La scoperta
dell’acqua calda
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giovedì 20 febbraio 2020
Il governo boccheggia, tenuto in piedi con le stampelle, come un pugile
suonato. Non molla, perché tutti hanno paura di perdere il posto.
Dopo nove anni di crisi economica e
politica, fa stupore che ci sia ancora qualcuno che propone interventi choc sull’economia (v. Conte) o di
natura costituzionale (v. Renzi). Belle idee, peccato che siano stantie e non
ci creda nessuno. È la scoperta dell’acqua calda.
In questi giorni frenetici di un’agonia
annunciata, il Parlamento non riesce a varare un provvedimento, le Commissioni
parlamentari si dibattono fra assenze e mugugni, specchio di un Paese fermo e
di una politica palesemente strutturata per la difesa dei propri interessi.
Tutti parlano degli Italiani, la loro
preoccupazione formale più evidente, ripetuta fino al soffocamento, ma è un
chiacchiericcio senza scopo, come una volta tanto giustamente ha affermato
Zingaretti.
Non c’è un solo punto sul quale i
partiti di governo sono d’accordo, salvo la necessità di non andare alle
elezioni. Il PD, dopo aver dato retta a Renzi di fare un accordo con 5Stelle,
si trova a fare il valletto del Movimento. Il Movimento, franato alle elezioni,
è la friabile roccia attorno alla quale si aggrappa il PD.
Un’alternanza di ricatti tiene in vita
il sistema. 5Stelle ricatta il PD, Renzi con il suo Italia Viva, ricatta il
governo, il governo ricatta il Parlamento. Tutti sono sotto schiaffo ma non si
deve andare alle elezioni.
La riduzione del numero dei
parlamentari contrae le speranze degli attuali deputati e senatori di tornare
in Parlamento. Un Parlamento imbelle che per due volte, entusiasticamente, ha
castrato se stesso, con il referendum
voluto da Renzi e con il taglio dei parlamentari ora. Nessuno vuole mollare la
presa. Inoltre, è molto probabile che la composizione del nuovo Parlamento si
riveli molto diversa, non solo numericamente. I fragilissimi equilibri attuali
saranno stravolti.
Solo Renzi, con la sua bassa
percentuale di consensi, può fare il battitore libero. Alla peggio, resterà con
il 3/4% di cui sembra disporre, stando ai sondaggi. Come battitore libero bussa
a più porte, a destra, a sinistra, al centro. Cerca uno spazio.
Al centro, dove tutti s’illudono di
pescare, c’è il vuoto. La radicalizzazione della contesa politica è tale che si
è passati dal tripolarismo a un bipolarismo incattivito. Ma il pesce non
abbocca.
Da enfant
prodige Renzi è ora un problema per tutti. Troppo rissoso, troppo pieno di
sé, troppo intelligente, se vogliamo, in un mondo di vedove di consensi e
timorate di Dio. La sua parabola discendente non ne ha sminuito l’ingegno ma
accresciuto l’imbarazzo di averlo accanto.
Il grande gioco continua mentre il
Paese muore. Gli allarmi sull’economia sono continui e preoccupanti. Nove anni
di crisi senza interventi mirati, ma solo di sperperi inconcludenti, hanno
ridotto al lumicino le speranze di una ripresa.
Con le chiacchiere non si fanno
progetti e i programmi annunciati presto, si rivelano inutili, perché non si è
in grado di attuarli, per mancanza di soldi, per inefficienza complessiva, per
incapacità negoziale, perché non ci credono neppure coloro che li hanno
stilati. Come giocatori incalliti di poker,
quando perdono, rilanciano, sperando di rifarsi. Rialzano la posta, giocano al
buio, sapendo di non avere quattrini, vendendosi tutto e indebitando il Paese.
I cantieri sono fermi, finanziati, ma
fermi. Tutti hanno paura di farsi incastrare dalle norme che loro stessi hanno
deciso. Siamo arrivati al punto che il codice degli appalti deve essere messo
da parte, se si vuole fare qualcosa, con dei Commissari. Una legislazione
inutile.
Renzi propone il rilancio dei cantieri
affidando i lavori, appunto, a dei Commissari. Così, con la scusa di far prima,
si apre una bella stagione per il mercato degli incarichi.
Il fallimento complessivo delle azioni
di governo fin qui condotte acuisce le difficoltà della gente e un senso di
depressione generalizzata. Manca una qualunque idea del futuro e le convulsioni
politiche del momento non interessano nessuno.
A marzo ci sarà un ennesimo referendum pro o contro l’abolizione del
numero dei parlamentari, spacciato per una misura economica risolutiva (80 centesimi
a testa di risparmio per gli Italiani).
Alla domanda se si è a favore della
riduzione il 90% degli Italiani risponderebbe di sì. Ma è perché nessuno
riflette. Se si riflettesse, il rischio dei voti contrari aumenterebbe. Per
questo del referendum non se ne
parla. Troppo pericoloso far ragionare.
Pensate, se la maggioranza dei
cittadini votasse contro la riduzione, sarebbe uno schiaffo al Parlamento, che
l’ha votata, e al Movimento che l’ha proposta, facendone una sua bandiera.
Cadrebbero tutte le complicazioni che impedirebbero di andare a votare subito!
Una vera iattura. Allora, il silenzio è d’obbligo, democraticamente.
Non c’è speranza che il prossimo referendum fallisca: troppa demagogia e
troppa disistima nei confronti dei parlamentari, paradossalmente, favoriranno
il mantenimento della situazione fallimentare in cui si trova il Paese.
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