QUARTA PAGINA
«La mia bravura è fuori discussione.
La mia sostanza umana, la mia storia,
gli altri se la sognano»
Silvio Berlusconi
Silvio Berlusconi nato a Milano il 29 settembre 1936 morto a Milano il 12 giugno 2023. Politico. Imprenditore • Presidente di Forza Italia. Quattro volte presidente del Consiglio: nel 1994 (Berlusconi I), per tutta la XIV legislatura, dal 2001 al 2006 (Berlusconi II e III), poi di nuovo dal 2008 al 2011 (Berlusconi IV) • Eletto alla Camera nel 1994, 1996, 2001, 2006, 2008; fu eletto al Senato nel 2013, ma il 27 novembre di quello stesso anno, dopo che la Corte di Cassazione lo condannò in via definitiva per frode fiscale, e dopo che la Corte d’appello di Milano gli comminò due anni di interdizione dai pubblici uffici, l’aula votò la sua decadenza • Tornato candidabile nel 2018, è stato eletto europarlamentare alle europee del 2019. È il più anziano degli eurodeputati • Nel 2022 eletto al Senato nel collegio uninominale Lombardia - 06 (Monza) con il 50,26% • Padrone di Mediaset. Padrone della Mondadori. Padrone del Monza. Già padrone del Milan, venduto nel 2017 all’imprenditore cinese Li Yonghong • Patrimonio personale stimato in 6 miliardi e 300 milioni di dollari (nel 2020, secondo la rivista Forbes). «La Standa è mia / Il Milan è mio / e la Marini / la Cuccarini / le cucco io / Mentana, Fede / Paolo Liguori / La Fininvest, Publitalia, Mondadori / Vittorio Feltri / i due Vianelli / e se obbediva, forse, Indro Montanelli / c’ho Panorama / assicurazioni/ Milano 2, Milano 3, Sorrisi e canzoni» (Roberto Benigni, a Tuttobenigni 1995) • «Se avesse un puntino di tette farebbe anche l’annunciatrice» (Enzo Biagi) • «Come tutti i grandi imprenditori, Berlusconi non ha la purezza di San Francesco» (Bruno Vespa) • A una bambina, nel 2007: «“Quanti anni hai, piccolina?” “Sette”. “Sai, io alla tua età ne avevo già nove”». Con 3.339 giorni da primo ministro è il presidente più longevo della Repubblica.
Titoli di testa «Sono uno che è stato povero, che si è costruito da solo, che ama il calcio, ama la vita, ama divertirsi»
Vita Primo dei tre figli di Luigi Berlusconi (Saronno 1908 - Milano 1989), funzionario e poi direttore della Banca Rasini, e di Rosa Bossi, già stenografa-dattilografa alla Pirelli (Milano 1911- Milano 2008). I due fratelli, Paolo e Maria Antonietta. Infanzia qualunque a Milano, medie e liceo al Sant’Ambrogio dei salesiani di via Copernico 9 • Dopo la maturità classica il giovane Berlusconi comunica a papà Luigi che gli studi all’Università vuole pagarseli da solo. Come? Con Fedele Confalonieri, destinato a diventare l’amico di una vita, organizza un complesso musicale, I quattro doctores. Si esibiscono nei ritrovi studenteschi, alle feste universitarie e private. I due condividono le estati imbarcati sulle navi da crociera Costa e Grandi Viaggi «sebbene poi Confalonieri abbia detto di non averci mai messo piede, e Paolo Villaggio invece abbia confermato che c’erano anche lui e Fabrizio De André e si suonava Jacques Brel. Comunque, “mai nei night club”, dice Berlusconi, “perché eravamo ragazzi di buona famiglia”. Il racconto insegna che il ventenne Silvio non amava i luoghi di perdizione, e già preferiva le cene eleganti» [Mattia Feltri, Sta] • «Suonano dunque sulla terraferma: poi, matrimoni e serate. Silvio al contrabbasso e Fedele al piano. Molto Gershwin, Embraceable You e Lady, Be Good, I Got Rhythm, The Man I Love, poi Sinatra, Jerome Kern e Rodgers e Hammerstein, tutte le hit dei musical di Broadway. Confalonieri lo licenzia, perché Berlusconi passa troppo tempo a chiacchierare coi clienti. “Cercai di spiegargli che facevo semplicemente marketing, pubbliche relazioni; mi assicuravo che la gente venisse sempre da noi e non se ne andasse altrove”, racconta il Cav. ad Alan Friedman in My Way (Rizzoli). “Ma lui diceva: ‘Silvio, mi mancano i bassi’”. Lo licenzia, e “naturalmente me ne andai da un’altra parte, e nel giro di tre settimane tutti venivano a sentire me, e lui fu costretto ad andare fino a Beirut, in Libano, per trovare un ingaggio”. A bordo delle Costa Crociere Berlusconi canta nella “Lambro Jazz Band”: “Eravamo cinque musicisti e facevo anche il cantante. A mezzanotte, facevamo un programma che si chiamava Une voix et une guitare. Avevo un repertorio di 150 canzoni. Certe volte ne improvvisavo di nuove. Mi è sempre piaciuto scrivere i testi di nuove canzoni. Mi sono divertito un sacco”» [Masneri, Foglio] • Laurea alla Statale con una tesi intitolata Il contratto di pubblicità per inserzione (lode e premio di due milioni come primo classificato al concorso indetto dalla Manzoni). Ha 25 anni e parecchie esperienze lavorative alle spalle: a 14 anni tre mesi di barista a Clusone, durante l’università fotografo di matrimoni e funerali, agente immobiliare, rappresentante di elettrodomestici. Appena laureato si dà all’edilizia, partendo da un terreno in via Alciati a Milano, 190 milioni garantiti dal padre. La madre Rosa su questo inizio che i suoi avversari qualificano come oscuro: «Carlo Rasini, proprietario della banca dove lavorava mio marito, gli concesse un prestito. Noi gli demmo tutto quello che avevamo da parte. “Però ricòrdati che di figli ne ho tre”, gli disse suo padre, “perciò un giorno dovrai aiutare la Maria Antonietta e il Paolo”. Alla fine mio marito lasciò la banca per seguire le imprese di Silvio. In casa avevamo valigie piene di cambiali. Ogni tanto el me Gino diseva: “Rosella, me buti giò de la finestra”» [Stefano Lorenzetto] • All’età di 27 Berlusconi è anche allenatore dopo esser stato il numero uno della società calcistica Torrescalla-Edilnord. All’epoca il suo primo allenatore fu Marcello Dell’Utri, ma quando arrivò anche per lui l’esonero, lo stesso Silvio si mette in gioco preparando le linee del campo con il gesso e organizzando il ritiro. La sua squadra ha vinto i campionati milanesi allievi, juniores B e terza categoria • Costruisce a Brugherio e poi a Segrate Est il complesso oggi noto come Milano 2 (Alexander Stille: «un bizzarro mix tra la città ideale del Rinascimento italiano e una versione sterilizzata e un po’ kitsch del sogno suburbano americano»). Entra poi nel business della tv per offrire agli abitanti di Milano 2 un servizio in più, una televisione via cavo riservata. La chiama Telemilano e comincia a trasmettere il 24 settembre 1974 • Guido Medail, che partecipa all’impresa: «La prima trasmissione fu un’intervista fatta in francese e senza traduzione al capo della resistenza curda. Trasmettevamo soprattutto dibattiti politici. Accettarono di venire anche Eugenio Scalfari (che non aveva ancora fondato Repubblica), Giorgio Bocca, Massimo Fini. Qualche film che piratavamo ai preti delle edizioni San Paolo. Berlusconi si faceva sentire di rado» (Maurizio Caverzan) • Nel 1976 la Corte Costituzionale sentenzia che in Italia l’emittenza privata è ammessa, ma solo in ambito locale. Medail racconta di aver sentito Berlusconi calcolare ad alta voce che a quel punto Telemilano avrebbe potuto produrre programmi da vendere alle altre tv private (in quel momento erano 434) finanziandosi con la pubblicità da inserire nelle trasmissioni. “Telemilano via cavo” viene perciò trasformata in “Telemilano 58”, rete locale via etere, ed ha inizio l’escalation televisiva le cui tappe fondamentali furono: 1) assunzione di Mike Bongiorno; 2) assunzione di Adriano Galliani; 3) inter-connesione funzionale; 4) acquisizione dei diritti del Mundialito; 5) acquisto di Italiauno da Rusconi; 6) acquisto di Retequattro da Mondadori • Sul primo punto racconta Mike Bongiorno: «Berlusconi ha cambiato la mia vita: ma lo sa quanto guadagnavo in Rai? 20 milioni, facevo le serate per arrotondare, Berlusconi me ne offrì 600. Gli chiesi: quanto devo lavorare? “Un anno”. Prima, quando non si occupava di politica, ci sentivamo, mi chiedeva consigli, ora lo sento poco, però mi chiama per il compleanno, se ne ricorda sempre». Sul secondo punto: Galliani, che fabbricava apparati per ricevere le tv estere, s’era messo in testa di diffondere con quel sistema le tv locali in Italia, non riusce a far società né con Rusconi né con Rizzoli né con Mondadori e si vede offrire un miliardo di lire da Berlusconi per il 50% della sua Elettronica Industriale (1° novembre 1979). Sul terzo punto: l’avvocato Aldo Bonomo (1929-2005) inventa l’interconnessione funzionale, un grimaldello giuridico che consentiva a Telemilano, ribattezzata intanto Canale 5 al Nord e Canale 10 al Centro e al Sud, di trasmettere in tutta Italia: in pratica bisogna registrare una cassetta del programma e farla avere subito alle altre emittenti, in modo che la trasmissione, sia pure distanziata di qualche minuto o di qualche secondo, venga di fatto irradiata su tutto il territorio nazionale. Sul quarto punto: «Il Mundialito per nazioni è un torneo di calcio che nel 1981 si è svolto in Uruguay (dal 30 dicembre 1980 al 10 gennaio 1981) e di cui Canale 5 ha acquistato i diritti, dando il via alla competizione con la Rai. Il primo tentativo del network Fininvest di scalzare il monopolio delle reti di stato sulle dirette sportive è stato seguito da un’operazione ben più consistente: il 16 giugno del 1982 Canale 5 ha prodotto il suo torneo per squadre di club (ripetendolo il 25 giugno 1983 e il 22 giugno 1987). Questo Mundialito, uno dei primi grandi impegni produttivi della rete privata, è totalmente predisposto in funzione delle telecamere, secondo una formula già collaudata dalla televisione americana. Inquadrature tempestive del dettaglio, utilizzo opportuno del replay da tre angolazioni diverse, una dozzina di telecamere, due telecronisti e interviste dalla tribuna e a bordo campo in ogni intervallo di gioco fanno della telecronaca uno spettacolo e dello sport un evento mediatico» [Aldo Grasso]. Sui punti 5 e 6: l’editore Edilio Rusconi, avendo verificato che i costi di produzione della sua Italia1 (creata il 3 gennaio 1982) superavano senza speranza i ricavi, la vende a Berlusconi per 35 miliardi di lire (fine 82); allo stesso modo Mario Formenton, direttore generale della Mondadori padrona di Retequattro (fondata con Carlo Perrone e Carlo Caracciolo il 4 gennaio 1982 e comprendente 23 emittenti locali), sbaragliato da Canale 5 che contro il suo Venti di guerra (acquistato dall’americana Abc) aveva controprogrammato Uccelli di rovo e Dallas, è costretto a dimettersi e il suo successore Leonardo Mondadori, per far fronte a un buco che stava mettendo a rischio la stessa casa editrice, preferisce cedere Retequattro a Berlusconi per 135 miliardi di lire (28 agosto 1984). All’attacco dei pretori di Roma, Torino e Pescara, che nell’ottobre del 1984 gli oscurarono le reti sostenendo che l’interconnessione funzionale è fuori legge, Berlusconi risponde chiedendo aiuto al suo grande protettore, il presidente del Consiglio Bettino Craxi, in quel momento a Londra in visita ufficiale. Craxi torna di corsa a Roma e emana un decreto che consente a Berlusconi di trasmettere in attesa della legge che avrebbe regolamentato il settore e che il parlamento italiano approva nel 1990 (legge Mammì) • Il ruolo di Craxi, segretario del Partito socialista italiano dal 1976, è fondamentale nell’ascesa di Berlusconi per almeno tre ragioni: 1) gli consente di operare in regime di “deregulation”, cioè senza norme che ne limitano l’attività (fino al 1990); 2) opera attraverso il presidente socialista della Rai, Enrico Manca, affinché l’azienda di Stato tenga un profilo concorrenziale basso (pax televisiva); 3) gli procura un vasto credito bancario, imperniato soprattutto sulla Banca Nazionale del Lavoro, di cui il Psi è il referente politico. Si tenga conto che negli anni Ottanta Berlusconi mette in moto investimenti molto rilevanti sia per comprare all’estero pacchetti di film e di programmi televisivi sia per sottrarre alla Rai i migliori comici, presentatori, giornalisti sia per finanziare le altre sue attività, sempre più imponenti: acquisto da Giussi Farina del Milan (10 febbraio 1986, ne diventerà presidente il 24 marzo dello stesso anno), che dopo una formidabile opera di potenziamento renderà la squadra più vincente della storia del calcio italiano; acquisto del pacchetto di maggioranza assoluta del quotidiano di Indro Montanelli, Il Giornale, di cui aveva preso il 12 per cento nel 1977 e il 37,5 nel 1979 (passato poi al fratello Paolo nel 1990 quando la legge Mammì proibisce ai proprietari di televisioni di possedere anche quotidiani. Oggi al 70% degli Angelucci); acquisto della casa editrice Mondadori al termine di un’aspra battaglia legale e finanziaria con Carlo De Benedetti (l’erede Luca Formenton s’era impegnato a vendere la sua quota a De Benedetti ma cambia idea e la cede Berlusconi); ingresso nel mondo della finanza (Mediolanum con Ennio Doris) e della distribuzione (Standa); continuazione dell’attività edilizia. Berlusconi opera allora attraverso un’imponente rete di società, le principali delle quali sono la capogruppo Fininvest, posseduta inizialmente da 20 lussemburghesi (oggi dismesse), Mediaset, dove vengono raggruppate le reti televisive, e Publitalia, incaricata di vendere gli spot da mandare in onda su Canale 5, Italiauno e Retequattro (in ordine di importanza) • Racconta Raimondo Vianello: «Un giorno si presenta a casa nostra. Ci dice che è pronto a darci un programma, che ci aspetta a braccia aperte. Ha uno stile asciutto, convincente. È un venditore. In quegli anni la Rai è un ministero, non si capisce con chi parlare di nuovi progetti, nuove idee. Avremmo dovuto realizzare un unico programma a Canale 5 e poi tornare a Viale Mazzini. Berlusconi offre patti chiari. E soldi. Insomma, ha argomenti convincenti. A un certo punto gli chiedo se vuole bere qualcosa. Lui mi risponde: “Non avrebbe un panino?”. Mi assale un dubbio: ma questo è davvero miliardario?» • «Sua Emittenza: Italia 1, Milano 2, Milano 3, Rete 4, Canale 5... ma chi sei?» (Massimo Boldi) • Nel 1986 quando acquista il Milan da Giussi Farina, «si presenta al calcio calando su un campo in elicottero. Primo colpo: acquista Roberto Donadoni soffiandolo alla Juventus: per i tempi, un affronto da pirata. Poi arrivano i tre olandesi: Gullit, Van Basten e Rijkaard. Rottama Nils Liedholm e prende il giovane Arrigo Sacchi. “Diventeremo i più forti del pianeta”. Sembra un ex ragazzo un po’ troppo entusiasta e invece nel giro di tre anni il suo Milan è campione d’Italia, d’Europa e del mondo. La somma di squadra, tv e marketing cambia la visione del football. Berlusconi poi è quello che fa le formazioni, come testimoniato dai libri di Bruno Vespa, in cui compaiono gli schemi di “giuoco” da lui compilati. Il racconto insegna che il pallone è rotondo, o quasi, e sebbene da qualche tempo sia rotolato verso i comunisti (cinesi)» [Feltri, cit.] • L’esplodere di Tangentopoli – l’inchiesta che a partire dal 1992-93 mette in luce un vasto giro di corruzione politica – e la conseguente scomparsa dalla scena di Craxi inducono Berlusconi a intraprendere l’attività politica («scendere in campo», secondo la sua espressione) • L’associazione “Forza Italia”, non ancora formalmente partito, si è organizzata in club: 78 quelli costituiti fino a oggi (ciascuno comprende 10-12 persone), all’incirca duecento sono in via di costituzione. A Milano, in via Isonzo 25, è pressoché pronta la sede della direzione nazionale dei club. In via di esaurimento il primo stock di gadget. «Il gagliardetto costa 4mila lire, il portachiavi e il bandierone (un metro e 40 centimetri di base, un metro di altezza) arrivano a 13mila lire, per la parure penna stilografica penna biro (in stile Montblanc) servono 25mila lire: ma soltanto i soci dei club Forza Italia possono acquistare gli oggetti firmati con il marchio tricolore del movimento politico berlusconiano. (…) In pochi giorni sono stati raccolti 250 milioni, vendendo 500 kit del presidente (ciascuno costa 500mila lire e comprende tutti gli oggetti immagine del movimento insieme a centinaia di adesivi e distintivi)» [Cds] • Esordio vero il 24 novembre 1993 quando, interrogato da un cronista sulle imminenti elezioni per il sindaco di Roma, dice che tra Francesco Rutelli, candidato delle sinistre, e Gianfranco Fini, candidato della destra e soprattutto segretario del “partito fascista”, voterebbe senz’altro per Fini (battuta che di fatto sdoganò il Msi). E infatti, quando si presenta alle elezioni del 1994, Berlusconi guida un cartello formato dal partito Forza Italia, da lui fondato nel 1993, dal Msi-An, dalla Lega Nord – la formazione di Umberto Bossi che predicava la secessione dall’Italia della Padania – dal Centro cristiano democratico e dall’Unione del centro democratico (due formazioni di risulta della Dc scomparsa causa Tangentopoli) • Come mai Berlusconi, che pare diventato un imprenditore molto ricco e potente, sente il bisogno di entrare in politica dopo la caduta di Craxi? Bruno Vespa: «Nel 1993 la Fininvest aveva 3.500 miliardi di debiti e si può immaginare che se le elezioni del 1994 avessero spazzato via Berlusconi come un fuscello, non tutti i banchieri sarebbero stati generosi con lui. Il Cavaliere restò spiazzato quando la Banca Nazionale del Lavoro, sul cui appoggio contava, gli chiese di rientrare. Enrico Cuccia voleva affondarlo» • L’annuncio della discesa in campo provoca una eco enorme. Berlusconi registra un discorso su una cassetta e la manda a tutti i telegiornali. Si fa riprendere in una luce morbida, dietro una scrivania, circondato dai libri e con le foto dei cari, incorniciate, bene in vista. Sorridente, rassicurante, inappuntabile: «Ho scelto di scendere in campo e di occuparmi della cosa pubblica perché non voglio vivere in un paese illiberale, governato da forze immature e da uomini legati a un passato politicamente ed economicamente fallimentare. Affinché il nuovo sistema funzioni, è indispensabile che alla sinistra si opponga un Polo delle Libertà capace di attrarre a sé il meglio di un paese pulito, ragionevole, moderno» • Al voto del 27 marzo 1994 la coalizione di centrodestra vince col 42,9 per cento dei voti e Berlusconi diventa presidente del Consiglio. Cade però dopo pochi mesi (22 dicembre 1994) per l’uscita della Lega (il “ribaltone”), contraria a provvedimenti che colpiscono le pensioni e delusa dal poco impegno della coalizione sul federalismo • Ci riprova nel 1996 senza Bossi, che lo accusa di essere ladro, mafioso e di praticare la magia nera. L’Ulivo di Romano Prodi lo asfalta. Sembra morto. Al contrario: l’uomo si dimostra persino paziente. Chiama i cinque anni all’opposizione «la lunga traversata nel deserto» • Nel 2001 si ripresenta. Nel frattempo rende chiari i fondamenti del proprio progetto politico: maggiori poteri all’esecutivo, separazione delle carriere tra magistratura inquirente e magistratura giudicante, federalismo. Discute queste riforme nella cosiddetta Commissione Bicamerale presieduta da Massimo D’Alema, a quel tempo capo dei postcomunisti e da quel momento suo interlocutore principale • Campagna da 100 miliardi di lire: quattro nuovi manifesti di propaganda politica per le strade italiane: Berlusconi è ritratto in maglione, sguardo rivolto all’orizzonte. Sullo sfondo la bandiera di Forza Italia che sventola in un cielo limpido. Gli slogan: «Un presidente operaio per cambiare l’Italia», «Un presidente imprenditore per realizzare le grandi opere», «Un imprenditore innovatore per ammodernare lo Stato», «Un presidente amico per aiutare chi è rimasto indietro». Fa stampare in 12 milioni di copie una sua agiografia intitolata Una storia italiana spedita a tutti i capifamiglia (21 miliardi di lire di investimento per la stampa e 15 per la spedizione) • Gli avversari, capitanati da Rutelli, gli rispondono con una serie di attacchi in televisione: Daniele Luttazzi, Marco Travaglio, Michele Santoro, Enzo Biagi lo accusano dal piccolo schermo, e in genere nel momento di massimo ascolto, di essere un ladro, un evasore fiscale, un corruttore, un capomafia ecc. Berlusconi risponde l’8 maggio sottoscrivendo nella trasmissione Porta a Porta di Bruno Vespa un contratto con gli italiani nel quale si impegna ad abbattere la pressione fiscale, diminuire la criminalità, alzare le pensioni minime ad almeno un milione di lire al mese, creare un milione e mezzo di nuovi posti di lavoro, aprire almeno il 40 per cento dei cantieri previsti dal Piano decennale delle Grandi opere. Vince poi le elezioni con una maggioranza schiacciante (Forza Italia da sola ottiene il 29,4% dei voti) • «Non c’è nessuno sulla scena mondiale che può pretendere di confrontarsi con me, nessuno dei protagonisti della politica che ha il mio passato, che ha la storia che ho io. Da un punto di vista personale se c’è qualcuno che ha una posizione di vantaggio questo qualcuno sono io. Quando mi siedo a fianco di questo o quel premier o capo di stato, c’è sempre qualcuno che vuole dimostrare di essere il più bravo, e questo qualcuno non sono io. La mia bravura è fuori discussione. La mia sostanza umana, la mia storia, gli altri se la sognano» [Silvio Berlusconi replicando alle critiche che muovono a lui e ai suoi alleati giornali come il Financial Times e El País] • Alle elezioni Berlusconi vince (61 collegi su 61 in Sicilia. «Era enormemente ricco, e prese il voto dei poveri» [Cazzullo, CdS]) • Il 18 aprile 2002 è il giorno del cosiddetto editto bulgaro. «Il fatto esplode un po’ per caso, nel clima allegro, quasi da show tv, di una conferenza stampa organizzata al World Trade Center di Sofia, dove Berlusconi è in visita (lampo) ufficiale. Un cronista bulgaro butta lì il tema delle tv, chiedendo al nostro premier se comprerà una rete locale. Lui risponde con i toni ormai tradizionali quando protesta contro “l’occupazione militare” della Rai da parte della sinistra, ma soprattutto pare lanciare una minaccia, anzi un ordine ai nuovi vertici di viale Mazzini: Biagi, Santoro, Luttazzi devono sparire dal video visto che hanno fatto un “uso criminoso” della Rai e visto che “non cambieranno” mai». Polemiche immediate. Il segretario dei Ds Piero Fassino: «Inaudita e volgare intimidazione»; il presidente ccd Marco Follini: «Non mi riconosco né in Biagi né in Santoro, ma sono affezionato all’idea che in tv ci siano molte opinioni, anche diverse e lontane dalle mie»; Enzo Biagi: «Signor presidente, non tocca a lei licenziarmi». [Paola Di Caro, Cds 19/4/2002] • Il 28 maggio 2002 Silvio Berlusconi, aveva 65 anni, una padronanza geniale dei meccanismi dei media e la confidenza diventata ormai una solida amicizia con George W. Bush e Vladimir Putin, i leader del mondo “pre-Cina”. Un istante prima del flash dei fotografi, con un balzo Silvio si tuffò tra i due e poggiando le sue mani sulle loro, suggellò con un sorriso sgargiante quello che all’epoca fu il miracolo di Pratica di Mare. Un’impresa lungamente voluta e preparata: l’associazione della Russia alla Nato sancita dalla Carta di Roma e sottoscritta dai 19 leader dell’Alleanza e da Putin. Un’intesa che spaziava dalla lotta al terrorismo alla gestione delle crisi, dal controllo degli armamenti alla collaborazione nel salvataggio in mare e nelle emergenze civili. Il suo maggior successo in politica estera • Nel 2003, ospite nella residenza dell’amico Putin a Zavidovo, i due leader si fanno fotografare con indosso lo stesso colbacco di pelliccia • Del 2003 l’esordio con polemica per Silvio Berlusconi davanti al Parlamento europeo. Al capogruppo dei socialdemocratici, il tedesco Martin Schulz, che lo aveva attaccato duramente sulla giustizia e sulle posizioni della Lega, il premier italiano dà del nazista: «Signor Schulz, so che in Italia c’è un produttore che sta montando un film sui campi di concentramento nazisti. La suggerirò per il ruolo di kapò». Si apre una polemica rovente. Berlusconi alza la voce e punta il dito verso i gruppi della sinistra, «turisti della democrazia». Alla fine chiede scusa: «Non volevo offendere nessuno, era una battuta ironica». Il governo tedesco convoca l’ambasciatore italiano • A New York, parlando a Wall Street nel 2003 invita imprenditori e finanzieri americani a venire a investire in Italia: «Oltre al bel tempo, abbiamo imprenditrici bellissime e anche bellissime segretarie». E ancora a Wall Street: «Oggi abbiamo meno comunisti. Sono soltanto il 16 per cento», e poi «il presidente del Consiglio ha messo lì tutti i suoi soldi. Anzi, i miei oppositori dicono che sono troppi» [Maria Latella, Cds] • Nel 2005 dopo la sconfitta elettorale nelle Regionali e l’uscita dal governo dei ministri di Udc e Nuovo Psi, Berlusconi sale al Quirinale e si dimette. In carica quasi quattro anni, 1.412 giorni per la precisione, il Berlusconi II è stato il governo più longevo della storia repubblicana. Tre giorni dopo torna al Quirinale per dare vita al Berlusconi III. È rimasto in carica dal 23 aprile 2005 al 17 maggio 2006, per un totale di 389 giorni, ovvero 1 anno e 24 giorni • «Io sono il Gesù Cristo della politica, una vittima. Sopporto tutto, mi sacrifico per tutti» (Berlusconi nel 2006) • Nel novembre 2006, chiacchierando nel salotto di Daniela Santanché, Berlusconi stesso ha fatto il punto sulle sue ricchezze: 13 case, 14 piscine (perché una è coperta), quattro jet di cui uno rotto, sei panfili, duemila conti in banca, 56 mila collaboratori, una squadra di calcio, una di pallavolo (campioni d’Italia e d’Europa), una di hockey (idem). Aveva prodotto fino a quel momento 110 film (e sostiene di essersi fidanzato con il 60 per cento delle attrici). Le case, cioè le ville, possedute sono in realtà 14: Macherio (Villa Belvedere), Arcore (Villa San Martino), Portofino, Porto Rotondo (La Certosa), Cernobbio, due alle Bermuda, sette ad Antigua (Piccole Antille) • Una volta gli chiesero cosa se ne facesse di sette ville in Sardegna. Rispose: «Ho cinque figli, credo che l’ambizione di ogni padre italiano sia di lasciare a ogni figlio una casa a Milano e una al mare» [Cazzullo, cit.] • «Nel marzo 2006, si rivolge al Congresso degli Stati Uniti durante una visita di Stato a Washington DC – diventando il terzo (e sinora ultimo) capo del Governo italiano a parlare a Capitol Hill dopo Alcide De Gasperi, Bettino Craxi e Giulio Andreotti. Nella sua mezz’ora di discorso Berlusconi alterna italiano e inglese, ricevendo ben tre standing ovations. Diversi i temi del suo discorso: dal ringraziamento agli Usa “per aver salvato il mio Paese dal fascismo e dal nazismo a costo del sacrificio di tante giovani vite americane”, ma anche “perché nei lunghi decenni della guerra fredda hanno difeso l’Europa dalla minaccia dell’Unione Sovietica” e per la “generosità del Piano Marshall”. Nel suo intervento non manca un accenno agli attentati dell’11 settembre 2001, sottolineando la necessità di “mettere all’angolo il fondamentalismo radicale”. Nel chiudere il suo discorso, Berlusconi raccontò che, da giovane, era stato portato dal padre a visitare un cimitero “in cui riposavano molti valorosi soldati, giovani che avevano attraversato l’Oceano per ridare dignità e libertà a un popolo oppresso”. Quel padre – racconta – gli fece giurare che “non avrebbe mai dimenticato il supremo sacrificio con cui i soldati americani avevano difeso la sua libertà. Quel sacrificio e quel giuramento non li ho mai dimenticati e non li dimenticherò mai”» [Voce di NewYork] • I suoi cinque anni di governo si caratterizzarono in politica estera per l’appoggio incondizionato dato agli Stati Uniti di Bush (missioni in Afghanistan e in Iraq), la linea nettamente filoisraeliana e implicitamente antiaraba (contraddicendo con questo una lunga tradizione di relazioni ambigue dei nostri governanti con i paesi mediorientali), i cattivi rapporti con francesi e tedeschi (vedi lo scambio di insulti con Martin Schultz durante una celebre seduta del Parlamento europeo riprodotta poi nel Caimano di Nanni Moretti), l’asse con Aznar e Tony Blair e una propensione antieuropeista esplicitata nelle polemiche sulla moneta unica. In politica interna per la riforma del mercato del lavoro (reso più flessibile grazie alla legge Biagi), per quella delle pensioni (poi modificata da Prodi), per quella dell’emittenza e per quella della devoluzione o federalismo, poi bocciata dal referendum del 25-26 giugno 2006 • Luca Ricolfi, politologo vicino al centrosinistra, alla fine del quinquennio di governo berlusconiano calcola che il contratto con gli italiani sottoscritto durante Porta a Porta è stato rispettato al 60 per cento • Il 2 dicembre 2006 grande manifestazione contro Prodi e il governo di centro-sinistra: «Tre cortei partiti contemporaneamente da tre punti diversi della città e riuniti poi in piazza San Giovanni. Qui le riprese dall’alto hanno mostrato una folla tipica dei comizi del 1° maggio o delle grandi adunate sindacali dei decenni passati. Dunque anche il centro-destra sa muovere le masse. Infatti il Manifesto è uscito col titolo “Non sottovalutiamo” e la sinistra in genere s’è detta preoccupata. E però: a Roma hanno sfilato Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega, cioè Berlusconi (guarito e scatenato), Fini e Bossi. Il quarto attore della compagnia, cioè Casini con la sua Udc, è andato a manifestare a Palermo, in un Palazzetto dello Sport strapieno, facendo sapere che “ormai le opposizioni sono due”. Cioè la Casa delle Libertà è finita e l’Udc non vuol più sentir parlare di leadership di Berlusconi. Il significato di questo minuetto si capisce bene guardando Mastella, il capo dell’Udeur che fa il ministro della Giustizia e sta nel centro-sinistra: ha sùbito proposto a Casini di far liste comuni per le prossime elezioni europee. Dall’Udc gli hanno risposto: “Tu prima esci dal centro-sinistra”» (Giorgio Dell’Arti) • Durante la XV legislatura Berlusconi ha tentato di far cadere il governo Prodi anche tirando dalla sua - con ogni mezzo - senatori dello schieramento avverso. C’è riuscito quasi subito con Sergio De Gregorio. Solo alla fine con Bordon, Manzione, Dini e il suo piccolo gruppo di seguaci • Berlusconi ha sostenuto per mesi e mesi che il voto del 9-10 aprile 2006 era stato truccato dal centro-sinistra, e ha preteso insistentemente che si ricontassero le schede (prima il Senato e poi la Camera concessero la riconta il 6 e il 7 dicembre 2006, l’esito dell’operazione è poco significativo). La tesi dei brogli è stata sostenuta anche da Enrico Deaglio, che dedicò alle politiche del 2006 un numero speciale della rivista Diario, con tanto di dvd a suo dire dimostrativo: per Deaglio, però, a truccare i dati sarebbe stato il centro-destra che avrebbe, con un software annidato nella rete informatica del ministero degli Interni, sottratto un milione di voti al centro-sinistra (numero di Diario del 24 novembre 2006). Su tutta la vicenda hanno indagato Luca Ricolfi e Silvia Testa nel capitolo “L’ipotesi dei brogli” del saggio Nel segreto dell’urna. Un’analisi delle elezioni politiche del 2006 (Utet 2007), raccolta di studi curata da Paolo Feltrin, Paolo Natale e Luca Ricolfi. Le conclusioni dello studio sono che un imbroglio orchestrato dall’alto risulta «estremamente difficile, se non impossibile». Manomissioni delle schede in periferia, cioè a livello di sezioni, sono invece possibili, ma difficili da scoprire. I due studiosi hanno comunque dubbi sulla regolarità complessiva del voto: vi sarebbe stata «sistematica e grave violazione delle regole nel caso del voto degli italiani all’estero» e «una enorme massa di irregolarità e stranezze denunciate — e spesso documentate — da membri dell’opposizione (compresi due ex ministri), specie in Emilia Romagna, e nelle quattro regioni - Liguria, Lazio, Sardegna, Puglia - in cui lo scrutinio manuale è stato affiancato da quello elettronico». Le elezioni finirono con un margine di vantaggio risicatissimo per il centro-sinistra alla Camera (24 mila voti), che permise però a Prodi di godere, grazie al premio, di un’ampia maggioranza. Al Senato invece ebbe complessivamente più voti il centro-destra, però il gioco dei singoli premi regionali consegnò al centro-sinistra la maggioranza, anche se appena di due senatori, rinforzata poi, tra mille violentissime polemiche, dal sostegno dei sette senatori a vita. Dallo studio di Ricolfi-Testa si ricava che tutt’e due le parti organizzarono brogli, annullandosi in definitiva a vicenda • Berlusconi lavora tenacemente, mentre sta all’opposizione, per indebolire i propri alleati An e Udc. Via maestra per il raggiungimento di questo obiettivo è l’offerta di collaborazione al centro-sinistra per la realizzazione delle riforme istituzionali e della nuova legge elettorale, presentata già all’indomani del voto del 9-10 aprile col nome di “governo delle larghe intese” e subito respinta da Prodi che resiste poi fino all’ultimo ad ogni ipotesi di apertura. La nascita del Partito democratico e l’ascesa di Veltroni rendono però di nuovo praticabile, almeno sul piano dei discorsi, questa tattica. Berlusconi e Veltroni si incontrano pubblicamente il 29 novembre 2007 e, con due conferenze stampa di tono e argomenti molto simili, tenute a un’ora di distanza una dall’altra, annunciano che avrebbero fatto insieme una nuova legge elettorale e, forse, un nuovo regolamento parlamentare. Berlusconi aveva già specificato, nei giorni precedenti, di volere una legge elettorale proporzionale con uno sbarramento che impedisse ai partiti piccoli l’accesso alle Camere. Veltroni era d’accordo, intanto sulla vocazione maggioritaria del proprio partito, e poi sul fatto che, essendoci in Italia due grandi forze politiche (Partito democratico e Forza Italia), toccava a loro garantire “il nuovo bipolarismo” e l’“alternanza” • L’8 dicembre 2007 s’è presentato a Napoli con una t-shirt sotto la giacca, fatto mai accaduto primo ed elogiato in genere dagli stilisti. L’evento ha provocato inchieste sul rapporto tra Berlusconi e i pullover, che il presidente del Consiglio adopera regolarmente nell’intimità (sempre di color blu) • Nel mese di maggio del 2007 Berlusconi fa capire di aver scelto come suo successore una giovane e avvenente seguace, di nome Michela Vittoria Brambilla, di professione industriale nel settore gamberi surgelati, salmone affumicato e alimenti per animali. Costei - subito esaltata dal Foglio - aveva messo insieme, o diceva di aver messo insieme, una rete di Circoli della Libertà nei quali si raccoglievano a suo dire migliaia e migliaia di giovani supporters del Cavaliere. Benché la rete la facesse automaticamente nemica di Marcello Dell’Utri - a sua volta organizzatore di analoghi circoli giovanili, detti del Buongoverno, e freddo detrattore infatti della Brambilla - Berlusconi la portò in prima linea e, in agosto, depositò insieme a lei dal notaio il marchio di una nuova formazione (dallo statuto amplissimo) detta Partito della Libertà. Il senso di questa mossa era molto chiaro: creare un contenitore nel quale fare affluire tutte le liste del centro-destra e prepararsi così a sfruttare al meglio, in caso di vittoria del sì al referendum, le caratteristiche maggioritarie della legge elettorale. Il 18 novembre, in occasione di una raccolta di firme contro Prodi organizzata col sistema dei gazebo distribuiti su tutto il territorio nazionale, Berlusconi arriva in piazza San Babila a Milano e annuncia la nascita della nuova formazione: «Con un microfono che non funziona, mezzo nascosto dalla scorta, sotto un gazebo che ondeggia e con tre quarti d’ora di ritardo (...) Nasce qui, o meglio viene annunciato alle 17.17 in piazza San Babila, il nuovo partito. Che si chiamerà Partito del Popolo Italiano, che in sigla fa Ppi, o forse Partito del Popolo e della Libertà, Ppl, ma di sicuro farà parte del Partito Popolare Europeo, Ppe. Per colpa del microfono tra i mille del gazebo l’hanno capito solo le prime file. “Vi ricorderete di essere stati in questa piazza con me”, saluta subito il Cavaliere. Appena due minuti per uno spot politico che rimette Berlusconi a capotavola, almeno nel centrodestra (...) Tra i fedelissimi che lo aspettavano al gelo di piazza San Babila, deputati e senatori e la prezzemolina Michela Vittoria Brambilla, alzi la mano chi l’aveva previsto (...) Però Berlusconi deve aver capito che quei due minuti di spot non potevano bastare, un nuovo partito non può nascere con un comizio da sveltina. E siccome il Ppl o Ppi deve nascere tra la gente, eccolo che va verso la Mercedes che lo aspetta alla fermata del bus 54, apre la portiera, si appoggia al pianale e improvvisa un qualcosa che non è un comizio e nemmeno una conferenza stampa. (...): “Non devo e non voglio convincere nessuno. Se ci stanno, bene. Altrimenti andremo avanti con questa gente”. La gente sono “i più di sette milioni di italiani che hanno firmato ai nostri gazebo per eleggere un governo in armonia con i cittadini e contro i parrucconi della vecchia politica”. Parte da loro il nuovo partito. “La gente è più avanti di noi e questo ci chiede. Mettiamo da parte remore e paure e spero che tutti ci stiano. Sarà il partito dei moderati”. Insiste, con la gente. E i suoi spiegano il perché: il Pd è nato dalla fusione fredda delle segreterie, noi dalla gente, dai 7 milioni dei gazebo. E Berlusconi è ancora in piedi sulla macchina, tra saluti e risposte: “Gazebo aperti tutta la settimana!”» (Giovanni Cerruti) • Marcello Sorgi ricostruisce così la genesi (soprattutto mentale) di questa invenzione del Cavaliere: «Due, tre anni di gestazione, se ci si riferisce al lavoro preparatorio fatto dalla Fondazione Liberal e diretto da Ferdinando Adornato, un altro di quelli che domenica non è stato avvertito e s’è dimesso per protesta. Un anno solo, se si parte dalla grande manifestazione del 2 dicembre 2006, un giorno “dei più belli della mia vita”, come lo ha definito il Cavaliere. Tra i due punti di partenza non c’è contraddizione, anche se è chiaro, dall’inizio, verso dove pendeva il cuore di Berlusconi. Il lavoro di Liberal procedeva a rilento. Era stata composta una commissione di un centinaio di persone, affittato un intero piano di Palazzo Wedekind a Piazza Colonna, stabilita una certa articolazione/lottizzazione degli incarichi fra i tre partiti (Forza Italia, An e Udc) che avrebbero dovuto confluire nel partito unico. Berlusconi era ancora a Palazzo Chigi, due anni fa, e veniva continuamente invitato a benedire i lavori della commissione. Lo faceva di buon grado. Usciva a piedi, subito circondato dalla folla di fan che lo aspettava per strada, attraversava a passi svelti la piazza, entrava nel palazzo, poi nel salone della commissione, e salutava tutti alla sua maniera, tra sorrisi e battute. Dopo una mezz’oretta, con la scusa di pressanti impegni di governo, se ne tornava in ufficio. Una, due, tre riunioni bastarono a fargli venire la noia. Arrivava motivato e convinto che di lì a poco sarebbe nato il nuovo partito, e trovava tutti intenti a discutere di statuti, princìpi, regole per avviluppare la creatura prima della nascita. Alle sue domande, la risposta era secca: un partito vero si fonda così. Lui ascoltava paziente, ma poi per strada, ai più stretti collaboratori obiettava: “Sarà pure come dicono loro. Ma il popolo, dove sta il popolo, in mezzo a queste carte?”. Fabrizio Cicchitto, il vicecoordinatore nazionale di Forza Italia, si ricorda ancora quella volta che Adornato intrattenne Berlusconi sul Pantheon dei numi tutelari del nuovo partito: “Ci aveva messo dentro di tutto, Dante, Papini, Prezzolini, perfino Pasolini”. Berlusconi ascoltò in silenzio senza entusiasmarsi. Un’altra volta, ed era alla fine del 2005, quando i cento saggi approvarono la Carta dei Valori, Berlusconi tornò al lavoro contrariato. Continuava a chiedere: “Ma il popolo?”, aggirandosi nervosamente tra i muri dell’ufficio. E incredibilmente, per uno come lui abituato a trattare sempre con cortesia qualsiasi tipo di collaboratore, se la prese con un commesso, al quale aveva chiesto un panino, che gli aveva invece portato un tramezzino rinsecchito. Un divario come questo, tra quelli che Berlusconi ancora non chiamava “parrucconi”, e il popolo che lo aspettava sempre per strada, non poteva che aggravarsi dopo la grande manifestazione del 2 dicembre. Berlusconi osannato da una folla festante, messo di fronte a una piazza in cui, con suo grande compiacimento, “le famiglie di Forza Italia marciavano a braccetto con gli ex missini romani e i leghisti padani”, tornò a casa felice di aver visto “finalmente insieme, senza distinzioni, il popolo di centrodestra”. Ormai, dopo la sconfitta elettorale, l’allontanamento di Casini e dell’Udc e con le angustie dell’opposizione, il progetto di Adornato per il Cavaliere era diventato acqua passata. Nel suo futuro c’era solo il popolo, il partito unico e cominciava ad esserci la signora dai capelli rossi, quella Michela Vittoria Brambilla oggi a capo dei circoli e nel cuore politico del Cavaliere. Ad Emilio Fede, che l’aveva conosciuta giovane giornalista, fece un certo effetto ritrovarsela davanti. “Eravamo ad Arcore, il presidente mi fa: ti dispiace se arriva la Brambilla? Ma figurati, dissi. Poi, vedendola arrivare, me ne andai”. A tutt’oggi, un termometro stabile degli umori interni del centrodestra, oltre che di casa Berlusconi, come il Tg4, non ha ancora dedicato un minuto, dicasi un minuto, alla regina dei circoli. Ma per il Cavaliere, già proiettato sul suo popolo e seccato per le resistenze interne del partito a cambiare, anche la fredda accoglienza riservata a Mvb fu motivo di amarezza. Lei, la signora, non versava certo acqua sul fuoco, e in un’intervista disse che Dell’Utri e Tremonti, suoi avversari, erano come le mestruazioni: all’inizio fanno male ma poi passano. Una sera di luglio a Napoli in cui, con un caldo asfissiante, la gente lo aspettava a piazza Plebiscito, Berlusconi si rivolse così a Donato Bruno, ex presidente della commissione Affari istituzionali: “Guarda questa gente, con quaranta gradi mi aspettano da ore. Mi sai dire perché non riusciamo a dargli il partito che ci chiedono?”». Fini e Casini reagirono duramente alla creazione del Popolo della Libertà (nome assunto dalla nuova formazione dopo una consultazione popolare). Incontrarono Veltroni, fecero scrivere ai giornali (non tra virgolette) che avrebbero potuto mettere i loro voti a disposizione di Prodi, Fini arrivò al punto di minacciare (tra virgolette) un appoggio al disegno di legge Gentiloni sulla tv, che riformando la Gasparri avrebbe ridotto di un buon quinto il mercato di Publitalia» • Caduto Prodi, Berlusconi va al voto imponendo a Fini e Casini di confluire nella lista del Popolo della Libertà oppure di correr da soli. Senza apparentamento, le due formazioni non sarebbero entrate a far parte del nuovo governo e non avrebbero goduto della loro parte del premio di maggioranza. Inoltre, correndo da sole, avrebbero dovuto superare uno sbarramento del 4% alla Camera e dell’8%, su base regionale, al Senato. Fini accetta la confluenza, Casini tenta di piegare il Cavaliere ricorrendo anche al Vaticano. Ma inutilmente: Berlusconi lascia a terra persino Giuliano Ferrara e accetta, accanto a quello del PdL, solo i simboli della Lega, a Nord, e della Movimento per l’Autonomia di Raffaele Lombardo al Sud. L’Udc corre da sola e ottiene una rappresentanza parlamentare sparuta e ininfluente, condannandosi, almeno per la XVI legislatura, all’irrilevanza politica • Berlusconi conduce una campagna elettorale tranquilla, specie se paragonata ai fuochi d’artificio del 2001. Due ragioni: la grave crisi economica incombente, che lo sconsiglia dal far promesse mirabolanti, e l’eventualità di dovere dialogare davvero con Veltroni dopo il voto fissato per il 13-14 aprile 2008 • Il PdL vince col 45,7 alla Camera e il 47,18 al Senato, contro il 37,39 e il 38,12 dei Ds che s’erano apparentati con l’Italia dei Valori di Di Pietro. Luca Ricolfi: «Gli storici di domani parleranno del periodo 1994-2013 come oggi noi parliamo del fascismo. In che senso? Non certo nel senso che l’Italia di oggi abbia tratti fascisti, ma nel senso che entrambi saranno visti come due periodi storici piuttosto lunghi, piuttosto omogenei, e dominati da una figura politica centrale, Mussolini nel ventennio fascista, Berlusconi in quello - appunto - berlusconiano. Lo storico di domani sarà meno accecato dall’amore e dall’odio di quanto lo siamo noi oggi, e quindi riuscirà a vedere le cose freddamente. Naturalmente ci saranno gli storici di sinistra, che giudicheranno negativamente “il ventennio”, e ci saranno gli storici di destra, che lo giudicheranno positivamente. Ma quel che entrambi si chiederanno è: perché? Perché la sinistra è uscita sconfitta da Tangentopoli e dalla crisi della prima Repubblica (1994)? Perché è stata sconfitta di nuovo nel 2001 e nel 2008? Perché per vent’anni è stata succube, come ipnotizzata, dalla figura del Cavaliere?» • Berlusconi forma il seguente governo (Berlusconi IV): Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio; Franco Frattini agli Esteri, Roberto Maroni agli Interni, Giulio Tremonti all’Economia, Ignazio La Russa alla Difesa, Angelo Alfano alla Giustizia, Maristella Gelmini all’Istruzione, Sandro Bondi ai Beni culturali, Claudio Scajola allo Sviluppo Economico, Altero Matteoli alle Infrastrutture, Maurizio Sacconi al Welfare, Luca Zaia alle Politiche agricole, Stefania Prestigiacomo all’Ambiente. Senza portafoglio: Umberto Bossi alle Riforme, Raffaele Fitto ai Rapporti con le Regioni, Elio Vito ai Rapporti col Parlamento, Andrea Ronchi alle Politiche europee, Renato Brunetta alla Pubblica amministrazione, Roberto Calderoli alla Semplificazione, Giorgia Meloni alle Politiche giovanili, Mara Carfagna alle Pari opportunità, Gianfranco Rotondi al Programma • In campagna elettorale Berlusconi aveva promesso che nei primi cento giorni avrebbe abolito l’Ici (tassa comunale sulla prima casa), ripulito Napoli dalla spazzatura e venduto Alitalia a una cordata di imprenditori che l’avrebbero rilanciata preservandone l’italianità • L’Ici sulla prima casa viene abolita in un consiglio dei ministri straordinario che si tiene a Napoli il 21 maggio 2008. Trattandosi di una tassa locale ed essendo il governo impegnato a varare una riforma federale centrata soprattutto sul fisco, il provvedimento viene criticato. E infatti Bossi - spinto dai sindaci del Nord - a Ferragosto chiede che venga ripristinata. Calderoli annuncia allora la creazione di una tassa di servizio, all’interno della riforma federalista. Berlusconi nega con forza ciascuna di queste ipotesi. Il 18 luglio 2008 Berlusconi tiene un altro consiglio dei ministri a Napoli per certificare che, almeno dalla città, la spazzatura è sparita. Il direttore del Mattino Mario Orfeo, per verificare la verità dell’assunto, mette un suo giornalista (Pietro Treccagnoli) su un elicottero e gli fa sorvolare il centro abitato. I cumuli d’immondizia sono effettivamente spariti da Napoli, anche se sono ancora presenti in molti punti della provincia e della regione. Questo risultato è stato ottenuto attraverso la riattivazione delle due discariche di Savignano Irpino (provincia di Avellino) e di Sant’Arcangelo Trimonti (Benevento). Evitando la chiusura di Macchia Soprana. Ristabilendo i viaggi verso la Germania (cinque treni a settimana, ciascuno ogni volta con mille tonnellate di rifiuti). Infine facendosi aiutare da Piemonte, Lombardia, Puglia e Veneto, quattro Regioni che avevano accettato di smaltire la roba di Napoli. Essenziale, per il successo dell’operazione, la creazione di una Superprocura campana incaricata di occuparsi di tutti i reati connessi ai rifiuti e i cui pm erano legittimati a intervenire solo a seguito di decisione collegiale (decreto del 24 maggio 2008). In questo modo si riuscì a tenere aperta Macchia Soprana. La Procura di Napoli reagisce mettendo sotto inchiesta il prefetto Pansa e facendo arrestare 25 manager che si erano occupati di discariche negli ultimi anni: tra questi Marta Di Gennaro, braccio destro di Guido Bertolaso, che Berlusconi a nuovamente nominato Commissario all’emergenza rifiuti • Durante la campagna elettorale, Berlusconi era intervenuto sulla tentata vendita di Alitalia ad Air France dichiarando che si trattava in realtà di una svendita e che l’azienda andava mantenuta in mani italiane. Tornato al governo, incaricò l’amministratore delegato di Banca Intesa, Corrado Passera, di preparare un piano industriale e mettere insieme una cordata di imprenditori. Mentre Passera radunava intorno a una società detta Cai (Compagnia Aerea Italiana) 16 imprenditori disposti a sborsare complessivamente un miliardo, il governo modificava con un decreto la vecchia legge Marzano, preparata nel 2003 per il salvataggio di Parmalat. Il presidente di Cai, Roberto Colaninno, spiegò ai sindacati che la nuova proprietà non avrebbe tollerato la presenza di nove sigle e che dunque i sindacati si riunissero in una Rsu, si presentassero alla controparte avendo una sola voce e risolvessero tra di loro i differenti punti di vista. Inoltre il gruppo dirigente di Cai non intendeva cedere ai sindacalisti nessuno dei poteri decisionali che la vecchia Alitalia aveva loro delegato per debolezza. La Cisl, la Uil e la Ugl firmano. La Cgil viene però bloccata da Epifani con la scusa «che una compagnia senza piloti non può volare». Dietro questa posizione singolare - con la quale il sindacato nazionale aveva bloccato la propria articolazione di categoria - c’era la mano di Veltroni deciso a impedire un altro successo di Berlusconi, dopo quello dei rifiuti in Campania. Saputo del “no” Cgil, però, la Cai ritirò l’offerta d’acquisto e il commissario annunciò che, esauriti i soldi e le scorte di benzina, avrebbe portato i libri in tribunale chiedendo il fallimento. Intanto un migliaio di dipendenti, convinti evidentemente che, ritirandosi Cai, lo Stato sarebbe rientrato e avrebbe mantenuto i privilegi di prima, si fece riprendere dalle telecamere a Fiumicino mentre gridava in coro «Mejo falliti/ che anna’ co’ ‘sti banditi» • Difficili i rapporti con la cancelliera Angela Merkel: «Silvio e Angela, infatti, non si sono mai presi. Due gli episodi chiave che fecero calare il gelo tra i due: il gioco del nascondino e la telefonata ad Erdoğan. La tensione tra Italia e Germania è arrivata a sfiorare persino l’incidente diplomatico nel settembre 2011 a causa di una presunta frase offensiva del presidente di Fi con allusione sessuale («culona») contenuta in una intercettazione relativa all’inchiesta di Bari sul caso Tarantini (il chiarimento arriverà nell’ottobre del 2015, con una stretta di mano al vertice del Ppe a Madrid. “Il caso è chiuso”, avrebbe assicurato la cancelliera) •Berlusconi si difende dal processo per il tentativo di corruzione di David Mills (verrà prosciolto) costringendo il Parlamento ad approvare a tappe forzate (22 luglio 2008) il cosiddetto lodo Alfano che sospende qualunque iniziativa giudiziaria, per qualunque ragione intrapresa, contro le prime quattro cariche dello Stato: presidente della Repubblica, presidenti di Senato e Camera, presidente del Consiglio. Il premier resta fermo nella sua idea di riformare la giustizia, separando le carriere di pm e giudici e riformando il Csm in modo da aumentare la rappresentanza politica e diminuire quella giudiziaria • Il 30 agosto 2008, Silvio Berlusconi e il leader libico Mu’ammar Gheddafi hanno firmato un trattato di Amicizia e Cooperazione nella città di Bengasi. Questo trattato offre una cornice di partenariato tra i due paesi e prevede che l’Italia pagherà un indennizzo di 5 miliardi di dollari (in forma di 250 milioni di dollari all’anno per 20 anni) alla Libia come compensazione per l’occupazione militare. In cambio, la Libia dovrà prendere misure adeguate per contrastare l’immigrazione clandestina e agevolare gli investimenti nelle aziende italiane. Il trattato è stato ratificato dall’Italia il 6 febbraio 2009 e dalla Libia il 2 marzo, durante una visita di Silvio Berlusconi a Tripoli. Il 29 marzo 2009, Berlusconi è stato eletto all’unanimità e per alzata di mano presidente del Popolo della Libertà. Il trattato di Amicizia e Cooperazione siglato da Muʿammar Gheddafi e Silvio Berlusconi ha dimostrato l’impegno del leader italiano a stringere relazioni positive tra i due paesi • È il novembre del 2008, Berlusconi si trova a Mosca e nel corso della conferenza stampa al termine del bilaterale Russia-Italia con il presidente Medvedev. Dice: «Cercherò di aiutare i rapporti fra Russia e Usa dove sono arrivate alla guida delle giovani generazioni e non vedo difficoltà per Medvedev ad instaurare buoni rapporti con Obama che è anche bello, giovane e abbronzato». Ai cronisti che insistono sugli aggettivi utilizzati per descrivere il presidente americano, spiega: «È una carineria assoluta, è un grande complimento». Parole pronunciate anche all’indomani dal suo primo incontro con Obama. «Vi porto i saluti di uno che si chiama... uno abbronzato...» • Il 3 febbraio 2010, Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio italiano, tiene un discorso storico alla Knesset, il parlamento israeliano. Questa è stata la prima volta in cui un Presidente del Consiglio italiano ha preso la parola davanti ai rappresentanti israeliani. Durante il suo discorso, Berlusconi ha definito le leggi razziali del 1938 un’«infamia» e ha assicurato che l’Italia considera il popolo ebraico come «un fratello maggiore». Il discorso di Silvio Berlusconi alla Knesset ha segnato un punto di svolta nella storia delle relazioni tra Israele e Italia. Il Presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, ha dimostrato di comprendere la storia dei due paesi e di voler rafforzare il legame tra le due nazioni • Nel frattempo le inchieste giudiziarie che lo coinvolgono si fanno sempre più numerose così come le cronache sulle sue frequentazioni con giovani ragazze. Tutto si mescola. Le cene ad Arcore vengono etichettate come quelle del “bunga bunga” in tutto il mondo e scoppia il caso Ruby nel quale viene coinvolto anche il Parlamento. Ma soprattutto si fa sentire il peso della crisi economica che esplode nel 2010, contestualmente alla rottura con Gianfranco Fini deflagrata dal “che fai mi cacci?!” pronunciato dall’ex leader di An [Sole] • La sera del 12 novembre 2011, dopo l’approvazione della Legge di stabilità 2012 in entrambe le camere del Parlamento, Silvio Berlusconi sale al Quirinale per rassegnare le dimissioni da presidente del consiglio dei ministri e quelle del suo Governo, a causa della perdita della maggioranza assoluta alla Camera dei deputati e della grave crisi finanziaria che attanaglia il paese assieme a quelli di altri stati europei (gli succederà il Governo Monti) • Alle politiche del 2013 vince il centrosinistra che però non ha i numeri per governare da solo. Nell’aprile 2013 il PdL accetta di formare un governo di larghe intese insieme al Partito Democratico e Scelta Civica, con Enrico Letta presidente del Consiglio • Dopo la sconfitta incassata il 29 giugno 2013, Berlusconi annuncia l’intenzione di rifondare Forza Italia come movimento politico autonomo. Il 16 novembre il Consiglio Nazionale del partito ha poi sancito la rinascita di Forza Italia, passando all’opposizione del Governo Letta • 1º agosto 2013 Berlusconi viene condannato in via definitiva dalla Cassazione per frode fiscale, nell’ambito del cosiddetto processo Mediaset iniziato circa 8 anni prima. Il 4 ottobre la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato ha votato a favore della decadenza di Berlusconi da senatore per effetto della legge Severino. Il 27 novembre 2013 il Senato convalida la decadenza da senatore di Berlusconi • Nel 2014, quando Matteo Renzi, allora segretario del Pd, diventa anche presidente del Consiglio, Berlusconi non nasconde il suo apprezzamento: «Renzi è bravissimo, ha fatto fuori più comunisti lui in due mesi che io in 20 anni». Tra i leit motiv più cari al leader di Forza Italia il rivendicare di sapersi fare «concavo e convesso» a seconda dell’interlocutore e, soprattutto, con i suoi alleati politici che si sono succeduti al suo fianco • Il 15 aprile 2014 il Tribunale di sorveglianza di Milano, in esecuzione della condanna definitiva nel processo Mediaset, dispone per Berlusconi l’affidamento in prova al servizio sociale. L’8 marzo 2015 Berlusconi riacquista la piena libertà (vedi sotto processi) • Nel 2017 vende il Milan all’imprenditore cinese Li Yonghong. Durante il periodo in cui Berlusconi deteneva la maggioranza azionaria, il Milan ha vinto 8 campionati italiani, 1 Coppa Italia, 7 Supercoppe italiane, 5 Uefa Champions League, 2 Coppe Intercontinentali, 5 Supercoppe Uefa e una Coppa del mondo per club Fifa, per un totale di 29 trofei ufficiali in 31 anni [Wikipedia] • Il 28 settembre 2018, tramite la Fininvest, è divenuto proprietario del Monza, club calcistico allora militante in Serie C. Nel 2020 ha ottenuto la promozione in Serie B e nel 2022 in Serie A: «Adesso avete le partite contro Inter, Juventus e Milan. Se vincete con una di queste grandi squadre vi faccio arrivare nello spogliatoio un pullman di troie». Battuta che ha scatenato non poche polemiche • Alle politiche del 2018 il sorpasso della Lega sugli azzurri decreta ufficialmente la fine della leadership del Cavaliere e l’avvento di quella di Matteo Salvini che ha cancellato il Nord dal simbolo e punta ad estendersi al Sud fagocitando l’alleato. In quel momento Giorgia Meloni con Fdi si barcamena attorno al 4 per cento. I ricoveri al San Raffaele si fanno frequenti • «Altri si disperano quando ci sono le crisi, per me è il periodo in cui sono più libero» • Riabilitato alla vita politica nel 2018, l’anno successivo si candida e viene eletto alle Europee. Con i suoi 82 anni è l’eurodeputato più anziano della legislatura • Nel 2022 il centrodestra vuole candidarlo presidente della Repubblica, dopo poco ritira la sua candidatura • Si spende per il sostegno a Mario Draghi e torna intanto a rilanciare il partito unico. Stavolta con Salvini per contrastare l’ascesa di Meloni che nel frattempo ha preso il largo. Tutti i sondaggi confermano l’avanzata impetuosa di Fdi che verrà certificata dal voto del 25 settembre scorso • Alle elezioni politiche del 2022 B. si ricandida per il Senato della Repubblica, a 9 anni dalla sua decadenza, ed è eletto nel collegio uninominale Lombardia - 06 (Monza) con il 50,26%, superando la candidata del centrosinistra Federica Perelli (27,14%) e il candidato di Azione - Italia Viva Fabio Giovanni Carmelo Albanese (10,18%) • L’inizio del governo Meloni lo vede protagonista con le sue numerose gaffe. Dai pizzini sulla Meloni «Supponente, prepotente, arrogante e offensiva» fino al Lambrusco regalato a Putin. Ma tutto rientra • Berlusconi decide di appianare i contrasti con la premier. Guarda alle europee del 2024, alla possibile intesa tra il Ppe, di cui Fi fa parte, e i Conservatori, il gruppo in cui siede Fdi. • Il 5 aprile viene ricoverato per una polmonite. Si scopre che soffre di una leucemia cronica da un apio di anni • Il 5 maggio si rimette giacca e camicia per registrare un video da mandare alla convention di Forza Italia: «Eccomi, sono qui per voi» • Lo rifà il 12 maggio per le amministrative: «Chi non vota non è un buon italiano» • Sabato era previsto un vertice di Forza Italia. L’incontro, raccontano, doveva essere l’occasione per fare il punto della situazione politica sugli impegni di governo in vista delle prossime scadenze parlamentari. Nel menu, non c’era nessuna «rivoluzione azzurra», ovvero stravolgimento di Forza Italia. Il Cav voleva incontrare la sua squadra di governo. Spiega Anna Maria Casellati: «Eravamo invitati a pranzo da lui. Io lo avevo sentito pochi giorni prima ed era attivissimo. Aveva chiesto tutta una serie di cose sui programmi e aveva detto che sabato avrebbe dato altre direttive e mi avrebbe fatto pervenire alcuni testi su programmi politici. Voleva far rinascere i club di Forza Italia per i giovani» • Alle 9.30 del 12 giugno 2023 Silvio Berlusconi muore. «Non è difficile prevedere cosa accadrà ora. Chi attaccava Berlusconi ne denuncerà l’esaltazione postuma. Chi lo sosteneva leggerà qualsiasi critica come sacrilego affronto. Di sicuro, nel bene e nel male, nessuna personalità italiana ha lasciato un’impronta così profonda negli ultimi quarant’anni. A parole aveva individuato molti eredi, quasi tutti improbabili. Ovviamente non poteva averne nessuno; anche perché in fondo non ne voleva. Ma anche quando è iniziato il suo lungo declino, non è venuto il turno della sinistra. Sono arrivati prima Salvini, poi la Meloni» [Cazzullo, cit.].
Processi Contro Berlusconi, specialmente da quando annunciò la decisione di entrare in politica, si è scatenata una pubblicistica di mole impressionante. I processi che gli sono stati intentati dalla magistratura contati da Berlusconi sono più di 77. C’erano settimane in cui il calendario del Palazzo di Giustizia prevedeva fino a quattro-cinque udienze solo per lui. Solo una condanna per il processo Mediaset. Qui la lista delle imputazioni principali:
• La prima volta del Cavaliere con la giustizia risale al 1983 quando la Guardia di Finanza compì degli accertamenti su un suo presunto coinvolgimento in un traffico di droga con la Sicilia. L’inchiesta venne archiviata • Le origini della ricchezza di Berlusconi sono misteriose e si sa comunque che, ai tempi in cui faceva il costruttore, ha pagato un mucchio di tangenti per costruire in deroga ai piani regolatori, per piazzare appartamenti altrimenti invendibili, per far spostare le rotte degli aerei che davano fastidio agli inquilini di Milano 2 ecc. • Ha assunto come stalliere nella sua villa di Arcore un mafioso, Vittorio Mangano, e questo - insieme con altri indizi - dimostra che è sempre stato alleato con la mafia. I contatti con la mafia li teneva il palermitano Marcello Dell’Utri, suo braccio destro, che ha fatto per molto tempo la spola tra Milano e Palermo • Ha corrotto i parlamentari per farsi approvare la legge Mammì che, nel 1990, rese legali le sue reti televisive (assolto in appello dopo una condanna in primo grado) • Il 12 luglio 1996 Berlusconi, l’ex segretario del Psi Bettino Craxi e l’amministratore delegato di Mediaset Ubaldo Livolsi vengono rinviati a giudizio con altre nove persone per l’ inchiesta sul presunto finanziamento illecito della Fininvest, attraverso la società All Iberian, al Psi (la condanna arriva nel 1998 a 2 anni e 4 mesi. In appello però, nel 2000, le attenuanti generiche fanno scattare la prescrizione) • Ha corrotto i giudici che, nella vertenza contro Carlo De Benedetti, gli assegnarono la Mondadori • Ha partecipato all’opera di corruzione relativa alla mancata vendita della Sme da parte dell’Iri di Romano Prodi a Carlo De Benedetti (1985-86: Berlusconi intervenne sostenendo l’offerta di una cordata concorrente per fare un piacere a Craxi che non voleva far prendere la Sme a De Benedetti, nel 2007 fu assolto dall’accusa di concorso in corruzione) • Il 15 maggio 2007 Berlusconi annunciò di aver speso, fino a quel momento, 280 miliardi di lire in avvocati. Aggiunse: «Sabato scorso si è tenuta la 2.235esima udienza contro di me. Un record assolutamente imbattibile nella storia dell’uomo». Bruno Vespa: «Ho fatto una verifica presso gli uffici legali che assistono il Cavaliere e mi è stato detto che nel gennaio 1994 Berlusconi non aveva nessun procedimento a carico (...) In compenso, dopo aver deciso di fare politica, Berlusconi fu il destinatario, da parte della Procura di Milano, di 17 inchieste nel 1994 e di altre 23 nel 1995 (...) Perché tutto questo è cominciato con la discesa in campo del Cavaliere, visto che qualche mese prima non c’era niente a suo carico? Quando lo chiesi a Francesco Saverio Borrelli, il procuratore mi rispose sostenendo che, quando una persona appare sul proscenio, è più facile che arrivino informazioni sul suo conto». Vespa, che è convinto della persecuzione giudiziaria, cita il caso del calciatore Gianluigi Lentini, pagato in nero da Berlusconi che fu per questo rinviato a giudizio. A Gianni Agnelli, che aveva fatto la stessa cosa per Dino Baggio, nessuno torse un capello (la prescrizione arriva anche sulla base di una modifica della legge che abolisce il falso in bilancio voluta dal suo esecutivo) • Ha corrotto la Guardia di Finanza e ha pagato in nero, con complessi giri estero su estero, molti diritti su film, soap opera ecc; • Si è iscritto alla loggia massonica P2 (26 gennaio 1978, tessera 1816) e ha poi fatto lavorare per sé il faccendiere Flavio Carboni, coinvolto anche nell’affare Roberto Calvi (amnistia che estingue il reato) • Da quando si è dedicato alla politica, è in perenne conflitto di interessi: controlla il 50 per cento dell’informazione televisiva e, quando occupa Palazzo Chigi, anche l’altro 50 per cento, attraverso la Rai. Essendo poi presente come imprenditore in tutti i settori dell’economia, qualunque legge va a suo beneficio • L’unica sentenza di condanna passata in giudicato è quella sul processo Mediaset, in cui era accusato di frode fiscale, falso in bilancio, appropriazione indebita e creazione di fondi neri nella gestione dei diritti tivù Mediaset. Il 1° agosto 2013 la Corte di Cassazione lo condannò a quattro anni di reclusione, di cui tre condonati grazie all’indulto del 2006. Il 15 aprile 2014 il Tribunale di sorveglianza di Milano dispose per lui l’affidamento in prova ai servizi sociali. Andò ad aiutare gli anziani di una casa di riposo di Cesano Boscone, in provincia di Milano. Raccontò. «Sono soddisfatto. Ce ne sono alcuni che mangiano solo se ci sono io. È venuto da me un anziano dicendo di essere comunista ma di aver deciso di votare Forza Italia». L’8 marzo 2015 riacquisì la piena libertà • Nel 2010 l’arrivo di Ruby Rubacuori. Proprio mentre perdeva ogni immunità politica per la frode fiscale, Berlusconi era entrato nel vortice delle “cene eleganti”. Come si sa, erano porno-feste, venivano organizzate ad Arcore e Berlusconi, “unico protagonista maschile”, parole di un’invitata, pagava show girl e prostitute, sempre più giovani, per quelle serate di “relax” (parola sua). A perderlo, un eccesso di “savoir faire”: quando Ruby, una delle ospiti non ancora maggiorenni, fuggita da una comunità di recupero, era stata fermata dalla polizia, Berlusconi in persona - siamo nell’aprile del 2010, aveva appena partecipato a un vertice come presidente del Consiglio a Parigi - aveva ottenuto la sua immediata liberazione. Raccontando in una telefonata alla questura la clamorosa bugia su Ruby “nipote del presidente egiziano Mubarak”. Uno scandalo che resta soffocato sino all’ottobre dello stesso anno, quando su Repubblica si legge un’espressione destinata a fare il giro del mondo: “Bunga bunga”. Fu accusato, oltre che di concussione, di favoreggiamento della prostituzione minorile. Il 16 febbraio 2023 il Tribunale assolve Silvio Berlusconi «perché il fatto non sussiste». assieme a tutti gli altri imputati. Il suo commento: “Dopo undici anni di fango e danni politici incalcolabili sono stato assolto perché ho avuto la fortuna di incontrare magistrati che hanno saputo mantenersi indipendenti e imparziali”. Finisce così, con un riconoscimento di valore agli avversari di sempre, la lunga storia tra il Cavaliere e la giustizia.
Patrimonio Un patrimonio di partecipazioni quotate in Borsa che ai valori di mercato sfiora i 2,9 miliardi di euro, al quale va aggiunto un reticolo di altre società che comprendono le ville e le altre proprietà immobiliari, la squadra di calcio del Monza in Serie A, una serie di investimenti finanziari in aziende digitali come Satispay e Soldo, una flotta di tre jet e un elicottero, più molto altro ancora. È questo a grandi linee il patrimonio che Silvio Berlusconi lascia in eredità, racchiuso in gran parte sotto il controllo della holding Fininvest ma con qualche eccezione di rilievo, come le dimore di famiglia più conosciute, racchiuse nell’immobiliare Idra, che a bilancio conta terreni, fabbricati e altri beni funzionali per un valore di 425 milioni di euro. Facendo le somme fra le partecipazioni nelle tre società quotate - Mfe-MediaForEurope, come si chiama Mediaset dopo il trasferimento ad Amsterdam, Banca Mediolanum e la casa editrice Mondadori - le altre società controllate da Fininvest (con un valore di bilancio di circa 350 milioni) e gli immobili di Idra, si arriva dunque a un patrimonio che supera i 3,6 miliardi di euro. Anche se si tratta sicuramente di una stima per difetto [Rep]. Ieri dopo la notizia della sua morte Mfe ha guadagnato il 10%.
Fisico «Ci ho messo tanti anni per diventare così giovane» (spegnendo le candeline sulla torta del 68° compleanno) • Il suo cruccio è l’altezza. Ad Augusto Minzolini disse: «Lei quanto è alto? Un metro e 78? Non esageri. Venga qui allo specchio, vede, io sono alto un metro e 71. Ma le pare che un uomo alto un metro e 71 possa essere definito un nano?». Claudio Rinaldi riferì la seguente osservazione di Berlusconi: «Ai miei tempi potevo dirmi abbastanza alto, oggi con le nuove generazioni confesso di essere sotto la media. Ma non significa essere così nano come mi dipinge la satira». Corrado Guzzanti, che fece un programma intitolato L’ottavo nano, gli rispose: «Chiariamo subito che l’ottavo nano non è Berlusconi. Lui non si è classificato ottavo». Giuseppe Ayala sostiene che Berlusconi non sa e non vuole sapere la sua altezza. A Palazzo Chigi gli attribuiscono un 1,65. Valeria Paniccia ha raccontato che Mario Catalano, già regista di Buona Domenica e Risatissima, sarebbe l’inventore del “sopralzo”, un gradino posto dietro al podio che, adoperato per esempio alla Conferenza Intergovernativa di Roma del 2003, lo fece sembrare più alto di Prodi e della stessa statura di Pat Cox. Alessandra Stanley, del New York Times: «Misurando soltanto un metro e sessantasette, Berlusconi il problema della statura lo sente. Nelle conferenze stampa i suoi collaboratori gli sistemano un cuscino sulla sedia perché appaia alto come gli altri. E quando c’è una foto di gruppo, si alza sulla punta dei piedi subito prima del flash». Giorgio Dell’Arti nel 1994 parlò di due suolette in neoprene termodeformabile da un centimetro e mezzo l’una, che metterebbe sotto i tacchi delle scarpe, una all’esterno (alzatacco) e una all’interno (talloniere o tallonette). In questo modo fra l’altro si distribuisce meglio il peso del corpo e ci si stanca di meno a stare in piedi. Davanti ad Anna La Rosa, però, che lo aveva provocato con una domanda sull’alzatacco, «Berlusconi ha alzato il piede e ha detto: “Guardi, non è vero niente”» • Pippo Baudo ha testimoniato che ha capelli molto sottili, «capelli d’angelo». Ha combattuto la calvizie con i trapianti, realizzati nello studio del professor Piero Rosati, via Piangipane 141, Ferrara. Per ripararsi il capo dal primo intervento (aprile 2004), si coprì con una bandana con la quale lo fotografarono a Porto Cervo. Avendo passeggiato in quella foggia vicino a Tony Blair, gliene venne un successo internazionale: nel grande magazzino Harvey Nichols di Londra le bandane bianche e nere di John Galliano da 120 euro vennero esaurite in una mattina. Ottomila tifosi del Livorno, volendo festeggiare il ritorno in serie A della loro squadra, si fecero fare a Napoli delle bandane da 3 euro e con quelle in testa affollarono gli spalti per la partita con il Milan (11 settembre 2004, 2 a 2). Dopo il secondo trapianto, avvenuto il 5 agosto 2005, rinunciò alle bandane • Odia baffi, barba e peluria
Problemi di salute Tumore alla prostata (1997); asportazione di un frammento al menisco (1996); malore (1996); impianto di un pacemaker (1996) • S’è operato al menisco (novembre 2006), il 12 novembre 2006, sul palco del Palazzetto dello sport di Montecatini, ha avuto un mancamento (disidratazione: quando ha riaperto gli occhi, vedendo incombere su di lui il medico Giuseppe Papaccioli che ha una lunga barba sale e pepe, ha esclamato. «Ma chi sei, Bin Laden?») • Il 17 dicembre 2006 il professor Andrea Natale lo ha operato di un disturbo al ritmo cardiaco nell’Heart Center di Cleveland • Mandibola spaccata da una statuetta lanciata da Massimo Tartaglia in piazza Duomo. Diversi interventi (2009 al 2011); tendinite alla mano sinistra (2010); uveite (2013); infiammazione al ginocchio (2014); sostituzione del pacemaker (2015); cataratta (2016); sostituzione della valvola aortica (2016); occlusione intestinale (2009); covid (2020); problemi al cuore (2021 e 2023). A aprile passa 45 giorni in ospedale per una polmonite legata alla leucemia mielomonocitica cronica di cui soffriva da due anni. Venerdì era di nuovo al San Raffaele, aveva anticipato dei controlli ma ieri mattina è morto. Il suo feretro è uscito dall’ospedale alle 13.55 poco dopo è arrivato ad Arcore.
Amori «Ho la fila di donne che mi vogliono sposare. Punto primo: sono simpatico. Punto secondo: ho un po’ di grano, si sa. Punto terzo: la leggenda dice che ci so fare. Punto terzo: loro dicono: lui è vecchio, muore subito, io eredito tutto» • Prima moglie: «Berlusconi, una mattina, passa davanti alla Stazione Centrale. Lo attende l’imprevisto. Si chiama Carla Elvira Lucia Dall’Oglio (La Spezia 12 settembre 1940). Sta aspettando l’autobus. Improvvisamente Berlusconi dimentica tutto. Si presenta, scherza, si offre di accompagnarla a casa. Lei tergiversa e infine accetta» (da Storia di un italiano). Si sposarono il 6 marzo 1965. Due figli: Marina e Piersilvio • Seconda moglie, l’attrice bolognese Miriam Bartolini, in arte Veronica Lario: «Il caso volle che mi trovassi a Milano. Una persona, che lavorava nella compagnia di Alberto Lionello e di cui ero amica, mi invitò a partecipare a una cena in casa del giovane imprenditore che da poco aveva comprato il teatro Manzoni... Il padrone di casa ci accolse “scompagnato” e mi sembrò single nel modo di porsi ai presenti. Era la prima volta che lui entrava nella mia vita e col tempo imparai che quel suo modo di voler apparire “solitario” era una costante della sua personalità. Imparai che già era accaduto prima e negli anni sarebbe accaduto anche dopo... Anch’io, come le altre e numerose giovani ospiti della serata, ottenni un poco della sua svolazzante e onnipresente attenzione. Nel suo sforzo appassionato non fu ingeneroso di sorrisi... A parte i sorrisi, quella sera finì lì» • Berlusconi e Veronica si frequentarono benché lui fosse ancora sposato. La sistemò, con la madre, in un appartamento vicino al suo ufficio. Nel 1984 nacque Barbara. L’anno dopo divorziò dalla Dall’Oglio che si trasferì poi nel Dorset, in Inghilterra. Nel 1986, sempre dalla sua relazione con Veronica, nacque Eleonora, nel 1988 Luigi. Si sposarono il 15 dicembre 1990, testimoni i coniugi Craxi (Bettino aveva già fatto il padrino di battesimo a Barbara), Fedele Confalonieri, Gianni Letta • «Una moglie che fa studiare i figli nelle scuole steineriane e che non gli fa vedere la televisione, essendo la signora Berlusconi, è un problema in quella famiglia. C’era qualcosa che non funzionava» [Ferrara, cit.] • «L’ossessione femminile, ben nota in azienda e poi nel mondo politico romano, è diventata di pubblico dominio nel 2009, dopo l’apparizione al compleanno della diciottenne Noemi Letizia e le testimonianze sulle feste a Villa Certosa e a Palazzo Grazioli. B. dapprima ha negato, poi ha abbozzato (“Sono fedele? Frequentemente”), alla fine ha accettato la reputazione (“Non sono un santo”). Le rivelazioni non l’hanno danneggiato: ha perso la moglie, ma non i voti. Molti italiani preferiscono l’autoindulgenza all’autodisciplina; e non negano che lui, in fondo, fa ciò che loro sognano» (Beppe Severgnini, Corriere della Sera, 27/10/2010) • Veronica avvia una causa di divorzio milionaria. Sulle cene eleganti di Arcore racconta in una lettera di «vergini che si offrono al drago» • Nel 2012 si legato sentimentalmente a Francesca Pascale, napoletana, ex valletta, tra le fondatrici dei club «Silvio ci manchi», 49 anni più giovane di lui • Dal 2020, finita la relazione con la Pascale, sta con l’onorevole Marta Fascina, deputata di Forza Italia, 54 anni meno di lui • Nel 2022 le finte nozze: «Le finte nozze sono vere, o meglio lo sono come tantissime altre meravigliose invenzioni, piccole e grandi, di un’epopea ormai ultraventennale: il miracolo italiano, il vulcano della Certosa, il milione di posti di lavoro, i limoni cuciti sulle piante al G8 di Genova, le Grandi Opere, la scuola quadri per le euroveline, le alterazioni pilifere e facciali, il salvataggio dell’Alitalia, il papà di Noemi autista di Craxi, la nipote di Mubarak, il container pieno di abiti inviato da Gheddafi per le gare di burlesque e così via, all’insegna di una simulazione fantastica innescata ora dal desiderio di strafare, ora dalla necessità di cacciarsi fuori dai guai. A questo secondo ordine di motivazioni sembra di poter ascrivere le finte nozze del Cavaliere con Fascina, giovane (32) e graziosa deputata, però a tal punto sconosciuta da non sapere se l’accento cade sulla prima o sulla seconda sillaba del cognome. E comunque: nata in Calabria, approdata in Campania, laureata in filosofia e proiettatasi - via Galliani? - in uno dei più prosperi e generosi santuari femminili dell’impero di Arcore, l’ufficio comunicazione del Milan; e di lì, come un fulmine, in Parlamento, collegio iperblindato secondo gli arcani, ma abituali cursus honorum del gruppo, del partito e della corte» [Ceccarelli, Rep] • 15 Nipoti: Lucrezia Vittoria Berlusconi (nata nel 1990 da Pier Silvio Berlusconi ed Emanuela Mussida); Gabriele e Silvio (nati nel 2002 e 2004 da Marina Berlusconi e Maurizio Vanadia); Alessandro ed Edoardo (nati nel 2007 e 2009 da Barbara Berlusconi e Giorgio Valaguzza); Lorenzo Mattia e Sofia Valentina (nati nel 2010 e 2015 da Piersilvio Berlusconi e Silvia Toffanin); Riccardo, Flora e Artemisia (nati nel 2013, 2016 e 2019 da Eleonora Berlusconi e Guy Binns); Leone, Francesco Amos ed Ettore Quinto (nati nel 2016, 2018 e 2021 da Barbara Berlusconi e Lorenzo Guerrieri); Emanuele Silvio e Tommaso Fabio (nati nel 2021 e 2022 da Luigi Berlusconi e Federica Fumagalli) • Nel 2021 è diventato bisnonno di Olivia (nata nel 2021 da Lucrezia Berlusconi e dal suo marito americano).
Religione «Quando, nel 1994, mi disse che credeva nei valori cristiani, mi prendo un tempo comico di silenzio e domando: quali? Mi voleva ammazzare» (Giovanni Minoli).
Curiosità Dorme poco di notte. Legge i giornali alle due del mattino. Guarda i dossier col «dottor Letta» alle due e mezza. Qualche volta, la notte, compra oggetti alle televendite, qualificandosi • «I venditori di Berlusconi erano fortemente disincentivati dal fumare, portare la barba, i baffi o i capelli lunghi e disordinati, veniva detto loro di avere sempre l’alito fresco, di stare attenti alla forfora e di non avere mai, cascasse il mondo, le mani sudate» (Stille) • Detesta l’aglio • Passione assoluta per il giardinaggio, di cui è grande intenditore: a Villa Certosa in Sardegna ha realizzato, senza badare a spese, un parco di grande bellezza (per esempio un agrumeto contenente 140 specie di aranci, cioè tutti quelli esistenti, ecc.) • Pur possedendo tre cellulari le cui suonerie sono segrete, non ne tiene in tasca neanche uno: risponde il caposcorta e glieli passa (di recente, però, avrebbe imparato a scrivere gli sms e durante le riunioni noiose si divertirebbe a fare scherzi coi messaggini) • Nel 2020 contrasse il coronavirus • Nel 2021 lascia palazzo Grazioli e va a vivere a Villa Grande, la stessa dove fino alla morte aveva vissuto Franco Zeffirelli • Da giovane non amava i cani ma poi arrivò Dudù (indimenticabile foto il cui, nei corridoi di palazzo Grazioli, Putin gli lancia una pallina). Dopo Dudù e arrivata Dudina. I due hanno dato alla luce Wendy, Peter e Trilly • Poi sono arrivati Chou Chou e Gilda • Sole, Luna e Stella, tre incroci di maremmano abbandonati in uno scatolone e salvati dal Rifugio dei Fratelli Minori di Olbia e portati a Villa Certosa e Rambo, un trovatello salvato da un incidente. Da ultimo sono arrivati Drago e Lupo. In tutto dovrebbe vere 21 cani • Ad Arcore ha un mausoleo dove intende essere sepolto.
Titoli di coda «Lui era, è, davvero, un raggio di sole. Una persona magnifica e divertente, con tutti i suoi difetti politici, umani: un uomo pieno di paure e ombre, ma coraggiosissimo. L’Italia è stata completamente travolta, lui è rimasto in piedi» [Giuliano Ferrara ad Alessandro Giuli, Foglio 2016]
QUINTA PAGINA
«Se Dio esistesse
sarebbe una biblioteca»
Umberto Eco
FONTE: La spremuta dei giornali di Giorgio Dell'Arte
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