«Io più che il giornalista ho sempre pensato di
fare lo scrittore. Quando ero bambina, a cinque o sei anni, non concepivo
nemmeno per me un mestiere che non fosse il mestiere di scrittore. Io mi sono
sempre sentita scrittore, ho sempre saputo d'essere uno scrittore».
Scrittore, al maschile. Così Oriana Fallaci, una delle penne
più celebri del giornalismo italiano, amava definirsi. Nata a Firenze nel 1929,
Fallaci conobbe il fascismo. E la Resistenza.
A quattordici anni lavorò come "staffetta"
affiancando il padre nella lotta contro l'occupazione nazista. Dovette
aspettare la fine della guerra per iniziare a scrivere. Ma come giornalista.
Dal 1947 si occupò di cronaca nera e giudiziaria per Il Mattino dell'Italia
centrale. Da subito fu chiaro il suo stile innovativo. Raccontava i fatti come
fossero storie, con protagonisti dalle mille sfaccettature, mai banali.
Soffermandosi sui retroscena, anche lì dove non era richiesto.
Scrisse per Epoca, per l'Europeo e per il Corriere della
Sera. Passò dal costume e lo spettacolo alla guerra.
Nel 1967 fu inviata in Vietnam dove tornò più volte nel corso
degli anni raccogliendo interviste e raccontando i bombardamenti, le
rappresaglie e la vita dei protagonisti a Saigon. Non prese mai le parti di
nessuno. Anzi criticò con pari veemenza i vietcong e gli americani e definì
quel lungo conflitto "una sanguinosa follia".
Nel 1968 fu data per morta. A Città del Messico per
raccontare gli scontri di piazza durante le Olimpiadi, rimase ferita da un
proiettile e fu caricata su un furgone e portata all'obitorio. Solo un prete si
accorse che era ancora viva.
Negli anni Sessanta e Settanta girò il mondo. I protagonisti
delle sue storie furono i protagonisti della Storia: Indira Gandhi, Fidel
Castro, Yassir Arafat, Muammar Gheddafi, Henry Kissinger e l'ayatollah Khomeini
(durante la cui intervista, Fallaci si tolse polemicamente il velo che le
copriva la testa come richiesto dai precetti religiosi islamici).
Inventò un modo tutto suo di intervistare. Quasi degli
interrogatori, con domande incalzanti. Scritte, riscritte e alla fine
improvvisate. Ma sempre studiate nei minimi dettagli.
Ma la Storia Oriana Fallaci, oltre che raccontarla, la visse.
Nel 1973, incontrò per un'intervista il leader
dell'opposizione greca al regime dei Colonnelli Alexandros Panagulis e se ne
innamorò. Fu probabilmente la sua relazione più importante. Di sicuro la più
coinvolgente. Rimase con lui fino al 1976 quando morì in un incidente d'auto sospetto.
Fallaci fu la prima a parlare di omicidio politico.
Raccontò la loro storia in Un uomo, probabilmente il
capolavoro assoluto della scrittrice fiorentina.
Gli ultimi anni della sua vita furono caratterizzati da due
grandi eventi: uno personale (la scoperta di un cancro), l'altro collettivo
(gli attentati dell'11 settembre). In questi anni attaccò fortemente l'islam e
ipotizzò un tentativo di islamizzazione dell'Europa. Pur continuando a
professarsi atea, si avvicinò alla Chiesa Cattolica e a Papa Benedetto XVI che
la ricevette in un colloquio privato i cui contenuti non furono mai rivelati.
Prima di morire scrisse tre libri: La Rabbia e l'Orgoglio, La
Forza della Ragione e lo scritto autobiografico Oriana Fallaci intervista se
stessa - L'apocalisse, che completava la Trilogia di Oriana Fallaci.
Fonte: Mario
Messina/[19.10.2018 - 19:37] Email
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