del nuovo Codice, con il contraddittorio, quindi con il controesame fatto dai difensori, da questi maestri della giurisprudenza, come sarebbe potuto essere.
Quindi, questo è il grazie che io do al Terlizzi come giovane Avvocato, come Avvocato normale, di aver rievocato le grandi figure e aver restituito grande dignità perché -attenzione- l'avvocatura sammaritana è stata colpita da Saviano dicendo pubblicamente su dei quotidiani: "non frequentate i figli..."... e ci sono parecchi Avvocati tra cui anche l'Avvocato Russo e l'Avvocato Gravino.
Noi ci siamo difesi e abbiamo organizzato quel grande convegno, Biagio me ne è testimone, sulla dignità.
Ecco, noi siamo... e non solo vedo tanti Avvocati presenti che sono dei fiori all'occhiello del nostro Foro, c’è l'Avvocato Russo, l'Avvocato Gravino.... mi scuso se... ma noi siamo i figli di questa avvocatura, che Terlizzi rievoca e quindi io gli devo dire grazie.
C'è anche il professore Centore, che è un altro illustre esponente dell'avvocatura sammaritana. Gli dobbiamo dire grazie per questo, perché noi siamo figli di quell'avvocatura.
Però è un'avvocatura che deve guardare al futuro, perché oggi l'arringa... anzi, c'è una statistica e mi correggerà il presidente Ceniccola: l'arringa -oggi- del difensore... è stato fatto fare un quesito ai Magistrati, un quesito dal CSM, che dice che influisce il 7 per cento. Perché -oggi- il vero momento centrale del processo... oggi la causa si vince nel momento in cui io riesco a demolire il teste. Invece... e poi noi, che non sappiamo fare il controesame, ma neanche i Pubblici Ministero lo sanno fare il controesame, parla (incomprensibile)  della Cassazione.
Perché siamo figli di questa grandissima tradizione di interpretazione della prova, il dominio dell'eloquenza; non abbiamo la grandissima tradizione anglo-americana dei barrister sulla cross examination.
Quindi, noi,  paghiamo i grandi periodi di interpretazione della prova perché ci troviamo... avendo poi a che fare da appena 20 anni con l'istituto della cross examination per cui abbiamo le nostre difficoltà.
Voglio, se mi è consentito, se non sono fuori tempo poi mi tolga la parola quando vuole perché i Magistrati tolgono anche la parola -a volte a ragione a volte a torto- comunque a volte li dobbiamo subire.
Quindi, dicevamo, Tafuri… un uomo normale, Tafuri non è un uomo normale. Vedete, oggi  Tafuri avrebbe subìto un altro tipo di processo, abbiamo detto, perché ci sarebbe stato il contraddittorio, le indagini difensive, come dice la Vorino, però all'epoca Tafuri fu giudicato da un Codice Penale che per quanto ancora in vigore fu giudicato da un Codice che considerava l'infermità solo da un punto di vista biopsichiatrico.
Cioè a norma degli articoli 88 e 89 io posso essere dichiarato non imputabile o semiimputabile, diciamo così, una soluzione un po' italiana, perché sebbene il Codice fosse stato scritto nel 1930 anche lì c'erano delle soluzioni di compromesso, perché per la scienza o si è malati o si è sani; la soluzione che poi riuscì a trovare il grandissimo Alfredo Rocco fu una soluzione di compromesso che poi ci hanno copiato vari Paesi europei, sull'istituto della seminfermità, che comporta una riduzione importante della pena.
Riduzione della pena che poi il Tafuri riuscì ad ottenere in Appello, nominando il di lì a poco Presidente della Repubblica "mitraglietta" Leone, che è anche una gloriosa... Terlizzi mi ha stupito... detto "mitraglietta", io non lo sapevo, ma mi sono rivisto in questa affermazione, perché ho un ricordo del Presidente Leone, l'ho conosciuto quando era senatore di diritto a vita, perché poi il suo manuale, con il nuovo Codice, fu in disuso, però è stato un grande esponente dell'Avvocatura, un grande professore, soprattutto, di Procedura Penale...
Bene, oggi, invece, le sezioni della Cassazione, gennaio del 2005, e ne volevo parlare proprio con il professore, hanno riconosciuto che anche il grave turbamento psichico, le turbe psichiche da cui Tafuri era affetto, perché sia in sentenza sia il Collegio peritale, che i consulenti di Parte del Tafuri, riconoscono che egli era affetto da un grave disturbo psichiatrico, Tafuri era un autistico... 

Intervento fuori campo:
schizofrenico incapsulato... 


no, schizofrenico incapsulato lo sosteneva la Difesa.
Nella sentenza, che Terlizzi brillantemente riporta integralmente, la sentenza di primo grado, che è scritta benissimo... io ho riletto quella sentenza, pensavo fosse scritta in un italiano arcaico.
Ma veramente, il Presidente Santelia, non so se è vivo ancora... ma è scritta in un italiano perfetto, sintetico, veramente sembra scritta da un giovane uditore... 

Intervento senza microfono. 

AVV. IANNOTTI:
no, no, io sull'italiano... però devo finire, mi dica lei quando devo tacere.
La Cassazione a gennaio del 2005 ha poi... probabilmente con il disturbo da cui era affetto il Tafuri egli ben avrebbe potuto beneficiare di una riduzione della pena. 
Le attenuanti generiche comunque gli furono concesse per queste turbe psichiche di cui egli era portatore, motivate anche in un certo modo, dove poi il Collegio giudicante, la Corte d'Assise, riconosce una certa attendibilità alla causale altruistica; poi quando leggerete il libro vedrete, vi appassionerete al tema del delitto altruistico di Tafuri, perché poi il Tafuri alla fine è normale nella misura in cui cerca quello che i Greci chiamavano l'eudemonia, cioè segui il demonio che è in te. Questa è stata secondo me la causale che poi ha ispirato il Tafuri a commettere quel delitto, quindi normale nella misura in cui la scienza dell'epoca, perché poi sono passati anche quaranta anni e la Criminologia ha subìto delle influenze anche sotto il profilo sociologico e psicologico, perché all'epoca, vi ripeto, nel 1930, o si è infermi o si è sani, c'è una concezione biopsichiatrica della Criminologia dell'epoca, e quindi ritengo che il professore Terlizzi abbia fatto un grande lavoro.
Questo libro, poi, mi lascia anche una speranza, cioè io spero veramente di cuore, e lo auguro a tutti voi presenti, che a 73 anni siamo in grado di scrivere 551 pagine come fa il professore Terlizzi.
(Applausi). 


AVV. CENICCOLA:
vorrei fare un'ulteriore riflessione: qual è l'atteggiamento della società civile al cospetto di delitti estremamente efferati come questo? È quello in qualche modo di prendere le distanze dall'autore, quasi cacciarlo fuori dall'umanità. Si dice: "tu sei un mostro, tu sei un pazzo". È sconvolgente, leggendo questo libro. Che poi, attenzione, qui l'omicida non è né un pazzo, né un mostro. È uno di noi. È l'amico della porta accanto, è un uomo normale, come dice il titolo. Questo è sconvolgente.
L'avvocato, penalista, i problemi vanno visti naturalmente sotto varie angolazioni, ovviamente si è soffermato, come doveva fare, sul processo. Checché ne pensiate, il processo costituisce un unico sistema di ricerca autentica della verità.
Ci sono due vie per raggiungere la verità: quella di una persona che è depositaria della verità, e questa è una via che noi cancelliamo immediatamente, e l'altra via, quella ottimale, è la ricerca della verità attraverso la contrapposizione delle tesi, è la verità che si cerca nel processo. È bello, questo.
La Difesa dipinge l'omicida recuperandolo nella sua umanità. Sì, ha commesso questo, però è stato vittima di questo, di quell'altro, etc., praticamente non è più un mostro, viene recuperato nell'umanità proprio secondo la prospettazione della Difesa.
Il Pubblico Ministero, dall'altra parte, prospetta un altro spicchio della verità. Pone in evidenza quanto di male c'è nell'omicidio, perché in ogni uomo c'è del bene e c'è del male. E nel gioco delle Parti processuali ciascuno fa la sua parte. 

AVV. IANNOTTI:
mi scusi, Presidente, mi fa dire una cosa che ho dimenticato, ma che dovevo dire? 

AVV. CENICCOLA::
prego, per carità! 

AVV. IANNOTTI:
il ruolo del difensore è sempre il ruolo più difficile, giudicati da tutti, il conflitto tra il difensore, l'imputato e la madre dell'imputato. Il libro di Terlizzi, attuale, per noi giovani avvocati... perché ci rendiamo conto che alla fine l'avvocato ha sempre gli stessi problemi... il peggiore nemico dell'avvocato diventa il cliente, l'avvocato che si batte per l'infermità, l'imputato che dice "io non voglio essere dichiarato infermo, non voglio essere dichiarato pazzo"; la madre, che è stata poi secondo me una delle cause dei disturbi psicotici del Tafuri, che dice: "no, mio figlio meglio l'ergastolo, ma mai pazzo"... quindi tutti i colleghi presenti si rivedono nel libro di Terlizzi perché noi siamo giudicati da tutti, perché mentre il Giudice è giudicato solo dall'imputato, dai colleghi, noi invece siamo giudicati da tutti: dal Magistrato che vede se sei bravo o no, dal Pubblico Ministero che vede se sei onesto o disonesto, e dal cliente che dice se soddisfi o meno le esigenze sue personali e non processuali. Scusate se ho fatto questa interruzione, ma... 


AVV. CENICCOLA:
adesso vediamo cosa ne pensa questo libro il dottore Franco Tondoli, che è giornalista del Corriere del Mezzogiorno e Corriere della Sera. 
già in occasione della prima edizione e facendo la tara su tutto quello che di buono possa dire di un amico carissimo, al di là di ogni piaggeria di occasione, questo Guerra e Pace, che sta davanti, I Miserabili, etc., io lo lessi con particolare piacere... Il timbro con cui mi esprimo sarà anche finalizzato a dire: "accattatavillo", e poi, successivamente, leggetelo pure, perché io ho rivisto, come in un filmato riavvolto all'incontrario, delle personali vicende prima da lettore e poi di allora neogiornalista. 

Intervento fuori campo:
ma già eri nato nel ‘60? 


Dott. TONDOLI:

certo. Nel 1960 questo grande avvenimento di cui si parlava, ma non si sentiva... e si leggeva nei due quotidiani di allora, tra Caserta e provincia, Il Mattino e il Roma... e non si vedeva per televisione... anche qui faccio un inciso: figuratevi Bruno Vespa che si è perso con questo avvenimento! Chissà quanti plastici del fiume Volturno!
E quindi si parlava, si bisbigliava, il grande scandalo, il grande fatto di un esponente di una famiglia famosissima, a Santa Maria Capua Vetere, e di riflesso anche a Caserta, autore di questo delitto efferatissimo.
Poi che succede? Nel 1962, quando ho cominciato a scrivere su qualche giornale, ho cominciato con Mimmo De Simone sui giornaletti scolastici, aperta e chiusa parentesi, nel 1962 io comincio a fare il giornalista su un giornale settimanale, dall'apparenza di quotidiano, che si chiamava "La Vita del Mezzogiorno", stampato nelle grafiche Elio Beato a Santa Maria Capua Vetere.
Una volta alla settimana l'ansietà, l'esperienza, con un altro carissimo amico, Enzo Perna, andavamo a Santa Maria a ritirare le prime copie. A me servivano per documentare l'accredito alla Casertana, allora era presidente l’avvocato Bernardo (o simile), per essere dotato del tesserino di ingresso, e poi l'ansietà di vedere la firma sul giornale.
Ogni volta, siamo nel 1962, il processo cominciava... e allora lì era un circolo pure, quella tipografia, avvocati, vari personaggi, vari operatori di Giustizia in seno al Tribunale, non si faceva che parlare di questo processo. Ma parlare adesso al bar sport, come si fa adesso, del calcio o di tutte quelle cose che ne derivano, per televisione... non era proprio niente!
Se pensate solamente allo spiegamento di avvocati, Parte Civile, Difesa, due squadre, roba da Coppa dei Campioni, e poi di riflesso questa storia con quei risvolti molto immaginari, molto amplificati, molto spettegolati, su questo caso che allora aveva fatto epoca. Anni dopo io incrocio nuovamente in questa storia, perché... e ora faccio una riflessione: chissà se rapportata ai giorni nostri, e illustrata con le persone di quei tempi, per televisione, sminuzzati, quanti traumi potesse causare.
La madre di mia moglie, mia suocera, amicissima della mamma di Aurelio, insegnante, faceva ripetizioni ad Aurelio, al liceo, a settembre, quella che si chiamava la "rinfrescata", prima di andare al liceo; e poi per gli esami di maturità.
Mia suocera raccontava con gelo di avere ricevuto la sera in cui.... il pomeriggio, a mezzogiorno, Aurelio si costituisce, la telefonata della mamma di Aurelio dicendole drammaticamente: "Maria, mio figlio", non Aurelio, quasi come... "ha ucciso un uomo".
La stessa parola che è la stessa frase con cui Aurelio si costituisce ai due marescialli che, figuratevi, il medico del carcere che si va a costituire... "ho ucciso un uomo".
È una frase da tragedia greca. Lapidaria.
Poi, successivamente, ritrovo quegli ambienti e questi racconti nel libro   di Ferdinando, che è appassionante. Sabato e domenica scorsi, 29 e 30, il Corriere della Sera, ha dedicato due pagine, e Repubblica solo il giorno 29 agosto, una pagina intera, al delitto Casati Stampa, che ha molte analogie con questo tipo... addirittura nel quarantennale, come se fosse una data da centocinquantenario della Unità Italiana, insomma.
E pure allora, come per dire questo tipo di... ci sono molte analogie, anche qui una psicopatia di un medico neurologo, neuropsichiatra, che come Aurelio uccise... lui fece l'ambo, moglie e amante, Aurelio, ma perché li aveva uccisi?
Perché la donna del Casati, come di Aurelio, si era accorto che si era innamorato dell'amante. Li aveva uccisi per questo fatto sentimentale, perché poi per il resto Aurelio Tafuri, come il marchese Casati Stampa, godevano in proprio degli accoppiamenti che loro stessi procuravano alle rispettive compagne.
Ecco queste deviazioni, queste psicopatie... chissà Bruno Vespa come se la sarebbe cavata, qui!
E questo era il fascino... io non vorrei essere certamente frainteso, ma il fascino, la nobiltà, di quel tipo di efferatezza, rispetto ad altre efferatezze di tipo quotidiano, che si ammazza per una conoscenza chattata, o per essere messo.... etc. etc. etc., anche i delitti hanno una loro dignità, e questo qui lo aveva proprio per queste retrospettive, etc. etc., i contorni, e poi la società di allora e la società di oggi.
Adesso sarebbe stata bruciata probabilmente l'essenza di questo fatto. Immaginate i giornali, a chi mette da sopra!
Se anche Ferdinando confessa a nome di tutti noi, in questa sua spontaneità, che quando era stato costretto a scrivere, a scrivere, a scrivere, come la Divina Commedia, sempre su questo fatto, per il Roma, si ritrovava il capo servizio, Scandone... "Ferdinando, 60 righe!", e lui, su una mezza parola scambiata, la cita con il difensore... altre storie, e il giornale vendeva. Io ricordo bene che esistevano il Roma e Il Mattino, e poi c'era Crime and Detective, che era un giornale in bianco e nero, che portava quello che oggi portano tutti gli altri giornali... lo si fa in carta patinata... tutti i crimini.
Quindi non era.... una sorta di volere conoscere, di volere sapere, così come oggi lui ha riassunto tutto e io mi sono ritrovato a chiedere a me stesso, come lettore, in questo caso, non da giornalista: ma è pruderia, la mia? È sindrome da buco della serratura? Perché il racconto è appassionante.
Tutto questo indipendentemente dai caffè che mi dovrà continuare ad offrire, perché ce lo stiamo vendendo, Ferdinando Terlizzi, per questa sua capacità.... lo conosco dal 1964.
Sempre così esuberante, pimpante, rodomonte, guascone, lancia in resta, etc. etc. E qualcosa la troverete nell'appendice, di quello che si è "fidato" di fare, uscendone con una bandiera di resurrezione sventolante. Seconda edizione. L'augurio è di celebrare la terza.
(Applausi). 

Dott. TERLIZZI:
vorrei fare una piccola anticipazione: la terza edizione porterà la postfazione del Presidente Cennicola. L'abbiamo investita, eh!
Con Tafuri abbiamo preso dei contatti, a Santa Maria, lo presenteremo con il protagonista, con Tafuri, sarà una cosa tra TG3, TG1, TG4, faremo venire pure Vespa, a Santa Maria. 

ma chissà se Vespa è interessato a questo caso. Non ci sono collegamenti con Berlusconi! Ringraziamo comunque il dottore Tondoli, mi pare che egli abbia guardato attraverso il buco della serratura, ma in un modo estremamente fattivo e intelligente, cioè come questa tragedia è stata vissuta da parte della famiglia del Tafuri. E mi sembra questo l'aspetto sicuramente più importante e interessante del suo discorso.
Ora abbandoniamo il libro e focalizziamo l'attenzione sul suo autore, e in questa ottica cedo la parola all'avvocato Ciro Centore. 

Avv. CENTORE:
io ringrazio per l'invito che mi è stato fatto. Quando mi è stato fatto, da Ferdinando, dico: "ma a quale titolo? Ti conosco da una vita!". Dice: "proprio perché mi conosci da una vita, devi intervenire".
Ci conosciamo effettivamente dal '50, dal '60, non lo so, siamo convissuti, siamo vissuti...
E nell'anno '60 Ferdinando Terlizzi, aiutante ufficiale giudiziario, prodigo di consigli, vulcanico, ricco di inventiva, mi ha dato una mano enorme per i primi passi della mia attività, su Napoli.
Dopodiché io facevo quello che dovevo fare, lui faceva altrettanto, e si correva o per il Tribunale, per Castel Capuano, per assistere, così, per diletto, per piacere... io non ho mai seguito la linea penalistica come attività professionale, però ero affascinato, come tutti credo… dalle arringhe, dai processi penali, perché lì c'è la vita, la morte, la passione. Quello che poi è il nostro humus. Particolarmente per chi viene dagli studi classici, mi permetto di dire, perché è affascinante, proprio questa tragedia che si rinnova di giorno in giorno, e che si rinnova particolarmente a livello di processi penali.
Per cui con Ferdinando, e dietro Ferdinando, entrambi i giovani nelle mezze ore, nelle ore che avevamo... o Castel Capuano o Santa Maria Capua Vetere.
Da questo ne debbo... anzi, l'ho sempre detto, ho detto che Ferdinando, un po' come Eduardo... Eduardo la maggior parte delle sue commedie o tragedie le ha tratte proprio dalla frequenza con Castel Capuano, lo dichiara lui. Ne rende testimonianza. Tratteggia determinati personaggi che noi rivediamo nei suoi scritti, nei suoi filmati. La grandezza di Eduardo. La grandezza di Eduardo è una grandezza certamente sua, ma è anche una raccolta. È stato un osservatore per eccellenza. E osservatore per eccellenza lo è stato sempre Ferdinando, per tutti i fatti della vita, e particolarmente per i fatti che avevano un'incidenza sull'uomo.
L'incidenza sull'uomo la raccoglieva proprio particolarmente dalla nera, dalle cronache di nera, e Ferdinando la raccoglieva non asetticamente, e credo che sia un riconoscimento unanime, particolarmente dagli amici Tondoli, De Simone, che hanno operato e operano nello stesso settore, ma Ferdinando ha proprio quella carica umana, fa propria, fa sua la tragedia alla quale assiste. E fa sua, non soltanto questa tragedia, ma la elabora. La elabora e viene fuori o con una saggezza inconsueta, infinita, o con delle battute che non vi trovate e ritrovate in nessun ambito.
Dico le battute per quale motivo? Perché vi disorienta per certe sue osservazioni, per certi suoi commenti, per cui, ecco, ha un qualcosa in più rispetto a un qualsiasi altro interlocutore.
Mio interlocutore è stato, non soltanto in occasione di questi processi vari, ma particolarmente in questo processo Tafuri, e adesso mi rivolgo in particolare a Franco e a Mimmo. Perché nel '60 chi è che non correva a Santa Maria Capua Vetere per assistere a questo processo che aveva questo grosso richiamo? E lo aveva per noi giovani, che frequentavamo un certo ambiente napoletano, a livello di sciocchezze... non so, la discoteca dell'epoca, mi auguro che molti di voi ricordino, la discoteca forse più osé era rappresentata dalla discoteca dei Damiani, sulla costa puteolana. E lì affioravano certi amori, leciti e illeciti. E anche questo entroterra napoletano ci colpiva. E ci colpiva questo entroterra napoletano, particolarmente per il delitto Tafuri, che maturò in quell'area flegrea, che comunque era un delitto che raccoglieva tutta una serie di passioni su cui è stato un bene che si sia messo un silenziatore, in senso buono, da parte della cronaca, perché coinvolgeva una buona fetta della borghesia, della società borghese dell'epoca.
Comunque, al di là di questa mia considerazione, di questo mio ricordo, il discorso sempre amicale, sentimentale, si trasferiva con questo processo... questo processo si è trasferito nelle aule di Santa Maria Capua Vetere, l'attuale sede della facoltà di Giurisprudenza aveva, ed ha, una aula magnifica, era proprio l'aula deputata a questi processi. I ricordi dell'epoca, a partire dal commesso di udienza, Ferdinando l'ha descritto in qualche altra vicenda, Gerardi, Gerardo... aiutami, un commesso dalla voce potente, possente, rappresentativo di una liturgia che certamente non si ritrova, oggi come oggi.
Noi avvocati abbiamo bisogno di microfoni. Proprio una liturgia. La Corte, alla quale parola tutti tacevamo, e ne veniva anche questa emozione auditiva, in rapporto al discorso delle... in rapporto particolarmente alle arringhe, agli interventi.
E anche questo affascinava e ha affascinato. E credo che questo fascino, prima di me, l'abbia proprio assunto e desunto proprio Ferdinando, in una serie di cronache fatte all'epoca e che certamente non sono trasferite nel libro.
Ma io ricordo che i fatti raccontati non erano fatti asettici, del tipo "ha parlato il professor De Marsico" citando... no, Ferdinando aggiungeva, insomma, sempre un qualche cosa che lui raccoglieva, ma che non era oggetto di fantasia. No.
Era una particolare battuta, un particolare inciso, per cui Ferdinando era uno scrittore e non lo dico per compiacere, per piaggeria, come si diceva da altri amici, ma perché effettivamente ha quella forza, quel polso da scrittore. E credo, diciamo così, che la testimonianza... peccato che sia intervenuta in tarda età, Ferdinando, ma non è mai troppo tardi. Perché quando noi leggevamo... 
Lello Terlizzi con i giornalisti Salvati e Cecere 


Intervento fuori campo:
guarda che siamo coetanei. 

sì, lo so bene, però tu sei più fresco di memorie, di idee, di entusiasmo, di tante cose. Io meno di te.
Non so, ecco, quando abbiamo preso lettura di Simenon, della Comitiva Umena di Balzac, cioè di questi grossi personaggi, io dico: ma in fin dei conti non è che a Ferdinando mancasse qualche cosa. Forse, sì, non c'è stata quella... 

Intervento fuori campo:
non ha avuto tempo. 

Dott. SENTORE:
non lo so. Ecco, doveva trasferire quei singoli fatti, quelle singole scritture, quei singoli articoli, subito in una elaborazione molto più ampia, di grande respiro, per cui, diciamo così, dico con ritardo Ferdinando... questi sono i ricordi, fatti all'impronta.
Mi fa piacere, poi, e dico l'ultima, non aggiungo altro, che ci sia il richiamo di tantissimi amici, ma di tante personalità della nostra terra. Ne ricordo uno per tutti: l'amatissimo Alfonso Martucci. Alfonso Martucci, giovane come eravamo noi, ci affascinava. Chi di voi non ha avuto la... di ascoltarlo? Ecco, io dico che probabilmente è uno degli ultimi oratori, ma non di quella eloquenza formalistica, no, ma di quella passione, ritrovata soltanto nei grandi testi classici greci o... o lì per lì. Ecco, e il ricordo è stato bellissimo, sia pure con piccoli interventi.
Probabilmente questo libro potrebbe essere di stimolo a chi ama un particolare spaccato di vita, di riandare, così come ha fatto Ferdinando, per lo spaccato di vita o professionale o di carattere giuridico, giudiziario... ecco, di riandare agli archivi, di riandare come ha fatto Ferdinando a ritrovare i vari dossier, i vari fascicoli, le varie arringhe. Perché questa è la vita alla quale bisogna affacciarsi.
E credo che al di là proprio del contributo che Ferdinando... Ferdinando dice: "leggetelo perché questo vi aiuta per tante cose". Io dico: questo testo di Ferdinando vi aiuta proprio a ritrovare la vostra vita, come esperienza intima.
E quindi non tutto, ecco, Ferdinando, io ho letto di questo tuo testo, ma non ho potuto fare altro se non ricordare a me stesso che comunque era una vicenda che già io conoscevo, anni che io conoscevo, scrittura che già conoscevo. E me ne sono compiaciuto.
(Applausi). 

Avv. CENICCOLA:
Si può fare il cronista giudiziario in vario modo. Quello che emerge dalle parole dell'avvocato Centore è che Terlizzi non è un podografo, non si limita a riportare le cose così come accadute, ma è un commentatore, è uno che ci mette del proprio, che sa fare della introspezione dei personaggi della vicenda, e quindi credo che questo sicuramente è il migliore complimento che si possa fare a un cronista giudiziario.
Detto questo, passo la parola, e quindi poi chiudo il lavoro, ma poi sentiremo anche, credo, l'autore... anche perché voglio sapere se l'abbiamo azzeccato o finora abbiamo detto una serie di sciocchezze tutti quanti. Perché poi è lui l'arbitro del giudizio finale. Quindi io passo la parola al dottore Mimmo De Simone.
(Applausi). 

io vorrei innanzitutto dire una cosa, come Presidente dell'associazione stampa e come vecchio giornalista, capo della redazione de Il Mattino, di Caserta, che ho seguito il mondo della stampa da almeno 40 anni. Voglio sottolineare una atipicità del mondo giornalistico casertano: il fatto che il Tribunale non fosse nel capoluogo ha creato una generazione di giornalisti giudiziari che sono tutti sammaritani. Ne abbiamo qui anche altri, Salvati, Prospero Cecere, ma voglio ricordare Antonio Cassino, Antonio Tagliacozzi, Giovanni Tassone, è una situazione atipica di questo Tribunale, che aveva tutti corrispondenti locali che si occupavano della... e noi che eravamo a Caserta, nelle redazioni centrali, ce ne occupavamo poco del Tribunale, perché per occuparsi bisogna viverla, la vita.
E quindi per noi anche le notizie giudiziarie, e Terlizzi in un passaggio critica un po' le redazioni dei giornali, erano notizie di secondo livello, diciamo così, perché non le vivevamo noi giornalisti qui a Caserta, mentre invece loro, con grande passione, i nostri collaboratori dei vari giornali, da Santa Maria Capua Vetere, imponevano delle volte queste notizie con i loro scoop, la loro brillantezza, la loro documentazione.
È una situazione atipica che per tanti anni è andata avanti e che ha creato dei fenomeni come Ferdinando Terlizzi, il quale ha attraversato tutto il mondo della giustizia, dentro e fuori, perché alla fine uno, quando fa tutto l'arco, a 360 gradi, se è andato   talmente a destra poi si ritrova a sinistra. Nella politica capita, però capita anche in chi si occupa di certi settori.
Quindi effettivamente possiamo dire che Ferdinando è proprio l'esemplare di questo giornalismo giudiziario che ha dato nobiltà anche a questo settore, perché poi i giornali... ci sono delle ere storiche nei giornali, ci sono dei momenti in cui di queste cose i giornali se ne disinteressano, oppure mettono notizie a una colonna.
Io mi ricordo che all'epoca mia se succedeva un omicidio, si metteva su due colonne. Adesso un omicidio apre il giornale o apre la notizia di cronaca nera, apre il telegiornale. Voi vedete tutti i telegiornali che oggi amplificano le notizie di cronaca nera, perché sono quelle che colpiscono l'audience, cioè il lettore si sente colpito.
Tutte le trasmissioni, i talk show, fanno... lo diceva Franco Tondoli, Bruno Vespa... ma dico Matrix, anche, e vi siete accorti che ci sono delle trasmissioni oggi, nelle televisioni, di alto gradimento, come Un Giorno in Pretura, che è condotto dalla collega Franca Leosini, che è di Napoli; Storie Maledette; Amori Criminali, che è un'ultima trasmissione che si occupa di delitti con le donne per casi di amore... e tu mi pare che hai un libro in preparazione, Donne e Delitti, che stiamo aspettando.
Poi c'è Quarto Grado, su Retequattro, con Salvo Sottile. Voglio dire, questo attuale momento dell'informazione, anche televisiva, ma pure giornalistica... Franco ha ricordato che il Corriere della Sera... va beh, lo fanno i giornali di solito in agosto, quando hanno poco da scrivere, e quindi ricordano tutti questi grandi delitti che ritornano, e magari non sono stati risolti, vi ricordo il caso di via Poma, che ogni estate torna con pagine e pagine; Emanuela Orlandi, il sequestro di Emanuela Orlandi, per non dire di come un caso Tafuri, come diceva Franco prima, sarebbe assurto alle cronache di Bruno Vespa o di Matrix come il delitto di Cogne o quello di Erba.
Quindi, voglio dire, Terlizzi ci ha dato un lavoro che è proprio attinente al momento storico in cui viviamo, cioè la gente ha fame di sapere notizie... il noir, diceva il Presidente prima, oggi fa tantissima notizia e fa soprattutto audience in televisione e sui giornali.
Un lavoro, quello fatto da Ferdinando, che è un lavoro eccezionale, perché lui ha raccolto minuziosamente tutto, anche i foglietti magari con gli appunti che gli avvocati pigliavano durante le udienze, e poi io sono proprio meravigliato di questa sua precisione nel citare i nomi di tutti, anche i secondini, i portieri, gli agenti della Stradale! Io ricordo uno che lui ha citato, Italo Petrucci, che io conosco, che sta citato, che aveva fermato... 

Intervento fuori campo:
che non si accorse del cadavere. 

Dott. DE SIMONE:
che non si accorse del cadavere. Glielo dirò. Allora, voglio dire, un lavoro del genere è un lavoro veramente eccezionale, di ricerca, di precisione e inconfutabile. Qualcuno ha detto prima digesto, io lo definirei però un po' “indigesto” perché tra l'altro Terlizzi, con il suo linguaggio non troppo forbito, a volte, per la verità, dà delle "staccarate", come suol dirsi, a tutto e a tutti. Io non lo so, Ferdinando, quante querele avrai da questo libro, ma sicuramente.... l'avvocato Iannotti è pronto a difenderti, però ce ne saranno sicuramente. Ma questo a te... 

Dott. TERLIZZI:
è curriculum... 

Dott. DE SIMONE:
sono tutti bottoni che ti metti qui. Il delitto di un uomo normale è veramente un caso atipico, devo dire io, perché rispetto ad altri delitti che sono dei misteri, dei gialli, questo alla fine era un delitto semplicissimo, perché quello ha confessato.
Non c'è stato grande artificio, indagine, poi il corpo è stato ritrovato, etc., però quello che ha colpito di questa vicenda è tutto il discorso pruriginoso dell'epoca.
Non ci dimentichiamo che noi ci troviamo nel 2010, sono passati esattamente 50 anni dal delitto e questo è un anno di ricorrenza, i 40 anni del Settembre al Borgo, i 50 anni del delitto Tafuri, che diciamo fa impressione perché rientra un po' in quello schema della sceneggiata napoletana a cui tutti noi siamo abituati: "isso, essa e 'o malamente". Questo invece è isso, Tafuri, isso, De Luca, e 'a malamente, che è Annamaria Novi.
Quindi diciamo che questa sceneggiata napoletana, che andrebbe benissimo in una sceneggiata, a teatro, non so se Mario Merola ci ha mai pensato, questa era proprio perfetta,  per un'epoca che poi era abituata allora a nascondere questo tipo di vita, infatti la vita di Aurelio Tafuri, la vita peccaminosa, diciamo così, raccontata da Ferdinando, inizia sempre alle ore 20:00. Parte e va a Napoli, dove tra il Trocadero… i ristoranti…, tutti quei luoghi della perdizione, di quella “payton place” dell'epoca, dove tutti questi paesani, diciamo così, chiamiamoli provinciali, che partivano da questi centri della periferia, Santa Maria, anche Caserta, andavano a Napoli in questi peccaminosi locali che erano quei due, il Lloyd e il Trocadero, dove c'erano le famose "ragazze facili".
E Ferdinando, con questi suoi approfondimenti, fa uno spaccato della vita dell'epoca. Tra l'altro delle volte nei capitoli del suo volume ci sono delle digressioni su fatti della politica, fatti di storia locale, fatti personali, che tutto sommato completano questo puzzle di sensazioni, di emozioni e di scenario. Cioè lui dipinge un grande affresco, Ferdinando, in cui colloca questa storia, che da questo viene sicuramente esaltata, nobilitata nei personaggi che lui tra l'altro conosce benissimo. Il locale dove lavorava il padre è a un passo dalla farmacia Tafuri, quindi si sente una pienezza di sensazioni, di rapporti, sia pure così di vicinato, con la famiglia Tafuri. Ecco, però il fatto che questo libro a cinquanta anni di distanza si legge con tale piacere, come l'ho letto io e come gli altri amici che l'hanno letto hanno sottolineato, significa che è un libro... Franco diceva Guerra e Pace. Io Guerra e Pace me lo leggo ogni dieci anni, per esempio, e lo ritrovo sempre valido, così, tanto per parlare di libri ponderosi, come l'Ulisse di Joyce, che tu hai citato pure... 

Dott. TERLIZZI:
sì, per un fatto di donne. 
Dott. DE SIMONE:
per un fatto di donne, vedi che l'ho letto bene?! E che è uno di quei libri che si leggono pure a cinquanta anni di distanza dall'episodio, e danno il piacere della lettura e soprattutto della documentazione. Perché il problema di fondo è la documentazione. È inoppugnabile quello che dice Ferdinando, perché cita i documenti originali. E anche quando dà delle bordate pesanti, sia ad ambienti della Magistratura che delle Forze dell'Ordine, lui è documentato. Infatti quando gli ho detto: "Ferdinando, guarda che ti arriva qualche querela", lui ha detto: "no, io sto parato perché c'è questa sentenza della Corte di Cassazione che dice che invece.…...etc. etc.”. Io mi auguro e ti auguro, soprattutto, di completare i tuoi libri, questa trilogia che tu hai, questo libro
Donne e Delitti, e Il Kriminale, Carriera di un Kriminale, con la K, come Kossiga. Quindi, voglio dire, come Kossiga, tu sei stato un grande picconatore.

una raccomandazione a Ferdinando, innanzitutto. Non fa bene alla salute parlare male dei giornalisti. 

Dott. TERLIZZI:
ma nemmeno dei Magistrati, se è per questo.

Dott.CENICCOLA:
è ancora peggio.
 
Dott. DE SIMONE:
se vogliamo, dei finanzieri... mamma mia! 

Dott. TERLIZZI:
Presidente, una conclusione a Voi e poi... 

Dott. CENICCOLA:
mi pare che l'intervento di Mimmo De Simone, da Presidente dei giornalisti casertani, ha dato veramente degli spunti molto interessanti.
Diceva perché la società in effetti segue con tanto interesse i processi, ha fatto riferimento a varie trasmissioni televisive. Qui c'è il fatto pruriginoso che potrebbe essere un motivo in più, ma credo che in effetti poiché vengono seguiti con attenzione anche quei processi, quei fatti di cronaca dove non c'è l'aspetto pruriginoso, credo che tutto sommato i cittadini seguono il processo perché il processo è un aspetto della vita quotidiana, e soprattutto, proprio perché ormai è stata abbandonata quella visione che l'omicida è il mostro, è uno che sta fuori dall'umanità, resta un pochino spaventato, in qualche modo, e vuole capire come uno di loro, un uomo normale, come dice il libro, può arrivare a tanto, a commettere in effetti degli omicidi così efferati.
Detto questo, adesso secondo me dovremmo passare la parola all'autore, anche perché l'autore ci dovrebbe spiegare se finora, tutti noi abbiamo capito qualche cosa del suo libro o se abbiamo detto un cumulo di sciocchezze. Quindi vogliamo sentire il suo parere, adesso, su di noi, cioè su tutte queste rappresentazioni che abbiamo fatto e del libro e del suo autore. 

Dott. TERLIZZI:
grazie, Presidente. È di dovere, all'avvocato generale della Corte di Cassazione, dottor Nicola Ceniccola... è di dovere…..scusate, Raffaele... poi mio padre e mio figlio si chiamano Raffaele, quindi come faccio a non ricordarlo? Un ricordo personale. Questo libro ci ho messo quindici anni per scriverlo, ma non tanto per le ricerche, quanto mia sorella Adelina, che è una bizzoca, era amica e praticamente...  (interventi senza microfono).  …sì, sì, è amica della madre di Tafuri. E mi diceva sempre: "ma lascia stare, non lo fare, questo libro. Lascia stare, è una brutta vicenda, non mi piace questo libro". L'altro giorno, nella parrocchia, io stavo a distribuire... "questo è un brutto libro, è un brutto libro". Mi ha ritardato per venti anni.
Finalmente ci sono riuscito, anche perché è morta la mamma di Tafuri, io lo dico, quando è morta, e poi ho fatto il libro. Per quanto riguarda gli avvocati, io sono grato a tutti gli amici che sono qua, le parole si sono sprecate nei miei confronti, grande giornalista... ma non è vero perché se io fossi un grande giornalista non sarei qua, a Caserta, ma a dirigere il Corriere della Sera o altri giornali.…
Per quanto riguarda gli avvocati, diceva l'autore del Gattopardo, sono un fastidio per il processo. Gli avvocati sono un fastidio, quindi voi vi dovete adeguare.
In effetti... Tomasi di Lampedusa diceva che gli avvocati sono un fastidio, quindi vi dovete adeguare su questo. Sono grato al Presidente Ceniccola per il semplice fatto che il libro è un po' duro contro molti Magistrati e lui invece ha apprezzato lo spirito giornalistico, mi ha fatto i complimenti in privato, mi ha seguito, e io veramente sono grato del suo impegno. Poi è una persona che ha dimostrato in più di un'occasione... dice: "guarda, Terlizzi, io il libro non l'ho letto, una cosa così...", poi sa a memoria fino all'ultima pagina.
 Se l'è letto!
Vorrei concludere ringraziando tutti quanti voi, in particolare gli amici che hanno voluto illustrare il mio libro e tutti quelli che sono intervenuti, che è un po' l'élite, il gotha, la crema degli avvocati e degli amici che io ho qua, con una citazione che ogni giorno appare sui giornali e la  televisione: non leggere è un duplice peccato, non saper leggere e non leggere.
Io dico che è un triplice peccato non leggere il mio libro.

(Applausi). 





Nessun commento:

Posta un commento