Gorilla
di Michele Masneri
Il Foglio
La sindrome da accerchiamento non turba solo Giorgia Meloni arroccata a Palazzo Chigi, che si sente insicura con l’apparato fornito dalla polizia di stato e vorrebbe una scorta sua, diversa, privata. La psicosi della sicurezza (e a volte, come si è visto, non è solo psicosi) arriva anche in America. Dove l’ennesimo svalvolato è stato ritrovato vicino alla residenza floridiana di Trump a Mar a Lago, con vari armamenti, forse pronto a uccidere l’arancione aspirante ri-presidente (un sostenitore della causa ucraina, per aggiungere complicazione ai già facili scenari).
Il Secret Service «ha bisogno di più aiuti», ha detto Joe Biden riferendosi all’apparato statale che sorveglia le più alte autorità americane, commentando con i giornalisti al seguito il secondo tentato omicidio contro Trump. Mentre lo svalvolato-in-chief, il padrone di Tesla e di X Elon Musk, ha scritto sul suo social personale che «nessuno tenta di uccidere Kamala Harris», poi però l’ha cancellato. Ma prima degli avvenimenti domenicali del mondo più pazzo del mondo, il New York Times raccontava in un lungo reportage la nuova mania proprio di Musk, che ormai è circondato da un piccolo esercito privato tanto teme per la sua incolumità.
«È come se avesse un secret service su misura» scriveva il quotidiano. Secondo il Times, Musk avrebbe negli ultimi tempi incrementato di brutto la sua scorta, fino a costituirsi appunto una piccola armata. Anche Musk ha subito una serie di attentati o minacce di attentati: a novembre ad Austin, Texas, dove sta uno stabilimento della Tesla, durante un evento per il lancio del pickup Cybertruck, un uomo è stato arrestato. In generale negli ultimi due anni ad Austin ci sono stati otto incidenti, con due minacce nei confronti dello stesso Musk. Più cinque altri casi nella sede californiana della Tesla originaria a Fremont, California.
L’ultima volta però erano presenti quasi 40 guardie armate, oltre alla società creata appositamente da Musk, Foundation Security (il nome rimanda come spesso nel mondo muskiano al titolo di un romanzo, in questo caso “Fondazione” di Aasimov). Musk, che un tempo faceva una vita abbastanza normale accontentandosi di due guardie del corpo, adesso viaggia con non meno di 20: di qui i costi micidiali: dai 145 mila dollari annui necessari fino al 2018 ora si è passati a oltre 2 milioni. Così Musk entra nel campionato peculiare dei gorilla: Apple spende per la protezione del suo ceo Tim Cook 820 mila dollari, Amazon per Bezos il doppio, 1,6 milioni. Solo Meta spende (molto) di più, con oltre 23 milioni per proteggere Zuckerberg e famiglia. Ovviamente più cresce l’esposizione mediatica e maggiori sono i rischi. Un riccone tranquillo come Warren Buffett per anni se ne andava in giro da solo senza protezione, al massimo con un solo bodyguard. Ma adesso «la probabilità che un matto assassino tenti di ucciderti è proporzionata a quanti matti assassini sentano in giro il tuo nome», ha detto Musk tempo fa, «così eccomi sulla lista».
Intanto c’è tutto un florido settore che campa su svalvolati e attentatori di svalvolati: sia Musk che Zuckerberg che altri si affidano generalmente a una specie di Lvmh della sicurezza, la Gavin de Becker & Associates, una compagnia fondata e gestita da Gavin de Becker, ex portaborsette di Elizabeth Taylor che si è inventato il business di proteggere i ricchi e famosi, e ha lavorato anche per Cher, Tina Turner e molte altre celebrità. Celebrità a sé, è diventato poi lui, oggi settantenne, già fidanzato con la cantante Alanis Morissette e l’attrice Geena Davis. Diventato miliardario, de Becker è autore anche del libro The gift of fear, Il dono della paura, che è stato in cima alla classifica dei bestseller americani per un po’. Ha raccontato che la sua infanzia in preda alla paura gli ha forgiato destino e carriera: mamma eroinomane che sparò al marito, poi deceduta, tutto utile per esorcizzare e fatturare. Oggi il suo Instagram mostra lezioni della sua società in cui un modello di aereo privato è sezionato per capire come sconfiggere eventuali dirottatori. Ha elaborato tecniche di investigazione che sono usate per proteggere i membri della Corte suprema Usa ed è diventato capo della sicurezza privata di Jeff Bezos. Per il fondatore di Amazon ha gestito nel 2019 lo spinoso caso delle intercettazioni, quando il suo telefono fu hackerato da spie saudite (mentre il Washington Post, di proprietà di Bezos, aveva raccontato del caso del giornalista Khashoggi attribuendolo direttamente al principe ereditario Bin Salman). De Becker ha anche fondato Private suites, un sistema di stanze di sicurezza presso l’aeroporto a più alta densità di vip del pianeta, il Los Angeles International, dove i divi possono stare tranquilli dal check in all’imbarco. I militi della Gdba non proteggono solo (un viaggio può costare anche 160 mila dollari, come quello effettuato da Musk a gennaio in varie capitali mondiali) ma fanno anche ricerca preventiva su eventuali minacce e minacciatori, al costo di 400 dollari l’ora. Alla bisogna, pare di capire, si trasformano in bravi manzoniani che ammorbidiscono eventuali nemici. Il proprietario dell’account Tesla.com, un placido ingegnere che ce l’aveva da molto prima che Musk si dedicasse all’auto elettrica, all’inizio non voleva venderglielo, poi in qualche modo è stato convinto, dopo svariate visite dei bravi muskiani.
Nel 2016 però Musk a forza di pagare fatture a de Becker si è deciso a mettersi in proprio, aprendo la Foundation Security, dove lavora un certo Justin Riblet, ex militare nelle Forze speciali, che prima stava (ovviamente) alla Gdba.
Certo con tutta questa armata Musk è più impedito nei movimenti e ha perso privacy e naturalezza: all’annuale Burning Man, il ritrovo nel deserto tra musica, droghe e divertimenti che tanto piace ai siliconvallici, le ultime volte era circondato da un cordone sanitario da capo di stato un po’ incongruo. «Si prevedono tempi pericolosi», aveva scritto Musk su X in luglio. «Due persone in due diverse occasioni hanno tentato di uccidermi negli ultimi otto mesi». Ha detto che in entrambi i casi questi attentatori erano armati, anche se la polizia sostiene il contrario. Non si sa bene come stia la faccenda, certo contro la mitomania non c’è armata che tenga.
Praticanti del corso di sicurezza della De Becker & Associates (da Facebook)
Michele Masneri
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