QUESTO E' IL DILEMMA: "O I GIUDICI
SONO SOLO BOIA ( FALSATI DAI
RESPONSI MEDICI ASSURDI ) O
L'ERGASTOLANO E' UN SIMULATORE".
NEI DUE CASI COMUNQUE QUESTA E'
UNA SOCIETA' INIQUA
Aurelio Quattroluni: zitto
e muori.
La morte annunciata
di un ergastolano
Quando una
persona in libertà è malata, spesso, anche se non sempre, vive in un ambiente che
rispetta il suo stato, nel senso che riceve cure e assistenza e, di norma, può
essere sicura di ricevere attenzione dalla propria famiglia. Sono guai più
grandi quando chi si ammala è detenuto in carcere: invece di attenzione trova indifferenza,
tanto che spesso il male si trasforma in vergogna.
Il prigioniero malato non gode della minima
protezione e molte volte gli si fa persino una colpa della sua malattia. Alla
prima occasione, al minimo lamento o tentativo di cercare conforto, la malattia
gli viene rinfacciata come una colpa. Viene tacciato di non essere un vero
ammalato, anzi è considerato sempre “sano” perché socialmente pericoloso. Penso che il detenuto malato sia come un cieco
a cui si rimprovera di non vedere.
Aurelio è un “uomo ombra” condannato all’ergastolo ostativo, detenuto nel carcere
di Padova, con la diagnosi di un grave tumore alla prostata e con la necessità
urgente di un intervento chirurgico. Eppure gli è stata respinta la richiesta
di differimento della pena per motivi di salute, nelle forme della detenzione
domiciliare o, in alternativa, di operarsi in carcere, ma vicino al luogo di
residenza dei propri familiari, per essere assistito dalla moglie e dai figli.
Sulle
sue spalle pesano ora due gravi condanne, tutte e due mortali: ergastolo e
cancro, ma, bizzarria della sorte, una condanna può eliminare l’altra… Dagli
uomini è stato condannato alla “Pena di Morte Viva” -così si chiama l’ergastolo
ostativo, quello senza possibilità di liberazione- , dal destino invece è stato
condannato a morire di un brutto male, solo e lontano dalla sua terra e dai suoi
familiari.
Aurelio l’altro
giorno mi ha scritto che non ha neanche più la forza per stare male, ma che ciò
che lo terrorizza è la paura di doversi spegnere lentamente, fra sbarre e
cemento.
Penso
che abbia ragione, perché quello che fa più paura a un uomo ombra malato è morire prigioniero, lontano dai propri
familiari. Invece quello che terrorizza un uomo
ombra sano è continuare a vivere senza neppure un calendario in cella per
segnare i giorni che mancano al suo fine pena.
Aurelio
sta morendo, a poco a poco, in una
prigione dei “buoni”. Ecco le sue più recenti parole: “Sono dimagrito 25 chili. Ormai sono pelle e ossa. E con la testa non
ci sono più. Ho solo voglia di impiccarmi. Ti prego fai qualcosa. Non farmi
morire nel silenzio e nell’ indifferenza”.
Mi dispiace Aurelio, ma io posso fare ben poco
per aiutarti, se non scrivere queste quattro righe che quasi nessuno leggerà. Ti
ricordi che una volta ti avevo detto che la morte, per farci dispetto, noi
ergastolani ci porterà con sè per ultimi? Oggi sono costretto ad augurarti che
sia veramente così e ti mando un sorriso pieno di vita.
Carmelo
Musumeci
Giugno
2017
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