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martedì 16 ottobre 2012


DIFFAMAZIONE. CORTE EUROPEA DEI DIRITTI: SANZIONI PECUNIARIE SIANO PROPORZIONATE

CEDU Strasburgo
OSSIGENO – Roma, 14 ottobre 2012 –  Mentre il Parlamento discute la riforma della legge sulla diffamazione a mezzo stampa con l’obiettivo meritorio di cancellare il carcere per  i giornalisti colpevoli di questo reato è utile ricordare l’esigenza che le pene pecuniarie alternative alla detenzione siano proporzionate e non eccessive, perché se non lo fossero potrebbero determinare, al di là delle intenzioni, una limitazione di un diritto di grande rilevanza, qual è la libertà di espressione e di informazione, come ha più volte ricordato la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).
Il testo base della proposta di legge in discussione al Senato prevede:
“Nel caso di diffamazione commessa col mezzo della stampa, la persona offesa può chiedere, oltre il risarcimento dei danni ai sensi dell’articolo 185 del codice penale, una somma a titolo di riparazione. La somma è determinata in relazione alla gravità dell’offesa e alla diffusione dello stampato e non può essere inferiore a 30.000 euro”.
Sono previste anche multe fino a diecimila euro. Cifre che possono pesare moltissimo sui piccoli e sui piccolissimi giornali e perciò hanno destato serie preoccupazioni.
Dal 1959 in poi la giurisprudenza della Corte di Strasburgo ha più volte sottolineato che le sanzioni a carico dei giornalisti costituiscono in sé un’ingerenza nell’esercizio della libertà di espressione e perciò vanno attentamente considerate sotto questo aspetto.
Con ripetuti pronunciamenti la Corte ha affermato che la libertà di espressione è un diritto centrale  nel sistema di salvaguardia dei diritti dell’uomo. I giudici di Strasburgo hanno sottolineato la rilevanza pubblica  del ruolo degli organi di stampa: riferire al grande pubblico i fatti di interesse generale.
Il quadro normativo della CEDU è riassunto nel ricco dossier del Servizio Studi della Camera dei deputati: “Diffamazione a mezzo della stampa o altro mezzo di diffusione AA.CC. 881 e 4714″ di cui riproduciamo di seguito per intero il capitolo dedicato all’argomento.
LA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO
L’art. 10 della Convenzione EDU (Convenzione Europea per la salvaguardia
dei Diritti dell’Uomo) reca:
“1. Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la
libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee
senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza
limiti di frontiera. Il presente articolo non impedisce agli Stati di sottoporre a un
regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, cinematografiche o
televisive.
2. L’esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può
essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono
previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società
democratica, alla sicurezza nazionale, all’integrità territoriale o alla pubblica
sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della
salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, per
impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l’autorità e
l’imparzialità del potere giudiziario”.
Nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo quello di libera
espressione è considerato un diritto centrale nel sistema di salvaguardia dei diritti
dell’uomo. In questo ambito, la Corte ha sempre sottolineato il ruolo esercitato
dagli organi di stampa, da cui consegue la loro funzione di riferire al grande
pubblico su fatti di interesse, e ha considerato le sanzioni a carico dei giornalisti
come un’ingerenza nell’esercizio di tale diritto.
La Corte EDU ritiene tale ingerenza legittima solo a tre condizioni: che essa
sia prevista dalla legge; che essa sia un mezzo necessario per perseguire finalità
legittime nel contesto di una società democratica; che essa sia proporzionata al
fatto (per tutte Steel e Morris c. Regno Unito, 15 febbraio 2005).
Nella sentenza del 2 aprile 2009 (Kydonis c. Grecia) la Corte di Strasburgo
condannando la Grecia al risarcimento di un giornalista ha ritenuto che “le pene
detentive non sono compatibili con la libertà di espressione” perché “il carcere ha
un effetto deterrente sulla libertà dei giornalisti di informare con effetti negativi
sulla collettività che ha a sua volta diritto a ricevere informazioni”. La CEDU ha
ribadito come la previsione del carcere sia “suscettibile di provocare un effetto
dissuasivo per l’esercizio della libertà di stampa”.
Nella giurisprudenza della Corte EDU non risultano pronunzie che affrontino
specificamente il tema della distinzione tra redattore dell’articolo e direttore
responsabile. Viceversa, vi sono molti precedenti che offrono criteri alla luce dei
quali valutare la sussistenza del requisito della proporzione.
Sotto questo profilo, la Corte ammette che tra i criteri di giudizio possano
essere la natura e la misura delle sanzioni (v. ancora la sentenza Steel and Morris
e, in particolare, la sentenza Dupuis c. Francia, 12 novembre 2007), anche se
non risultano passaggi specificamente inerenti alla diversità tra pene detentive e
pecuniarie.
Nella sentenza Ormanni c. Italia (17 luglio 2007) si rinviene tra i criteri di
giudizio ai fini della proporzione la circostanza che il diffamato abbia potuto
replicare (più specificamente, è stata affermata nella sanzione al giornalista la
sproporzione e, dunque, la violazione dell’art. 10 CEDU, in ragione del fatto che
oltretutto al diffamato era stata offerta occasione sulla stessa testata di dare la sua
versione dei fatti).
Molte sentenze recenti hanno constatato una violazione dell’art. 10 e in ciò
hanno generalmente fatto leva sulla mancanza del requisito della proporzione. E’
stato infatti più volte considerato eccessivo il peso economico della sanzione
sulla persona accusata di aver diffamato il soggetto assunto a obiettivo della
propria cronaca o critica. Si vedano – oltre alle citate Dupuis e Ormanni – Riolo
c. Italia (17 luglio 2008); Saaristo c. Finlandia (12 ottobre 2010) e Publico c.
Portogallo (7 dicembre 2010).
Testo tratto dal dossier (serie Progetti di legge) n. 698 dell’ottobre 2012 del Servizio Studi della Camera
dei deputati: “Diffamazione a mezzo della stampa o altro mezzo di diffusione AA.CC. 881 e 4714″.
ASP per www.ossigenoinformazione.it

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