“….pochi sanno che i deliranti camminano come segugi dietro una traccia
di sangue e che questo dolore produce in loro dimenticanze inavvicinabili…”
(brano estrapolato da una poesia di
Alda Merini)
Durante la mia lunga detenzione ho
trascorso, e trascorro, moltissimo tempo leggendo e studiando. La mia curiosità
mi ha fatto spaziare in lungo e in largo. Non sono mai stato un fedele lettore
di uno o più scrittori, anche se annovero alcuni scrittori tra i miei
preferiti. Ritengo che il gusto letterario, come altre passioni, sia
espressamente soggettivo. Spesse volte sono stato indotto dalle recensioni di
autorevoli scrittori, giornalisti e intellettuali a comprare libri che
puntualmente si sono rilevati dei bidoni, altre volte è stato il mio istinto a
guidarmi e perciò ho scelto scrittori sconosciuti rilevatisi dei fenomeni,
altre volte lo stesso mio istinto mi ha fatto fare scelte molto deludenti, ma
se non esistessero libri mediocri non potremmo apprezzare i capolavori.
Amo in maniera incondizionata tutto quanto
riguarda la carta stampata, ad eccezione dei quotidiani che leggo soltanto per
il gusto di mettere un NON davanti alle frasi affermative e un È VERO dinanzi
alle frasi negative.
Spesso noi italiani siamo soliti elogiare
scrittori, poeti, artisti, musicisti e intellettuali di oltreoceano o di altre
Nazioni. Quasi sempre gli elogi sono giusti, altre volte sono esagerati e
dovuti più alla moda o alla corrente politica di appartenenza (anche se spesso
alcuni artista sono stati etichettati come uomini di sinistra o di destra,
senza che abbiano mai espresso una loro preferenza) che alla loro bravura.
Quando si tratta di elogiare i nostri
artisti, chissà per quale motivo, tendiamo sempre a sminuire la loro bravura.
È indubbio che i “poeti maledetti”,
iniziando da Baudelaire per seguire con Verlaine, Rimbaud e Mallarmé, considerati ribelli e bohemien hanno
scritto, per chi ama il genere, opere indimenticabili e bellissime ma siccome
su questi grandi poeti e scrittori si è scritto e detto moltissimo, e si sono
studiati anche a scuola, voglio elogiare la grandissima Alda Merini poiché è
sicuramente allo stesso livello dei predetti poeti, anche se personalmente la
preferisco a loro.
Se volessimo paragonare Alda ai “maledetti”, credo che “maledetta” come Alda ce ne siano stati
pochissimi. Se, invece, volessimo addentrarci in un’analisi delle tematiche
raccontate da Alda e dei tormenti dell’anima quanti di loro potrebbero
paragonarsi a Lei? Quale anima è tormentata quanto quella di Alda?
Non voglio recensire le opere famose di
Alda, non ho la preparazione per farlo come saprebbe fare un esperto di poesia.
Sono un umile leggente (come direbbe il bravo Erri De Luca), nel senso che amo
leggere tutto per il gusto di apprendere e viaggiare con la mente.
Oggi voglio parlarvi di una sola poesie che
Alda ha dettato alla sua amica Bianca e che a distanza di anni quest’ultima ha
deciso, dopo molte incertezze perché le custodiva gelosamente perché le sentiva
come una cosa sua, di pubblicare per regalarci altre emozioni.
Tengo a precisare che quando scrivo
grandezza, non mi riferisco alle qualità morali della donna Alda Merini perché
non potrei mai esprimere un parere su una persona mai incontrata né amo fare
congetture cercando di delineare un carattere di una persona dalle cose lette
in giro. Ecco perché mi riferisco alla grandezza della poetessa e dei suoi
capolavori, punto.
Vorrei iniziare dalla originalità che Alda
dimostrava quando imponeva alla sua amica Bianca di scrivere le poesie che stava
per dettarle. “Bianca scriva!”. Non le importava nulla che la sua amica si
chiamasse Emilia (Emilia Rebuglio Parea), per lei era Bianca e tale è rimasta
fino alla fine.
Immaginatevi un poeta francese o
statunitense bravo ed estroverso quando volete, che per anni e anni chiamasse
il suo migliore amico con un altro nome senza che questi si offendesse. A me
viene difficile immaginare Baudelaire, Mallarmé e altri “maledetti” comportarsi
con tanta naturalezza come faceva Alda e di conseguenza credo sia impossibile
che un'altra persona al posto di Bianca avesse accettato con tanta pazienza e
ironia il comportamento di Alda. Ecco, già da questo si evince che il loro
rapporto “bizzarro” era sinonimo di poesia pura. La poesia è un tourbillon di
emozioni, di stati d’animo e di bellezza che non si possono delimitare o
rinchiudere dietro etichette. Essa è anche leggerezza, ironia e felicità, non
per forza dolore e spleen.
Perché ogni volta che si parla di Alda si
parla dei suoi periodi trascorsi in manicomio?
Trovo davvero ingiusto questo
continuo accostamento con i suoi disturbi mentali. Sa tanto di ipocrisia e di
quel maligno voler dire: brava è brava, ma è matta!
Cos’è la follia? Cos’è la normalità? C’è
qualcuno che può spiegarcelo?
“Gli uomini mi hanno chiamato pazzo; ma
nessuno ancora ha potuto stabilire se la pazzia è o non è una suprema forma
d’intelligenza”.
(da
“Eleonora” – “Racconti del Terrore”, 1841)
|
Personalmente, quando si fanno simili
accostamenti, ci vedo una sottile malvagità e tanta invidia. L’arte è arte. La
poesia è poesia. La pazzia o la normalità non hanno nulla a che vedere con
l’arte. Quando ammiriamo un dipinto di Van Gogh o di Chagall ammiriamo la
bellezza della loro pittura e il fatto che
entrambi abbiano sofferto di problemi mentali diventa secondario.
Terra
Santa
“Ho conosciuto Gerico,
ho avuto anch'io la
mia Palestina,
le mura del manicomio
erano le mura di
Gerico
e una pozza di acqua
infettata
ci ha battezzati tutti”…
Perché sprecare tempo nel parlare di
malattia quando nei versi di Alda appena scritti c’è ogni aspetto dell’essere
umano? Fede, religiosità, spiritualità, dolore, emozioni e speranza. Certo,
molti potrebbero obiettare che senza il manicomio Alda non avrebbe scritto le
poesie che tutti amiamo. Luogo comune. Perché se l’equazione
manicomio/carcere poesia/scrittura fosse vera allora in Italia avremmo più
poeti e scrittori che nel resto del mondo visto che le nostre prigioni sono
sempre sovraffollate.
La poesia, la narrazione, la capacità di
descrivere magistralmente i propri o gli altrui stati d’animo sono
doti innate e sono il frutto degli studi effettuati, ed Alda è stata una studentessa
brillante. Perciò questo voler a tutti i costi accostare la bravura e la
grandezza di alcuni mostri sacri della letteratura mondiale ai loro brevi o
lunghi periodi di prigionia o alle loro vere o presunte malattie mentali è una
forzatura che ritengo profondamente sbagliata e del tutto fuori luogo.
Secondo me Alda, come altri grandi della
letteratura, avrebbe scritto dei capolavori anche senza il manicomio. Anzi a
dirla tutta, penso che i periodi trascorsi in manicomio e i farmaci assunti le
abbiano annebbiato il cervello e limitato la creatività e a noi hanno privato
di altri suoi capolavori. Come si può pensare di scrivere, anche solo delle
banali lettere, sotto l’effetto degli psicofarmaci? Provatevi e poi vi
renderete conto che è impossibile. E parlo per esperienza diretta visto che in
manicomio ci sono stato e gli psicofarmaci li ho dovuti assumere!
Se proprio volessimo tirare in ballo la
privazione della libertà, possiamo dire che un internato ha molto tempo libero
e quindi potrà dedicarsi alle proprie passioni. Ma se non ci sono le basi e non
si ha del talento innato nessuno potrà diventare un artista.
Prima di salutarvi voglio dedicarvi una
delle poesie che Alda ha dettato alla sua amica Bianca, le altre potrete
leggere acquistando il libro che troverete in vendita e che vi consiglio
vivamente.
Vi dedico la seguente poesia di
Alda Merini perché la trovo semplicemente meravigliosa:
Non è
detto che chi tace ascolti.
Le
parole sono equivocabili, il silenzio no.
È più
facile sopravvalutare chi tace che chi parla.
Chi
parla dà, chi tace prende.
Mi
sono pentita di essere stata zitta, meno di aver parlato.
I
taciturni hanno un grande vantaggio:
il
silenzio non può essere riportato.
Il
silenzio è riposante.
C’è
taciturno e taciturno.
L’avaro
è taciturno.
Il
pigro è taciturno.
L’egoista
è taciturno.
Un ultimo consiglio: Vi prego, non fatevi
influenzare da coloro che vogliono a tutti i costi descrivere il contenuto o i
messaggi delle poesie o delle opere degli artisti. Non esiste mai un solo
significato. Quello che vi descrivono è soltanto il loro significato, le loro
percezioni, ma essendo ognuno singolare e diverso, è ovvio che il significato o
le emozioni descritte dai critici o dagli esperti non potrà mai rispecchierà il
vostro.
Cosa
c’è di vero in questo mondo?
Qual è
la differenza tra sogno realtà?
Personalmente sostengo che sognare non
significhi illudersi, bensì NON FARSI RINCHIUDERE! La poesia, la pittura, la
letteratura, la filosofia, insomma tutte le arti sono espressioni dell’anima
dell’autore. Ecco perché non bisogna mai obbligatoriamente cercare di
comprendere cosa voglia dire un artista con la propria opera. Ognuno di noi ha
la capacità di leggere messaggi che possono differenziarsi da persona a
persona, perché ognuno di noi ha una propria storia, una propria mentalità, una
propria cultura, un proprio background, dei propri ideali e dei propri valori.
Vi chiedo di leggere la sopracitata poesie
di Alda senza cercare di comprendere il suo contenuto pensando alla vita di
Alda. Interpretate le parole a seconda del vostro stato d’animo, del vostro
gusto, del vostro bisogno, della vostra sensibilità perché vivere un’emozione
come quella che può donarvi una poesia di Alda significa permettere alle
emozioni di toccare la vostra anima.
Non importa se l’emozione sia tanto forte
da graffiare o molto leggera da sfiorare la vostra anima, quel che conta è che arrivi
alla vostra anima, anche se la sfiorerà appena.
Non fermatevi alle apparenze, non
giudicate mai un artista per le sue azioni o per i suoi disturbi mentali o
perché colpevole di gravi crimini, giudicate la sua arte e se vi piace
godetevela perché:
“UN ARTISTA E’ SEMPRE
INNOCENTE. E SE NON LO E’ LUI COME UOMO LO E’ LA SUA OPERA”
(Vasco Rossi)
“Ma il giorno che ci
apersero i cancelli, che potemmo toccarle con le mani quelle rose stupende,
che potemmo finalmente inebriarci del loro destino di fiori, oh, fu quello il
tempo in cui tutte le nostre inquietudini segrete disparvero, perché eravamo
vicine a Dio, e la nostra sofferenza era arrivata fino al fiore, e era
diventata fiore essa stessa”.
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Alla prossima. Ivrea,
Otto novembre 2117 – Augusto La Torre
Otto novembre 2117 – Augusto La Torre
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