Il pregevole e qualificato intervento del
Dr. Raffaele Ceniccola
Dr. Raffaele Ceniccola
Procuratore Generale emerito della Corte di
Cassazione
ALLA PRIMA
NAZIONALE DEL LIBRO
DEL GIORNALISTA
FERDINANDO
TERLIZZI
“DELITTI IN
BIANCO & NERO A CASERTA”
e alla
Rievocazione del
processo per l’assassinio
di Enrico Gallozzi
Sala del Teatro
del Dipartimento di Giustizia Minorile
"Andrea
Angiulli"
S. Maria Capua Vetere
Giovedì 18
maggio 2017
Relatore Dott. G.
STANISLAO:
Allora andiamo avanti ed è ora che mi tocca il
privilegio di presentare un illustre personaggio della nostra terra, il dottore
Raffaele Ceniccola. (Applausi)
È stato Giudice del
Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, lo dico perché ha iniziato qui, se non
ricordo male, la sua carriera di magistrato, è stato dal 1982 al 1986 addetto
all'ufficio studi del Consiglio Superiore della Magistratura, provvedendo tra
l'altro alla organizzazione dei corsi di aggiornamento professionale dei
Giudici ordinari; è stato consigliere della Corte di Appello di Napoli, ha
prestato servizio presso la Procura Generale della Corte di Cassazione nel
servizio civile prima come Sostituto Procuratore generale e poi con l'incarico
di Avvocato Generale, parliamo della Corte di Cassazione.
Nel periodo di
permanenza presso questo ufficio ha svolto le funzioni di Pubblico Ministero in
moltissime udienze civili e presso le sezioni civili, ma anche presso le
Sezioni Unite della Cassazione, occupandosi tra l'altro di complesse questioni
in tema di danno biologico, responsabilità medica, consenso informato e valenza
delle tabelle nella liquidazione del danno.
È autore di 91
pubblicazioni, sentenze, note a sentenze, rassegne di giurisprudenza,
monografia ed articoli vari, che sono pubblicate sulle riviste Giurisprudenza
di merito, Vita Notarile, Quaderni della Giustizia e La Giustizia Penale. A voi, caro Presidente, il compito di farci
entrare nel vivo di questo celebre e delicato processo.
(Applausi)
Grazie per questi
encomi che forse io non merito, debbo dire soltanto che torno tra di voi, parlo
come Università della Terza Età, con un po' di commozione perché io ebbi il
primo impatto con questa università quando ero un giovane Magistrato che forse
apparteneva alla prima età, suppongo, non so esattamente quali sono i termini
entro i quali c'è la prima, al massimo la seconda, e ora ci ritorno stando
pienamente nella terza età e quindi si avverte quella malinconia, ma poi è una
dolce malinconia data dal tempo che trascorre, però, va beh, tutto sommato
questo tempo è trascorso bene quanto meno per me, per cui è una malinconia, sì,
ma dolce.
Detto questo, entriamo
immediatamente in argomento. Io debbo presentare questo magnifico libro che ho
letto. È per la verità una vicenda così ingarbugliata, così ben orchestrata,
l'impianto è così ben descritto che a un certo punto si dice: "va beh,
sarà il solito romanzo noir, romanzo giallo", e ci si complimenta con
l'autore, dice: "guarda che fantasia che ha avuto per questo intreccio
così complicato", dove c'è un pochino di tutto, ci sono tutti gli aspetti
della vita, e invece poi ci si accorge che questo libro non è stato scritto da
un romanziere, ma è stato scritto da Ferdinando Terlizzi che è un cronista
giudiziario, non è un autore di romanzi noir.
E quindi ovviamente si
apprezza soprattutto quello stile secco che egli adopera, è una prosa... io
avvicinerei alla prosa americana, Folkner soprattutto, che aveva questa abilità
di descrivere le cose in poche parole, in modo netto. Io ricordo che leggendo
un libro di Folkner doveva in effetti descrivere la primavera e sa come la
descrisse? Mentre la primavera operava nei campi. Punto. E poi io pensavo agli
autori europei che se descrivevano la primavera come minimo impiegavano due
pagine.
Ecco, quindi quello
stile secco in effetti, che nel caso di specie ho apprezzato particolarmente,
perché qua la fantasia sta già nelle vicende, cioè la vicenda è tanto
fantasiosa tutto sommato che non abbisogna in qualche modo di ulteriori
apporti.
Quindi bene ha fatto
Terlizzi ad usare questa prosa descrittiva, secca, cruda, senza aggiungere
fantasie che sarebbero state fuori luogo, perché la fantasia era nei fatti. Per
altro io ho avuto modo di apprezzare Terlizzi già in un'altra occasione, quando
in effetti egli ha scritto un altro magnifico libro occupandosi del caso
Tafuri, tre, quattro anni fa più o meno presentammo questo libro, quindi per me
non è una novità leggere i libri di Ferdinando Terlizzi, che ho apprezzato
anche in quella occasione.
I personaggi... qua c'è
veramente, mi sembra, una commedia, non so, pirandelliana, c'è un poco di
tutto, il chirurgo, che poi pare che abbia fatto delle opere di chirurgia che
escono un pochino fuori da quello che di solito un chirurgo fa.
Poi abbiamo il fattore,
il guardiano, una sarta lesbica e una ragazza riparata. Insomma, c'è di tutto
in questo intreccio, per la verità. Una vicenda che, non so, forse è difficile
mettere il bene da una parte e il male dall'altra. Di solito abbiamo, a mio
avviso, un difetto di dividere l'umanità tra i buoni e i cattivi.
Leggendo questo libro
ci si accorge che tutto sommato questa distinzione un pochino sommaria,
superficiale... perché qua chi è la vittima? Chi è il carnefice? Non lo so. Si
colgono degli aspetti... di buono forse c'è poco, forse il buono c'è in quelli
che c'hanno rimesso la pelle, in quelli sicuramente probabilmente male non c'è,
ma in tutti gli altri personaggi sono personaggi che appartengono alla nostra
umanità e quindi mi pare che - questo è il merito essenziale di Terlizzi
secondo me - è quello di avere descritto queste vicende stando al di dentro
della vicenda, non ponendosi al di fuori della vicenda stessa.
Noi uomini, anche io
come Magistrato, questo è un monito che va soprattutto ai Magistrati, dobbiamo
avere la convinzione che quando si giudica il prossimo, anche quando si
giudicano i delitti più efferati, bisogna pensare che non ci sono mostri tra di
noi, perché di solito: "è un mostro, è un mostro", sì, sarà un
mostro, ma mostro significa soltanto aspetto negativo dell'uomo, dove può
arrivare l'uomo nel male, ma non è un extraterrestre, è il vicino della porta
accanto, il nostro amico di scuola, il nostro amico di giochi, che è capace di
fare queste nefandezze, e il Magistrato quando giudica sbaglierebbe
notevolmente, questo è l'insegnamento che viene da Terlizzi, attenzione, certo,
quando si legge questo libro in effetti si resta un po' scioccati si tende a
pensare "ma questo soggetto non appartiene alla mia categoria, egli si
pone al di fuori dell'umanità", ma questo è sbagliato, è sbagliato
soprattutto per i Giudici, perché il Giudice, che deve anche commisurare la
pena, come commisura la pena? Entrando nel personaggio, valutando anche gli
aspetti più negativi.
Il mio discorso non
tende a quello di dare delle pene piuttosto modeste, attenzione, il mio
ragionamento tende a dare la giusta pena in funzione della gravità del fatto, e
la gravità del fatto in effetti la si può valutare soltanto mettendosi in qualche
modo nella prospettiva di Terlizzi, all'interno della vicenda, non all'esterno.
Questo mi sembra in
effetti uno degli insegnamenti che viene fuori da questa vicenda. E debbo anche
dire che credo che sia un libro che io consiglierei a tutti di leggere, agli
anziani come me, perché in effetti significa riportare, rievocare alla mente
delle vicende che tutti abbiamo in qualche modo vissuto, ma che magari il tempo
ha sbiadito nei ricordi, e quindi è una occasione per riprovare quelle
emozioni, quella partecipazione attiva che magari abbiamo avuto quando in
effetti questi processi si svolgevano nell'aula della Corte di Assise di Santa
Maria Capua Vetere.
E i giovani, i giovani
farebbero bene a leggere, farebbero bene a leggere, perché in effetti sono
vicende che non conoscono, sono vicende che appartengono al passato, ma che
comunque è bene conoscere perché fanno parte della nostra storia, fanno parte,
come diceva il Sindaco poco tempo fa, del nostro costume, sono vicende che ci
riguardano da vicino, sono avvenute in casa nostra, questo il discorso. E
quindi i giovani fanno bene a leggere questo libro e a conoscere la storia dei
nostri luoghi.
Debbo anche dire che
oggi ci si intrattiene nei centri commerciali, all'epoca non esistevano i
centri commerciali, ci si intrattiene, non so, nelle discoteche, e all'epoca
forse c'era qualche sala da ballo, e sapete dove ci si intratteneva? Ci si
intratteneva nelle aule delle Corti di Assise. Io ricordo, ero ragazzino,
vedevo che quando si trattavano questi grossi processi c'era una partecipazione
popolare, in effetti le persone che sin dalla mattina si svegliavano perché
dovevano andare a Santa Maria Capua Vetere, dovevano andare lì ad ascoltare.
E attenzione facevano
bene ad ascoltare, perché là c'erano i principi del Foro, era un piacere
ascoltare, e non voglio fare nomi, perché a un certo punto un solo nome voglio
fare, perché è qui presente, l'Avvocato Garofalo. (Applausi).
Ovviamente gli altri
nomi non li voglio fare perché poi ne dimenticherei qualcuno, ma sono a tutti
noi in sostanza, e si andava lì ad ascoltare l'oratoria, il bel parlare, che
serviva come arma di convinzione.
All'epoca si diceva
"il civile si scrive", questo lo diceva l'Avvocato Martucci, tutti lo
abbiamo sentito, mimando e facendo ridere, io non sono capace di avere quella
mimica dell'Avvocato Martucci, ma ricordo il contenuto, mi diceva che quando
era giovane, non sapendo se fare il civilista o il penalista, era andato da un
Avvocato più anziano e diceva: "che mi consigli? Fare il civile o il penale?"
e questo Avvocato anziano diceva: "guarda, uagliò, qua il civile tu scrivi,
il Giudice legge e dice: “questa è una fesseria, questa e un'altra fesseria e
questa è un altra fesseria”, invece il penalista parla, parla, dice, cerca di
convivere con la bella parola" e la causa scorre verso il suo destino.
E furono queste
considerazioni per un Avvocato bravo, intelligente e preparato come l'Avvocato Alfonso
Martucci, che poteva fare il civile e il penale senza problema, si avviò sulla
base di questo consiglio, lui che aveva la parola alata, come ce l'ha
l'Avvocato Giuseppe Garofalo, fece poi il penalista, perché disse: "beh,
io sono bravo a parlare, si tratta di convincere, quindi io là sono
bravo".
E attenzione, è una
prosa molto bella, è una prosa che anche quando si diceva qualche cosa di
spiacevole nei confronti dell'avversario lo si diceva con garbo, con eleganza,
facendo uso del latino. Sì, il latino, il latino, perché le nostre radici di
questa nostra bella lingua è il latino, starei per dire non l'inglese, ma poi
va a finire che offendo la sensibilità dei giovani.
Attenzione, il mio
modesto punto di vista è questo, conoscere l'inglese è fondamentale, chi non
conosce l'inglese oggi è out, però quando parliamo italiano vorrei al limite
che si mettesse qualche termine latino, non perché a me piace il latino, ma
perché sono le nostre radici, e francamente mi arrabbio un pochino quando
oramai dovunque si legge, anche un telegiornale, un giornale radio, per altro
parlano con una tale velocità mettendo questi termini inglesi continuamente che
uno non capisce quasi niente, e allora viva il latino! Perché sono le nostre
radici.
(Applausi).
Relatore Dott. G. STANISLAO:
Vada pure tranquilli,
non ci sono limiti, vada avanti.
stavo dicendo, ricordo
gli Avvocati di quell'epoca, quando dovevano dire qualche cosa di sgarbato nei
confronti del collega mettevano la frase "absit iniuria verbis" e poi
magari dicevano anche delle cose, come è giusto che sia, nella dialettica
processuale, certo, non è che uno poi deve dire sempre cose belle, si tratta
talvolta di ottenere l'assoluzione del proprio raccomandato, per cui si può
dire anche qualche verità processuale che magari è uno sgarbo nei confronti del
collega avversario. "Absit iniuria verbis."
Non lo so, a me piace
molto il parlar bene, l'ascoltar bene, sono rimasto affascinato per tanti
anni... noi Magistrati, per la verità, parliamo poco e ascoltiamo molto, in che
tutto sommato poi non è tanto sbagliato, perché anzi a tutti si convince;
"parla poco e ascolta molto", ma il Magistrato ha in effetti questo
grande vantaggio di ascoltare molto, e io poi che nelle mie esperienze sono
stato anche un poco dappertutto, perché sono uno spirito ribelle, sto in un
posto due, tre anni, quattro anni, poi devo cambiare, perché ogni volta che
imparo a fare il mestiere me ne devo andare, perché oramai queste cose le so e
quindi voglio fare altre cose, e sono stato anche al penale per lunghi anni,
per la verità, alla Corte di Appello sono stato sette anni al penale, e debbo
dire che mi sono passati tutti gli aspetti, perché il processo è importante, il
processo penale, sono le vicende dell'uomo, della società, vi passa un poco di
tutto avanti.
E attenzione, io voglio
fare anche un'altra riflessione che mi sembra importante, ma lo dico
soprattutto a me stesso come Magistrato: lo so che quando non si riesce a
scoprire la verità, come in parte è accaduto anche nel processo Gallozzi,
perché io l'ho letto attentamente, certo, va beh, si è trovato il colpevole, è
un pazzo eccetera, però ci sono tanti tanti interrogativi da sciogliere, io
personalmente non sono sicuro che quella realtà processuale corrisponda alla
verità dei fatti, molti sono gli interrogativi.
E capisco anche che
magari da parte dell'opinione pubblica, quando addirittura non si scopre il
colpevole, e se la prendono con la Giustizia, con il Giudice, ora può darsi
anche che il Giudice abbia sbagliato, e questo non lo faccio per
corporativismo, è la verità, il processo lo facciamo tutti quanti noi, non lo
fa il Giudice, lo fanno i testimoni, lo fanno i periti, lo fanno gli Avvocati.
Il Giudice talvolta trae soltanto le fila di quelle che sono le risultanze
processuali, talvolta può darsi anche che sbaglia lui sicuramente, ma talvolta l'errore
è dettato proprio dalle vicende
processuali, un perito che magari sbaglia in buona fede sulla data della morte
e sulla data della morte poi si fa tutto un discorso e magari...
Attenzione, però,
questo è un concetto che mi è stato inculcato dai grandi maestri, perché anche
tra i Magistrati ci sono i grandi maestri. Mi si disse, quando io ero giovane
Magistrato: "non ritenere mai di scoprire la verità a tutti i costi, abbi
l'umiltà del dubbio e ammetti anche la sconfitta quando nonostante l'impegno
profuso, quando hai letto tutte le carte processuali, quando hai fatto tutto le
indagini possibili e immaginabili e il colpevole non viene scoperto, abbia
l'umiltà di ammetterlo".
Guai, guai a un Giudice che vuole cercare la verità a
tutti i costi! Sapete qual è la distorsione mentale? Che il Magistrato non è
più sereno nella valutazione, il mio fine: devo scoprire a tutti i costi chi è,
altrimenti mi mettono in croce, altrimenti la società dirà che io non sono un
bravo Giudice.
E questo finisce per
creare una distorsione nella mente del Magistrato, perché di solito in una
vicenda c'è sempre un primo indiziato e in questa sete in buona fede del
Magistrato di scoprire a tutti i costi si ingigantiscono quegli indizi, dal punto
di vista, ripeto, sempre in buona fede, non si tiene conto di quegli indizi che
vanno in senso contrario e si finisce in effetti per sbagliare e per condannare
magari un innocente.
Al Giudice si può
perdonare tutto ma non la condanna di un innocente. E chiudo dicendo grazie,
Terlizzi, di questo magnifico libro che ci hai donato, un libro che io ho letto
attentamente e alla fine sai qual è stata la considerazione finale che ho
fatto? È un libro questo che pone l'interrogativo di sempre: chi è l'uomo, questo
sconosciuto? Grazie.
(Applausi)
Relatore Dott. G. STANISLAO:
Caro Presidente, mi
consenta di dire caro, la profondità delle sue riflessioni, la chiarezza della
sua esposizione impediscono qualsiasi commento, per cui io vado avanti, però
approfitto di qualcosa che lei ha detto non a proposito del libro del nostro
carissimo amico, ma della sua giovinezza. Lei si è ricordato di avere fatto una
lezione o più lezioni all'università della Terza Età quando era giovane. Io le
offro l'opportunità di ritornare giovane venendo a tenere delle lezioni nel
prossimo anno accademico!
(Applausi).
E le dico, mi consenta,
le dico un'altra cosa: c'è il professore Antonio Salerno, un archeologo, il
quale l'anno scorso mi ha proposto di fare un piccolo corso di lingua latina.
Che dice, lo facciamo?
Ma sarebbe meglio
invitare qualche professore di latino e greco, io amo il latino e greco, però
dopo tanto tempo francamente non è che sarei in grado! Se si tratta di
letteratura latina e greca sì, ma per quanto riguarda sintassi e
grammatica...
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