Quasi
metà dei candidati agli esami da giornalista dell’ultima sessione (132esima) non sono risultati idonei.
Dovranno, se
vogliono, ripetere la prova. Per la precisone: gli idonei sono stati il 54,74
per cento, i non idonei il 45,26 per cento. In tutto si sono presentati alla sessione 358
candidati. Centonovantasei sono diventati giornalisti professionisti.
La maggior parte
non ha superato la prova scritta, 142. Altri venti non hanno superato l’orale.
La percentuale di idonei è fra le più basse degli ultimi dieci anni. All’inizio
di questo decennio i promossi erano fra il 70 e l’80 per cento, con poche
cadute verso il 60. Negli ultimi anni raramente invece si supera il 65 per
cento di promossi. Per trovare un basso livello di promozioni come quello
presente si deve andare all’ottobre 2013 (idonei il 54,5 per cento), all’aprile
2014 (54,6) o all’aprile 2017 (54). Gli esami si svolgono due o tre volte
l’anno.
La natura degli
esami di Stato per diventare giornalista è molto mutata, proprio nell’ultimo
periodo. Gli esami erano riservati in gran parte a chi veniva assunto come
praticante in un’impresa editoriale. Dopo 18 mesi di praticantato, quindi di
lavoro sul campo, accanto a professionisti esperti, si accedeva all’esame. Nel
corso del tempo i praticantati sono sempre più diminuiti, dato che si sono
ridotte al minimo le assunzioni. Dal 2016 l’Ordine ha permesso di fare l’esame
attraverso i cosiddetti “ricongiungimenti”. Chi può “ricongiungersi”? Chi sia
pubblicista, abbia svolto attività principale giornalistica per almeno 36 mesi
negli ultimi cinque anni e possa produrre documentazione dei pagamenti e del
lavoro svolto. Ormai sono “ricongiunti” la maggioranza dei candidati. Si tratta
di situazioni di precariato o di non riconoscimento, da parte delle aziende,
delle mansioni svolte, che gli Ordini regionali cercano di risanare. A
differenza dei praticanti, i “ricongiunti” possono diventare giornalisti senza
avere un posto di lavoro stabile.
Dai “ricongiunti”
proviene il numero più basso dei promossi, 51,9 per cento (la media, ricordiamo
è 54,7). I numeri più alti di promossi vengono invece dalle scuole di
giornalismo riconosciute dall’Ordine. Nelle scuole si svolge il praticantato
(qui però un praticantato, di due anni, senza posto di lavoro). Le scuole hanno
portato alla promozione il 68,96 per cento dei loro candidati. Una quota che
potrebbe tuttavia essere più alta, visto che gli allievi vengono selezionati a
numero chiuso, che pagano una retta e che per due anni studiano (teoria e
pratica) per svolgere la professione in ogni suo aspetto e si preparano
all’esame. E’ buono il risultato della Scuola di giornalismo radiotelevisivo di
Perugia, che ha portato alla promozione 16 candidati su 18, buona Torino (2 su
2), discreta la Iulm con 11 su 15. Meno buoni i risultati della Cattolica di
Milano, con 12 promossi su 24 e della Luiss di Roma, con 15 idonei su 22.
Per quanto
riguarda la provenienza regionale, i risultati peggiori appartengono alle
regioni più grandi ed è normale: dalla Campania 25 promossi su 43, dal Lazio 43
su 88, dalla Lombardia 42 su 83. Ma dalla Sardegna un solo idoneo su 5 e dalla
Toscana 7 su 14. Molto buona invece la prova degli aspiranti giornalisti umbri:
18 su 22 ce l’hanno fatta.
Meglio gli uomini
(63,8 per cento idonei), delle donne (45,85 per cento). I candidati laureati
erano l’84,63 per cento del totale, ma il loro risultato finale è pari a quello
di tutti (54,7).
La pratica del
ricongiungimenti scade a dicembre 2020. Senza ricongiungimenti gli esami
sarebbero effettuati da un numero molto più basso di candidati. Sarà difficile
non concedere una nova proroga.
Come molti aspetti
della professione, anche gli esami potrebbero essere ripensati nella struttura
e adeguati al cambiamento dei tempi e della professione, con l’utilizzo di
nuove tecnologie e l’introduzione di nuovi ruoli professionali. L’esame è
regolato oggi dalla legge sull’Ordine del 1963.
Fonte: Professione
Reporter

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