Né le
famosissime rose di Seplasia né gli 'orti sociali' all'interno dell'area
dell'Anfiteatro Campano di S. Maria Capua Vetere… ma solo erbacce e gramigna
Prendo spunto dall’articolo della
Professoressa Jolanda Capriglione, apparso sulla sua pagina Facebook (ma
pubblicato anche da Il Mattino)che da tempo – data l’autorevolezza – seguo con
vivo interesse, per pubblicare alcune foto che ho scattato pochi giorni or sono
in occasione di una visita all’Anfiteatro con alcuni miei amici di Bologna che
sono rimasti allibiti dal caos, dalla sporcizia e dall’erbaccia che infesta il
sito. Vi faccio grazia dei loro commenti e vi ripropongo intelgralmente
l’articolo della Capriglione.-
Sono
avvilita. E per far avvilire me ce ne vuole! Mi occupo da sempre di Beni
Culturali, dei problemi legati alla loro tutela e promozione e sono abituata a
‘tante cose’, mentre penso: ”Ci sarà un limite!”. E invece no ed è avvilente
scoprire che no, il limite, almeno al buon senso e al buon gusto, non c’è. Ci
avevano parlato della possibilità nella già martoriata area dell’Anfiteatro di
S. Maria C. V. di impiantare gli antichi roseti, cercare di riscoprire le
famosissime (nell’antichità) rose di Seplasia (le Damascene?) per farne un must
del ‘gardening’ internazionale. Mi sembrava davvero una bella idea, consona,
peraltro, al sito e abbiamo pubblicamente sostenuto l’idea (il Centro Unesco,
il Garden Capys, io stessa). D’improvviso, sento dire, con mia grande sorpresa
e grandissimo dispiacere, che si vorrebbero realizzare degli 'orti sociali'
all'interno dell'area dell'Anfiteatro Campano di S. Maria Capua Vetere. Cioè?!?
Mi
pare incredibile che qualcuno possa pensare che un turista arrivi da Berlino o
Salerno per 'ammirare' scarole e broccoletti. Mi pare incredibile che in tutta
la città non si sia trovata un'altra area per un'iniziativa di per sé lodevole
(e che altrove ho contribuito a promuovere).
Mi
pare incredibile che qualcuno possa aver pensato che questa sarebbe l'idea
migliore per la valorizzazione di un monumento straordinario insieme al Museo
dei gladiatori. So bene che l'area è stata 'investita' da un importante
finanziamento di non so quanti milioni di euro, grazie anche al lodevole
impegno di Camilla Sgambato allora membro della Commissione Cultura della
Camera, ma questa notizia delle scarole fa temere anche per il futuro. Spero di
aver avuto una falsa informazione, spero davvero! Smentitemi, vi prego ...
scrivevo.
No,
non mi ha smentito nessuno, anzi ho avuto una laconica conferma al limite del
surreale: ”No è verità, e non avrà impatto con il monumento, sarà dedicato al
cibo dei Gladiatori”.
Non
avrà un impatto con il monumento che, evidentemente, è stato scambiato per un
qualsivoglia campo coltivabile.
Cibo
dei gladiatori: ohibò! E che sarà mai? Bene: i gladiatori, è noto, mangiavano
cipolle, cavolfiori, aglio, carote e legumi in genere: veramente, ripeto, il
turista verrà qui per vedere il rettangolino con l’aglio ‘odoroso’?
Comprendo
bene che chi è chiamato a decidere, chiunque sia il ‘vero’ decisore, non può
ogni giorno convocare un’assemblea, certo, ma su questioni importanti come il
futuro di un monumento straordinario come l’Anfiteatro forse sarebbe bene, come
scrive ‘gentilmente’ Aniello di Iorio, “conoscere il progetto complessivo per
il quale sarebbero utilizzate le risorse, se esiste. Solo per capire, almeno”.
Sarebbe
bene davvero, dal momento che che S. Maria C. V., l'Anfiteatro e il progetto
stesso, a giusta ragione lautamente finanziato, sono parte e patrimonio dello
Stato italiano dove paghiamo le tasse. Intanto, invochiamo San Gennaro?
(pubblicato
su: Il Mattino, 29.5.2020)
Nessun commento:
Posta un commento