Ieri a Castelcapuano
In aumento i
processi della DDA per il reato di mafia
( più 44%) – In diminuzione gli omicidi - In aumento
i reati di estorsione, usura, tributari, violenza sessuale e stalking – Pendenti 7.572 processi civili –
In diminuzione i fallimenti e in aumento gli sfratti per morosità e le cause di
lavoro -
(DAL NOSTRO INVIATO)
di Ferdinando Terlizzi
Napoli – Con la rituale parata di tutti i
magistrati in toga, con la presenza di autorità militari, civili e religiose, anche quest’anno la giustizia ha spiattellato
ai quattro venti i propri endemici mali caratterizzati, come sempre dalle
lungaggini e dalla scarsità dei mezzi a disposizione.
“Nel prendere la parola in questa solenne
adunanza – ha esordito il Presidente - che non a caso si celebra per antica e
irrinunciabile tradizione nel luogo simbolo della giustizia napoletana che è Castel Capuano,
rivolgo un deferente saluto al Capo dello Stato,
primo Magistrato della Repubblica, Giorgio
Napolitano, che nell’anno appena trascorso, la ricorrenza dell’Unità della Patria ha saputo tramutare in una feconda
occasione di riscossa morale, risvegliando in noi tutti il sentimento di
appartenenza nazionale e le memorie delle più
genuine radici della nostra identità. Ringrazio, poi, per la
loro ambita e gradita partecipazione: Sua Eminenza il
Cardinale Crescenzio Sepe; il rappresentante del
CSM; il rappresentante del Ministero della Giustizia; le Autorità Civili e
Militari; i rappresentanti dell’Avvocatura e del mondo accademico; i Capi delle altre
Magistrature e degli Uffici giudiziari del Distretto; il Direttore Generale
dell’Ufficio per la gestione degli Uffici Giudiziari di Napoli”.
“Infine, un saluto riconoscente rivolgo a
tutti i magistrati, agli avvocati e a quanti, donne e uomini, che, a vario
titolo, con la loro quotidiana e attiva collaborazione corrispondono al disegno
di rendere questa Corte e gli Uffici
giudiziari del Distretto più vicini ed utili ai cittadini”.
“Resta critico il fenomeno della
criminalità minorile, ha spiegato il presidente della Corte d'Appello di
Napoli Antonio Bonajuto ( ben
conosciuto a Santa Maria Capua Vetere, avendo operato negli anni passati come
presidente della Prima Sezione Penale ) in
occasione dell'apertura dell'anno giudiziario.
"Permangono - ha dichiarato nella sua
relazione - i fatti di bullismo metropolitano, espressione di degrado
socio-culturale e di disagio giovanile che, per la maggior parte, trova sfogo
in atti vandalici in prevalenza contro istituti scolastici e pubblici
edifici". Alla delinquenza criminale di stampo camorristico va invece
ricondotto il minore che "legato all'associazione anche attraverso la sua
famiglia, esegue le istruzioni che gli sono date e svolge un'attività remunerata non deviante rispetto all'ambiente
in cui vive, familiare e criminale". E se l'esperienza accumulata nel
corso della sua 'carrierà lo consente, "la sua partecipazione potrà avere
un valore rilevante come quella di qualsiasi altro affiliato adulto" con
casi in cui "il minorenne è stato accusato di dirigere o di organizzare
l'associazione di tipo camorristico di cui fa parte".
La risposta dello Stato, ha sottolineato
Bonajuto, "deve essere svolta su due piani distinti: quello della lotta
alla criminalità organizzata tout court e quello della prevenzione mirata
e il più possibile precoce dei fattori di rischio di delinquenza
minorile".
Negli ambienti camorristici, prosegue
Bonajuto, si è ormai affermata un'insolita parità di genere. Sono le donne di
famiglia, in assenza dei capi, ad assumere sempre più spesso il comando del
clan "gestendo piazze di spaccio, favorendo ricercati e latitanti e,
incuranti della vita breve che promettono ai figli, votati a finire i propri
giorni in carcere o nella tomba, assicurando la continuità dell'impresa
familiare alimentandone ogni potenzialità criminale".
Il presidente della Corte d'Appello si è poi soffermato sull'azione di contrasto alla camorra da parte delle forze dell'ordine e della Magistratura. Nel 2012, ha spiegato Bonajuto, si è registrata "una ripresa degli omicidi di camorra", con un incremento del 18 per cento rispetto allo scorso anno e del 55 per cento dei reati riconducibili alla criminalità organizzata.
Sgretolamento dei sodalizi delinquenziali, aggregazioni e nuove alleanze disegnano una "realtà criminale fluida" caratterizzata da "un'accresciuta competitività" tra i clan, creando "un bacino inesauribile di manovalanza da utilizzare nella gestione di ogni sorta di attività illecite". Da qui la diffusione di illeciti sul territorio: non solo l'emergenza Scampia e la nuova guerra di camorra, ma anche l'incremento dei reati associativi (+29,7 per cento), del contrabbando (+28,7 per cento), delle bancarotte fraudolente (+16 per cento) e di reati contro il patrimonio.
Il presidente della Corte d'Appello si è poi soffermato sull'azione di contrasto alla camorra da parte delle forze dell'ordine e della Magistratura. Nel 2012, ha spiegato Bonajuto, si è registrata "una ripresa degli omicidi di camorra", con un incremento del 18 per cento rispetto allo scorso anno e del 55 per cento dei reati riconducibili alla criminalità organizzata.
Sgretolamento dei sodalizi delinquenziali, aggregazioni e nuove alleanze disegnano una "realtà criminale fluida" caratterizzata da "un'accresciuta competitività" tra i clan, creando "un bacino inesauribile di manovalanza da utilizzare nella gestione di ogni sorta di attività illecite". Da qui la diffusione di illeciti sul territorio: non solo l'emergenza Scampia e la nuova guerra di camorra, ma anche l'incremento dei reati associativi (+29,7 per cento), del contrabbando (+28,7 per cento), delle bancarotte fraudolente (+16 per cento) e di reati contro il patrimonio.
"Ma l'assenza dei capi - ha ribadito
Bonajuto - ha prodotto anche un'insolita successione all'interno della famiglia
camorrista, non solo in favore dei giovani, già adusi alla violenza, ma anche e
soprattutto delle donne di famiglia che, senza alcuna remora e spavaldamente
imponendo un'ormai raggiunta parità di genere, assumono il comando del
clan".
Esaminando successivamente i dati del Tribunale di Santa Maria Capua
Vetere il Presidente Bonajuto ha detto: “La lentezza della giustizia
penale –
deriva da una molteplicità di cause – tutte note e più volte
sottolineate – la più rilevante delle quali va individuata
nell’esasperante lentezza della fase dibattimentale,
che trae origine sia dall’attuale disciplina del codice di rito,sia
dall’oggettiva sproporzione (almeno nel nostro circondario) tra numero dei
processi e forze disponibili (in termini di strutture, mezzi,
personale di magistratura e di cancelleria), queste ultime gravemente
sottodimensionate. Sotto il primo profilo, è sufficiente ricordare le
numerose disposizioni che rallentano la definizione del
processo (ad esempio si pensi alla necessità di rinnovazione
dell’istruttoria dibattimentale in caso di mutamento del
collegio giudicante anche in uno solo dei suoi componenti, oppure – sotto
altro aspetto – alla difficoltà di tradurre in materiale utilizzabile per
la decisione dibattimentale le corpose risultanze acquisite nella fase
investigativa qualora si sia fatto ricorso a mezzi tecnici complessi come le
intercettazioni telefoniche, oppure ancora alla difficoltà di escutere testimoni trasferiti
all’estero), o ai problemi organizzativi che penalizzano la celebrazione
dei dibattimenti più complessi (ricorso ai video collegamenti con
necessità di disporre di un congruo numero di aule attrezzate –
poste anche all’esterno del Tribunale – stante la presenza di collaboratori di
giustizia o di detenuti sottoposti al regime ex art. 41 bis O.P., frequente
verificarsi di concomitanze per il contemporaneo impegno dei medesimi
imputati in più procedimenti)”.
“Di conseguenza, ha detto il Presidente - i tempi di durata del processo penale restano
sostanzialmente stabili, pur nella variabilità dei vari casi concreti. 2) Un
fenomeno certamente degno di nota è quello dei procedimenti istruiti dalla DDA
per reati di mafia (associazione punita dall’art. 416 bis c.p., estorsioni,
illecita concorrenza, riciclaggio, associazione finalizzata al traffico di
stupefacenti): il numero e soprattutto le dimensioni di tali dibattimenti
incidono fortemente sui ruoli d’udienza, imponendo la fissazione in tempi brevi
(si tratta quasi sempre di processi con detenuti) di un elevato numero di
udienze, così da comprimere inevitabilmente (ed ulteriormente) le possibilità
di trattazione dei processi “ordinari”.
In particolare deve ancora una volta
evidenziarsi come il Tribunale di S. Maria C. V. sia gravato da una rilevante
quota percentuale di processi di competenza della Direzione Distrettuale
Antimafia, attestatasi più recentemente intorno al 17%: infatti, alla data del
30.6.2012 risultavano complessivamente pendenti presso i 6 collegi delle due
sezioni penali (tre collegi per ciascuna sezione) n. 124 processi provenienti
dalla DDA (dinanzi ai 6 collegi, sempre alla data del 30.6.2012, pendevano
complessivamente n. 748 procedimenti). Dinanzi a ciascun collegio, tra processi
DDA e processi “ordinari”, sono pendenti in media 125 procedimenti. Dei 124
processi provenienti dalla DDA, 21 contano più di 10 imputati e tra questi ve
ne sono uno con oltre 60 imputati e due con oltre 40 imputati, sebbene il
14.5.2012 sia stato definito il processo Apicella + 53 ed il 12.6.2012 sia
stato definito il processo Iovine + 80. Nonostante l’impegno profuso dai
colleghi, non è stata possibile, come nell’anno precedente, una riduzione delle
pendenze, rimaste sostanzialmente stabili (dinanzi ai 6 collegi, alla data del
30.6.2011, pendevano complessivamente n. 746 procedimenti), ciò soprattutto per
le comprensibili difficoltà incontrate nella definizione dei maxi processi e
per l’elevato numero delle sopravvenienze. Il risultato appare comunque
apprezzabile, specie se si tiene conto dei numerosi tramutamenti di sede che
hanno interessato il Tribunale nel periodo in esame e che hanno indotto lo
scrivente ad avanzare richieste di posticipato possesso e di applicazione
endodistrettuale ed extradistrettuale”.
Non va trascurato, poi, il rilevante
carico pendente dinanzi al collegio che in via esclusiva si occupa delle misure
di prevenzione (n. 374 procedimenti pendenti al 30.6.2012), che ha disposto sequestri e confische per ingenti valori. La
Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale è retta, come è noto da poco tempo dal Presidente Lello Magi ( estensore, tra l’altro
della Sentenza Spartacus )
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