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martedì 24 aprile 2012


Rinvio a giudizio per una aragosta “maltrattata”


E’ stato rinviato a giudizio e dovrà affrontare un normale processo, di carattere penale, dinanzi al tribunale, un “ristoratore” ischitano che era stato denunciato, un paio di anni fa, d’estate, per “maltrattamenti” ad una “aragosta”.
Il fatto. Un tizio, che passeggiava sul lungo mare e che si era fermato innanzi ad un “ristorante” che non poteva offrire se non “pesce prelibato”, aveva rilevato che, all’ingresso, sul banco / vetrina, per sollecitare il palato dei buon gustai, erano collocate delle splendide e rosate aragoste.
Tutte vive. E tutte “vivide”, con occhi furbetti e luminosi. Però, sofferenti, a giudizio del “nostro”, non fosse altro perché le chele o zampette erano “legate” con adesivo e il tutto, in ogni caso, riposava su di un “letto ghiacciato”. In altre parole è la presentazione tipica di ristoratori di mare che “non si risparmiano” con rappresentazioni, dal vivo, di pesce vivo, da scegliere e poi “servire” a tavola, bollito, arrostito e così via. Apriti cielo. A questo “rilievo” di “sofferenza” e per questi “legacci”, ne nasceva una discussione, tra ristoratore e occasionale “passeggero”. E si soggiungeva ad una polemica e discussione, chiamando in causa “i diritti” degli animali. E nel caso di specie, giustamente, dei “acquatici”. Veniva richiamata la normativa  europea “sui maltrattamenti” e le sanzioni gravissime per coloro che determinavano tanto. Venivano convocati anche i Carabinieri e veniva comunque sporta denuncia penale a questo titolo. Sembrava una “boutade” di pieno agosto. Si è trattato, invece, di un reato vero e proprio, determinato dal “ristoratore”, perché difatti, anche se con parere contrario di un Sostituto Procuratore della Repubblica, il GIP non è stato di questo avviso e ha rinviato a giudizio il ristoratore, sposando in pieno la causa del “passeggero” e fissando l’udienza per il dibattimento per il prossimo ottobre. A Napoli succede questo ed altro. E si avrà, così, il primo “caso giudiziario”, in Europa, correlato a questa vicenda.  Una annotazione, ultima, il nostro passeggero, denunziante, era ed è a capo di una associazione europea a tutela, per l’appunto, delle “creature” non facenti parte del “genere umano”.
Prof. Avv. Ciro Centore




Si incendiano le opere d’arte, a Napoli.

La notizia del giorno che probabilmente “sfugge” ai più e che determina questo nostro intervento.
A Napoli, quando c’è crisi profonda ( e c’è quasi sempre), si dice che “l’acqua è poca e ……..la papera ……non galleggia”. E ciò a testimonianza della  “miseria” e delle “difficoltà”, sempre più crescenti, di una sopravvivenza quotidiana. Con i tempi che corrono, ne soffrono tutti. E ne soffrono particolarmente gli “artisti”, gli uomini di cultura, gli addetti ai “luoghi di cultura”. Le proteste sono oramai all’ordine del giorno. Protestano scrittori, pittori, musicisti, musealisti. Tra questi ultimi coloro che, hanno avuto e hanno, a titolo di responsabilità, l’impegno di lavoro, nei Musei “privati” e cittadini, rivestendo la carica di “Direttore”. Non vedono più un euro. Né a titolo di “stipendio”, né a titolo di “sponsorizzazioni”, né comunque a titolo di contributo o di donazione. I rubinetti sono secchi. E sono “sordi” ad ogni richiamo e ad ogni protesta, anche e particolarmente le “Istituzioni”. Non si vede  all’orizzonte alcun segnale di ripresa. E la cosa più determinava di sofferenza è costituita dal fatto che “i rappresentati” istituzionali non si fanno sentire sia pure  per dare e per dire una parola  di “speranza” o di “consolazione”. Anche “una mezza telefonata”, come diciamo noi a Napoli e come dice un buon “padre di famiglia”, aiuta non poco. Nulla. Silenzio assoluto. Di qui la nascita e crescita, da qualche giorno, di una protesta “singolare”, per il vero “copiata” dagli addetti ai lavori dei Musei francesi. Quella di “bruciare” letteralmente, con doveroso e preventivo annuncio, con convocazione degli addetti ai lavori, nel campo dei mass media, al fine di effettuare la “bruciatura” di tele di artisti contemporanei, in presenza degli stessi, nel giorno e all’ora deliberata. E lo si è avuto, proprio ieri l’altro, a Napoli, da parte di Antonio Manfredi, Direttore del Museo Privato di Arte Contemporanea “CAM”, di Caloria. Lo aveva preannunciato ed è stato “di parola”. Ha dato fuoco, davanti al Museo, di una tela dell’artista francese Severine Bourgignon che raffigurava un fiore rosa su fondo ……rosso fuoco. L’artista / autore, naturalmente, aveva autorizzato tanto e “seguito” il “sacrificio”della propria creatura, in presa diretta, da Parigi, attraverso “Skype”. No comment. Tra qualche giorno “si immolerà” in piazza e sempre innanzi a questo Museo, la creatura/tela di Rosaria Matarese, altra opera, stavolta di una artista napoletana che ha dato il suo “consenso” a fare tanto.
Prof. Avv. Ciro C entore



ANCHE  SE “LOTTO RESIDUALE” OCCORRE  UN PERMESSO EDIFICATORIO

Il Consiglio di Stato, con una recente sentenza, della V Sezione ( 1177/2012) ha accolto l’appello proposto dal Sindaco del Comune di Mariglianella e ha annullato il verdetto, di diverso avviso, intervenuto a suo tempo, da parte del TAR Campania, verdetto con il quale si consentiva la realizzazione di ben tredici appartamenti, per un fabbricato ricadente in zona C del Piano Regolatore. Come sanno “gli addetti ai lavori”, ossia costruttori, ingegneri, geometri ed architetti, le zone classificate “C” impongono la preventiva presentazione ed approvazione, al Comune, di un Piano lottizzativi perché zone considerate prive di “infrastrutture primarie e secondarie”, ossia di strade, fognature, impianti di illuminazione pubblica, interventi / spazi di utilità sociale, e così via, sicchè, a fronte di tanto, chi intende costruire deve ottenere l’approvazione, da parte del Consiglio comunale, di un Piano, per poi procedere, con il rilascio dei singoli permessi di costruzione, alla realizzazione degli edifici che intende realizzare, di carattere residenziale. Tutta qui la prescrizione. Ci si è chiesto, varie volte, se lo stesso “iter procedimentale” va rispettato allorquando già ci si trovi in presenza di una lottizzazione approvata ed anche realizzata, nel senso che sussistono queste opere pubbliche, tra cui strade o impiantistica generale, e sussistano, nell’ambito di questa area o comparto, ancora lotti non edificati, denominati “lotti residuali”.  Molti urbanisti, anche attraverso verdetti della Magistratura, per il passato, hanno ritenuto che, in questi casi, si può ottenere il semplice “permesso di costruzione” senza dover sopportare più tempi, oneri e così via, di una “lottizzazione” integrativa.  Da un tempo a questa parte, viceversa, si è cambiato “indirizzo” interpretativo e si è sempre più affermata la esigenza di “premunirsi” sempre e comunque, anche per i lotti residuali, di detto Piano.
Di qui anche una conflittualità, a mezzo di carta bollata, tra costruttori e Sindaci.
I primi per veder soddisfatte le loro richieste prescindendo dal Piano, i secondi sempre più  esigenti e richiedenti questo Piano, sia pure integrativo. Nel caso specifico, esaminato dal Consiglio di Stato, con la sentenza 1177/2012, di quest’anno, la Suprema Magistratura amministrativa ha dato ragione “ai Sindaci”. E, particolarmente, al Sindaco di Mariglianella che si era opposto alla pretesa di un privato, per la realizzazione di13 appartamenti, in una zona già urbanizzata o per meglio dire, urbanizzata al 99%, con le necessarie opere previste da un piano di lottizzazione, quasi del tutto già “riempito” e aventi ancora una area scoperta, da qualificarsi, per l’appunto, lotto “residuale”.  Il Consiglio di Stato ha “imposto” la integrazione delle opere esistenti e la preventiva approvazione, il tutto per un rispetto armonioso degli standards urbanistici.

Prof. Avv. Ciro Centore


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