L’uxoricidio
avvenne il 29 maggio del 1951 in agro di Trentola Ducenta
INSCENO’ IL SUICIDIO DELLA MOGLIE CHE INVECE UCCISE BARBARAMENTE. UNA
MENTE FOLLE CHE ARCHITETTO’ UN FANTOMATICO SUICIDIO CON UNA LETTERA
(FALSA) DELLA DONNA.
Trentola-Ducenta- Il giorno 29 maggio
del 1951, si presentava alla caserma dei carabinieri di Trentola Ducenta tale Giuseppe Fabozzi informando di avere notato, poco prima, passando per un viottolo di campagna, nella temuta di tale Vincenzo
Mallardo, il cadavere giacente per terra di una donna con accanto la
pistola. I carabinieri si recarono subito sul posto indicato dal Fabozzi e constatarono che aveva riferito il vero. Il cadavere presentava una ferita da
arma da fuoco alla regione temporale sinistra. A poca distanza dal cadavere,
sulla sua sinistra, vi era una pistola automatica “Beretta calibro 7,65; un
fazzoletto usato con le iniziali di D.R.; una borsa di tela cerata nera; nel terreno
circostante non si notavano tracce di colluttazione. La borsa conteneva una
busta indirizzata alle autorità italiane contenente una lettera scritta a penna
(con molti errori che qui ho cercato di correggere per far capire il senso
della missiva.N.d.R) del seguente tenore: “Autorità
in leggi civili”, la sottoscritta Marianna Di Puorto, classe 1923, sposata dal
1940 con il signor Carmine Vassallo, nati i due sposi a Casal di Principe. La
sottoscritta fa presente che ho dato
molti scandoli durante il mio matrimonio che ho tradito mio marito e che mio padre mi costringeva a vendermi per farmi
fare la vita. Poi diversi anni fa fui costretto dal mio padre a fare un
aborto. Mio padre ha addirittura venduto
la mia casa. Nel 1940 mio marito mi fece una rimproverata e mio padre lo
minacciò e fu condannato a tre mesi di carcere. Che mio padre è stato sempre
difettoso su di me mentre oggi il mio marito è venuto a conoscenza che l’ho tradito
e sono costretta ad ammazzarmi prima che mio padre tento di ammazzare il mio
marito. Non sospettate di nessuno perchè sono io la causa della mia morte. Saluti
dalla defunta Di Puorto Marianna †.(firma col segno di croce perchè
analfabeta. N.d.R). Prima stranezza agli occhi degli inquirenti: una analfabeta
che scrive una lettera. Sorsero seri dubbi sulla causa della morte, apparendo
impossibile il suicidio, per cui i carabinieri iniziarono le indagini del caso.
Accertavano, innanzitutto che a Casal di Principe effettivamente erano
domiciliati i coniugi Vassallo- Di Puorto, e che in data 29 marzo 1951 Carmine Vassallo aveva denunciato alla
caserma del paese la pistola Beretta 7,65 corrispondente esattamente al numero
di pistola rinvenuta accanto al
cadavere.
Il Vassallo, ricercato, risultava assente dall’abitazione per ragioni
di lavoro e i carabinieri accertarono, interrogando Consiglia Biondi, madre
della vittima che tra i predetti coniugi non correvano buoni rapporti perché il
Vassallo sospettava di infedeltà la moglie che teneva rapporti carnali con tale
Francesco Bove e con altre persone, persino con il genitore della donna. Che la
donna aveva manifestato l’intenzione di
trasferirsi a Napoli dove il marito lavorava presso la “Naval Meccanica”; il
Vassallo avrà dopo di aver assicurato la moglie di aver trovato
una casa a Napoli, l’aveva invitata recarsi in questa città per il 28 maggio onde
dare il proprio parere nel nuovo
alloggio; che nel detto giorno, la Di Puorto, aderendo all’invito del marito
era partita lasciando i figli affidati alla madre, seguendo anche in ciò il
consiglio del marito, che aveva fatto intendere che non ci sarebbe stato posto
nella casa in atto occupata di far
dormire altre persone oltre lui. In
seguito a tali indagini, che persuasero i carabinieri di trovarsi di fronte ad
un omicidio e non già ad un suicidio, essi ritennero autore del delitto il Vassallo
si recarono a Napoli presso il cantiere della “Naval Meccanica”e lo trassero in
arresto. Interrogato, il Vassallo negò di aver dato appuntamento alla moglie.
Dichiarò di aver trovato temporaneamente alloggio in via San Vito di Resina presso
tale Aniello il barbiere che veniva identificata per Aniello Di Buono. In una perquisizione eseguita nel retrobottega
del salone del Di Buono ove dormiva abitualmente il Vassallo, dove assicurava di
avere trascorso la notte tra il 28 il 29 maggio del 1951, (la notte del
delitto) in una vecchia valigia appartenente all’imputato venne rinvenuta una
busta (uguale per formato e qualità come
quella rinvenuta accanto al cadavere). All’interrogatorio reso ai carabiniere il
barbiere narrava di aver notato la sera del 24 maggio Vassallo scrivere una
lettera alla luce della candela. Stretto
dalle contestazioni, l’imputato finì col confessare di aver ucciso la moglie non potendo più oltre
reggere al disonore in cui ella lo aveva coperto con la sua relazione intima
con il Bove e con la sua condotta riprovevole, incoraggiata e protette dal padre e dal fratello che lo
avevano anche minacciato di morte se non avesse desistito a lamentarsi della
condotta della loro congiunta.
Il Vassallo chiariva poi che aveva ucciso la
moglie e di aver maturato il proposito
facendo apparire che si era suicidata, Aveva scritto a matita la lettera che poi depositò nella borsa
facendola ricopiare a penna da altra persona. Indi pensò di invitare la moglie
a recarsi a Napoli il giorno 28, ma assumeva che la sera, nel tornare a piedi a
Casal di Principe, avendo perduto l’ultima corsa del tram, percorrendo la strada Aversa-Ducenta la Di Puorto, dopo essersi allontanata da lui dicendo che
doveva soddisfare il bisogno corporale, aveva improvvisamente estratto da sé la
pistola suddetta puntandola contro di lui per ucciderlo, ma egli era riuscito a
disarmarle e con la medesima arma le
aveva esploso contro un colpo alla testa uccidendola. Quando la donna cadde
egli depose la pistola vicino al cadavere e depose la lettera già preparata nella borsa di lei.
Si era poi allontanato facendo ritorno a
Napoli dove la mattina si era regolarmente recato al lavoro. Interrogasti il padre Giuseppe
il fratello Francesco negavano di
avere mai minacciato il Vassallo. A sua volta il Bove negava di aver
intrattenuto rapporti con la Di Puorto. Risultò, invece, accertato che la lettera era
stata compilata dal Vassallo e fatta copiare dal Gennaro
Sannino, compagno di lavoro del Vassallo
che non aveva ben capito l’importanza di quel documento. Denunciato il Vassallo per il delitto di omicidio premeditato contro di lui si
procedevo col rito formale, e in costituzione, su istanza della difesa fu disposta
una perizia psichiatrica che concludeva
con la completa sanità mentale dell’imputato pur escludendo che egli fosse
socialmente pericoloso. Davanti al
magistrato il Vassallo sosteneva la versione della legittima difesa, affermando,
anzi, di essere venuto addirittura a colluttazione
con la moglie per disarmarla durante la colluttazione era partito un colpo.
Aveva anche negato di aver scritto la lettera trovata nella borsa, affermando
di essere stato costretto dai carabinieri a riconoscersi autore di quella
lettera; ammetteva, tuttavia, che la busta rinvenuta nella sua valigia era
stata da lui acquistata e si meravigliò che fosse identica alla busta
contenente la predetta lettera. Venivano escussi i testimoni: Consiglia Biondo, madre della Di
Puorto, la sorella Teresa, Giovanni Sannino e Aniello Di Puorto. In esito alla formale istruzione il Vassallo veniva
rinviata al giudizio della Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere per
rispondere di omicidio premeditato in persona di Marianna Di Puorto e di porto abusivo di
pistola.
LA CONDANNA IN TUTTI I GRADI DI GIUDIZIO
FU INESORABILMENTE DI 24 ANNI DI RECLUSIONE. ESCLUSA LA LEGITTIMA DIFESA E LA
INFERMITA’ MENTALE.
INSCENO’ IL
SUICIDIO DELLA MOGLIE CHE INVECE UCCISE BARBARAMENTE. UNA MENTE FOLLE CHE
ARCHITETTO’ UN FANTOMATICO SUICIDIO CON UNA LETTERA
AVV. GIUSEPPE GAROFALO |
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