Giustizia, se
22mila errori giudiziari in 25 anni vi sembran pochi
di Gianfranco Chiarelli*
“Enzo Tortora, una ferita italiana” è un documentario del politico
e cineastaAmbrogio Crespi. Dunque non una ricostruzione “liberamente
tratta da fatti di cronaca” come spesso accade, ma un insieme di testimonianze
reali che attribuiscono a questo lavoro il carattere della ricostruzione
storica.
La ricostruzione di una delle pagine più buie della storia del
diritto del nostro Paese.
Una pietra miliare, in un certo senso, che segna il livello più basso
raggiunto dal pentitismo e da certa supponente arroganza di taluna
magistratura.
Anche nella mia veste di avvocato con oltre un trentennio di attività
forense, non posso che confermarlo: esiste una magistratura che lavora
interpretando nel modo migliore il ruolo che la Costituzione attribuisce a
chi amministra la giustizia; con onestà e mantenendo sempre dritta la barra
della assoluta indipendenza di giudizio.
Ma non mancano le devianze. Non manca la politicizzazione di molti. Non
mancano gli errori. I casi sono tanti.
Nel caso di Tortora poi, uomo di spettacolo, giornalista e infine anche
eurodeputato, all’ingiuria di una accusa ingiusta, ad un accanimento
giudiziario senza precedenti, si è infine aggiunta la gogna mediatica.
Tutti ricordiamo la spettacolarizzazione del suo arresto.
Sono passati oltre trent’anni da quell’arresto (era il 17 giugno del 1983) e
non sembra che molto sia cambiato, purtroppo. Credo che a nessuno sia sfuggito,
ad esempio, il modo in cui sia stato documentato e diffuso l’arresto
recente (il 16 giugno del 2014) di Massimo Bossetti. Un arresto in diretta,
filmato momento per momento, con l’allora solo indagato, messo in ginocchio e
ammanettato davanti alla telecamera! Una vergogna!
“Il caso Tortora”, mette in evidenza almeno tre questioni:
1) Le storture del pentitismo,
2) L’errore giudiziario e l’assenza
di assunzione di responsabilità da parte di chi ha
sbagliato; La spettacolarizzazione.
Il problema è che dopo tanto tempo, purtroppo, le cose non sono migliorate.
Anzi: di responsabilità civile dei magistrati si continua a non parlare
seriamente, nonostante la recente riforma del 2015 che non risolve come ci si
attendeva la questione, mentre per quanto attiene la gogna mediatica dobbiamo
parlare di assoluto peggioramento, atteso che ormai i processi si svolgono in
TV prima che in tribunale.
Non credo debba ricordare qui i casi di Avetrana, piuttosto che l’interminabile
vicenda dell’omicidio di Meredith Kercher, o quello di Chiara Poggi. E potrei
continuare ancora; ci sono ormai decine di format televisivi che si fondano, e
fanno la loro fortuna, sui fatti di cronaca nera.
In una sua dichiarazione nel corso del processo, Tortora ebbe a dire: “Io sono
innocente; spero dal profondo del mio cuore che lo siate anche voi”
Ma erano innocenti i p.m. che scambiarono per Tortora il nome
di un rappresentante di bibite, tale Enzo Tortona o Tortosa?
Per chi autonomamente, come sancisce l’art. 104 della nostra Costituzione, si
autogestisce, quei P.M. non solo sono stati giudicati innocenti ma hanno anche
avuto una ampia progressione di carriera:
Lucio Di Pietro è diventato viceprocuratore nazionale
antimafia; Felice Di Persia oggi pensionato, è stato
Procuratore aggiunto a Napoli con delega all’antimafia. Ha ricoperto anche un
incarico in seno al Consiglio superiore della magistratura.
Il caso Tortora, che, lo ricordo, ha passato 7 mesi in carcere, condannato a 10
anni di reclusione, e poi, una volta assolto con formula piena, morto per
un male che non si può escludere sia stato prodotto dall’enorme
stress subito, rappresenta sicuramente un caso di scuola.
Ma, purtroppo, è lunghissimo l’elenco di cosiddetti “errori giudiziari” che
colpiscono gente comune di cui i media non si occupano più di tanto.
Se faccio, ad esempio, il nome di Domenico Morrone, credo che pochi, o
addirittura nessuno, sappia di chi parli. Morrone ha scontato nel carcere
di Taranto ben 15 (quindici) anni di pena ingiusta prima di essere totalmente
scagionato! Accusato di duplice omicidio, addirittura i suoi genitori furono
condannati per falsa testimonianza, per aver detto in fondo la verità
rispetto all’alibi del figlio! Per questo “errore” nessuno ha pagato se non lo
Stato, ovvero tutti noi, avendo dovuto risarcire la ingiusta detenzione.
Un giovane (aveva circa 20 anni all’epoca dell’arresto) ha perso probabilmente
i più importanti 15 anni della sua vita.
Dal 1991 al 2014 (ultimo dato disponibile) sono stati accertati ben 22.323 casi
di malagiustizia per i quali lo Stato ha effettuato rimborsi per oltre mezzo
miliardo di euro!
Malagiustizia, in alcuni casi scarsa professionalità, mancato rispetto
dei diritti della difesa, senza escludere in taluni casi una certa arroganza
del potere, dovuta anche alla certezza dell’impunità.
Attenzione, questo non è un processo alla magistratura. Continuo a
sostenere che vi sia una gran parte di magistrati preparati che lavorano in
modo silenzioso, con capacità e soprattutto correttezza. Ma 22.323 errori
giudiziari non possono passare in silenzio!
La questione è quindi politica e riguarda una riforma vera
della Giustizia che non si vuole realizzare.
La stagione del pentitismo, che ha visto tanti criminali incalliti approfittare
in modo scorretto delle prerogative offerte, ma, va detto, anche molti
casi di utile collaborazione, può dirsi in qualche misura chiusa o quantomeno
molto limitata, ma resta in piedi la questione della responsabilità di chi
commette errori che troppo spesso causano danni irreparabili alle persone, e
quello di un’ informazione che ormai è spettacolo. Spettacolo che in ogni
caso nasce sempre da una superficiale, quando non colpevole, gestione delle
informazioni sulle inchieste. Penso ad esempio alla diffusione delle
intercettazioni telefoniche.
Su questi due fronti occorre intervenire con decisione.
Una diversa responsabilizzazione della magistratura non risolve ogni
questione legata a sempre possibili errori. Ma per ottenere maggiore
attenzione, da parte di chi opera in regime di totale autocontrollo, occorre
stabilire precise regole che oggi mancano.
Fermo restando che tutta la materia Giustizia richiede una profonda riflessione
che riguarda anche i tempi biblici che interessano sia il processo penale, sia
quello civile con gravi conseguenze sul piano economico.
La battaglia di civiltà che Tortora avviò, senza poterla portare a
termine, va continuata perché non ci sia mai più un caso Tortora in
Italia, non si contino più migliaia di errori, che toccano tutti, senza
possibilità di esclusione per alcuno.
*deputato Conservatori e Riformisti
Componente Commissione Giustizia
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