(di
Stelio W. Venceslai)
Alla frammentazione politica della sinistra
fa riscontro quella della destra. Ciò significa che i partiti tradizionali, che
con molta buona volontà potremmo definire ideologici, sono in profonda crisi
d’identità. In effetti, lo spartiacque fra le due concorrenti posizioni politiche
è quanto mai tenue quanto un velo da sposa. Si potrebbe sostenere che, a furia
di confrontarsi e di misurarsi, con esperienze di governo divise e alternative,
c’è stato un progressivo ravvicinamento delle posizioni ideologiche. La realtà,
purtroppo, è molto diversa.
L’esperienza massima delle destre risale al
fascismo e al nazionalsocialismo, a dittature di tipo centro-americano o
cilene, a regimi terroristici come in Uganda o nel Congo o nello Zimbabwe.
Tutte esperienze finite in modo tragico e disastroso. Il culmine
dell’esperimento politico della sinistra è stato il regime sovietico,
concorrenziato da quello cinese e finito in un bagno di sangue in Cambogia.
Esempi pessimi di un’ideologia trasformata in una specie di religione omicida.
Esperienze ed esperimenti sociali, dunque,
del tutto fallimentari. L’idea di uno Stato sovrano nel senso più assoluto del
termine, padrone della vita e della morte dei suoi cittadini, è fallita
miseramente. Il Dio-Stato è morto, nonostante alcune sparute nostalgie. L’idea
social-popolare di una programmazione del lavoro, delle professioni, degli
studi, di un incasellamento razionale dell’economia, che razionale non è, è
anch’essa tramontata.
La socialdemocrazia e il neoliberismo hanno
cercato di trarre conseguenze assennate da questi fallimenti, ma anche dopo
alcuni successi, sono state travolte dalla realtà.
I partiti si sono avvicinati al punto da
generare confusione negli elettori. Ciò non significa che il tramonto delle
ideologie abbia distrutto i partiti. Oggi, a sentire gli uomini della Destra e
quelli della Sinistra, le posizioni tendono a coincidere. Tutti sono un po’
liberali, tutti un po’ socialisti, tutti ancorati al rispetto della legalità
costituzionale e dei diritti umani. Sembrerebbe un punto d’arrivo auspicabile.
La realtà ha distrutto l’ideologia e la progressiva incultura della classe
politica ha fatto il resto.
Il fatto è che la sopravvivenza degli
schieramenti politici tradizionali è molto aleatoria. La crisi sia della Destra
sia della Sinistra ha ragioni più profonde del semplice ravvicinamento delle loro
posizioni ideali.
Il mondo è cambiato così rapidamente e in
modo così radicale che i partiti tradizionali sono stati spiazzati dalla realtà.
La stessa sorte hanno subito i Sindacati, un tempo così forti da essere spesso
determinanti nel gioco politico.
La globalizzazione ha comportato mutamenti
straordinari nel pianeta, in materia di risorse, di tecnologie, di mercati e di
popoli. A fronte di questi mutamenti il ricorso agli strumenti tradizionali del
passato si è rivelato praticamente fallimentare. Oggi il mercato è il mondo ed
è obiettivamente difficile arrivare a una razionalizzazione del sistema. Se
nell’ex Unione Sovietica la programmazione industriale e agricola faceva acqua
da tutte le parti, a maggior ragione sul piano multi-continentale non è
possibile razionalizzare gli scambi.
La stessa liberalizzazione delle tariffe accentua
questa mobilità del capitale e delle merci. L’idea trumpiana di chiudersi in un
sistema nazionale teoricamente autosufficiente incontra limiti insormontabili,
come si è visto nel caso della General Motors, costretta a chiudere 14
stabilimenti negli Stati Uniti e a spostarsi all’estero perché le tariffe americane
d’importazione dell’acciaio e dell’alluminio sono troppo elevate. La protezione
del sistema americano tende a soffocare un’industria, come quella dell’automobile,
che ha per mercato il mondo e si colloca là, dove maggiori sono le sue
convenienze produttive.
L’innovazione, a sua volta, allunga i suoi
tentacoli in un futuro imprevedibile. Le nuove sfide della digitalizzazione
hanno travolto le vecchie professioni, creato nuove capacità, nuovi lavori, in
una fase ancora di transizione per arrivare alla robotizzazione di grandissima
parte del lavoro manuale e del lavoro delle macchine.
Ciò ha sconvolto gli schemi tradizionali. La
classe operaia è pressoché scomparsa, l’agricoltura si è profondamente
trasformata in industria agricola, la borghesia, duramente vessata sotto il
profilo fiscale, è in fortissimo arretramento.
Oggi, ma soprattutto nel prossimo futuro, ci
sarà un livellamento delle posizioni sociali che sta già portando a uno
schieramento sociologico molto diverso rispetto al passato. Da una parte ci
sono i poveri o i quasi poveri, dall’altra c’è una classe emergente, che
sarebbe difficile definire borghese, quella dei rampanti adusi ai nuovi lavori
e alle nuove professioni, che non sono minacciati dall’avvento della robotica e
delle stampanti tridimensionali, ma che di queste diavolerie sono gli
utilizzatori.
Si comprende facilmente perché, dunque, i
Sindacati siano ormai ridotti a gestire i pensionati e i partiti tradizionali
siano spiazzati da questa nuova realtà che non conoscono affatto.
La classe dei quasi poveri oggi accomuna la
maggioranza della popolazione occidentale. Le loro istanze sfociano in movimenti
ribellistici (che si travestono da populismo o da nazionalismo) o nel dissenso
elettorale, perché non trovano risposta nel sistema democratico attuale. Sono
le cellule impazzite di un corpo sociale che si sta trasformando sempre più
rapidamente, mentre il corpo sociale tradizionale perisce sotto un cumulo di
carte, leggi e decreti, che invece di facilitare la vita della gente la
complicano. È un po’ come schierare le divisioni in quadrato, aspettando la
cavalleria, mentre il nemico non c’è, è molto lontano, e intanto piovono
missili che fanno strage.
La crisi della Destra non si risolve nel
ritorno a un passato che non esiste più, così come quella della Sinistra, tentata
da ricorrenti nostalgie operaistiche. Quei mondi sono finiti, morti e sepolti.
Nessuna nostalgica restaurazione della vecchia classe politica può avere un
futuro.
Non è facile riconvertirsi. L’operaio che faceva
il fresatore non si adatta alla manovra o al controllo del robot che fresa per
lui. Ha un’altra mentalità radicata dal tempo e dalla consuetudine a un lavoro
ripetitivo. Così il politico dei tempi andati ha difficoltà enormi a capire le
nuove realtà che dovrebbero affrontare, che non comprende, e non ha gli
strumenti formativi per gestirli.
Per questo le prossime primarie e il
congresso del PD, come le assise “oceaniche” che sta organizzando Forza Italia,
mi sembrano inutili conati alla ricerca della felicità elettorale perduta.
Roma,
19/12/2018





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