Le opinioni eretiche
di Michele Rallo
BENEDETTO XVI
E IL MISTERO DI QUELLE
STRANISSIME “DIMISSIONI”
Tutto sembrava ormai dimenticato, quasi
nascosto sotto la polvere di un decennio... E, invece, la morte di Papa
Benedetto XVI ha riportato in primo piano le polemiche, i sospetti, le veritá a
mezza bocca che erano a suo tempo seguíte alle “dimissioni” del Santo Padre
nell’ormai lontano 2013. Parlo, naturalmente, dell’aspetto laico della vicenda,
prescindendo da questioni di diritto canonico che non sono nelle mie corde. In
proposito, diró soltanto che, secondo alcuni esponenti dell’ambiente
cattolico-tradizionalista, Benedetto XVI avrebbe soltanto rinunziato al
“ministero” papale ma senza abdicare formalmente, con ció inficiando la
successiva elezione a Papa del cardinale Bergoglio.
La vicenda del passo indietro di Papa
Ratzinger – forse qualcuno lo ricorderá – era stata a suo tempo attenzionata su
queste pagine e messa in relazione con una indiscrezione filtrata da un viaggio
in Cina dell’Arcivescovo di Palermo, monsignor Paolo Romeo. In quella occasione
il prelato siciliano – secondo un rapporto “strettamente confidenziale”
rivelato dal “Fatto Quotidiano” – avrebbe confidato ad alcuni autorevoli interlocutori
che il Pontefice sarebbe morto entro 12 mesi da allora (si era nel novembre
2011). La notizia era stata poi smentita da monsignor Romeo, ma l’ufficio
stampa della Santa Sede aveva dovuto ammettere l’esistenza del rapporto, sia
pur asserendo trattarsi soltanto di “farneticazioni”.
Orbene, anche se dopo 15 mesi (e non 12)
erano improvvisamente giunte le “dimissioni” di Benedetto XVI. Mettere in
relazione i due eventi era stato – per me – naturale, ipotizzando un disegno
che mirava ad eliminare dalla scena un Papa poco incline al “politicamente
corretto” ed a sostituirlo con altro soggetto che fosse in linea con i
desiderata dei poteri forti del mondo anglosassone; e questo nel periodo di
massimo splendore dei clan Obama e Clinton, per tacere di Soros e associati. [vedi
«L’abdicazione di Benedetto XVI e il
viaggio in Cina del Vescovo di Palermo» su “Social” del 15 febbraio 2013]
V’erano tuttavia dei particolari che mi
sfuggivano, dei fatti di cui non ero a conoscenza, e che impedivano che tutte
le tessere di un ipotizzabile mosaico investigativo andassero al loro posto.
Quali argomenti erano stati utilizzati nella ipotesi di pressioni esterne per
indurre Papa Benedetto a farsi da parte? Peraltro – in una tale ipotesi –
avrebbero dovuto essere argomenti di grande impatto, tali da mettere il
Pontefice di fronte ad una scelta praticamente obbligata, senza vie d’uscita.
Oggi, a dieci anni di distanza, qualche
elemento in piú comincia a delinearsi. Il primo é l’esistenza di un surrogato
di “partito d’opposizione” cardinalizio durante il pontificato di Giovanni
Paolo II (e poi di quello di Benedetto XVI). Era nato informalmente nel 1993, come
estrinsecazione del dissenso nei confronti della riforma del Consiglio delle
Conferenze dei Vescovi Europei voluta da Papa Wojtyla. Ne erano alfieri i
vescovi di San Gallo in Svizzera, Ivo Fürer, e di Milano, Carlo Maria Martini. Nel
1996 il gruppo si riuní per la prima volta a San Gallo, con la partecipazione
di 11 porporati, tutti esponenti della cosiddetta “sinistra” vaticana. Il
“gruppo di San Gallo” continuó poi a riunirsi una volta l’anno, a gennaio; e
ció fino al 2006. Gli argomenti degli incontri erano rigorosamente riservati, anzi
segreti. Sembra, comunque, che andassero delineandosi degli obiettivi strategici,
con al primo posto, da quanto taluni avrebbero poi detto, il profondo dissenso nei
confronti di monsignor Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina
della Fede, decano del Sacro Collegio cardinalizio e, soprattutto, principale e
ascoltatissimo consigliere di Giovanni Paolo II. Alla morte di Papa Wojtyla nel
2005, sembra che Fürer, Martini e gli altri di San Gallo cercassero in tutti i
modi di opporsi all’elezione di Ratzinger, senza peró riuscirvi.
La vicenda rimase comunque avvolta nel
mistero fino a dopo l’elezione di Bergolio (2013). Poi, nel 2015, tutto venne
portato allo scoperto da un cardinale che era stato tra i massimi esponenti del
gruppo di San Gallo, e che si era poi ricreduto. Si trattava del primate del
Belgio, monsignor Gottfried Danneels. Costui – cito da Wikipedia – «affermò di aver fatto parte di un gruppo,
da lui stesso chiamato “mafia di San Gallo” unitosi per spingere Benedetto XVI
a dimettersi e sostituirlo col cardinale Jorge Mario Bergoglio. Lo scopo fu
raggiunto con l’elezione di papa Francesco il 13 marzo 2013.»
Ecco – e riprendo il filo del mio
ragionamento iniziale – che la prima tessera mancante andava ad aggiungersi al
mosaico della vicenda delle dimissioni di Benedetto XVI: in Vaticano aveva
operato una vera e propria cordata (“mafia” mi sembra un po’ troppo forte)
ostile a Ratzinger, prima ma anche dopo la sua elezione a Papa.
E, tuttavia, non tutto mi era ancóra
chiaro. Escludevo, infatti, che la semplice presenza di una “opposizione” – sia
pur agguerrita – potesse aver indotto Papa Benedetto ad una decisione cosí
grave. Doveva esserci stato dell’altro, molto altro, qualcosa che non avesse
riguardato soltanto la persona del Pontefice, ma avesse minacciato gli
interessi vitali della Chiesa Cattolica.
Sono rimasto nel dubbio fino a pochissimi
giorni fa; fino alla lettura, sul sito del giornalista investigativo Maurizio
Blondet (preziosissima fonte di informazioni riservate), di un articolo del
generale Piero Laporta, in passato capo della sezione Strategia Globale dello
Stato Maggiore della Difesa. L’articolo in questione rivela che negli ultimi
mesi del pontificato di Benedetto XVI lo IOR (cioé la banca del Vaticano) era
stata esclusa dalla SWIFT, il Sistema Mondiale di Telecomunicazione Finanziaria
Interbancaria, cioé il sistema che consente alla quasi totalitá delle banche
del pianeta di effettuare tra loro ogni tipo di transazione. In pratica, se una
grande banca (centrale o “d’affari”) non é partecipe dello SWIFT, é
completamente tagliata fuori dal circuito finanziario mondiale. Si pensi che,
quando ancóra gli USA speravano di poter determinare lo strangolamento economico
della Russia, ne decretarono proprio l’espulsione dallo SWIFT. Cosa che – sia
detto per inciso – indusse la Russia, la Cina, l’India e gli altri paesi
dell’area BRICS a mettere in piedi un sistema mondiale alternativo di
transazioni finanziarie, al di fuori dell’area del dollaro. In pratica, comunque,
non v’é dubbio che gli Stati Uniti d’America dominino incontrastati lo SWIFT,
utilizzandolo come un’arma impropria per condizionare o ricattare qualunque
paese faccia loro ombra.
L’esclusione dello IOR dal sistema SWIFT,
dunque, avrebbe condotto in breve tempo il Vaticano (e la Chiesa Cattolica) con
le spalle al muro, decretandone la totale asfissía finanziaria. Ecco, dunque,
quale avrebbe potuto essere lo strumento di pressione e di coercizione nei
confronti di Benedetto XVI.
Certo, é solamente una ipotesi. Non c’é
prova che emissari statunitensi abbiano detto a Papa Benedetto “o te ne vai, o distruggiamo
economicamente la Chiesa Cattolica”. Ma fatto sta che, súbito dopo le
dimissioni di Ratzinger, lo IOR venne riammesso nello SWIFT. Súbito dopo,
immediatamente dopo, senza neanche attendere l’elezione del nuovo Papa.
Da tutto ció – continuo nella mia ipotesi
di studio – emergerebbe la responsabilitá diretta della diplomazia americana
nel “complotto” che nel 2013 costrinse Papa Ratzinger alle dimissioni. Ma, in
tale ipotesi, quale avrebbe potuto essere il movente di una simile operazione
“coperta”?
Molto probabilmente – é il parere del
generale Laporta – la presenza di un Papa legato alla tradizione cattolica era
un oggettivo impedimento per l’avvío di quella campagna di cancellazione di
ogni valore identitario che i poteri forti d’oltreoceano hanno scatenato in
tutto il cosiddetto Occidente: a cominciare dalla naturale identitá sessuale
degli individui, sostituita da un gender “liquido” che é il presupposto
indispensabile per ulteriori radiosi traguardi all’insegna di supposti “diritti
civili”.
E – mi permetto di aggiungere – la presenza
di un Papa come Benedetto XVI mal si accordava con l’altro disegno dell’alta
finanza mondialista, quello di cancellare anche l’identitá etnico-etica delle
popolazioni, attraverso un immigrazionismo organizzato che mira ad abbattere i
“muri” degli Stati Nazionali. Ratzinger era un Papa-patriota, innamorato dei
valori, delle tradizioni, della identitá della sua nazione. E basta uno sguardo
al suo testamento spirituale per averne esplicita ed inequivocabile conferma. Inoltre,
a quanti gli chiedevano di avallare un preteso “diritto ad emigrare” da parte
delle popolazioni piú svantaggiate, Ratzinger ha sempre risposto di preferire
un “diritto a non emigrare”; ovvero, come si direbbe con linguaggio laico,
“aiutiamoli a casa loro”.
Qui mi fermo. Non vorrei andare oltre nella
trama di questo “giallo vaticano”. Ma non posso fare a meno di riportare un
altro particolare inquietante, riferito dal generale Laporta: la presenza nel milieu politico-finanziario romano di «un personaggio dei piani alti della
National Security Agency che andava vantandosi delle dimissioni cui presto
sarebbe stato costretto Benedetto XVI». Sembrerebbe, in sostanza, che in
Italia le spie americane possano muoversi con assoluta tranquillitá e
disinvoltura. Ma anche questa é solamente una ipotesi di studio.
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