nel settembre 1980
Il boss Raffaele Cutolo diede ordine ai terroristi
“Uccidete il padre del
direttore” –
Mai stati
identificati i due killer – Tommaso Contestabile era direttore a Cuneo –
Oggi è Oggi è il responsabile del Provveditorato degli
Istituti Penitenziari della Campania
Ecco
una cronaca del giorno dell’assassinio del padre del direttore del “Supercarcere”
di Cuneo Dr. Tommaso Contestabile. “Un primo dispaccio dell’Agenzia Ansa del 1981 annunciava: “E’ morto in nottata, al
centro di rianimazione dell’ospedale di Caserta, il brigadiere in pensione
delle Guardie carcerarie Alberto
Contestabile, di 60 anni, ferito gravemente ieri a Santa Maria Capua
Vetere, in un attentato rivendicato dai Nar. Il brigadiere, in pensione da
quattro anni, era padre di Tommaso
Contestabile, 30 anni della direzione del carcere di massima sicurezza di
Cuneo. Due giovani, nel pomeriggio di ieri, hanno bussato all’abitazione del
sottufficiale. “Siete voi Alberto
Contestabile?”, gli hanno chiesto; avuta la risposta affermativa, hanno
sparato numerosi colpi di pistola, colpendolo al volto e alla fronte. E’
rimasta ferita ad una spalla anche la cognata del brigadiere, Giovanna Merola, di 55 anni, l’unica
altra persona che si trovava in casa, e che era accorsa verso la porta al
momento degli spari. I killer si sono quindi dileguati. Poche ore dopo, una
telefonata alla sede Ansa di Napoli rivendicava l’attentato. “Qui parlano i Nar - ha detto una voce
giovanile - Rivendichiamo l'attentato a
Contestabile, padre di Tommaso, direttore del supercarcere di Cuneo. Colpiremo
tutti i boia di Stato, in modo che sia di esempio”.
Subito ricoverato all’ospedale di Caserta,
il brigadiere Contestabile è morto questa notte. Non appaiono gravi invece le
condizioni della cognata, tuttora ricoverata nello ospedale S. Giuseppe e Melorio di Santa Maria
Capua Vetere.
Era l’epoca del terrore delle
Brigate rosse e della camorra. Nell’anno successivo fu assassinato Giuseppe Salvia, il vicedirettore del carcere napoletano di
Poggioreale ucciso il 14 aprile 1981. E
che fu ammazzato, su ordine di Raffaele
Cutolo, allora numero uno della ”nuova camorra organizzata”. Erano i tempi
in cui il boss comandava dall’interno delle patrie galere e dove nessuno osava
contraddirlo. Il 7 novembre 1980, per esempio, pretendeva di non essere
sottoposto a perquisizione personale, una volta rientrato da un’udienza
dibattimentale. Gli agenti penitenziari di scorta, invece di applicare il
regolamento, chiamarono il vicedirettore Salvia che, nonostante lo schiaffo che
ricevette da Cutolo, impose l’osservanza della regola, ben conscio dei rischi
cui andava incontro. Morì pochi mesi dopo a 38 anni: Cutolo per quel delitto è
stato condannato all’ergastolo. Uno dei killer, Salvatore
Imperatrice, arrestato dai carabinieri, si lanciò nel vuoto da una finestra
della caserma dei carabinieri.
Intanto, per ritornare al delitto di cui
ci stiamo occupando, gli investigatori erano avvolti da una ridda di ipotesi e
inquietanti interrogativi che gravavano
sullo spietato assassinio dell’ex brigadiere delle guardie carcerarie Alberto Contestabile, 60 anni, padre
del direttore del carcere di massima sicurezza di Cuneo. Era stato ucciso a rivoltellate sull’uscio di casa
a Santa Maria Capua Vetere, da due
killer sui 20 anni - era il primo
dispaccio dell’Ansa - che gli avevano sparato al capo. Nel mortale agguato era rimasta gravemente ferita – come detto - anche la cognata del sottufficiale in
pensione, Giovanna Merola, 55 anni.
Ne avrà per una quarantina di giorni. Era stata colpita alla spalla e al braccio
sinistro.
L’attentato fu rivendicato 24 ore dopo dai Nar con una
telefonata anonima alla redazione napoletana della agenzia Ansa, con una breve
comunicazione: ”Abbiamo giustiziato il padre di un boia di Stato”. La telefonata si interruppe bruscamente. Intanto
i Carabinieri e la Mobile di Caserta, coordinati dal sostituto procuratore Antonio La Venuta, non davano
molto credito alla pista terroristica. Pur non tralasciando di approfondirla,
erano tuttavia, orientati alla tesi di
una vendetta di qualche detenuto e compiuta da sicari. Secondo le prime ipotesi degli inquirenti
il crimine sarebbe maturato nell’ambiente
di Poggioreale dove Alberto Contestabile - un uomo “comprensivo ed equilibrato” a giudizio dei suoi ex colleghi - aveva prestato servizio prima di andare in pensione
nel 1976.
L’indagine successivamente fu focalizzata
sul ritrovamento dell’auto usata dai killer per la fuga. Era una Ritmo rubata a
Napoli una settimana prima di cui i
malviventi si sono liberati dandola alle fiamme in una località deserta a
qualche chilometro da Santa Maria Capua Vetere. Il proprietario aveva denunciato il furto. Restavano
da individuare i killer. Una relativa importanza veniva, intanto, attribuita alla testimonianza di Giovanna Merola, la cognata del
sottufficiale ferita, che
avrebbe aiutato gli inquirenti nel tracciare l’identikit degli assassini. La
donna, ancora in stato di choc ebbe, tuttavia,
la possibilità di vedere in volto i due
giovani. “Io ed Alberto – disse al sostituto procuratore La Venuta - eravamo davanti al televisore e seguivamo il
telegiornale quando hanno bussato all'uscio di casa. Erano da poco passate le
20. Mia sorella Maria era a Cuneo dal figlio ed ho creduto che fosse qualche
vicino. Mi sono recata ad aprire, mi seguiva a qualche passo mio cognato. Hanno
chiesto di Alberto e subito dopo si sono messi a sparare”.
“Sì,
ci fu un patto dìalleanza molto stretto tra Raffaele Cutolo, capo della Nuova camorra organizzata, e il
terrorismo di sinistra. Il suggello di quellìalleanza mi ha colpito da vicino,
anche se di quell’episodio le cronache hanno ormai perso memoria: fu l’assassinio
di mio padre”. E’ Tommaso
Contestabile che parla allora aveva ( nel 1985 ) 36 anni e occupava
poltrone scomode. (Oggi è il responsabile del Provveditorato degli
Istituti Penitenziari della Campania)
Difficile, forse difficilissima, è anche quella di direttore del supercarcere
del Cerialdo a Cuneo, dove siede mentre racconta perché, proprio da una delle
celle che s’intravedono dal suo ufficio, Raffaele Cutolo ordinò di uccidergli
il padre. E l’ordine venne puntualmente eseguito: il 23 settembre dell’80 due
killers rimasti senza nome suonarono alla porta di casa di Alberto
Contestabile, 60 anni, maresciallo degli agenti di custodia in pensione, a
Santa Maria Capua Vetere. Il trillo del campanello si confuse con una, due,
dieci detonazioni. Alberto Contestabile ferito ad un braccio e al torace venne
trasportato a tutta velocità all'ospedale di Caserta. Per lui ogni cura risultò
vana. Il figlio, già allora uno dei
responsabili del supercarcere di Cuneo (vi erano rinchiusi Cutolo, altri pezzi
da novanta della criminalità comune e un centinaio di terroristi tra Br e Prima
linea) ha incollato tra loro tanti piccoli episodi, frasi, particolari a prima
vista insignificanti, che tutti insieme hanno portato a formulare un’ipotesi
sul perché e come il capo della Nco decise di far ammazzare suo padre.
Dottor Contestabile, come si è
convinto che l’omicidio venne ordinato da Cutolo e eseguito da elementi del
terrorismo di sinistra? “Quattro, forse
cinque mesi prima di quella disgraziata giornata arrivò sulla mia scrivania un
rapporto riservato sulla situazione nel supercarcere. In quella nota che
trasmisi al ministero dell'Interno e della quale venne informato anche il
generale Carlo Alberto Dalla Chiesa,
allora comandante del nuclei antiterrorismo, veniva sottolineata l’esistenza di
legami sempre più stretti in carcere tra Cutolo, i suoi uomini e i terroristi
rossi. E in effetti nella vita di tutti i giorni Cutolo sembrava essere
considerato il “capo” non solo dai detenuti comuni, ma anche dai politici”.
Ma quali episodi le confermerebbero
dell’esistenza dell’alleanza tra Cutolo e i terroristi? “Una volta i detenuti implicati in fatti di terrorismo organizzarono
una manifestazione di protesta. Cutolo. probabilmente, non era d'accordo o,
forse, voleva dimostrare quali erano le sue possibilità, diede ordine di
smetterla e la protesta rientrò immediatamente”. E lei come reagì all’alleanza tra Cutolo e i
terroristi? “Nell’unico modo possibile,
chiesi al ministero il suo trasferimento in un altro carcere. E, infatti,
nonostante più volte Cutolo mi avesse fatto capire di voler restare a Cuneo, un
mese prima dell’aggressione a mio padre venne trasferito a Novara. Un
sottufficiale degli agenti di custodia mi ha raccontato che quando seppe che
era stato destinato ad un altro penitenziario disse: “Questo trasferimento il
direttore lo pagherà col sangue”.
L’omicidio di suo padre venne
rivendicato dai Nar, formazione della destra eversiva, perché lei sostiene,
invece, sia stata opera dell’alleanza tra Cutolo e i terroristi di sinistra?
“Per
la verità la pista dei Nar durò pochissimo. Poi prese corpo l’alleanza tra Nco e le Br: sono due considerazioni delle
quali bisogna tener conto. La prima è
che l’esistenza di buoni rapporti in carcere tra la Nco e l’eversione di
sinistra si trasformò simultaneamente in un rafforzamento delle azioni firmate
dalla colonna napoletana delle Br. La seconda è che in carcere i contatti tra
Cutolo e i terroristi di destra (in quel periodo a Cuneo ne erano rinchiusi
alcuni di una certa importanza) erano inesistenti. Bisogna poi tener presenti
episodi come il rapimento dell’assessore campano Ciro Cirillo”.
Legami tra ambienti camorristici ed eversione
di destra sono però noti. C’è la vicenda dell’attentato al rapido
Napoli-Milano. “Alleati del terrorismo di
destra sono probabilmente le organizzazioni camorristiche rivali di Cutolo, la
Nuova famiglia dei Giuliano, degli Zaza dei Bardellino”. Dottor Contestabile, lei dispone di un
osservatorio privilegiato; cosa crede resti dell'impero di Cutolo? “Ormai molto poco. Poche bande specializzate
nei taglieggi, nel racket, nelle rapine, ma tagliate fuori dal grande affare
della droga”.
Nel 1983 fu ucciso il Maresciallo degli agenti di custodia Pasquale Mandato davanti al carcere
Tre anni dopo il delitto
Contestabile, un altro feroce
assassinio (forse di camorra o terroristico ) accadde a Santa Maria Capua Vetere. Il maresciallo degli agenti di custodia ucciso Pasquale
Mandato fu crivellato di colpi da tre killer davanti al carcere nella Piazzetta
S. Francesco. La vittima stava per
entrare nel penitenziario dopo aver comperato le sigarette. Furono scariche di lupara a ripetizione, una
gragnuola di colpi sparati attraverso i
finestrini di due-tre auto in sosta (ma le versioni furono discordanti) sulle quali i killer aspettavano
la vittima. Cosi fu ucciso attorno alle 8, a Santa Maria Capua Vetere, il
vicecomandante degli agenti di custodia, che si accingeva a prendere servizio
nel carcere. Il maresciallo Pasquale Mandato, 53 anni, sposato, con tre figli
(da 14 a 20 anni), addetto all’ufficio matricola e distribuzione pacchi, cadde
a una decina di metri dal carcere, raggiunto, da una pioggia di pallettoni al
petto e al capo. All’inizio della giornata di lavoro, era appena uscito dalla
rivendita di tabacchi in piazza San Francesco, dopo aver comprato, come ogni
mattina, un pacchetto di «nazionali». Un agente, di sentinella in una garitta
sul tetto della casa di pena, richiamato dalle detonazioni sparò alcune sventagliate di mitra, ma i killer
riuscirono a fuggire in auto in direzione di Capua imboccando corso Umberto ( oggi Corso
Aldo Moro ).
Pasquale Mandato fu subito trasportato in
ospedale da alcuni agenti di custodia, ma vi giunse cadavere. A sera l’assassinio non era stato
rivendicato. Incertezza sul movente: gli inquirenti non escludevano comunque la matrice terroristica,
pure se sostenevano con più certezza l’ipotesi
di una vendetta di stampo camorristico, di un omicidio organizzato all’interno
delle carceri. A capo dell’ufficio matricola il maresciallo potrebbe essersi
trovato in contrasto con qualche boss della camorra, opponendosi a illeciti,
rifiutando di tacere o addirittura di collaborare con i criminali. Ora si cerca
fra 1 detenuti l'uomo, o il clan, che avrebbe dato l'ordine di uccidere.
Attualmente nel carcere, un ex convento francescano del Quattrocento, al limite
della ricettività, sono rinchiusi trecento detenuti, cutollanl e
antl-cutoliani, che continuano a fronteggiarsi nel due bracci della casa
circondariale. L'omicidio su commissione appare dunque l'unico dato certo, su
questa pista lavora il dott. Scolastico, della Procura di Santa Maria Capua
Vetere. Oli assassini hanno atteso tranquilli,, sapevano che la loro vittima
era un uomo abitudinario, che ogni mattina ripeteva gli stessi gesti e
percorreva la stessa strada. Alle 6,30, sotto casa, a Portici, prendeva il
pullman e raggiungeva piazza Garibaldi a Napoli. Qui saliva sulla corriera per
Santa Maria Capua Vetere. Prima di entrare nel carcere, faceva una puntatina
dal tabaccaio di fronte alla casa di pena per rifornirsi di sigarette. Da sette
anni (da quando era stato trasferito qui dal carcere di Avena) con¬ servava le
stesse abitudini Quanti erano i killer? Le' versioni sono discordanti. I
testimoni riferiscono di aver visto poco o niente. Qualcuno afferma di aver
notato tre auto in sosta — un'Alfa, una Peugeot e una Renault — altro soltanto
due. In giornata sono stati compiuti alcuni fermi, sui quali però è stato
mantenuto uno strettissimo riserbo. In sera-. ta, nel carcere, è stata
allestita la camera ardente e oggi nella cattedrale si svolgeranno 1 funerali.
Il presidente del Senato, Tommaso Modino, ha Inviato alla famiglia del
maresciallo Mandato, un messaggio di cordoglio: «Con grande sdegno per
l'ulteriore agguato criminoso in cui è rimasto Vittima il loro caro congiunto, ■ esprimo, anche a nome del Senato della
Repubblica, sentimenti di sincera, commossa solidarietà: jyi
(06.03.1983
Nessun commento:
Posta un commento