Agnese Moro, Nadia Bizzotto e
Carmelo Musumeci al Teatro Montegrappa con la loro battaglia contro il carcere
a vita.
Ergastolo: il senso di
una pena senza fine
Oggi in Italia sono 1500
gli ergastolani ostativi. È giusta la condanna senza termine? In che misura la
detenzione può riabilitare?
di Francesca Ambroso
Qual è il vero ruolo
della giustizia? Ha senso una condanna a vita? Qual è il valore della dignità
umana? In che misura una pena può riabilitare un criminale?
Sono tante le domande
emerse dall’incontro-dibattito di venerdì scorso al Teatro Montegrappa moderato
dal giornalista di Famiglia Cristiana Alberto
Laggia. Ospiti l’ergastolano Carmelo
Musumeci, la rosatese Nadia
Bizzotto, responsabile della Comunità Papa Giovanni XXIII fondata da Don
Oreste Benzi, e Agnese Moro, ospite
d’eccezione che ha portato la sua testimonianza intima e personale sulla
vicenda vissuta con la morte del padre. “I
mandanti e assassini di mio padre sono stati individuati e condannati -ha
affermato Agnese Moro- ma questo non mi ha liberata dal dolore. Ho
trovato davvero la pace solo quando ho perdonato”. In questo senso Agnese
Moro appoggia oggi la battaglia a favore dell’abolizione della pena dell’ergastolo
che sta portando avanti Nadia Bizzotto, da anni impegnata come volontaria nelle
carceri, specie fra i detenuti a vita, gli ergastolani ostativi, i cosiddetti
“sepolti vivi” che scontano la condanna per reati associativi e hanno rifiutato
la via della collaborazione. Per loro, secondo l’articolo 4bis dell’Ordinamento
Penitenziario, le porte del carcere non si apriranno mai, neanche dopo 20, 30 o
40 anni.
È tra questi carcerati
che Nadia ha incontrato Carmelo Musumeci.
È stato proprio lui ad
aprire la serata con il racconto della sua vita, dai primi passi nel mondo
della malavita, complice un’infanzia difficile in una terra complessa, fino al
pentimento all’impegno di intraprendere una battaglia che oggi lo porta a
testimoniare lo stato morale in cui versano i 1500 ergastolani ostativi
condannati a quella che lui definisce una “pena di morte viva”. Dopo 25 anni di
carcere ostativo Carmelo ha ottenuto su istanza la semilibertà. Nel frattempo
ha conseguito 3 lauree ed ha scritto diversi libri. Ormai da anni si batte per
l’abolizione dell’ergastolo a favore di forme di pena alternative che puntino
al recupero dei criminali.
Nel suo libro “Angelo
Senza Dio” è raccontato il suo incontro con Nadia Bizzotto. “Quello che veramente mi ha cambiato -ha
raccontato Musumeci- sono state le
relazioni sociali. L’incontro con Nadia, Agnese Moro e con il suo messaggio di
perdono, è stato devastante. Avere la
consapevolezza che c’era qualcuno che aveva fiducia in me, nonostante il mio
vissuto, mi ha spiazzato. È l’amore sociale che fa uscire il vero senso di colpa.
È questa la pena terribile”.
“Quando entrai per la prima volta in un carcere -ha raccontato Nadia
Bizzotto- mi resi conto che quelli
rinchiusi là dentro erano uomini che soffrivano profondamente. Nelle carceri
oggi ci sono più di cento reclusi da oltre trent’anni. La scienza dimostra che
nel tempo le persone cambiano. Vanno recuperate, come dice l’articolo 27 della
Costituzione. Se al male si aggiunge altro male lo si moltiplica. Quello che
oggi spinge la mia attività è portare fuori dalle sbarre la voce di quei
sepolti vivi”.
Una platea attenta e
silenziosa ha ascoltato con profondo rispetto per più di due ore le ragioni di
una battaglia che ha fatto incontrare tre persone profondamente diverse ma
unite da uno stesso obiettivo.
Difficile tirare
conclusioni. Impossibile pretendere un unico punto di vista.
Giustizia, libertà,
perdono verso gli altri e verso sè stessi, pentimento, possibilità.
Temi forti, profondi,
che non smettono di interrogare le coscienze.
Su questo si è
riflettuto, senza condanne e senza giudizi.
Su questo va avanti un
dibattito ancora sempre aperto.
Nessun commento:
Posta un commento