"Mi chiamavo Elvira Orlandini.
Avevo 22 anni.
Il 5 giugno 1947 sono uscita di casa con una brocca in mano.
Dovevo solo prendere l’acqua alla fonte.
“Trenta minuti al massimo, mamma”, ti avevo detto.
Non sono più tornata.
Mi hanno trovata a terra, la gola tagliata.
Ricoperta del mio stesso sangue.
Dicevano che ero bella.
Troppo.
E quando sei donna, e sei bella, ti dicono che è un problema tuo.
Che se ti guardano, se ti toccano, se ti seguono.
È colpa tua.
Il mio fidanzato era geloso.
Tanto.
Faceva le scenate.
Mi dicevano: lo fa per amore.
Ma chi ama non ti urla addosso, non ti stringe i polsi.
Lavoravo come domestica nella villa dei Salt.
Una famiglia svizzera ricca e potente.
Il loro figlio mi guardava troppo.
Mi aveva anche seguito una volta, aveva cercato di baciarmi.
Io ero scappata.
Aveva scritto a Ugo, il mio fidanzato, intimandogli di non sposarmi.
Ma nessuno parlava.
Avevano paura.
Mi hanno messa in mezzo.
Tra chi mi voleva solo per sé.
E chi credeva di poter fare tutto perché era figlio del padrone.
Quel giorno c’era il Corpus Domini.
Faceva caldo, il vestito mi si appiccicava addosso.
Avevo messo un fiore rosso tra i capelli.
Non avrei dovuto.
Perché ero troppo bella, dicevano.
E quello, per una donna, è sempre un rischio.
Alla fonte c’era qualcuno.
Non l’ho visto subito.
Poi sì.
Sapevo chi era.
E lui sapeva chi ero.
Mi ha colpita.
Mi ha trascinata.
Mi ha tolto la vita.
Hanno arrestato il mio fidanzato.
Poi l’hanno rilasciato.
L’altro non l’hanno mai neppure interrogato.
Troppo potente, dicevano.
E la mia morte è rimasta senza nome.
Ma io lo so chi sei.
E ti guarderò per sempre negli occhi.
Quelli che hanno visto
Il mio ultimo respiro .
Perché io non ho avuto giustizia.
Ma non ho mai abbassato lo sguardo.
Mi chiamavo Elvira Orlandini, aspetto giustizia da 78 anni".
Elvira Orlandini.
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