CINQUE ANNI DI ODISSEA GIUDIZIARIA: RESTITUITI 110
MILIONI DI BENI AGLI IMPRENDITORI TARTAGLIONE. NON ERANO AMICI DEL CLAN – UN
VALIDO SUPPORTO DELLA DIFESA TECNICA DEL PROF. PASQUALE MENDITTO -
Caserta ( di Ferdinando Terlizzi ) - Paradossalmente, l’errore giudiziario che
hanno vissuto, ha contribuito a renderli più fiduciosi nella giustizia. Già,
perché sono stati proprio i giudici, nei vari gradi di giudizio subìti, a
chiarire la posizione di tre imprenditori di Marcianise, Salvatore Tartaglione con i figli Raffaele e Gaetano (rispettivamente architetto e geometra) ai
quali, dopo cinque anni, è stato restituito l’intero patrimonio da 110 milioni
di euro, che era stato prima sequestrato e poi confiscato in quanto ritenuto
provento di attività illecite legate alla camorra del clan Belforte.
Signori Tartaglione, in che modo avete
vissuto questa vicenda durata cinque anni?
«Nel corso di questi anni abbiamo
sofferto per le accuse mosseci – afferma Gaetano Tartaglione,
interpretando il pensiero dei due consanguinei - ma non abbiamo mai smesso di
credere nella giustizia. Hanno contestato l'associazione mafiosa tra mio
padre Salvatore Tartaglione ed il clan Belforte sulla scorta delle
dichiarazioni di due pentiti, Michele
Froncillo e Giuseppe Pettrone, smentite con una precisa documentazione,
perché non riscontrate negli atti.
E’ stato esaminato il rapporto tra
patrimonio e reddito, dunque?
«Si, sulla base del sospetto che
il patrimonio posseduto fosse sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati. Un
attività conclusasi con la ricostruzione di tutte le entrate finanziarie a
dimostrazione che il patrimonio posseduto era congruo rispetto alle entrate
finanziarie globali provenienti da tutte le attività svolte».
Quando è nata la vostra attività?
«La prima nel 1971, poi le altre nei
successivi dieci anni e sono rimaste sempre le stesse fino a oggi senza
mutazioni societarie, azzeramenti e chiusure sospette. Abbiamo lo stesso
commercialista da 30 anni così pure lo stesso conto corrente bancario si può
dire storico».
A proposito delle banche, il
provvedimento giudiziario ha inciso sull’attività imprenditoriale?
«L’attività è stata portata avanti con i
custodi giudiziari e gli investimenti in nuove attività purtroppo sono stati
limitati. perché all’indomani dei sequestri il sistema bancario ha congelato
l’attività di erogazioni di mutui».
Sul piano umano e sui rapporti
interpersonali e lavorativi, che giudizio potete dare al termine di questa
vicenda?
«C’è chi ci ha dimostrato di credere ancora
in noi e chi ci ha riservato qualche mortificazione dando per scontato ciò
apprendeva dalla stampa senza nemmeno l’esito di un processo. Nostro padre non
si è mai nascosto nelle società, non poteva essere un prestanome di attività
illegali, anzi come fondatore del gruppo è restato in modo trasparente proprio
per rappresentare le nostre tre sorelle nell’ambito societario».
Di cosa si occupa il vostro gruppo
imprenditoriale?
«In 40 anni di attività – spiegano
Raffaele e Gaetano Tartaglione – nostro padre ha visto pian piano
crescere il proprio patrimonio e rispettando la normativa civilistica, ha
costituito nuove società che hanno continuato e rafforzato il ‘core business’
aziendale, incrementando il numero degli occupati. Quando c’è stato il primo
sequestro, c’erano circa 50 dipendenti». Nei primi anni di attività le imprese
hanno svolto lavori pubblici, poi edilizia residenziale, commerciale e
industriale.
Poi arriva il primo sequestro, è nel
2007?
«Sì, da parte del Tribunale di Napoli ma
si conclude con la nostra assoluzione perché il fatto non sussiste, con
immediata ordinanza, di restituzione di tutti i beni alla famiglia. Purtroppo –
prosegue Gaetano Tartaglione – arriva un secondo sequestro nel 2009 ad opera
della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere e
la confisca nel 2010. Con gli avvocati Arturo
Frojo, Ernesta Siracusa, Bruno Von Arx e il professor Pasquale Menditto, consulente finanziario, appelliamo la sentenza
che viene accolta lo scorso 3 dicembre con la revoca della confisca
e con l'immediata restituzione di tutti i beni alla nostra famiglia».
Durante il sequestro e la confisca si è
posto un obiettivo?
«Coadiuvati dal giudice delegato, i
custodi giudiziari hanno seguito in tutt'uno le attività, ponendosi come unico
obiettivo, la conservazione del patrimonio sequestrato e la continuità
lavorativa della nostra impresa che rilancerà nuove iniziative nel campo
edilizio e delle energie rinnovabili. Nello stesso tempo bisognava pensare alla
difesa con incontri tra avvocati e consulenti che spesso finivano a tarda
notte».
Dunque, grazie alla ricostruzione
minuziosa del patrimonio e ad altre attività difensive, l’accusa mossa dalla
Dda si è potuta chiarire così come qualche svista. Tra quelle emerse
dall’inchiesta, anche uno scambio di persona tra la figlia di Tartaglione
(un’avvocatessa nemmeno quarantenne) e una sua omonima nata nel 1901 che negli
anni passati avrebbe venduto un immobile a un personaggio ritenuto sospetto.
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