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mercoledì 17 febbraio 2010

(13) LE PRIME AVVISAGLIE DI FARMI FUORI


Ma quali sono satati i miei articoli più pericolosi? Chi ha tentato di farmi uccidere? Chi e perché mi hanno fatto arrestare? Partiamo dall’abbattimento delle Torri di Pinetamare che non è altro il culmine di storie ancora più dolorose, iniziate negli anni Sessanta, quando i fratelli Vincenzo e Cristofaro Coppola, che diedero appunto mano alla speculazione, costruendo un intero villaggio abusivo, ruppero il loro sodalizio di costruttori, in seguito al violento dissidio scatenatosi per il rapimento dell’ingegner Francesco Coppola, figlio di Vincenzo. Ma non fu solo il rapimento del rampollo della famiglia di Vincenzo ( il commendatore è morto a giugno del 1997 ) a dividere i due fratelli.

Contribuì notevolmente, alla rottura definitiva, l’appalto per la costruzione del villaggio della U.S. Navy di Gricignano. Su questa vicenda, posso dire una parola in più degli altri, essendo stato io, protagonista, in prima persona, come giornalista delle tesi opposte, evidenziate con durezza dai due fratelli.
Per me - all’epoca - ci scappò perfino una querela ed una citazione per un presunto danno di tre miliardi delle vecchie lire. E non è escluso che quella campagna stampa, da me condotta con coraggio, che coinvolse non solo i Coppola, ma vari esponenti politici dell’epoca, abbia determinato - assieme alla vicenda del crac dei fratelli De Asmundis - che vide coinvolti numerosi magistrati, il mio arresto a distanza di un anno...

Ma tutto sommato è stato meglio così. Poichè, considerato il calibro dei personaggi ( alcuni in palese connivenza con i vertici della camorra, la presenza delle lobby americane e della stessa C.I.A, oltre che dell’ombra sinistra della mafia siciliana, per via della presenza in zona, di pericolosi mafiosi in soggiorno obbligato ) e l’alta posta in palio ( si parlava di un business di svariati miliardi di dollari ) avrei potuto facilmente sparire come Mauro De Mauro, e finire sepolto sotto un pilone di cemento armato, in un qualsiasi cantiere della Domiziana... Oppure fare la fine dei giornalisti Mino Pecorella e Giancarlo Siani, assassinati nelle loro auto, per mano dalla mafia e della camorra.

Nello stesso periodo, infatti, venne messo a segno un attentato intimidatorio contro il maresciallo Vincenzo Jannetti - capo della Squadra di Polizia Giudiziaria - che stava indagando sulle speculazioni di Baia Domizia e Pinetamare - con una bomba ad alto potenziale - fatta scoppiare sull’uscio del Commissariato di P. S. a S. Maria C.V., allora ubicato di fronte allo studio del Notaio Raffaele Orsi. Ma andiamo per ordine.

Tutto iniziò il 5 Novembre del 1996, allorquando nelle redazioni dei giornali arrivò un dispaccio dell’Ansa. Io ero - in quel periodo - cronista giudiziario de ”Il Giornale di Napoli”. Il direttore responsabile era Domenico Mingione, detto Mimmo, ed il mio capo redattore era Angelo Agrippa, passato poi al “Corriere del Mezzogiorno”, l’inserto a panino del “Corriere della Sera”, giornale per il quale ho lavorato anch’io, fino al mio arresto, nel luglio del 1998. Agrippa mi chiamò e mi sottopose il dispaccio dell’ Ansa, aggiungendo: ”C’è lavoro per te... è cosa assai delicata... vacci con i piedi di piombo”.

Ma lui sapeva come io lavoravo. Venivo da esperienze validissime con altri giornali ed ero un cronista giudiziario, scrupoloso, attento, spregiudicato ma non... avventato. Una piccola considerazione. Il giornalista, il cronista giudiziario in particolare, corre sempre gravi rischi. E’ un lavoro difficile e delicato. Se sposi la tesi dell’accusa, devi per forza inimicarti l’imputato e il suo difensore. Se, diversamente, propendi con i tuoi commenti, per l’imputato, giocoforza devi inimicarti la pubblica accusa, gli inquirenti, le forze dell’ordine e gli avvvocati difensori di quelle tesi. Se anticipi - come spesso accade - l’arrivo di una comunicazione giudiziaria... sei odiato dal destinatario a morte. Le fonti? Le più disparate! Dall’amico, che trovi in cancelleria, al poliziotto o magistrato che sia. Dall’avvocato, ( ma è sempre una fonte inquinata dall’interesse professionale ), al tuo intuito personale. Ho rischiato. Di grosso. Spesso la vita. Ma ne valeva la pena? Sono pentito? Certo, non ne valeva la pena. Il giornale ti abbandona. Resti solo, anche per la difesa. I rischi sono molti ed i guadagni irrilevanti...

“Due righe in un articolo” - ha detto Pietro Calabrese direttore de “Il Messaggero” - “possono bloccare una carriera, costare un licenziamento, rovinare una reputazione. Bastano solo due righe, non di più, perchè poi, naturalmente, ognuno va a leggere le cose che gli interessano”.

( In galera, in galera – 13° Continua )

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