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mercoledì 16 gennaio 2013


Valter Vecellio

Carceri-Giustizia. I Bersani e i Renzi, i Vendola e gli Ingroia, i Di Pietro e i Grillo, su questo non dicono nulla, sembra non abbiano nulla da dire…

16-01-2013
La signora ministro dell’(in)Giustizia Paola Severino attraverso il settimanale “Famiglia Cristiana” ha elencato i risultati conseguiti. Dice che il fenomeno delle "porte girevoli", per cui molti detenuti, dopo l'arresto, restavano in carcere tre giorni uscivano, si è molto ridotto: se il giudice verifica che non c'è pericolosità sociale, si può evitare la reclusione, e in un anno gli ingressi in carcere per soli tre giorni sono calati dal 22 al 14 per cento, mentre erano il 27 per cento del totale nel 2009. Inoltre è stata applicata in 8mila casi, con il vaglio del giudice, l'estensione da 12 a 18 mesi del periodo di fine pena, per il quale si può ottenere la conversione dalla detenzione carceraria ai domiciliari. Sarebbe infine operativo il piano straordinario per l'edilizia carceraria, che aumenta la capienza di alcune carceri, grazie al quale ci sarà un incremento di 2.273 posti detentivi rispetto ai 9.300 dell'originario piano carceri del 2010. Dunque: si prevedevano 9.300 posti nel 2010. Due anni dopo se ne sono realizzati 2.273, cioè 7.027 in meno; e questo è un successo. Nei 206 istituti di pena italiani sono stipati oltre 68mila detenuti. Ce ne dovrebbero stare non più di 46mila. Ce ne sono insomma più di ventimila di quanto la capienza regolamentare consentirebbe; almeno la metà è in attesa di giudizio, le statistiche del ministero dicono che almeno la metà di quei ventimila verrà riconosciuta innocente e dunque in carcere ingiustamente. Il ministro racconta che ha incrementato 2.273 nuovi posti.
Andata a Ravenna a ritirare il premio Guidarello, il ministro dell’(in)Giustizia signora Severino dice che “Sul fronte carcerario ‘abbiamo ampliato la capienza di quasi 5.000 nuovi posti’”. Nel corso di una visita al carcere veneziano della Giudecca di qualche giorno prima, aveva dichiarato che ne erano stati creati 4.000. Però, secondo i dati ufficiali del ministero, da agosto a ottobre scorso i nuovi posti creati erano circa 1.200…
Ricapitoliamo: da agosto a ottobre 2012, senza costruire carceri o nuovi padiglioni, compaiono dal nulla circa 1.200 nuovi posti. La visita al carcere della Giudecca è del 12 novembre. Più o meno in un mese ne compaiono altri 2.800 posti. Poi arriva l’annuncio di Ravenna: i posti sono 5mila. Poi da via Arenula fanno sapere che i posti scendono a 2.273…
Non bastasse il ministro, a dare i numeri ci si mette anche il Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria: “I detenuti oggi presenti nelle 206 carceri italiane sono 66.732, 42.865 italiani e 23.867 stranieri. Di questi, 26.552 sono in attesa di giudizio: 15.640 gli italiani, e 10.912 gli stranieri. I dati sono stati resi noti dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. I condannati sono 38.785; 1.293 gli internati”.
Vero è che la matematica può essere un’opinione, e che 2 + 2 oltre che fare 4 può anche fare 22. Però qui si esagera… 66.732 i detenuti. Se però si sommano quelli in attesa di giudizio a quelli condannati si arriva a 65.347. A questi aggiungiamo i 1.293 internati, quelli cioè reclusi nei cinque ospedali psichiatrici giudiziari. Fa: 66.630. Ma come? Il DAP, ha detto che i detenuti erano 66.732… C’è una differenza di ben 102 detenuti. Che fine avranno fatto?

Giornalista professionista, attualmente lavora in RAI. Dirige il giornale telematico «Notizie Radicali», è iscritto al Partito Radicale dal 1972, è stato componente del Comitato Nazionale, della Direzione, della Segreteria Nazionale.

Tra un mese, a gennaio, come tutti gli anni, a Roma e in tutti gli altri distretti giudiziari, si apriranno gli Anni Giudiziari; sarà l’occasione per un bilancio dello stato della Giustizia in Italia. E non è difficile immaginare che sarà una radiografia impietosa.

Oltre a quello che abbiamo detto, ci verrà ricordato che un buon 85 per cento dei reati commessi risulta impunito, nel senso che non si riesce neppure a individuare il responsabile. Cosicché accade che quel minimo di efficienza nelle galere e nei palazzi di giustizia che c’è, lo si deve al fallimento e all’inefficienza in cui versa l’intero mondo della giustizia: se per artificio accadesse un giorno che tutti i reati, o anche solo la metà, venissero perseguiti, in appena cinque minuti tutte le carceri e i palazzi di giustizia letteralmente esploderebbero.
L’infame situazione delle carceri è solo la punta dell’iceberg del più generale sfascio della giustizia italiana. Anche i tribunali e gli uffici giudiziari, sommersi da migliaia di procedimenti di ogni tipo e natura, sono al collasso. Occorre “liberare” i magistrati dalle centinaia di procedimenti destinati comunque a “morire”, a finire carta straccia. Perché ogni giorno si consuma quella che si può ben definire amnistia strisciante, clandestina e di classe: è l’amnistia delle prescrizioni, di cui beneficia solo chi si può permettere un buon avvocato e ha “buone amicizie”; clandestina perché è tenuta nascosta, non se ne parla e non se ne deve parlare: sono circa 150mila i processi che ogni anno vengono chiusi per scadenza dei termini. Nel 2008, oltre 154mila procedimenti sono stati archiviati per prescrizione; nel 2009 oltre 143mila. Nel 2010 circa 170mila… Quest’anno si calcola che si possa arrivare a circa 200mila prescrizioni. Ogni giorno almeno 410 processi vanno in fumo, ogni mese 12.500 casi finiscono in nulla.
I tempi del processo sono surreali: in Cassazione si è passati dai 239 giorni del 2006 ai 266 del 2008; in tribunale da 261 giorni a 288; in procura da 458 a 475 giorni. Spesso ci vogliono nove mesi perché un fascicolo passi dal tribunale alla corte d’appello. 
Una situazione, a parte gli irrisarcibili costi umani, che grava pesantemente sui conti dello Stato. I processi per ingiusta detenzione o per errore giudiziario nel 2011 hanno comportato risarcimenti pagati dallo Stato per 46 milioni di euro. L’esasperante lentezza dei processi penali e civili italiani costano all’Italia qualcosa come 96 milioni di euro l’anno di mancata ricchezza. La Confindustria stima che smaltire l’enorme mole di arretrato comporterebbe automaticamente per la nostra economia un balzo del 4,9 per cento del PIL, e anche solo l’abbattere del 10 per cento i tempi degli attuali processi, procurerebbe un aumento dello 0,8 per cento del PIL. Grazie al cattivo funzionamento della giustizia le imprese ci rimettono oltre 2 miliardi di euro l’anno, e il costo medio sopportato dalle imprese italiane rappresenta circa il 30 per cento del valore della controversia stessa, a fronte del 19 per cento nella media degli altri paesi europei.
I Pierluigi Bersani e i Matteo Renzi, i Nichi Vendola e gli Antonio Ingroia, gli Antonio Di Pietro e i Beppe Grillo e quanti si preparano alla scalata di Palazzo Chigi e del Quirinale, i compilatori di programmi elettorali e di governo, su questo non dicono nulla, sembra non abbiano nulla da dire.
  

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