Translate

lunedì 29 ottobre 2012


IL CONSIGLIO D’EUROPA METTERÀ IN RETE LE MINACCE AI GIORNALISTI DEI SINGOLI PAESI

Consiglio d'Europa Malinowski
Jan Malinowski ha illustrato il progetto al Congresso internazionale dell’Associazione dei Giornalisti Europei AJE AEJ – Contrastare l’attacco al giornalismo professionale – Allo studio uno statuto comune per la protezione dei giornalisti – L’esempio dell’accordo fra le principali testate in Gran Bretagna
OSSIGENO – Offida (Ap), 29 ottobre 2012 – La libertà di stampa subisce limitazioni e difficoltà in molti paesi europei. È  un grande problema per la democrazia e per l’Europa. Le istituzioni e i cittadini devono impegnarsi attivamente per rimuovere ostacoli ed impedimenti alla libera circolazione delle notizie e delle opinioni. Devono opporsi attivamente agli abusi e alla censura, devono farlo rivendicando con forza e convinzione i loro diritti, chiamando in causa istituzioni come il Consiglio d’Europa che possono intervenire solo se sono chiamati in causa, ma sono seriamente intenzionati ad affrontare tutti casi che si presentano. Lo ha detto Jan Malinowski, capo della divisione Media e Società dell’Informazione del Consiglio d’Europa al 50.mo congresso annuale dell’Aje-Aej (Associazione Giornalisti Europei) che si è svolto a Offida dal 26 al 27 ottobre.
Malinowski è stato l’ospite d’onore e ha partecipato a un dibattito con giornalisti di vari paesi in cui i problemi della libertà di stampa si manifestano con episodi di censura, con minacce, incarcerazioni, l’assassinio di cronisti, provvedimenti giudiziari eccessivi, leggi restrittive  e tentativi di introdurre norme ancora più restrittive, come sta accadendo in Ucraina ed anche in Italia.
Il Consiglio d’Europa, ha detto Malinowski, avverte un pressione crescente in molti paesi per limitare lo spazio di manovra del giornalismo professionale e intende contrastarla. Perciò è stato avviato un progetto per creare uno spazio di informazione comune su questi temi, mettendo in rete tutti gli episodi di minacce, intimidazioni e abusi che si verificano nei singoli paesi europei.
Dobbiamo sapere, ha aggiunto, che si tenta di condizionare la stampa da quando, quattro secoli fa, si  cominciò ad usare le presse tipografiche per fare  circolare le informazioni. Non dobbiamo tollerare questi abusi.
L’ultimo insidioso attacco, ha detto Malinowski, consiste nel tentativo di indebolire e svalutare in vari modi l’informazione giornalistica professionale, di sostituirla con una informazione meno professionale, meno garantita. Se  ciò avvenisse sarebbe un grande problema: le notizie vere e le notizie false potrebbero circolare in modo indistinguibile. “Non dobbiamo permetterlo. Il giornalismo rappresenta una professione fra le più importanti. Il giornalismo partecipativo è utile, ma non può sostituire il giornalismo professionale. Il giornalismo è un professione di cui la società democratica non può fare a meno. Deve essere tutelato e protetto: questa esigenza prioritaria deve essere avvertita da tutti”.
Al congresso di Offida la situazione italiana è stata rappresentata daOssigeno con un rapporto che riassume i problemi per cui, da alcuni anni, il paese è compreso fra quelli in cui l’informazione è  “parzialmente” libera: alta concentrazione della proprietà delle testate televisive, conflitto d’interessi politico-editoriale, alto numero di giornalisti minacciati e costretti a vivere sotto scorta.
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel messaggio inviato al congresso, ha parlato del drammatico problema dei giornalisti minacciati. Promuovere una informazione su scala europea è necessario ed è i l modo migliore, ha detto il capo dello Stato, “per rendere omaggio ai tanti giornalisti che difendono la libertà di informazione in condizioni difficili, spesso a rischio della propria vita”.
Alla libertà di stampa in Europa il congresso ha dedicato una intera sessione. Si è svolta di fronte a una grande carta geografica dell’Europa con i territori delle singole nazioni colorati in base alla triplice classificazione dello stato della libertà di stampa fatta dall’osservatorio internazionale Freedom House, con i paesi liberi colorati in verde, quelli parzialmente liberi in giallo, quelli non liberi in viola. Nella carta tutti i paesi a Nord delle Alpi sono colorati in verde. Invece l’Italia, i paesi balcanici, la Turchia e i paesi ex sovietici appaiono in giallo. A sud  Tunisia, Algeria, Marocco,  e ad Est Bielorussia e Russia appaiono in viola. Un panorama molto eloquente.
Nel corso del dibattito giornalisti di vari Paesi hanno descritto le difficoltà che incontrano. Dall’Azerbaijan all’Ungheria, dall’Austria all’Italia, e ancora Armenia, Romania, Turchia, Ucraina, Spagna, Serbia: in tutti questi Paesi – oltre che in molti altri – vengono posti seri ostacoli all’informazione, i giornalisti sono intimiditi, vengono fatte leggi per rendere i media e la stampa meno liberi.
Di fronte a questa situazione, Malinowski ha esortato i giornalisti ad avere coraggio e fiducia nelle istituzioni europee, per affermare con decisione il diritto ad esercitare la libertà di espressione. “Se non lo fate”, ha sottolineato, “il Consiglio e le altre istituzioni dell’Europa unita non possono aiutarvi”. “Bussate alla nostra porta, segnalateci i casi di minacce, le leggi-bavaglio e tutte le situazioni difficili”, ha detto. Il Consiglio, ha aggiunto, sta lavorando a un codice di norme comuni da far rispettare a tutti gli Stati per tutelare la sicurezza dei giornalisti e, su questo tema, sta cercando di realizzare una collaborazione fra professionisti dell’informazione di tutta Europa.
Alla base di un’azione comune potrebbe esserci il recente London Statement on Safety of Journalists, come ha suggerito il giornalista William Horsley, rappresentante speciale AJE presso il Consiglio d’Europa, che ha moderato il dibattito. Con questo documento, ha spiegato, moltissime testate inglesi hanno assunto un impegno comune contro le violenze e gli abusi nei confronti dei giornalisti e hanno rivolto alle istituzioni alcune raccomandazioni finalizzate a tutelare maggiormente il lavoro dei giornalisti.
E’ anche importante fare sapere tempestivamente a tutta la comunità dell’informazione e alle istituzioni cosa avviene nei singoli paesi, perché tuttora molti gravi problemi restano all’interno dei confini nazionali, e ciò indebolisce chi si batte per la libertà di stampa.
Ad esempio, le contestazioni alla proposta di legge sulla stampa del governo ungherese – intenzionato a porre forti limiti al diritto di cronaca e di critica ai giornalisti – hanno avuto successo perché la loro eco si è diffusa fuori dai confini nazionali, e ha imposto all’Ungheria di discutere i termini della riforma con le istituzioni europee. Purtroppo di ciò che avviene di grave in altri Paesi è difficile sentir parlare: chi sa, ad esempio, che in Bulgaria si assiste ad crescente dipendenza dei media dalla politica ed è in corso una battaglia sempre più aspra fra due grandi gruppi privati che controllano le testate più importanti, di proprietà di magnati con forti interessi economici in altri settori?
Un altro esempio positivo riguarda la depenalizzazione della diffamazione in Ucraina. Dopo essere stata concessa, durante la campagna elettorale è stata presentata una proposta per ripristinarne il regime penale. Ma in seguito alle proteste internazionali il progetto è stato ritirato. Né si parla abbastanza della situazione in Turchia, che aspira a entrare nell’Unione europea e nella quale intanto, dal 1° agosto scorso, sono stati arrestati novanta giornalisti.
La situazione dell’Italia è stata descritta dal segretario della sezione italiana dell’AGE, Carmelo Occhino, e da Alberto Spampinato, direttore di Ossigeno, consigliere della FNSI. “E’ un paradosso – ha detto Spampinato – che l’Italia, uno dei paesi fondatori dell’Europa unita che si propone quale motore di democrazia e civiltà, sia finita fra i paesi colorati in giallo, nei quali la stampa è soltanto parzialmente libera“.
“Il recente caso Sallusti è finito sui giornali italiani e stranieri, ma ci sono numerosi altri casi di giornalisti condannati a pene detentive per diffamazione di cui nessuno parla. Lo stesso vale per i giornalisti minacciati: riesce ad avere visibilità solo chi è un personaggio illustre. Per salvare Sallusti dal carcere si sta tentando di modificare la legge sulla diffamazione, ma al posto del carcere si vorrebbero introdurre pene pecuniarie molto elevate e altre norme che renderebbero i giornalisti e  i blogger molto meno liberi”.
Ossigeno, ha spiegato Spampinato, “ha svolto una attenta documentazione delle minacce e degli abusi nei confronti di giornalisti ed altri operatori dell’informazione. Nel 2012 risultano 290 episodi. Dal 2006 ad oggi i casi di intimidazioni e di gravi ostacoli all’informazione sono oltre 11e 00. Ossigeno ha documentato gravi episodi. Ma nonostante gli espisodi siano gravi e così diffusi il problema non riesce ancora a raggiungere i media e a conquistare la scena pubblica. Il problema italiano deve interessare tutti i paesi europei, perché fa comprendere come si può diffondere una nuova subdola forma di censura in un paese fra i più industrializzati del mondo, in un paese in cui le leggi affermano la più assoluta libertà di stampa e di espressione. Perciò aiutateci –  ha chiesto Spampinato ai giornalisti dell’AJE e al Consiglio d’Europa – a discutere più apertamente di queste cose e a diffondere questi dati negli altri Paesi. Noi abbiamo già cominciato a farlo pubblicando i nostri Rapporti annuali in altre lingue (inglese, spagnolo, tedesco, cinese), ma vorremmo fare circolare con più continuità in tutta Europa il nostro lavoro quotidiano. Perciò ci interessa l’ipotesi discussa in questa sede di costruire uno spazio web per mettere in comune queste informazioni, realizzando delle traduzioni nelle varie lingue nazionali”.
Il congresso ha osservato un minuto di silenzio in memoria del giornalistaGiovanni Spampinato, ucciso in Sicilia 40 anni fa, e di tutti i giornalisti italiani uccisi.

Nessun commento:

Posta un commento