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domenica 27 gennaio 2013


Ieri a Castelcapuano
IL DISCORSO INAUGURALE DEL PRESIDENTE DELLA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI CHE HA ANCHE ESAMINATO L’ANDAMENTO DEL CIRCONDARIO DEL TRIBUNALE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE


In aumento i processi della DDA per il reato di mafia  ( più 44%) – In diminuzione gli omicidi -  In aumento  i reati di estorsione, usura, tributari, violenza sessuale e  stalking – Pendenti 7.572 processi civili – In diminuzione i fallimenti e in aumento gli sfratti per morosità e le cause di lavoro -


(DAL NOSTRO INVIATO)
di   Ferdinando Terlizzi

 


     Napoli – Con la rituale parata di tutti i magistrati in toga, con la presenza di autorità militari,  civili e religiose,  anche quest’anno la giustizia ha spiattellato ai quattro venti i propri endemici mali caratterizzati, come sempre dalle lungaggini e dalla scarsità dei mezzi a disposizione.  
     “Nel prendere la parola in questa solenne adunanza – ha esordito  il Presidente -  che non a caso si celebra per antica e irrinunciabile tradizione nel luogo simbolo della  giustizia napoletana che è Castel Capuano, rivolgo un deferente saluto  al Capo dello Stato, primo Magistrato della Repubblica, Giorgio Napolitano, che nell’anno appena trascorso, la ricorrenza dell’Unità della  Patria ha saputo tramutare in una feconda occasione di riscossa morale, risvegliando in noi tutti il sentimento di appartenenza nazionale e le  memorie delle più genuine radici della nostra identità. Ringrazio, poi, per la loro ambita e gradita partecipazione: Sua Eminenza il Cardinale Crescenzio Sepe; il rappresentante del CSM; il rappresentante del Ministero della Giustizia; le Autorità Civili e Militari; i rappresentanti dell’Avvocatura e del mondo accademico; i Capi delle altre Magistrature e degli Uffici giudiziari del Distretto; il Direttore Generale dell’Ufficio per la gestione degli Uffici Giudiziari di Napoli”.
    “Infine, un saluto riconoscente rivolgo a tutti i magistrati, agli avvocati e a quanti, donne e uomini, che, a vario titolo, con la loro quotidiana e attiva collaborazione corrispondono al disegno di rendere questa  Corte e gli Uffici giudiziari del Distretto più vicini ed utili ai cittadini”.
     “Resta critico il fenomeno della criminalità minorile,  ha spiegato il presidente della Corte d'Appello di Napoli Antonio Bonajuto ( ben conosciuto a Santa Maria Capua Vetere,  avendo operato negli anni passati come presidente della Prima Sezione Penale )  in occasione dell'apertura dell'anno giudiziario.
     "Permangono - ha dichiarato nella sua relazione - i fatti di bullismo metropolitano, espressione di degrado socio-culturale e di disagio giovanile che, per la maggior parte, trova sfogo in atti vandalici in prevalenza contro istituti scolastici e pubblici edifici". Alla delinquenza criminale di stampo camorristico va invece ricondotto il minore che "legato all'associazione anche attraverso la sua famiglia, esegue le istruzioni che gli sono date e svolge un'attività  remunerata non deviante rispetto all'ambiente in cui vive, familiare e criminale". E se l'esperienza accumulata nel corso della sua 'carrierà lo consente, "la sua partecipazione potrà avere un valore rilevante come quella di qualsiasi altro affiliato adulto" con casi in cui "il minorenne è stato accusato di dirigere o di organizzare l'associazione di tipo camorristico di cui fa parte".
     La risposta dello Stato, ha sottolineato Bonajuto, "deve essere svolta su due piani distinti: quello della lotta alla criminalità organizzata tout court  e quello della prevenzione mirata e il più possibile precoce dei fattori di rischio di delinquenza minorile".
     Negli ambienti camorristici, prosegue Bonajuto, si è ormai affermata un'insolita parità di genere. Sono le donne di famiglia, in assenza dei capi, ad assumere sempre più spesso il comando del clan "gestendo piazze di spaccio, favorendo ricercati e latitanti e, incuranti della vita breve che promettono ai figli, votati a finire i propri giorni in carcere o nella tomba, assicurando la continuità dell'impresa familiare alimentandone ogni potenzialità criminale".

     Il presidente della Corte d'Appello si è  poi soffermato sull'azione di contrasto alla camorra da parte delle forze dell'ordine e della Magistratura. Nel 2012, ha spiegato Bonajuto, si è registrata "una ripresa degli omicidi di camorra", con un incremento del 18 per cento rispetto allo scorso anno e del 55 per cento dei reati riconducibili alla criminalità organizzata.

Sgretolamento dei sodalizi delinquenziali, aggregazioni e nuove alleanze disegnano una "realtà criminale fluida" caratterizzata da "un'accresciuta competitività" tra i clan, creando "un bacino inesauribile di manovalanza da utilizzare nella gestione di ogni sorta di attività illecite". Da qui la diffusione di illeciti sul territorio: non solo l'emergenza Scampia e la nuova guerra di camorra, ma anche l'incremento dei reati associativi (+29,7 per cento), del contrabbando (+28,7 per cento), delle bancarotte fraudolente (+16 per cento) e di reati contro il patrimonio.
     "Ma l'assenza dei capi - ha ribadito Bonajuto - ha prodotto anche un'insolita successione all'interno della famiglia camorrista, non solo in favore dei giovani,  già adusi alla violenza, ma anche e soprattutto delle donne di famiglia che, senza alcuna remora e spavaldamente imponendo un'ormai raggiunta parità di genere, assumono il comando del clan".
     Esaminando successivamente  i dati del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere il Presidente Bonajuto ha detto: “La lentezza della giustizia penale – deriva da una molteplicità di cause – tutte note e più volte sottolineate – la più rilevante delle quali va individuata nell’esasperante lentezza della fase dibattimentale, che trae origine sia dall’attuale disciplina del codice di rito,sia dall’oggettiva sproporzione (almeno nel nostro circondario) tra numero dei processi e forze disponibili (in termini di strutture, mezzi, personale di magistratura e di cancelleria), queste ultime gravemente sottodimensionate. Sotto il primo profilo, è sufficiente ricordare le numerose disposizioni che rallentano la definizione del processo (ad esempio si pensi alla necessità di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in caso di mutamento del collegio giudicante anche in uno solo dei suoi componenti, oppure – sotto altro aspetto – alla difficoltà di tradurre in materiale utilizzabile per la decisione dibattimentale le corpose risultanze acquisite nella fase investigativa qualora si sia fatto ricorso a mezzi tecnici complessi come le intercettazioni telefoniche, oppure ancora alla difficoltà di escutere testimoni trasferiti all’estero), o ai problemi organizzativi che penalizzano la celebrazione dei dibattimenti più complessi (ricorso ai video collegamenti con necessità di disporre di un congruo numero di aule attrezzate – poste anche all’esterno del Tribunale – stante la presenza di collaboratori di giustizia o di detenuti sottoposti al regime ex art. 41 bis O.P., frequente verificarsi di concomitanze per il contemporaneo impegno dei medesimi imputati in più procedimenti)”.

     “Di conseguenza,  ha detto il Presidente -  i tempi di durata del processo penale restano sostanzialmente stabili, pur nella variabilità dei vari casi concreti. 2) Un fenomeno certamente degno di nota è quello dei procedimenti istruiti dalla DDA per reati di mafia (associazione punita dall’art. 416 bis c.p., estorsioni, illecita concorrenza, riciclaggio, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti): il numero e soprattutto le dimensioni di tali dibattimenti incidono fortemente sui ruoli d’udienza, imponendo la fissazione in tempi brevi (si tratta quasi sempre di processi con detenuti) di un elevato numero di udienze, così da comprimere inevitabilmente (ed ulteriormente) le possibilità di trattazione dei processi “ordinari”.

     In particolare deve ancora una volta evidenziarsi come il Tribunale di S. Maria C. V. sia gravato da una rilevante quota percentuale di processi di competenza della Direzione Distrettuale Antimafia, attestatasi più recentemente intorno al 17%: infatti, alla data del 30.6.2012 risultavano complessivamente pendenti presso i 6 collegi delle due sezioni penali (tre collegi per ciascuna sezione) n. 124 processi provenienti dalla DDA (dinanzi ai 6 collegi, sempre alla data del 30.6.2012, pendevano complessivamente n. 748 procedimenti). Dinanzi a ciascun collegio, tra processi DDA e processi “ordinari”, sono pendenti in media 125 procedimenti. Dei 124 processi provenienti dalla DDA, 21 contano più di 10 imputati e tra questi ve ne sono uno con oltre 60 imputati e due con oltre 40 imputati, sebbene il 14.5.2012 sia stato definito il processo Apicella + 53 ed il 12.6.2012 sia stato definito il processo Iovine + 80. Nonostante l’impegno profuso dai colleghi, non è stata possibile, come nell’anno precedente, una riduzione delle pendenze, rimaste sostanzialmente stabili (dinanzi ai 6 collegi, alla data del 30.6.2011, pendevano complessivamente n. 746 procedimenti), ciò soprattutto per le comprensibili difficoltà incontrate nella definizione dei maxi processi e per l’elevato numero delle sopravvenienze. Il risultato appare comunque apprezzabile, specie se si tiene conto dei numerosi tramutamenti di sede che hanno interessato il Tribunale nel periodo in esame e che hanno indotto lo scrivente ad avanzare richieste di posticipato possesso e di applicazione endodistrettuale ed extradistrettuale”.

     Non va trascurato, poi, il rilevante carico pendente dinanzi al collegio che in via esclusiva si occupa delle misure di prevenzione (n. 374 procedimenti pendenti al 30.6.2012), che ha disposto  sequestri e confische per ingenti valori. La Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale è retta,  come è noto da poco tempo dal Presidente Lello Magi ( estensore, tra l’altro della Sentenza Spartacus )
  

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