A
BOLOGNA IL PRIMATO DEI MEDICI ASSASSINI
TRE
DIVORZI ALL’ITALIANA
Il giallo del medico
accusato di aver avvelenato la moglie e la suocera, una scia di delitti
imperfetti tra i camici bianchi iniziata a Bologna nel 1902
Il dottor Amato è in
carcere e attende il processo. Un omicidio (forse due) senza movente. Se non
quello di non rovinarsi l’immagine con una separazione. Ma all’ombra delle due
torri il caso si ripete ogni sessant’anni
C'è uno di quei
gialli, a Bologna, che in città non si parla d'altro, anche se senza farsi
sentire troppo, quasi sottovoce e solo in certe case e in certi ambienti di una
buona borghesia, perché la storia è grossa davvero.
Il dottor Giampaolo
Amato, di anni sessantaquattro, stimato oculista all'Ausl e all'Ospedale
Maggiore e già medico sportivo della Pallacanestro Virtus che a Bologna conta
quasi come le Due Torri, è in carcere dall'8 aprile scorso con l'accusa di
avere ucciso, avvelenandola con un mix di farmaci, la moglie Isabella
Linsalata, di anni sessantadue, anch'ella medico, ginecologa. Ma non solo: il
dottor Amato è indagato anche per la morte della suocera, Giulia Tateo, di anni
ottantanove; morte avvenuta ventidue giorni prima di quella della figlia
Isabella, e – si sospetta – anch'essa cagionata dallo stesso mix di farmaci.
Un uomo tutto casa, chiesa e pallacanestro
Gli amici del dottor
Amato sono increduli, avendo memoria di un uomo tutto famiglia lavoro e
pallacanestro; padre di due figli e per giunta cattolico, anche se meno
fervente della moglie Isabella. Ma cherchez la femme: il dottore di buona
famiglia potrebbe aver perso l'irreprensibilità per una trentenne informatrice
farmaceutica; anzi, che l'abbia persa è certo: ma, fino a qual punto, è tutto
da dimostrare.
Tutto ciò sarebbe di
per sé sufficiente a non far parlar d'altro in città. Ma Bologna è una città
speciale, dove ci si mette sempre qualcosa in più. Ad esempio, la misteriosa
ricorrenza. Ogni sessant'anni la città viene infatti scossa da un giallo che
riguarda medici di buona famiglia che ammazzano il coniuge o la coniuge. Un
sortilegio? Una maledizione?
Dal precedente del 1902 una poesia e un film
Era il 2 settembre
del 1902 quando in un'elegante palazzina di via Mazzini 39 venne trovato morto
il conte Francesco Bonmartini, medico, conservatore, clericale. Suo suocero era
nientedimeno che il professor Augusto Murri, illustre clinico e medico di Casa
Reale (a lui è non a caso intitolata una delle più belle vie di Bologna, che
parte da via Santo Stefano e dai Giardini Margherita per andar verso la
Toscana, lasciandosi su un lato i meravigliosi colli). Il conte Bonmartini
venne trovato ucciso con un'arma da taglio e il professor Murri accusò il
proprio figliolo Tullio, direttore del periodico socialista “La squilla”, un
tale personaggio che aveva sconfitto Giosuè Carducci alle elezioni per il
consiglio provinciale. Tullio Murri avrebbe ucciso il conte Bonmartini in
combutta con la sorella Linda, moglie della vittima e spirito libero,
coraggiosa al punto da separarsi legalmente nel 1899, quando non si separava
nessuno, le donne tantomeno. Morale, Tullio fu condannato a 30 anni e Linda a
10: ma, già nel 1906, lei fu graziata dal Re, riconoscente a suo padre Augusto
che le aveva salvato dal tifo la figlia, principessa Mafalda. Il caso Murri fu
una tale storia che Ada Negri dedicò a Linda la poesia “Per un'accusata” e
Mauro Bolognini, nel 1974, ci fece un film con Giancarlo Giannini e Catherine
Deneuve: “Fatti di gente perbene”.
L’omicidio del 1963 "nella Bologna dove tutto si tiene”
Sessant'anni dopo,
il 14 marzo 1963 – quando Bologna era quella del sindaco Dozza, del cardinale
Lercaro e dello squadrone di Fulvio Bernardini – fu arrestato un altro medico,
Carlo Nigrisoli, accusato di avere avvelenato la moglie Ombretta Galeffi. Anche
Carlo Nigrisoli, come Tullio Murri, era figlio di un luminare, il dottor
Pietro, proprietario di una clinica in vicolo Malgrado, laterale di Strada
Maggiore. E anche Carlo, come Tullio Murri, fu accusato dal padre, che gli
diede dello sciagurato per aver perduto il senno a causa di una ventiquattrenne
infermiera, tale Iris Azzali detta la Kim Novak di Casalecchio. Carlo Nigrisoli
verrà condannato all'ergastolo, pena poi ridotta in appello a 24 anni; mentre
Iris Azzali si sposerà con l'avvocato che l'aveva difesa al processo: Galeazzo
Bonaccorsi, figlio dello squadrista Arconovaldo Bonaccorsi, amico di Leandro
Arpinati e, si sospetta, killer di Anteo Zamboni, il quindicenne che il 31
ottobre 1926 fu linciato all'incrocio fra le vie Indipendenza e Ugo Bassi dopo
un fallito attentato a Mussolini nel quale quasi certamente non c'entrava
nulla. Tutto questo va raccontato per mostrare come le similitudini e le
coincidenze fra le varie storie siano molte, poiché “a Bologna”, ci dice un
noto penalista che preferisce restare anonimo, “tutto si tiene, tutti conoscono
tutti e ogni fatto è legato a un altro”. A Bologna è infatti convinzione
diffusa che tra ogni persona e cosa ci sia un solo grado di separazione, e non
sei come previsto da semiotica e sociologia.
La tisana imbottita di antidepressivi
Ma torniamo al caso
Amato-Linsalata. La famiglia Amato abita in via Bianconi 6, nel quartiere
Murri. E nella loro palazzina borghese, a centovent'anni del delitto Murri e a
sessanta da quello Nigrisoli, ecco un nuovo uxoricidio, un nuovo avvelenamento,
un nuovo noir con medici coinvolti.
Isabella Linsalata
muore nella notte tra il 30 e 31 ottobre 2021 dopo una cena con le amiche, le
quali la ricordano allegra, forse convinta, o illusa, che il marito stesse per
tornare. Isabella poi sa che, di ritorno dal ristorante, il marito Giampaolo,
che nel frattempo era traslocato in un seminterrato della stessa palazzina di
via Bianconi 6, sarebbe passato da lei: per controllarle un occhio che
lacrimava, per darle la buonanotte e per prepararle la solita tisana. Ecco.
Secondo l'accusa, il medico Giampaolo Amato quella notte fa la stessa cosa che
aveva fatto sessant'anni prima il medico Carlo Nigrisoli: uccide la moglie con
una tisana.
Fatto è che la
mattina del giorno dopo Isabella Linsalata viene “rinvenuta cadavere”, come si
scrive nei verbali, nel suo letto, “con indosso solo gli indumenti intimi,
quali slip, reggiseno (dove successivamente verranno trovate, fissate con delle
spille da balia, due medagliette con immagini sacre in metallo chiaro, nonché
un santino in tessuto marrone con cordino raffigurante un'immagine sacra) e
canottiera”. Anche per i sospetti della sorella della vittima, viene ordinata
una perizia tossicologica, che accerta la presenza di citalopram (un
antidepressivo con il quale la donna era in cura), di midazolam (una
benzodiazepina) e di Sevoflurano (un anestestico). Un mix molto probabilmente
sufficiente a provocare la morte, secondo la perizia d'ufficio; certamente
insufficiente, secondo quella della difesa.
Gli avvocati affilano le armi in vista del processo
Al processo
s'annuncia dunque una battaglia fra i periti: certo complicata, però, dal fatto
che la stessa combinazione di Midazolam e di Sevoflurano è stata
successivamente trovata anche nel corpo di Giulia Tateo, madre di Isabella
Linsalata, morta 22 giorni prima. Forse che Amato ha voluto provare l'arma del
delitto?
Sarà un processo
indiziario, nel quale manca il movente. Il pm dice che non c'è: “Non sono
emerse dalle indagini svolte franche ragioni di carattere economico... non sono
emerse particolari condotte oppositive della persona offesa alla relazione
extraconiugale dell'indagato... né risulta che la persona offesa abbia mai
manifestato ritorsioni in caso di separazione legale... non sussistendo peraltro
neppure particolari problematiche rispetto ai figli maggiorenni e autonomi...”.
L’ipotesi del giudice
Ma il giudice che ha
convalidato l'arresto avanza un'ipotesi. Il movente ci sarebbe, e sarebbe
l'immagine. E cioè. In quel mondo conservatore e cattolico, “il suo matrimonio
con la Linsalata... si risolverebbe in maniera tutto sommato indolore per
l'immagine che vuole preservare di sé se tale matrimonio cessasse per cause di
forza maggiore, per nulla riconducibili, agli occhi dei terzi, alle sue defaillances
di marito ed al suo desiderio... di lasciare la moglie per un'altra donna”.
Amato avrebbe dunque
pensato: meglio un delitto non scoperto che una separazione alla luce del sole
e di una città giudicante. L'immagine. Se è così, la storia è grossa davvero.
Nessun commento:
Posta un commento