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domenica 20 novembre 2016

Giustizia, se 22mila errori giudiziari in 25 anni vi sembran pochi



di Gianfranco Chiarelli*

 
 “Enzo Tortora, una ferita italiana” è un documentario del politico e cineastaAmbrogio Crespi. Dunque non una ricostruzione “liberamente tratta da fatti di cronaca” come spesso accade, ma un insieme di testimonianze reali che attribuiscono a questo lavoro il carattere della ricostruzione storica.

La ricostruzione di una delle pagine più buie della storia del diritto del nostro Paese.
Una pietra miliare, in un certo senso,  che segna il livello più basso raggiunto dal pentitismo e da certa supponente arroganza di taluna magistratura.
 Anche nella mia veste di avvocato con oltre un trentennio di attività forense, non posso che confermarlo: esiste una magistratura che lavora interpretando nel modo migliore il ruolo che la Costituzione attribuisce a chi amministra la giustizia; con onestà e mantenendo sempre dritta la barra della assoluta indipendenza di giudizio.
Ma non mancano le devianze. Non manca la politicizzazione di molti. Non mancano gli errori. I casi sono tanti.
Nel caso di Tortora poi, uomo di spettacolo, giornalista e infine anche eurodeputato, all’ingiuria di una accusa ingiusta, ad un accanimento giudiziario senza precedenti, si è infine aggiunta la gogna mediatica.
Tutti ricordiamo la spettacolarizzazione del suo arresto.
Sono passati oltre trent’anni da quell’arresto (era il 17 giugno del 1983) e non sembra che molto sia cambiato, purtroppo. Credo che a nessuno sia sfuggito, ad esempio, il modo in cui sia stato documentato e  diffuso l’arresto recente (il 16 giugno del 2014) di Massimo Bossetti. Un arresto in diretta, filmato momento per momento, con l’allora solo indagato, messo in ginocchio e ammanettato davanti alla telecamera! Una vergogna!
“Il caso Tortora”, mette in evidenza almeno tre questioni: 1)      Le storture del pentitismo, 2)        L’errore giudiziario e l’assenza di assunzione di responsabilità da parte di chi ha sbagliato;       La spettacolarizzazione.

Il problema è che dopo tanto tempo, purtroppo, le cose non sono migliorate. Anzi: di responsabilità civile dei magistrati si continua a non parlare seriamente, nonostante la recente riforma del 2015 che non risolve come ci si attendeva la questione, mentre per quanto attiene la gogna mediatica dobbiamo parlare di assoluto peggioramento, atteso che ormai i processi si svolgono in TV prima che in tribunale.
Non credo debba ricordare qui i casi di Avetrana, piuttosto che l’interminabile vicenda dell’omicidio di Meredith Kercher, o quello di Chiara Poggi. E potrei continuare ancora; ci sono ormai decine di format televisivi che si fondano, e fanno la loro fortuna,  sui fatti di cronaca nera.
In una sua dichiarazione nel corso del processo, Tortora ebbe a dire: “Io sono innocente; spero dal profondo del mio cuore che lo siate anche voi”
Ma erano innocenti i p.m. che scambiarono per Tortora il nome di un rappresentante di bibite, tale Enzo Tortona o Tortosa?
Per chi autonomamente, come sancisce l’art. 104 della nostra Costituzione, si autogestisce, quei P.M. non solo sono stati giudicati innocenti ma hanno anche avuto una ampia progressione di carriera:
Lucio Di Pietro è diventato viceprocuratore nazionale antimafia; Felice Di Persia oggi pensionato, è stato Procuratore aggiunto a Napoli con delega all’antimafia. Ha ricoperto anche un incarico in seno al Consiglio superiore della magistratura.
Il caso Tortora, che, lo ricordo, ha passato 7 mesi in carcere, condannato a 10 anni di reclusione, e poi, una volta assolto con formula piena, morto per un  male che non si può escludere sia stato  prodotto dall’enorme stress subito, rappresenta sicuramente un caso di scuola.
Ma, purtroppo, è lunghissimo l’elenco di cosiddetti “errori giudiziari” che colpiscono gente comune di cui i media non si occupano più di tanto.
Se faccio, ad esempio, il nome di Domenico Morrone, credo che pochi, o addirittura nessuno, sappia di chi parli. Morrone ha scontato nel carcere di Taranto ben 15 (quindici) anni di pena ingiusta prima di essere totalmente scagionato! Accusato di duplice omicidio, addirittura i suoi genitori furono condannati per  falsa testimonianza, per aver detto in fondo la verità rispetto all’alibi del figlio! Per questo “errore” nessuno ha pagato se non lo Stato, ovvero tutti noi, avendo dovuto risarcire la ingiusta detenzione.  Un giovane (aveva circa 20 anni all’epoca dell’arresto) ha perso probabilmente i più importanti 15 anni della sua vita.
Dal 1991 al 2014 (ultimo dato disponibile) sono stati accertati ben 22.323 casi di malagiustizia per i quali lo Stato ha effettuato rimborsi per oltre mezzo miliardo di euro!
 Malagiustizia, in alcuni casi scarsa professionalità, mancato rispetto dei diritti della difesa, senza escludere in taluni casi una certa arroganza del potere, dovuta anche  alla certezza dell’impunità.
Attenzione, questo non è un processo alla magistratura. Continuo a sostenere che vi sia una gran parte di magistrati preparati che lavorano in modo silenzioso, con capacità e soprattutto correttezza. Ma 22.323 errori giudiziari non possono passare in silenzio!
La questione è quindi politica e riguarda una riforma vera della Giustizia che non  si vuole realizzare.
La stagione del pentitismo, che ha visto tanti criminali incalliti approfittare in modo scorretto delle prerogative offerte, ma, va detto,  anche molti casi di utile collaborazione, può dirsi in qualche misura chiusa o quantomeno molto limitata, ma resta in piedi la questione della responsabilità di chi commette errori che troppo spesso causano danni irreparabili alle persone, e quello di un’ informazione che ormai è  spettacolo. Spettacolo che in ogni caso nasce sempre da una superficiale, quando non colpevole, gestione delle informazioni sulle inchieste. Penso ad esempio alla diffusione delle intercettazioni telefoniche.
Su questi due fronti occorre intervenire con decisione.
Una diversa responsabilizzazione della magistratura non  risolve ogni questione legata a sempre possibili errori. Ma per ottenere maggiore attenzione, da parte di chi opera in regime di totale autocontrollo, occorre stabilire precise regole che oggi mancano.
Fermo restando che tutta la materia Giustizia richiede una profonda riflessione che riguarda anche i tempi biblici che interessano sia il processo penale, sia quello civile con gravi conseguenze sul piano economico.
La battaglia di civiltà che Tortora avviò, senza poterla portare a termine, va continuata perché non ci sia mai più un caso Tortora in Italia, non si contino più migliaia di errori, che toccano tutti, senza possibilità di esclusione per alcuno.
*deputato Conservatori e Riformisti
Componente Commissione Giustizia



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