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giovedì 31 gennaio 2013


PREPARATI, VELOCI E PRECISI I GIORNALISTI IN ERBA SI SCONTRANO CON LA DURA REALTA', UN GIORNALISMO IN PREDA AD UNA CRISI ESISTENZIALE


Cronista giudiziario e caposervizio del "Giorno" dal 1964 al 1983, Franco Abruzzo ha proseguito la sua carriera come caposervizio Interni, redattore capo centrale e articolista de “Il Sole 24 Ore”. Bollato come lo “storico” presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia (1989-2007), ha lasciato il segno nel mondo del giornalismo tanto da essere annoverato tra i “i 5062 italiani notevoli” nel Catalogo dei viventi, di Giorgio dell’Arti e Massimo Parrini. E Noiroma ha l’onore d’intervistarlo.

Ci può esporre le differenze tra il modo di fare giornalismo ieri e oggi?
La differenza principale sta nella velocità. Oggi ho 73 anni, vivo di internet e vedo che è un mondo velocissimo, per documentarsi basta connettersi. Quello che riesco a produrre oggi è inimmaginabile rispetto al passato. Ho impressa nella mente l’immagine di un grande inviato del Giorno, in uno scantinato con la macchina da scrivere sulle ginocchia e fogli buttati per terra, senza riuscire a scrivere il lead. Oggi con il pc è possibile scrivere più e più volte, cancellare, incollare, salvare….
Che caratteristiche ha il bravo giornalista?
Il vero giornalismo deve insegnare ai giovani ad essere non solo “storici del presente o dell’istante”, come disse Umberto Eco in un dibattito sull’obiettività, documentando le notizie nonostante i tempi rapidi. Sono necessari controlli accurati, non solo perché la deontologia professionale impone di pubblicare notizie vere e non verosimili, ma perché il giornalista deve rispettare la verità sostanziale dei fatti e non quella putativa. Come diceva il difensore civico Alberto Bertuzzi “è l’onorevole cittadino che va servito”.
Secondo lei internet è uno strumento utile per il giornalista o può essere anche un’arma a doppio taglio?
Internet è il futuro per i giovani e anche per me. Oggi i mezzi a disposizione facilitano il lavoro, sono straordinari, ma allo stesso tempo lo opprimono perché è una servitù imposta dover essere sempre sulla notizia, rivendicarla.
Ai suoi tempi quali erano i mezzi a disposizione?
Al Giorno ero fortunato perché sulle nostre auto c’era un radiotelefono collegato con la sede centrale dell’editore del quotidiano. Bastava chiamare il centralino per parlare poi con la redazione in qualsiasi punto dell’Italia mi trovassi. Ma in generale i miei colleghi in giro sui fatti di cronaca anche di notte erano costretti a cercare un telefono con bar e negozi chiusi. Spesso si provava a bussare a qualche porta sperando che non ti mandassero a quel paese.
Con quale stato d’animo vede oggi il giornalismo?
Sono molto triste. Ricordo che al tempo dei 40-50 giovani della nostra scuola (Ifg De Martino), già reduci da una selezione durissima, alla fine del primo anno, dopo lo stage, venivano assunti in 20-30 dai giornali. Oggi guardo i giovani e mi domando cosa faranno visto che in pochi assumono.
Eppure anche negli anni settanta avete attraversato un periodo critico per la carta stampata
Sì, ma la legge 416 ha trattato il mondo della stampa come un grande settore industriale in crisi, che andava salvato perché essenziale nella vita democratica del paese. Recentemente ho scritto un articolo in cui auspico oggi la stessa lungimiranza di ieri. Abbiamo bisogno di una nuova legge 416 in cui metta tutto insieme carta stampata, radio, televisione, web. Quando muore un giornale, muore qualcosa di vivo e vitale.
Quindi secondo lei la carta stampata è destinata a scomparire?
Sono d’accordo con il grande Montanelli, i giornali rimarranno sempre, anche se solo come prodotti di nicchia. La carta stampata ha resistito alla radio, alla televisione e oggi ha la sfida più insidiosa, internet. La cronaca essenziale viene data sul sito, mentre la carta si soffermano sui commenti, sull’analisi, sull’approfondimento, spiegando il retroscena. È una trasformazione epocale. Ma mi domando che fine farà il giornale locale? Il giornalista non deve diventare un impiegato del computer, deve andare sui fatti, parlare con la gente, guardarla in faccia.
Un messaggio che vuole trasmettere ai giovani giornalisti vista la sua enorme esperienza sul campo
Il giornalismo deve essere vissuto con passione, con grande impegno, con grande rispetto della dignità degli altri. Come presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia ho curato moltissimo la scuola di giornalismo Carlo De Martino da dove sono usciti 680 professionisti, persone che abbiamo formato nel rispetto della persona, della verità sostanziale dei fatti e della Costituzione. Questa è una professione intimamente legata ai valori della Costituzione repubblicana.
Un consiglio a chi inizia a muovere i suoi primi passi nel settore
Oggi un buon giornalista deve essere preparato, deve avere strumenti culturali in testa per capire quello che accade. Se fai cronaca giudiziaria e non conosci minimamente il diritto penale, civile, le procedure come puoi parlare di giustizia? Se ti occupi di vita pubblica il diritto amministrativo è fondamentale. Inoltre gli archivi elettronici sono immensi, bisogna saper distinguere le notizie dalla fuffa. Abbiamo fatto dei corsi ai giovani praticanti della scuola per diventare cacciatori di notizie su internet. La preparazione è quella che salva, bisogna imparare a pesare i fatti.

Il giornalista Franco Abruzzo

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