Bruti Liberati: “Cari magistrati, è ora di finirla con i deliri di
onnipotenza”
L’ex procuratore capo di Milano: “Si volti pagina,
come chiede il presidente Mattarella: i magistrati devono ritrovare la fiducia
dei cittadini”. Con Edmondo Bruti Liberati l’espressione “leadership” può
declinarsi a pieno anche rispetto alla magistratura.
Fonte: di
Errico Novi/ Il Dubbio, 17 maggio 2020
Non solo perché
si tratta di una figura che ha guidato l’ufficio inquirente chiave del Paese,
la Procura di Milano: Bruti Liberati è stato anche leader in senso stretto di
Magistratura democratica, gruppo storico e decisivo dell’associazionismo
giudiziario. Ora assiste ai tormenti delle toghe, che non risparmiano gli uffici
di via Arenula. E usa un’espressione: amarezza. “È amaro”, dice, “vedere un
magistrato in preda a un delirio di onnipotenza e altri, non tutti, che non
hanno la prontezza di rigettare il suo approccio”.
Le notizie sull’indagine di Perugia
possono radicare nell’opinione pubblica un’immagine desolante della
magistratura?
Le notizie emerse mostrano un
preoccupante decadimento di costume, di cui è indice anche un linguaggio non
commendevole, che coinvolge alcuni magistrati in posizioni di rilievo. È amaro
vedere un magistrato in preda a un delirio di onnipotenza e altri, non tutti,
che non hanno la prontezza di rigettare il suo approccio.
Ma non si tratta di fatti di rilievo
penale...
No e, pare, neppure di rilevo
disciplinare: riguardano alcuni singoli magistrati, ma non voglio minimizzare
perché viene coinvolto il Csm. Le vicende che oggi vengono alla luce sono degli
anni scorsi e arrivano fino ai primi mesi del 2019 toccando il Csm attualmente
in carica. Ricordiamo il severo monito rivolto dal presidente Mattarella nella
seduta straordinaria del Csm del 21 giugno dello scorso anno: “Oggi si volta
pagina nella vita del Csm, la prima di un percorso di cui non ci si può
nascondere difficoltà e fatica di impegno. Dimostrando la capacità di reagire
con fermezza contro ogni forma di degenerazione. Occorre far comprendere che la
Magistratura italiana - e il suo organo di governo autonomo, previsto dalla
Costituzione - hanno al proprio interno gli anticorpi necessari e sono in grado
di assicurare, nelle proprie scelte, rigore e piena linearità”.
Quel monito si è tradotto in un
effettivo cambio di passo?
A me pare che una risposta vi sia stata:
sia pure dopo qualche titubanza, tutti i consiglieri in qualche modo coinvolti
hanno rassegnato le dimissioni, taluni dall'incarico al Csm, altri dalla
magistratura. E viviamo in un Paese in cui le dimissioni, a prescindere da
un'indagine penale, sono un evento tutt'altro che frequente.
Ma nel Paese la magistratura è stata a
lungo considerata un baluardo di credibilità e autorevolezza, nel vuoto di
classi dirigenti sempre più pallide: crede che quel baluardo regga ancora, agli
occhi dell’opinione pubblica?
La giustizia si regge sulla credibilità
della magistratura, i magistrati sono espressione di un Paese che vede una
crisi delle classi dirigenti e una pericolosa svalutazione delle competenze. Le
riforme degli studi universitari e post universitari, con le migliori
intenzioni, hanno prodotto effetti pessimi. Si è creato un lungo periodo di
parcheggio, di pochissima utilità sotto il profilo della formazione, che induce
i migliori a trovare altri sbocchi professionali, seleziona per censo coloro
che hanno alle spalle una famiglia in grado di mantenerli agli studi fino a
trent'anni, stempera nella attesa gli entusiasmi.
Quadro desolante: come si fa a
cambiarlo?
È urgente consentire ai giovani
laureati, dopo il quinquennio di studi di giurisprudenza, di affrontare subito
il concorso per l'accesso in magistratura. Per i vincitori si deve prevedere un
più lungo e organizzato periodo di tirocinio presso la Scuola Superiore della
Magistratura. La nostra Scuola, arrivata buona ultima in Europa, ha acquisito
efficacia e autorevolezza, grazie anche alla guida dei tre presidenti che si
sono succeduti, non a caso tutti ex presidenti della Corte costituzionale.
Occorre investire sulla Scuola, sia per il tirocinio iniziale che per
l'aggiornamento professionale, e tra i corsi dovrà essere potenziato lo spazio
dedicato alla deontologia.
Ma
è possibile che la magistratura, avvilita anche da alcune vicende poco
commendevoli, rinunci a esercitare un ruolo culturale nel dibattito pubblico e
finisca per ritirarsi in una sorta di minimalismo sindacalistico?
Questo rischio esiste. L’Anm deve
occuparsi anche di temi strettamente sindacali, ma la sua lunga storia ha
evidenziato la capacità di superare una visione grettamente corporativa e
contribuire alle riforme del sistema giustizia. La magistratura deve
conquistarsi la fiducia dei cittadini, che non vuol dire assenso acritico e
neppure adeguamento al volere della piazza.
Si citano spesso sondaggi di opinione
sulla percentuale di fiducia nella magistratura che si attesterebbe intorno al
45 per cento. Ebbene, un sondaggio francese del settembre 2019, di Ifop per
L'Express, indica la percentuale del 53 per cento per la fiducia nella
giustizia, in quadro complessivo in cui tutte le istituzioni hanno un grado di
fiducia di circa dieci punti superiori rispetto alla situazione italiana. I
molteplici fattori di crisi delle nostre società si ripercuotono ovunque anche
sul sistema di giustizia.
Le campagne sulle "scarcerazioni
dei boss" e i provvedimenti assunti a riguardo dal governo possono
indebolire l'indipendenza dei magistrati di sorveglianza?
Vi è stata una clamorosa
disinformazione: basti pensare che i 3 casi che hanno riguardato detenuti delle
categorie pericolose sono divenuti più di 300... Il ministro della Giustizia e
il Governo si sono sottratti alla responsabilità di affrontare la situazione di
grave sovraffollamento nella emergenza Covid-19 e il problema è stato
rovesciato sulle spalle della magistratura e di quella di sorveglianza in
particolare. Ogni provvedimento può essere discusso, ma è inaccettabile
l'allarmismo sui numeri manipolati e la campagna di aggressione verso chi si è
assunto responsabilità, a fronte di una politica latitante.
Ma per tornare alle vicende delle ultime
ore, crede che favoriranno la rivincita di chi chiede il sorteggio per eleggere
il Csm?
Il sistema elettorale in vigore, che si
proponeva di scardinare il sistema delle correnti, ha ottenuto l'effetto
opposto. Il sorteggio è il sistema proposto nel 1972 dall'onorevole Almirante,
ma con modifica costituzionale. I tentativi di costruirne oggi declinazioni
variamente mitigate ne evidenziano il limite insuperabile. La elettività dei
componenti, posta in Costituzione, mira a far vivere il Csm ai magistrati come
organo di cui portano la responsabilità. Si fonda anche sulla esigenza di
valorizzare l'attitudine per una funzione, che richiede, oltre a tutte le
qualità del buon magistrato, anche una ulteriore: la capacità di misurarsi con
la organizzazione di un sistema complesso come quello della giustizia.
Non è dunque il sorteggio, la
soluzione...
Le clamorose vicende che hanno investito
alcuni componenti del Csm indicano che le peggiori derive sono conseguenza di
ambigui occulti rapporti tra "notabili", sensibili al demone
dell'esercizio del potere e delle pratiche di accordi occulti, che si muovono
del tutto trasversalmente rispetto a quello che dovrebbe essere l'aperto e
trasparente confronto. Le "correnti" della magistratura devono
mostrarsi all'altezza del monito del presidente Mattarella: "Voltare
pagina". Il sistema elettorale deve mirare a ridurre il peso degli apparati
allargando le possibilità di scelta degli elettori che continuino a fare
riferimento ad una o altra corrente. Qualunque riforma deve misurarsi con
principi fondamentali: la libertà di opinione e di associazione e il contributo
che i corpi intermedi apportano alla vita di un ordinamento democratico, in
tutte le sue articolazioni.
Nessun commento:
Posta un commento